Welcome guest, is this your first visit? Click the "Create Account" button now to join.
Pagina 10 di 11 PrimaPrima ... 891011 UltimaUltima
Risultati da 91 a 100 di 108
  1. #91
    Master caotico L'avatar di SimsKingdom
    Data Registrazione
    Sep 2012
    Località
    Sandover, Gaearmir, Vygrid ♥
    Età
    28
    Messaggi
    3,074
    Potenza Reputazione
    15

    Re: [Deus ex Machina GDR] Story


    Un raggio di luce mi pizzica il naso col suo calore svegliandomi da un sonno inquieto, come tutte le notti che si sono susseguite da quando ho visto Reneè morire davanti ai miei occhi per la seconda volta, quegli occhi vitrei, spenti e quel sorriso mi ritornano in mente ogni notte perseguitandomi alla stregua di un demone, credevo che vedere ogni notte l’immagine di mia madre avvolta dalle fiamme fosse la cosa peggiore che potesse capitarmi… sospiro mettendomi seduto: «Sono solo uno stupido…» mormoro sistemandomi i capelli che nel frattempo sono divenuti molto più lunghi.


    Forse dovrei iniziare a legarli. Li sistemo alla meglio sulla testa e mi do una sciacquata al volto, oggi fa più caldo del solito, guardo fuori dalla feritoia e il sole mi acceca per un attimo. Chiudo un istante gli occhi riaprendo però quello vuoto dopo qualche secondo trovandoci ancora il buio. Non ho mai dato alcun peso a questa mia mancanza, è come se non lo avessi mai avuto e mi sono sempre adattato di conseguenza, non ho mai nemmeno sentito l’esigenza di coprirlo con una benda. Ma dopo l’ultimo incontro con Reneè, anche se ormai sono passati giorni, forse settimane… o addirittura mesi… il peso di quelle parole ancora grava su di me e sento, ogni volta che ci penso, il mio occhio “scemo” bruciare. Brucia come la notte che mi è stato regalato e con esso brucia la cicatrice che lo abbellisce. Tre mandate e la serratura del portone scatta ancora come ogni giorno, devo aver dormito parecchio oggi. Non alzo lo sguardo da quello che sto facendo e aspetto in silenzio che il soldato si dilegui dopo aver lasciato la razione. Ma non sento alcun suono provenire dalle mie spalle, solo il silenzio, sto per voltarmi quando la voce rompe nuovamente quella quiete durata ormai mesi facendomi quasi sobbalzarle: «È senza i canditi…»


    sento una morsa allo stomaco farsi sempre più stretta, la voce di Reneè è ferma, seria in netto contrasto con quello che dice dopo «come piace a te» fermo i miei esercizi restando a fissare il muro davanti a me rimettendomi in piedi. «Che significa?» dico voltandomi con espressione vuota in viso. Una torta con della frutta fa la sua comparsa su un vassoio d’argento assieme a una forchetta anch’essa d’argento, la guardo per qualche secondo prima di riportare gli occhi su di lei. «A cosa devo tutto questo?» chiedo incredulo incrociando le braccia al petto.


    «È il tuo compleanno, sono ventisei. Tuo nipote ha pensato di farti questo regalo, ti prego di accettarlo… spero tu non voglia deluderlo…» lascio cadere le braccia lungo i fianchi, il mio compleanno. Quanto tempo è passato ormai? Siamo al terzo mese del Sole, è ormai tanto tempo che sono qui. «È un suo regalo… ma vedo che ricordi ancora bene le mie preferenze» dico abbozzando un sorriso


    che muore poco dopo mentre vado a sedermi sul letto. La ragazza non risponde e quel breve istante in cui speravo fosse riapparso qualcosa, si spegne con quella sua espressione. Apre la porta e qualcosa si accende in me, potrei scansarla e fuggire, darmi finalmente alla agognata libertà, fuggire, scappare lontano da Dohaeris, lontano da questo mondo. Ma a cosa servirebbe? Otterrei solo il suo odio, un odio che la porterebbe a cercarmi fino in capo al mondo pur di uccidermi. No. Scuoto il capo scacciando dalla testa quell’orribile fantasia. La consapevolezza del suo odio è peggio di qualsiasi supplizio. Seguo i suoi movimenti con lo sguardo e porto i miei occhi nei suoi prima che li distolga per andare via di nuovo: «Non vuoi restare? Vedo due forchette qui» dico indicando il vassoio consapevole di aver mentito.


    «Ce n'è una.» dice quasi stizzita continuando a camminare. Sospiro lasciandola andare, quando la ragazza si ferma sul ciglio della cella: «Vuoi veramente che resti?» alzo il viso dal dolce guardandola mentre resta di spalle.


  2. #92
    Master caotico L'avatar di SimsKingdom
    Data Registrazione
    Sep 2012
    Località
    Sandover, Gaearmir, Vygrid ♥
    Età
    28
    Messaggi
    3,074
    Potenza Reputazione
    15

    Re: [Deus ex Machina GDR] Story


    «È il mio compleanno, no? Voglio questo come regalo…» dico con un sorriso, Reneè si volta e per la prima volta dopo mesi vedo i suoi occhi carichi di commozione.


    «Mangerò con le mani allora...» rispondendomi e raggiungendomi a sedere sul letto, le porgo la forchetta facendo segno di no col capo. «Sono io il prigioniero qui, quello spetta a me» resto col sorriso mentre le porgo la forchetta ancora pulita, Reneè prende la posata e dopo qualche istante se la lancia alle spalle prendendo tra le mani un pezzo di torta incurante della crema sulle dita: «Mangiamo entrambi con le mani, come facevamo sempre... e la mamma ci sgridava!»


    rido prendendo anche una fetta per me. «Grazie…» mormoro sorridendole prima di mordere «Dei! È deliziosa!» termino la fetta pulendomi col dorso delle mani e aspetto che termini anche lei prima di parlarle ancora: «Reneè… come vanno le cose in superficie?» chiedo fissandomi le dita ancora un po’ sporche. La donna mi racconta di come le cose si sono evolute in questi mesi, l’economia del regno si è ristabilita, così come la pace che ha portato nuove prospettive per Dohaeris; la ascolto in silenzio sentendo solo la sua voce, solo gli dei sanno cosa avrei dato per riascoltarla anche un solo istante. Il suo viso si illumina, poi, quando mi parla di suo figlio Shen, il bambino sta finalmente vivendo una vita tranquilla, dice che si sta ambientando a palazzo ed è quando afferma che gli sto simpatico che scoppio a ridere divertito: «Se torni la prossima volta, portalo con te».


