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  1. #21
    L'avatar di mary24781
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    Re: [Deus ex Machina GDR] Story

    Anno DXIII D.D.
    I mese delle foglie
    I Giorno degli Dei

    DECISIONE DIFFICILE

    Entra piano nella grande stanza rossa, tappezzata di velluto e di arazzi con lo stemma di famiglia dei Raeghar. Lantis chiude delicatamente la porta dietro di sè, avendo la stessa premura che si ha in presenza di un bimbo addormentato.



    Così a tratti gli pare Re Rickard, con una sola delle tende del baldacchino sollevata. Ma quelle macchie nere, ormai divenute omogenee ed estese sul suo corpo, e quella spropositata magrezza, urlano troppo forte alla malattia perchè il giovane possa ingannarsi ancora.



    Fa un cenno imperioso ai servi di lasciarlo solo con il genitore e si appropinqua a lui, facendosi posto sul letto e sedendosi al lato; con una mano gli leva un ciuffo di capelli dal viso e gli sorride amaramente. Rickard è la maschera della morte, che parla con schiettezza che lì non v'alberga speranza alcuna. I medici hanno sentenziato che è stato veleno, che non c'è più il rischio che sia contagioso. Finalmente, quindi, Lantis può andare a visitarlo spesso, nonostante i numerosi impegni che lo trattengono alla Torre. Frequentemente, prima del suo viaggio a Nord, aiutava l'anziano, incosciente da mesi, a lavarsi, a cibarsi e quest'ultima operazione non era affatto semplice. Assisteva i guaritori, che con la loro magia riuscivano a tenere in vita, pur se precaria, il pover'uomo, che era stato in passato l'immagine della forza, della salute. E' triste, molto triste vedere quel male ridurlo in quello stato. Ma Lantis gli parla, lo accudisce come ogni figlio amorevole farebbe, dimenticando lo status e la nobiltà dell'etichetta cui è avvezzo. Questa notte è voluto rimanere solo con il Re. Questa notte ci sarebbe stato il Reggente al capezzale di un Re morente.

    "Padre... quest'oggi la nostra Esperin, il nostro amato gioiello, è venuta a conoscenza della proposta di Tywin Leithien. Se la mamma fosse stata presente, ne sarebbe morta di crepacuore. E io, come posso ribattere contro la forza dei suoi diamanti? Cosa mi hai lasciato per poter impedire un matrimonio così scellerato, una discendenza tanto disgraziata? Secondo Lord Tywin Leithien, dovrei dare la preziosa e delicata mano di mia sorella, della tua bambina, del nostro bocciolo di rosa, a quella zampa di maiale che è suo figlio Ryuk! Comprendi? Ryuk Leithien, un animale, un abominio di ciò che dovrebbe essere un cavaliere, sposare la nostra Esperin" dice al silenzioso genitore.



    Nessuno potrebbe dare certezza se il Re possa o meno ascoltare e percepire, ma Lantis si illude che sia così. Il giovane si alza in piedi, inizia a camminare nervoso lungo il lato del letto.



    "Abbiamo perso ad Amaranthis e domani v'è la battaglia di Solumquae... se dovessimo perdere anche questa io... al solo pensiero, sento una rabbia enorme aumentare dentro di me... solo tu... solo tu riuscivi ad acquietarmi... ora ti sento così distante, come se tu fossi già morto" continua quel monologo fermandosi ad osservare il moribondo.
    Si inginocchia al suo fianco, posa le mani su quel corpo così debole, fragile, ben lungi dal ricordo di quella tempra da Gran Maestro dei Maghi che donava sicurezza al solo guardarla.

    "Padre... come hai potuto rendermi tanto vulnerabile? Ti avevamo detto che le tasse sarebbero state una buona soluzione, ma non hai voluto ascoltare, ancora hai messo il popolo davanti all'ordine e alla stabilità del Regno e ora, quel tuo stesso popolo sta soffrendo per questa guerra. Hai messo i Leithien sul trono a discapito di tuo figlio... come hai potuto essere così debole! Che razza di Re sei stato, se mi hai lasciato in eredità solo dolori e preoccupazioni!" esclama con rabbia, rimettendosi in piedi.