    Chi l’avrebbe mai detto? Io. L’assassino di sua madre, il mondo è davvero cambiato. Sposto poi il discorso sugli altri prigionieri, coloro i quali avevano deciso di seguirmi ma soprattutto coloro che ho imparato a considerare come una famiglia più che dei soldati: «Quei due idioti qua fuori non fanno altro che urlare e colpire la porta quando chiedo qualcosa. Se non avessi la tazza qui me la farebbero fare in un angolo» dico ironico, poco mi importa delle sorti di quei due, l’unica cosa che desideravo era sapere come stessero gli altri. «Dirò loro di darti una tazza più grande» risponde sorridendomi prima di alzarsi e congedarsi «grazie per queste ore e…» resto in silenzio per qualche istante per cercare le parole adatte «spero tu possa perdonarmi»


    dico mormorandolo prima di stendermi a letto mentre le sbarre della cella scorrono ancora una volta, mi distendo restando a fissare quella finestrella che ora mi appare ancora più vicina e mi lascio andare al ricordo dolce delle ore appena trascorse…
    Dal giorno del mio compleanno ho ripreso a contare i giorni, ogni giorno rappresenta una tacca sul muro, un’incisione che mi separa dal prossimo incontro. E ogni giorno è una nuova speranza, ogni settimana, ogni mese viene segnato su quella parete come un traguardo da raggiungere. La aspetto, attendo ogni istante le tre mandate della porta, e ogni volta è come la prima. Quelle volte in cui torna da me, incido un cerchio attorno alla tacca dopo che è andata via. Ogni incontro è sempre diverso, Reneè mi parla tranquilla ma restando il più delle volte sulle sue, cosa che rispetto nonostante non mi faccia male. È cambiata, tremendamente, in lei non vi è più nulla né di quella ragazzina che mi ero testardamente e tristemente fissato in mente, né di Drako, è una donna nuova, più matura di quelle figure.


    In quegli incontri sono finalmente venuto a sapere tutta la verità riguardo la sua scomparsa, mi ha parlato dei suoi piani per vendicarsi, della prima comparsa di Drako e di come riuscì a entrare a palazzo grazie a lui, della regina Margarete e nemmeno la sua presenza è riuscita più di una volta a placare la mia rabbia, mi parlò dei suoi sentimenti per Lantis e col tempo...


  3. #93
    Master caotico L'avatar di SimsKingdom
    Data Registrazione
    Sep 2012
    Località
    Sandover, Gaearmir, Vygrid ♥
    Età
    28
    Messaggi
    3,074
    Potenza Reputazione
    15

    Re: [Deus ex Machina GDR] Story


    Grazie alle sue parole, ho imparato ad apprezzare anche il piccolo Shen, il frutto del suo amore per lui, i primi giorni mi guardava quasi intimorito, ma lentamente anche lui ha iniziato a muovere i primi passi verso di me, rendendomi ad ogni incontro sempre più felice.


    Loro due sono divenuti la mia ancora di salvezza da una follia ormai certa e per quanto gli incontri siano rari, il solo immaginarli lì mi rasserena e i giorni passano più rapidi. Le guardie dovettero accertarsi più di una volta che fossi ancora vivo, non urlo più contro di loro per scoprire il mondo fuori, il mio mondo ce l’ho. È tornato quel giorno. La risposta alle loro parole vuote era sempre la stessa, un'occhiata veloce seguita dal dito medio sollevato in loro direzione. Poi solo il dito.


    Fin quando, come simpatici cagnolini non hanno imparato la lezione. Ed è in un giorno come gli altri che Reneè ha scoperto la mia piccola distrazione, non gliel’ho mai detto per paura di come potesse giudicarlo, ma in cuor mio ho sempre sperato che lo sapesse. «Hai ripreso a contare i giorni?» dice scrutando dentro la cella in mia direzione.


    Sobbalzo alzandomi in piedi e guardandola per un attimo incredulo prima di sorridere colpevole. «Dovevo pur distrarmi in qualche modo» rispondo sedendomi e cercando Shen: non l’ha portato con sé. Torno a guardarla quando la ragazza mi sorride nuovamente: «Sai che giorno è oggi?» sollevo un sopracciglio non capendo il senso di quella domanda e poco dopo è la mia bocca a parlare per me: «Secondo mese delle foglie, primo giorno di Marte» recito come una cantilena.


    «Perché me lo chiedi?» la porta della cella si apre ma mia sorella resta davanti a essa, spostandosi prima di parlare: «Oggi è il giorno in cui torni libero, Efrem!» dice col sorriso porgendomi una mano e invitandomi a uscire.


    La guardo a metà tra l’incredulità e l’irritazione, sentendo per un attimo gli occhi bruciare da una gioia più profonda.


  4. #94
    Master caotico L'avatar di SimsKingdom
    Data Registrazione
    Sep 2012
    Località
    Sandover, Gaearmir, Vygrid ♥
    Età
    28
    Messaggi
    3,074
    Potenza Reputazione
    15

    Re: [Deus ex Machina GDR] Story


    «Credi sia divertente, Reneè?»
    dico duro fissando i suoi occhi


    la sua mano afferra la mia tirandomi fuori dalla gabbia. «Mai stata più seria, fratello» Reneè richiude le sbarre alle mie spalle e mi stringe la mano mentre io lancio un’occhiata a quel luogo dietro di me. Gli occhi bruciano, li sento velarsi dal pianto e la vista si annebbia mentre guardo quel sorriso: «Sono… sono… libero…» balbetto sentendo una lacrima scivolarmi sul viso: «Sono libero!» in un impeto di gioia la stringo a me abbracciandola forte e piango, tutto il dolore provato per lei si riversa come un fiume in piena e continuo a stringerla come ad aggrapparmi nell’eventualità che questo sogno arrivi alla fine.


    «Non voglio più perderti, ti prego» mormoro ancora stringendola a me e prima di sciogliere quel contatto, la guardo e di tutta risposta Reneè mi prende tirandomi nuovamente a sé in una stretta che mi fa perdere il fiato. E restiamo così, abbracciati in un tempo che sembra fermarsi, sorrido e piango dalla felicità dandomi un contegno solo quando la ragazza mi lascia andare sorridendomi dolcemente: «Daphne è una brava ragazza… non perderla come hai fatto con tutti gli altri» la guardo mentre il sorriso diviene più dolce prima di lasciarmi da solo. La porta delle celle resta aperta e un soldato prende a fissarmi: «Hai deciso di restare lì ancora per molto?» non rispondo e apro le sbarre della cella ancora una volta raccogliendo il pezzo di metallo e incidendo sul muro, accanto a questa ultima tacca il disegno stilizzato di un’aquila che spicca il volo, libera…


    fisso per qualche altro istante quell’incisione e abbandono in silenzio questo luogo di prigionia. Le scale conducono immediatamente fuori e l’aria fresca della prima mattina mi investe il viso, respiro profondamente e mi ritrovo a fissare il sole. Libertà. Libertà. «Libertà…» quella parola riecheggia nell’aria come una musica. Cosa fare della mia vita? Adesso spetta solo a me. Guardo per un'ultima volta i torrioni del castello, alte le bandiere e gli stendardi dei Raeghar sventolano sotto il sole, fieri del nuovo regno che si è risollevato. Una vita che non mi appartiene, una vita che non avrei mai voluto nemmeno dopo la guerra. Non sono tagliato per la vita di corte, gli abiti eleganti mi stanno troppo stretti. Il mio sguardo si sposta poi verso l’altra zona, Dohaeris si staglia davanti ai miei occhi col suo richiamo. Daphne… dovrei cercarla, vivere finalmente la vita che abbiamo sperato, insieme. Ricominciare daccapo le nostre vita, mettere su una nostra famiglia. Ed è in questo singolo pensiero, nell’immagine di poter finalmente vivere una vita serena, che un’ombra passa dinanzi al mio viso. L’orrore commesso, tutto l’odio portato addosso in tutti questi anni… mi ha consumato. Ho passato la mia vita a rincorrere una cosa che avevo sotto agli occhi, covando un odio che mi ha divorato giorno per giorno spegnendo anche quell’ultimo briciolo di umanità che mi restava. Ho perso chiunque si fosse avvicinato a me. Tomislav, Lumen, Andreus… e con loro tanti altri. Ho portato ogni cosa alla distruzione, consumandomi pezzo dopo pezzo. Io non voglio che anche lei subisca lo stesso destino, io voglio che sia felice, al mio fianco. Ma prima… un sospiro amaro esce dalle mie labbra assieme ad un’idea nata per caso in quella prigione, un’idea che piano a piano ha messo radici crescendo giorno dopo giorno sempre più rigogliosa. «Non posso restare qui...» dico stringendo i pugni


    prima di avanzare verso Dohaeris. La casa di mio padre è muta, le luci sono spente e dalla sua finestra sento lieve il suo russare. Sorrido e mi avvicino a quella della mia stanza, è sempre stata difettosa e spero vivamente che mio padre non l’abbia fatta cambiare nel periodo di prigionia. La serratura scatta dopo pochi istanti e in silenzio entro in casa. Mi guardo attorno nella penombra assaporando quei ricordi che emergono prepotenti nella mia testa, ma il momento non dura molto, devo preparare le mie cose prima che Benor si svegli. In fretta raccolgo tutto ciò che mi può servire mettendole in una bisaccia piuttosto vecchia ma affidabile e dopo essermi accertato e preparato per bene lascio una lettera sul tavolo in sala da pranzo.



    Poche righe che spero servano a spiegare ciò che sento:

    Caro padre,
    Come forse ti parrà chiaro da questa lettera, sì, sono finalmente libero. Ho affrontato le mie colpe in questi due anni di prigionia, ho sofferto ogni cosa, chiuso in quelle quattro mura ammuffite, lontano dal mondo, lontano dai miei affetti più cari e soprattutto lontano dalla mia famiglia. Io e Reneè… beh… sai bene che siamo più bravi a litigare che a stare in pace. Ma siamo di nuovo uniti, siamo di nuovo una famiglia, come desideravamo, come la mamma desiderava. Ed è con questa felicità che adesso ti scrivo queste parole frettolose. Sono entrato a casa dalla mia finestra e ti prego di tenerla sempre così, anche in futuro. In attesa del mio ritorno. Sì, sto per partire, non so quanto starò via, né dove andrò. L’unica cosa certa è che non sarà in questo regno. L’odio provato in tutti questi anni… mi ha distrutto. Non ho più nulla a cui aggrapparmi se non ad esso e non voglio che qualcun altro soffra a causa mia. Ti prego, padre, di comprendere questo mio gesto e… in un ultimo desiderio prima di lasciarti, ti chiedo di non fare parola con nessuno di questa mia lettera, né della mia decisione. So di chiederti qualcosa di impossibile, come so di darti ancora un’altra sofferenza abbandonandoti così. Ma è la cosa migliore… per tutti.
    Ci rivedremo presto,
    Tuo figlio, Efrem.
    Rileggo frettolosamente le parole scritte sul foglio e dopo qualche istante perso a rimirare ancora la casa avvolta nel tepore dell’alba, mi sfilo l’anello che non ho mai tolto da quando l’ho ottenuto, ora è solo un accessorio senza valore.


  5. #95
    Master caotico L'avatar di SimsKingdom
    Data Registrazione
    Sep 2012
    Località
    Sandover, Gaearmir, Vygrid ♥
    Età
    28
    Messaggi
    3,074
    Potenza Reputazione
    15

    Re: [Deus ex Machina GDR] Story


    Un pezzo inutile, ma forse… senza pensarci oltre, lascio l’anello accanto alla lettera non piegata



    e con un profondo senso di angoscia, esco da dove sono entrato, in silenzio dirigendomi verso il carro che mi aveva promesso di scortarmi verso i confini del regno. Un mio cenno e lo stalliere dà uno strattone alle redini facendo muovere il calesse verso i confini del regno. Verso un nuovo mondo…
    È passato poco più di un anno dalla mia partenza, un anno lontano da chiunque. E in quest’anno ho visto il mondo fuori dalle mura, un mondo completamente differente dal nostro. Ho visto città, conosciuto persone che mai avrei pensato di incontrare. Una carovana di ex elfi mi ha accolto per qualche mese, si facevano chiamare Dalish e dicevano di occuparsi di raccogliere artefatti, scritti e tutto ciò che rimaneva degli elfi di tutto il mondo. Conoscevano Dohaeris, così come il culto dei Siamesi. Sono rimasti stupiti quando ho raccontato di cosa avevo fatto, del gesto deplorevole verso i miei stessi Dei che li aveva portati fino a uccidermi lentamente per vendicare la loro Voce nel mondo.




    Mi vedevano come un eroe e ammetto che sentirmi chiamare “guerriero” nelle loro lingue era una cosa che mi faceva sorridere e mi rendeva in un certo senso orgoglioso. Insegnare loro il dohaeriano è stata la parte più complicata e forse anche la più divertente, ognuno di loro apparteneva a vecchie civiltà elfiche ed è grazie a loro che ho scoperto cose che prima non avrei nemmeno immaginato che esistessero, storie, vite, mondi completamente differenti dal mio, culture che avevo solo letto nei libri di storia o che avevo solo sognato. Forse anche quell’Arén si divertì parecchio nell’insegnarmi la sua lingua.


    Sono sempre stato una frana, anche da bambino. Mi vedevano come parte del loro piccolo clan, uno di loro. Accettai anche di farmi fare quegli strani disegni sul viso… i quali non ho mai capito a cosa servissero.


    Due di loro hanno cercato anche di… ingraziarmi in altro modo, ma quell’idea di vivere la mia vita con Daphne è divenuta immortale, al punto tale da farmi rifiutare ognuno di loro. Quel pensiero si era fatto giorno dopo giorno più grande e presto il desiderio di tornare da lei era diventato più forte. Lasciai i Dalish e tornai a Est, passando per altri mondi. Altre culture che prima d’ora avevo solo immaginato, fin quando i miei piedi non mi accompagnarono da soli alle porte di un regno che già conoscevo e che mi chiamava ora a gran voce. Dohaeris.


  6. #96
    Master caotico L'avatar di SimsKingdom
    Data Registrazione
    Sep 2012
    Località
    Sandover, Gaearmir, Vygrid ♥
    Età
    28
    Messaggi
    3,074
    Potenza Reputazione
    15

    Re: [Deus ex Machina GDR] Story



    «Casa!»
    esclamo felice quando le porte vengono finalmente riaperte. Non perdo neanche un attimo e in pochi giorni raggiungo la casa di mio padre. Ma già in lontananza mi accorgo che questa sera non lo troverò lì. Il carro mi lascia davanti alla porta, è chiusa e ogni luce in casa è spenta. Busso un paio di volte ma nessuno risponde dall’altra parte, decido di entrare dalla finestra della mia vecchia camera, arrivato di fronte mi rendo conto che nulla è cambiato, la serratura è rotta come un tempo, come avevo desiderato. In casa regna il silenzio più totale, chiamo più volte il nome di mio padre, così come quello di Zed, ma niente, nessuno dei due è in casa. Girovagando per le stanze trovo un biglietto scritto di fretta sul tavolo della cucina:

    Zed, siamo a casa di Daphne stasera, torneremo tardi
    Rigiro tra le mani quel pezzo di carta incredulo su ciò che ho letto. Che diamine ci fa mio padre da Daphne? E… soprattutto… con chi è? Stupito e pieno di curiosità, raccolgo la mia bisaccia da terra e mi dirigo a piedi verso quella che ricordo fosse la casa della famiglia Baratheon. Sento il cuore martellarmi nel petto quando la consapevolezza di come potrebbe reagire nel vedermi mi coglie all’improvviso. E se arrivassi in un momento delicato per loro? Daphne… «Mi hai aspettato così a lungo?»


    arrivato noto fin da subito le luci accese per tutta la villa, vari suoni arrivano alle mie orecchie, canti, risate. I suoni di una festa che va avanti da chissà quanto tempo. Mi avvicino al pesante portone e dopo aver bussato, il padre stesso della ragazza mi accoglie, resta in silenzio squadrandomi serio prima di farmi strada.


    Sento i brividi percorrermi la schiena «figliola… qualcuno qui ha fatto tardi.» dice l’uomo avvicinandosi a una ragazza di spalle. I capelli corvini ricadono lungo le spalle avvolte da un vestito blu che scende lungo tutto il suo corpo. È lei, sento il cuore in gola e quando la donna si volta in mia direzione spalanco gli occhi nel vedere cosa regge tra le mani. «Daphne...» mormoro con un filo di voce ma tenendo gli occhi sulla creatura ridente sulle sue ginocchia.
    Una bambina dai lunghi capelli rossicci, gli occhi verdi, vispi mi fissano per poi chiudersi quando la bambina scoppia a ridere divertita. Chi è quella bambina? La ragazza spalanca gli occhi e la vedo respirare profondamente per recuperare fiato «E… Efrem…»




    balbetta con la voce strozzata lasciando poi cascare le braccia lungo i fianchi. Pochi istanti dopo due testoline si alzano da un cumulo di giocattoli ai piedi della donna, altri due bambini, uno di loro mi guarda… quei capelli. «Mamma, Efrem qui.»


    il piccolo si ferma davanti a lei agitando le mani come a chiamarla prima di fissarmi nuovamente. Mi guardo intorno nella stanza ma non vedo nulla, ogni singola persona si sfoca al contrario di loro.


  7. #97
    Master caotico L'avatar di SimsKingdom
    Data Registrazione
    Sep 2012
    Località
    Sandover, Gaearmir, Vygrid ♥
    Età
    28
    Messaggi
    3,074
    Potenza Reputazione
    15

    Re: [Deus ex Machina GDR] Story


    Quattro figure davanti ai miei occhi. Le conto nuovamente, i miei occhi saettano da uno all’altro dei bambini.


    Così identici tra loro, quel piccolo. Quei capelli uguali ai… «miei…» mormoro piombando senza forze verso il pavimento.


    Un sorriso mi resta appiccicato in faccia… poi il buio…

  8. #98
    L'avatar di mary24781
    Data Registrazione
    Apr 2009
    Località
    Bari
    Messaggi
    29,040
    Inserzioni Blog
    22
    Potenza Reputazione
    10

    Re: [Deus ex Machina GDR] Story

    Epilogo di Lantis (seconda parte) - Una mano nel buio

    Il tempo sembra sia passato lento, come i fiori di ciliegio che danzano nel vento prima di riposarsi sulla terra. Questa stanza che ho scelto della Torre Ovest non è poi tanto diversa dalla prigione che occupavo fino a poco fa. Non ho voluto fronzoli, giusto l'indispensabile per una vita modesta.


    Sarei andato via dal Castello quando Reneè mi ha liberato, ma non l'ho fatto, raccontandomi di aver scelto di restare solo per Shen. No, so bene che non è solo per questo: quella flebile fiamma di verde speranza brucia ancora dentro di me.


    Shen è venuto quasi tutti i giorni a trovarmi, mi ha raccontato di cosa studia con il septon, degli amici con cui si diverte a giocare, degli allenamenti con sua madre. Un giorno, si è arrampicato al mio braccio e ha iniziato a dondolarsi: "Vorrei allenarmi con te, papà... mi alleno con mamma ora ma... non sono tanto bravo" e io... l'ho sollevato, stringendo il muscolo: "Magari un giorno, chissà. Hai il sangue mio e di tua madre, col tempo verranno i risultati".


    Non so se Reneè me lo permetterebbe, dovrei chiederglielo. Sono ancora frastornato per la sua decisione di avermi liberato, anche perchè non mi sento affatto libero. Libero di allenare mio figlio se lo vuole, libero di parlarle, libero di avvicinarmi a lei. In realtà, la mia prigione ha solo spostato domicilio perchè è il cuore ad essere in gabbia. Ma per lo meno, posso abbracciarlo senza che ci siano sbarre tra noi, possiamo parlare da soli, possiamo passeggiare nei giardini.


    Posso giocare con lui alla luce del sole, con il calore dei raggi che ci scalda la pelle, senza carcerieri a fissarci. In prigione non riuscivamo ad avere del tempo per noi, in quella cella così buia e angusta. Ora, per la prima volta, mi sento davvero un padre... suo padre.


    Come corre, come gioca, come sorride... Shen è il nostro amore che cammina e respira. L'altro giorno era piuttosto pensieroso. Mi ha chiesto a bruciapelo: "Papà, perchè sei così triste?" e io non sono riuscito a mentirgli. Non ho avuto il coraggio di inventarmi scuse davanti ai suoi occhi trasparenti. Mi sono ammutolito e ho abbassato il capo ma lui ha incalzato quasi subito: "Ti manca Drako, vero?".


    L'ho guardato esterrefatto. Su questo, è molto simile a me, osserva con attenzione gli altri, come a volerne carpire i segreti e i turbamenti. Ha fatto lo stesso con me. "Non può mancarti una persona che non è mai esistita" ho replicato incupendomi.


    "All'inizio mi mancavano molto i Saggi, ero un po' triste a pensare di non poterli più rivedere. Poi, ci ho pensato meglio e mi sono detto che non c'era motivo di essere triste. Loro sono qui, nel cuore, nei miei ricordi. Sono sempre con me, quindi non devo sentire la loro mancanza. I Saggi erano ombre per gli altri, spiriti, fantasmi, ma per me erano vivi, umani. Sono stati un pezzo del mio mondo e della mia famiglia. Conta solo questo" mi ha risposto sorridendomi.


    L'ho guardato sempre più sbalordito: Shen aveva proprio ragione. "Sei un bambino molto saggio, Shen"


    Gli ho sorriso e mi sono alzato per accarezzargli la testolina, scompigliandogli i capelli. "Elanor me lo diceva sempre" e un velo di malinconia gli è apparso sugli occhi.


    Mi sono così piegato, gli ho messo le mani sulle spalle, osservando bene il suo visino. D'un tratto, però, Shen mi ha guardato e mi ha sorriso: "A volte mi pesa la loro assenza... ma tu... perchè sei triste per Drako? Lui non è mai andato via... mamma non è mai andata via". Il suo viso così sereno, innocente e puro: è stato disarmante per me. L'ho abbracciato stringendolo a me e avrei voluto piangere. Piangere perchè Shen ci ha sempre visto giusto su di me, come se il sangue che ci unisce gli fornisse una mappa per i miei pensieri. Drako, Reneè... non importa quanti nomi abbia avuto, quanti corpi e quanti volti abbia indossato... quella persona è la persona più importante della mia vita. Lei e Shen sono le persone più importanti della mia vita stessa. Tutto ciò che mi sembrava difficile e complicato all'improvviso mi è apparso semplice, naturale. Grazie a Shen. Grazie a mio figlio. A nostro figlio, Reneè.

    Passo come un fantasma nel giardino della Torre, non credevo di poter rimettere piede in questo luogo, per lo meno non da uomo libero... magari da condannato a morte.


    La statua di Margarete è stata spostata nel giardino delle ortensie, ora c'è un'effige di Reneè accanto al grifone dei Raeghar, un simbolo che mi stranisce a guardarlo.


    Su ogni vessillo per cui ho combattuto, era sempre presente... era mio, era quello che credevo di essere. Il Grifone dei Raeghar, figlio di Rickard. Nonostante ciò, tutti mi conoscevano come Lantis del Fulmine Nero, qualcuno come dotato di chiaroveggenza, il Dio del Fulmine. Non combattevo come Rickard, non avevo il suo elemento, non avevo nemmeno i suoi movimenti o la sua arma: i Blackfire, somigliavo più a loro che ai Raeghar.


    Drako, invece, era così diverso da me, così cavalleresco nella lotta... fin troppo leale, lo giudicavo. Gli volevo bene, era il mio più grande amico eppure... eppure ogni volta che notavo il modo in cui Rickard lo guardava, sotto la pelle sentivo strisciare la serpe dell'invidia. Drako è stato il mio unico e grande rivale e condannarlo a morte è stato davvero difficile ma anche facile in modo disarmante.


    Da una parte, la frustrazione di non essere mai abbastanza per Rickard, di non essere come lui, di non essere quello che tutti mi dicevano che dovevo essere; dall'altra, gli occhi limpidi e fieri di mio padre che si posavano su Drako, il rispetto e l'amicizia che suscitava negli altri. Sono sempre stato un solitario, ho sempre instillato timore negli altri, sia per il carattere schivo ma anche per il mio rango. Quel demone verde che qualche notte annegavo nel vino mi tormentava sempre di più, soprattutto dopo la malattia di Rickard: tutti gli occhi puntati su quanto fossi diverso dal loro re. Persino gli occhi di Esperin urlavano di quanto Drako potesse essere un fratello migliore di me. Quelle parole che lui mi sussurrò prima del Giudizio si erano incarnati in demoni, quella verità cui non volevo credere... di non essere figlio di Rickard... avevo totalmente perso il controllo. Questi due anni di prigione mi ha dato tempo di riflettere molto su queste cose... se solo fossi stato meno orgoglioso, se solo avessi detto a lui questi miei tormenti forse non avrei perso il senno. Adesso a vedere questa statua, mi sembra la cosa più giusta del mondo.


    E mi sembra follia che ci sia stato un momento in cui ho pensato che non dovesse finire così. Shen mi raggiunge nella passeggiata, chiamandomi a gran voce per poi trattenersi subito: sta cercando di fare i conti con l'etichetta di corte, ma ha lo spirito impetuoso di sua madre. Ha ragione lui quando mi dice che Drako non è stato un'ombra per me, che Reneè è sempre stata al mio fianco e che devo superare questa separazione che ho su di lei. Tutto ciò che so di Drako la so anche di Reneè. "Senti? In armeria si stanno allenando, papà. Ci sta pure la mamma... vuole che io la raggiunga" mi dice un po' intimorito.


    Alzo gli occhi verso la finestra del primo piano da cui proviene il clangore delle armi: ci stanno dando dentro. "Vedrai che andrà bene, hai solo bisogno di esercizio... abbiamo già fatto questo discorso, mi pare" lo incito con dolcezza. I miei primi allenamenti ero nervoso, non volevo fare brutta figura e puntualmente la facevo, intestardendomi ad usare una spada a due mani, troppo grande per me ancora. L'orgoglio... brutta bestia.


    "Sai Shen, l'orgoglio è un animale che ti siede sul petto e non ti fa respirare. Potresti imparare tante cose, apprezzare tante cose se l'orgoglio non ti levasse il fiato" mormoro scompigliando i suoi capelli rossi. "Meno male che l'hai capito" mi fa fingendosi offeso, per poi aprirsi in un disarmante sorriso. "Mi accompagni? Dai!" esclama d'un tratto, tirandomi dalla casacca.


    "Io non credo che sia una buona idea, tua madre..." cerco di oppormi quando mi interrompe: "Secondo me è contenta se mi accompagni". Mi convinco, non riesco quasi mai a dirgli no... pensare che "no" era quasi la mia parola preferita. Quando arriviamo, Reneè sfoggia le sue kopesh con le lame però coperte da protezioni, insomma le stesse che usava quando era Drako ma adeguate ad un mondo in cui non esistono guaritori.


    Mi sento un po' a disagio, sebbene abbia buoni propositi, è difficile accantonare l'immagine di quelle due armi con il volto del mio amico. Mi guarda severa, lo sapevo che dovevo evitare di farmi vedere da lei.





    "Mamma, papà può restare a vedermi, vero?" le chiede con dolcezza. Forse eccessiva dolcezza.


    All'assenso di lei, mi rivolge un sorriso furbetto: "Visto?". Rassegnato e un po' divertito, mi metto in un angolo, buono e silenzioso a guardare i combattimenti.


    Reneè è ancora in forma, non ha problemi a sconfiggere tutti quelli che si azzardano a sfidarla. Più la osservo, la guardo e più tutto mi sembra famigliare. Certo, ora i suoi movimenti sono più aggraziati ma... non riesco a non rivedere Drako in lei.


    Rickard diceva sempre che lo specchio dell'anima è il modo in cui si combatte: aveva ragione anche in questo.


    Tocca a Shen, che stringe una spada d'allenamento, la presa è salda, ma le mani sono disposte in modo non proprio perfetto, la posizione delle gambe non è corretta e faccio fatica a trattenermi nel dire qualcosa.


    Reneè lo sistema, gli indica come deve impugnare, come deve stendere le braccia e come stare in guardia. Shen esegue tutto in modo obbediente ma è un po' goffo e lei non fa molti affondi prima di disarmarlo.


    Il bimbo viene mogio dalle mie parti ma non resta triste a lungo, riprende subito a ripassare ciò che la madre gli ha mostrato poco prima.


    "Nessuno vuole sfidarmi?" prorompe Reneè guardando i presenti. Li osservo uno ad uno, le facce intimorite, le stesse di quando eravamo ad allenarci da ragazzi e tutti ammiravano le nostre capacità belliche. Vedere quelle kopesh, essere qui in armeria, vedere le uniformi dei soldati... mi manca... sono un guerriero di Dohaeris e nessuno dei miei peccati potranno mai cancellare questo. "Io, se ho il tuo permesso" dico rompendo il silenzio, avanzando di qualche passo.


    Si mette allora sulla difensiva, seguendomi con gli occhi mentre prendo uno spadone di allenamento. Così, stringendo l'elsa forte tra le mani, è come se il tempo non fosse mai passato.
    Roteo in diagonale la spada, facendole fare un giro completo fin sopra la mia testa, così da prendere forza e velocità e miro alla spalla di Reneè, che pronta nei riflessi, incrocia le kopesh per parare il fendente.


    La guardo, siamo vicinissimi, abbozzo involontariamente un sorriso: io e Drako... io e lei iniziavamo sempre così i nostri duelli. La danza comincia, per un tratto le nostre forze sono equivalenti, poi lei prende un po' il sopravvento, approfittando di alcuni miei punti deboli nella difesa che conosce fin troppo bene.


    Spingo di più la lama verso di lei, quando sento un tonfo violento all'altezza dello stomaco, una ginocchiata ben piazzata che mi lascia senza fiato. Non si scherza, si fa sul serio, come sempre con lei. Paro un suo pugno e le storco il braccio, lei tenta allora di sferrarmi l'altro gancio in faccia ma con una spallata cadiamo a terra, uno sopra l'altro. I nostri visi non sono mai stati così vicini, posso sentire il profumo del suo respiro, il calore della sua furia, le onde sinuose del suo corpo sotto il mio che si irrigidisce, che preme ancora contro il suo in una morsa per immobilizzarla.


    Come una pantera in trappola, Reneè cerca di liberarsi, i suoi occhi emanano il fuoco che la dominava prima che Shen ci togliesse la magia e io non posso che restare ammaliato dalle sue labbra, da quelle labbra rosse che vorrei baciare e fare mie ancora una volta. Un pugno mi ridesta dal torpore, un pugno di quelli che solo Drako sapeva spaccarmi in faccia.


    Mi allontano così, mi asciugo un rivolo di sangue dall'angolo della bocca, la guardo e... non Reneè, non sei solo tu quella che ha covato rabbia in questi anni. Un momento e mi sento il guerriero di un tempo, con gli occhi determinati e freddi sul mio obiettivo, ma questa volta l'emozione non può essere nascosta, così come il desiderio che ho di lei, un desiderio che mi consuma da anni. Mi fiondo con tutta la mia velocità per afferrarle con entrambe le braccia la vita, così da premerla con le spalle al muro con veemenza


    lei ancora mi colpisce con forza con un montante sotto la mascella e io la ricambio, cercando di tenerla ferma per la gola con la lama di piatto, in modo da non ferirla gravemente.


    Un altro calcio allo stomaco - che forse mirava più giù - mi costringe a lasciarla e ad allontanarmi, a prendere fiato, a prepararmi per un altro assalto. Tutto famigliare, tutto come sempre: la sensazione è... piacevole. Il modo in cui mi attacca e si muove: come ho potuto essere confuso? Lei non è solo la donna che amo... è anche il mio migliore amico. E' la madre di mio figlio, la mia famiglia, la luce delle mie tenebre. La persona che mi ha fatto comprendere che non devo per forza necessitare di qualcuno per tenere accesa la mia luce. Reneè è semplicemente il mio mondo. Ho avuto modo di riflettere molto durante la mia prigionia e anche di allenarmi... con uno scatto, cerco di forzare e vincere la sua barriera, della magia non me ne infischia nemmeno più niente: siamo io, lei e le nostre armi. I nostri cuori, i nostri occhi, le nostre braccia. Quando riesco a disarmarla, resto un po' sorpreso: non è stato facile, non è mai stato facile con lei. Ed è questo uno dei motivi per cui non posso che amarla ancora più profondamente, anche se ora mi fissa con rabbia.


    "Vorrei parlarti, se hai terminato l'allenamento" le chiedo con il fiatone, passandole accanto. E' il momento di rompere gli indugi, è il momento di rispondere a quelle parole che mi rivolse quando mi liberò dalla cella.



    Appena siamo soli, prendo un respiro profondo, cerco di calmare il cuore che mi batte all'impazzata e di apparirle calmo.
    "Quando mi sono risvegliato quella mattina... non mi sono mai sentito così solo al mondo. Il vuoto affianco a me in quel letto è stato incolmabile. Mi ha assalito con una forza che non credevo possibile. Ti ho cercata ovunque, Reneè, in ogni posto del mondo che conoscevo. Quando non ti ho trovata, sono andato dai Saggi, per chiedere dell'altra parte che non conoscevo. Il loro verdetto è stato così difficile da capire, così faticoso da ammettere. Impossibile da accettare. Sono tornato a Luna di Diamante che ero un uomo distrutto, vuoto".



    "La mia mente non faceva che tornare alle sue domande, ai nodi che non riuscivo a sciogliere. Con Drako, tra uomini, ti sono sembrato arrogante e fiero delle mie conquiste? Invece ero solo patetico e solo".


    "Troppo orgoglioso per ammetterlo, ma cos'altro è se non patetico un uomo che non accetta l'abbandono tanto da arrivare a cercare questo rosso nei capelli di altre donne? Mi sono illuso che così era come avere una parte di te, ma era solo follia".


    "Man mano che il tempo passava, il sesso non mi arrecava nessun piacere, l'ho persino usato come arma per umiliare gli altri. Perchè è me che umiliavo, è così che mi sentivo e volevo trascinare nel mio baratro più persone possibile. La distruzione è diventata, poi, la mia unica compagna, la distruzione come maschera della mia rabbia, del mio dolore. Trovi ancora fierezza in quello che un ragazzo ti ha raccontato o ti ha mostrato credendoti il suo migliore amico?" domando lei resta in silenzio per qualche attimo che mi sembra un'eternità. "Conosco fin troppo bene cosa è accaduto in passato e credimi, mi sono sforzata di capire, ci ho provato sul serio. Credi che non avrei desiderato urlarti chi io fossi? Credi che per me sia stata la scelta più facile tener fede alle mie promesse, a tua madre che ho odiato così... così disumanamente?"


    "Non siamo più le stesse persone di sette anni fa, Lantis. Ti ho amato in maniera così stupida, come fanno i bambini, come le cotte degli adolescenti e come accade quando si matura, ma ora no... io e te, no!" esclama con gli occhi arrossati probabilmente da lacrime che non vuole mostrarmi. "Il mio rancore nei tuoi confronti è ancora forte, ma ti chiedo di perdonarmi, perdonami se ti ho nascosto tuo figlio, è la mia più grande colpa e non posso scaricarla su nessuno" continua quasi affievolendo la voce per la stanchezza di un peso che ha portato sulle sue spalle da troppo tempo. Mi fisso gli stivali, avevo sperato in qualcosa che sapevo bene fosse irrealizzabile. Allora perchè fa così male sentirlo dire? "So di meritare il tuo rancore, il rancore di tutti. Non mi tirerò mai indietro davanti a questo. Maturare... forse io non sono mai davvero maturato... perchè ti amo ancora come amano i bambini... testardamente, in modo assoluto".


    "Hai ragione su una cosa, però: siamo cambiati in questi anni e io soprattutto durante questo ultimo. Se prima ti ho amato senza conoscerti, ora ti amo ancora più profondamente sapendo chi eri, sapendo che sei stata sempre al mio fianco. Sai... i primi giorni di prigionia non facevo che ripensare a tutte quelle volte in cui avrei potuto capire... l'irritazione che ti provocava Lumen, le hai anche dato della grassona quando ti mostrai il suo ritratto" ricordo sorridendo "la tua disapprovazione quando ero con altre, il tuo negarti ad ogni ragazza che ti si offriva. E poi mi sono arrabbiato, perchè nonostante io fossi quel Lantis di cui ti eri innamorata, non ti eri fidata di me. Mi avevi condannato a non vivere la gravidanza insieme a te, non assistere ai primi anni di nostro figlio. Mi avevi privato di qualcosa che niente mi avrebbe restituito. Col tempo, ho iniziato a pensare che avessi fatto bene, che sarei stato un pessimo padre, che forse l'avevi fatto per questo. Non sono mai stato come Rickard... un tipo... paterno. Eppure, Reneè... ogni volta che Shen mi guarda sento che posso essere un buon padre. Lui... mi ci fa sentire così. Ho capito anche il pericolo che correva Dohaeris, i sacrifici che hai dovuto fare... la rabbia è svanita come vapore nell'aria. Voglio solo guardare al futuro, voglio solo essere il padre che Shen merita di avere... e non posso negarti che, follemente, in quel futuro ci sei anche tu" le rispondo prendendo la sua mano nella mia.


    Per un attimo, solo per un infinitesimo istante... ma poi Reneè si ritrae, mi sfugge ancora.


    "Sei un padre meraviglioso, posso dirlo senza remore, nostro figlio è pazzo di te e sai prendertene cura, vi ho osservato a lungo. Sono e resterò nella tua vita, ma come madre di Shen, come una persona con la quale hai condiviso qualcosa di importante. Il mese prossimo prenderò marito, sono una Regina sola, il Regno lo richiede"


    risponde tutto d'un fiato. Cuore? Non lo sento più battere nel petto. Sangue? Se qualcuno mi pugnalasse ora, non ne uscirebbe una goccia. La bocca dischiusa, gli occhi spalancati su di lei.


    Giro di poco il capo, fissando per qualche secondo il vuoto. Si sposa. La vedrò assieme ad un altro uomo. Cerco di inanellare lettere e parole ma la bocca è impastata, l'aria non si trasforma in voce nella gola. D'un tratto, però, mi sento avvampare, come se tutto il mio corpo fosse tornato con violenza a funzionare e il respiro è affannoso, tanto da non poter respirare senza l'ausilio della bocca. Addrizzo la schiena e la testa annuisce meccanicamente: "S-sì è... normale... sei la regina... devi prendere marito... normale... s-sì" ma sento la voce rompersi e con la mano mi gratto il petto per il nervoso, come a volermi strappare questo cuore che non mi dà tregua. "Meriti di essere felice. Spero che tu sarai felice... con chiunque sceglierai"


    dico lasciandola lì, voltandole le spalle quasi fuggendo verso la torre solitaria in cui posso, finalmente, sfogare il mio pianto.

    Foto di Eclisse84

  9. #99
    GdR Master L'avatar di Eclisse84
    Data Registrazione
    Dec 2009
    Località
    Dohaeris
    Messaggi
    6,561
    Inserzioni Blog
    30
    Potenza Reputazione
    21

    Re: [Deus ex Machina GDR] Story

    Epilogo Reneè - seconda parte

    Quel giorno vederlo andare via in quel modo, mi ha lasciata con una strana sensazione addosso, a dire il vero, quella sensazione la conoscevo fin troppo bene, ogni volta che in passato l’avevo osservato col cuore in gola, quando corrucciavo l’espressione per conservare contegno.


    io… Drako Kalisi, non avrei mai potuto scompormi alla vista del Principe, il Principe che si allenava, che partiva con la schiena retta ed il passo sicuro verso una donna, il Principe che non abbassava mai la testa, che estraeva la propria spada e l’affondava senza remore, senza far distinzione… quel Lantis che ho visto morire nei miei occhi, quel cambiamento, quell’alone scuro che s’innalzava fitto e rapido nell’abbracciarlo. Mi amava, lo aveva gridato in ogni modo ed io che avevo pensato di esser stata il suo chiodo fisso, perché sparita nel nulla, per non aver avuto il privilegio del solito trattamento del giorno dopo, l’avevo lasciato nel suo letto ed ero corsa via nel cuore della notte, ancor più triste di prima, ancor più sofferente per la consapevolezza di quel che stavo volontariamente abbandonando.


    Credo ed ho sempre pensato, che ognuno di noi abbia bisogno di credere in qualcosa di più grande di se stesso, non parlo degli dei, loro sono irraggiungibili mai come oggi, ognuno di noi tende verso ciò che è consistente, verso ciò che potrebbe toccare ed avere per sé, l’irrazionalità dei propri desideri nel volgere lo sguardo verso qualcosa che non dista oltre un palmo dalla nostra mano e non poterlo raggiungere, è forse questo che mi ha fatto capire che lo amavo, mai una volta mi sono allontanata più di quel palmo e mai una volta mi sono avvicinata oltre, quel peso e quella misura che permettevano l’equilibrio: il mio male ed il suo bene.


    Ed ora? Ora guardo quei suoi pugni fasciati, le bende con chiazze scure di sangue rappreso, mentre avanza lungo i corridoi conservando il capo alto, alto ma non fiero, e non posso fare altro che pensare, dopo tutto questo tempo, dopo la guerra e le nostre perdite: siamo ancora qui, lui ed io, oltre quel palmo, oltre quei pesi e misure, ma oltremodo cambiati e forse non basta più allungare la mano per toccarsi e raggiungersi, forse voglio solo dare le spalle e proseguire oltre.


    Domani mattina Lord Lothar verrà con suo figlio, Dean Lothar, qui al Castello, abbiamo un accordo di alleanza tra i nostri regni, Dohaeris ed Azeroth, da sempre rivali, pur non avendo mai promosso guerre tra noi, si è sempre camminato sul filo del rasoio, ovviamente, cosa meglio di un matrimonio per suggellare questo patto? Non so neanche che faccia abbia questo Dean, non me ne sono interessata anche se voci di popolo parlano di un giovane uomo di bell’aspetto e con bontà d’animo, francamente, ne farei a meno, potrebbe essere anche un orco, non mi fa differenza.

    La guerra è finita da almeno quattro anni, ogni cosa pare cullata dalla tranquillità, il popolo è felice, l’economia si è risollevata, ora che mi affaccio a questa finestra percepisco un benessere generale, i bambini giocano nei cortili con spensieratezza, i mariti popolano i mercati e, a quest’ora, le mogli sono nel pieno dei preparativi del pranzo, riesco quasi a percepirne i vari profumi: carni macerate e verdure, sformati fumanti e torte ripiene, la mia totale incapacità ai fornelli me li fa apprezzare ancor più. Shen sta migliorando molto con l’uso delle armi, Lantis l’ha aiutato parecchio in questo, io sono troppo impegnata con le varie faccende del regno da gestire e non ho il tempo che vorrei per poter trascorrere il giusto e dovuto tempo con mio figlio, se il mio ometto sta crescendo bene è anche merito del padre, sono felice di poterlo ammettere, anche se io e Lantis abbiamo intrapreso strade diverse, Shen può contare su entrambi e crescere senza mancanza alcuna.


    I preparativi per accogliere Lord Lothar sono conclusi, la sala delle riunioni è stata allestita a dovere con gli stemmi di entrambe le casate, i cuochi hanno provveduto a rifornire le cucine ed io… io dovrò solo indossare un sorriso per l’occasione e tutto procederà per il meglio. Mi sento stanca, Shen è andato a letto da un pezzo, ma non ho ancora avuto modo di dargli la buonanotte, lo faccio sempre, anche se, probabilmente, ora è già tra le braccia di Morfeo, mi dirigo ugualmente verso le sue stanze. Apro la porta cercando di provocare meno rumore mi sia possibile, le candele spente non mi permettono di avere una buona visuale della stanza, mi avvicino ad una finestra e scosto di poco la tenda, questa notte la luna risplende della propria pienezza ed i raggi riflessi filtrano attraverso i vetri illuminando pallidamente l'ambiente.


    Quando mi volto per avvicinarmi a Shen, mi rendo conto che non è solo, nel letto con lui c’è un’altra persona, resto spiazzata per un istante prima di rendermi conto che si tratta di Lantis. Sorrido nell’osservarli e mi avvicino a mio figlio per rimboccargli le coperte, mi accorgo solo ora che è sveglio, perché mi sorride, anche se conserva gli occhi chiusi


    “Mamma…” parla a bassa voce per non svegliare il padre “…hai fatto tardi” continua lui, mentre mi abbasso per baciargli la fronte “E’ stata una giornata impegnativa” sussurro restando con la fronte poggiata alla sua “Buonanotte Shen” faccio per rialzarmi, ma la sua mano scatta da sotto le coperte afferrando la mia “Mamma” lo guardo interrogativa, senza capire il suo gesto “Resta con me” solo in questo momento realizzo cosa significa per lui la giornata di domani, conoscerà l’uomo che diventerà il suo patrigno, che sposerà sua madre, è ancora un bambino, anche se molto maturo per la sua età, non è facile accettare qualcosa del genere. Shen non si è mai lamentato da quando gli ho parlato dell’accordo preso con le terre di Azeroth, ma la sua espressione mesta fu più che esplicativa, corse dal padre appena lo lasciai andare e lo strinse a sé, probabilmente, in questo momento vuole averci vicini entrambi e non mi sento di negarglielo, Shen ha sofferto già troppo durante la sua breve esistenza, desidero solo che sia felice. Non replico, gli sorrido dolcemente prima di alzare le lenzuola e stendermi accanto a lui


    lo stringo a me e presto avverto il sonno abbracciare la mia volontà, domani mattina devo accompagnarlo dall’Alto Septon, ma ora mi lascio cullare dal suo respiro e da quello di Lantis che è accanto a noi, è una bella sensazione, anche io mi sento tranquilla.



  10. #100
    GdR Master L'avatar di Eclisse84
    Data Registrazione
    Dec 2009
    Località
    Dohaeris
    Messaggi
    6,561
    Inserzioni Blog
    30
    Potenza Reputazione
    21

    Re: [Deus ex Machina GDR] Story

    Ho dormito come non accadeva da tempo, mi sveglio, ma non apro ancora gli occhi, il fresco delle lenzuola mi avvolge e mi sento rilassata, adagiata sul fianco come sono ora. Dopo qualche istante guardo avanti a me, dalla tenda che ho lasciato aperta la notte scorsa filtrano i raggi di sole del primo mattino, sorrido e faccio per alzarmi, quando i miei occhi incrociano una lettera poggiata sul comodino accanto al letto.



    Allungo la mano e prendo il foglio di carta, riconosco immediatamente la scrittura, anche senza leggere il testo
    Conosco la strada per il monastero
    una singola frase e mi volto immediatamente alle mie spalle, mio figlio non c’è, è scivolato via mentre dormivo e non mi ha svegliata, lasciandomi qui, quel… quel piccolo str…



    i miei occhi saettano verso Lantis, si sta destando ed io non ho la minima intenzione di riprendere vecchi discorsi in questo momento, meglio… meglio fingere di dormire. Mi volto nuovamente dalla mia parte, poggio rapidamente la missiva al proprio posto e riassumo la posizione di prima, poggiata sul fianco, il cuscino ha conservato la forma.



    Trascorrono gli attimi, Lantis si è svegliato, sento che si è mosso dalla propria posizione, ma non è sceso dal letto, probabilmente si è reso conto della mia presenza e si starà chiedendo il perché io mi trovi qui. Un fruscio di lenzuola e l’avvallamento del letto mi lasciano capire che si è avvicinato, è fermo poco distante da me, ma riesco a percepire il suo respiro, mi sforzo di non muovermi, vorrei fuggire, alzarmi ed uscire a passi veloci da questa stanza.



    Un tocco leggero sul fianco, è la sua mano poggiata sulla stoffa della mia vestaglia



    risale piano e scivola in un abbraccio, resta fermo ancora, poi si avvicina, il suo petto contro la mia schiena ed il suo respiro sul collo. E resto ferma ancora, con gli occhi chiusi, stretta tra il letto e lui, ma questa morsa, quella che ho avvertito come tale nonostante i gesti morbidi e delicati, si trasforma rapidamente, prende un’altra forma e mi lascio andare, è qualcosa di familiare, qualcosa che mi fa sentire bene, come se fosse normale. Restiamo così, come sospesi nel tempo, nessuno dei due si muove, io non fuggo e lui non mi trattiene con la forza. Il mio respiro si fa più pesante, profondo, sfugge al mio controllo, maledetto sia il mio corpo e maledetto sia il mio cuore che accelera e batte forte, troppo forte… lui se ne accorge e questa volta mi stringe più a sé, riesco a percepire anche i suoi battiti, i quali si espandono dal suo petto alla mia schiena, sono veloci più dei miei ed il suo respiro diventa caldo e profondo come il mio. Ancora un movimento e le sue labbra che premono alla base del collo, ancora un bacio più forte, che si accende dei colori del suo desiderio che mi infonde ad ogni tocco, scende tra le spalle, mentre stringe la presa ed il mio respiro è ormai fuori controllo, sono sveglia e lucida, lo sa bene.



    E quando l’abbraccio mi avvolge più saldo, mi sento voltare di peso, conservo gli occhi aperti a fissare i suoi, mi ritrovo così vicina a lui come non lo ero da più di dieci anni, con ogni parte di me che grida di volerlo, con ogni parte di lui che mi pretende.


    Il respiro irregolare di entrambi, lo sguardo che brama l’altro ed è un istante, un istante nel quale ogni freno crolla, non c’è corona, non c’è passato, non ci sono cognomi, ci siamo solo noi e queste lenzuola, noi ed un ricordo ingombrante, noi ed un desiderio che non è mai sparito, nonostante tutto, nonostante la rabbia, nonostante il male.



    Ha ancora lo stesso sapore. Le mani afferrano come se non ne avessero mai abbastanza, come se non riuscissero a cogliere ogni cosa nella loro pienezza, i respiri si confondono, i corpi si uniscono, è come una musica: tasti conosciuti e sfiorati da mani esperte, corde che vibrano, voci che si confondono e risuonano come una melodia già conosciuta.


    Non una parola, solo mani che si intrecciano e gambe che si abbracciano, noi come quella volta, più di quella volta.





 

 
Pagina 10 di 11 PrimaPrima ... 891011 UltimaUltima

Discussioni Simili

  1. A Story for You
    Di Claudy97wts3 nel forum Ministorie
    Risposte: 99
    Ultimo Messaggio: 17th March 2013, 10:54
  2. Tell me a story!
    Di sari-tre nel forum Ministorie
    Risposte: 8
    Ultimo Messaggio: 4th September 2012, 10:56
  3. Avete giocato al nuovo Deus Ex...?
    Di S1Mulator nel forum Altri videogiochi
    Risposte: 2
    Ultimo Messaggio: 3rd November 2011, 21:51
  4. Just another love story
    Di MissingLove nel forum Diari Sospesi
    Risposte: 8
    Ultimo Messaggio: 9th October 2011, 14:09
  5. Toy Story 3
    Di Topolino93 nel forum OFF Topic
    Risposte: 30
    Ultimo Messaggio: 18th July 2010, 16:10

Permessi di Scrittura

  • Tu non puoi inviare nuove discussioni
  • Tu non puoi inviare risposte
  • Tu non puoi inviare allegati
  • Tu non puoi modificare i tuoi messaggi
  •