    Abbassa gli occhi, stringe i pugni, digrigna i denti. "No padre, vi giuro che quel verme non avrà mai la mano della nostra Esperin... ebbene, e sia. Hai sposato Lumen e non hai mai giaciuto con lei, così da non avere altri eredi, così da scongiurare una discendenza Leithien. Ma sapevo, i tuoi occhi me lo dicevano, che prima o poi sarebbe toccato a me. Io... ho cercato Reneè per tutto il regno, per ogni anfratto, mi sono inchinato dinanzi ai saggi e loro non hanno mai voluto svelarmi dove fosse. Lei... non ha mai voluto incontrarmi. E' fuggita e io devo pensare al mio Regno. Lord Waters dovrà perdonarmi, ma non posso permettere questo abominio. Non sulla sua pelle innocente, non su Esperin. E' l'unica luce che mi resta nella mia vita... non permetterò che si spenga. Ho guardato troppi eventi con impotenza... la morte della nostra Signora, che solo gli dei sanno quanto fosse amata; il tuo avvelenamento e il non poter sbattere nelle segrete il colpevole. So chi è stato, padre, ma... ho le mani legate, per ora... ma ti giuro su tutti i demoni dell'Abgruntis che un giorno strapperò io stesso, con queste mie mani, la sua testa dal suo collo e ce la infilerò in una picca che adornerà la sala del trono. Il tradimento di Drako, i ribelli di Targaryus: altri eventi cui ho assistito impotente. Lady Alinor Waters mi reputa persino responsabile di questo. Eppure, ho dovuto fare così, non ho avuto scelta, tu lo sai. E quando non si ha scelta, non si ha potere di cambiare le cose. Ma Esperin... no, Ryuk Leithien dovrà passare sul mio cadavere anche solo per pensare di mettere quelle mani lorde su mia sorella" tira un respiro profondo, chiude gli occhi, si siede ancora accanto al genitore e gli stringe le mani.

    "Sposerò Lumen e darò a quella baldracca un figlio. Lord Tywin tornerà a cagare diamanti nel suo Castello nero e la situazione tornerà stabile. Non dovrò nemmeno tassare la popolazione, così anche il tuo volere sarà rispettato. Che gli dei... che gli dei ci perdonino, padre" conclude il suo sfogo, rimboccando amorevolmente le coperte del Re e uscendo dalla stanza.



    Lantis si dirige nei suoi appartamenti, dando una rapida occhiata alla porta di quelli della Regina: qualcosa nel suo cuore si stringe di un dolore profondo e acuto, qualcosa lo disgusta nello stomaco. Ma rassegnato va a dormire, che una lunga giornata gli si profila davanti.


  2. #22
    Master caotico L'avatar di SimsKingdom
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    Re: [Deus ex Machina GDR] Story



    La danza delle spade

    Anno DVI
    II mese del Sole
    III Giorno di Mercurio


    Se c’è stato un tempo in cui adagiarsi sugl’allori, è stato sicuramente un tempo non molto lontano a Dohaeris, solo otto primavere or sono la vita scorreva tranquilla al Castello e per i cittadini del Regno. Re Rickard avvolgeva ogni cosa con la propria presenza, un’aura costante di tranquillità e pace, nulla sembrava poter turbare quell’equilibrio che pareva così solido.
    “Oggi è il giorno dedicato alla cerimonia alla pendici di Solumquae, le vestali balleranno e s’ingrazieranno il volere degli Dei, affinché il vulcano non si ridesti e continui a dormire, quindi preparatevi, che questa sera dobbiamo presenziare tutti, è l’evento più importante a Dohaeris”


    Re Rickard era coi propri figli e l’amata consorte, ogni anno non mancava di ripetere loro le stesse parole, come se fosse il primo giorno in cui avrebbero dovuto presenziare a tale evento.


    la Regina Margarete era accanto a lui come sempre e rivolgeva alla propria famiglia un sorriso, un sorriso che le illuminava il viso solo quando era con loro. Era molto stanca in volto, i segni della malattia si facevano sempre più forti, quasi faticava a reggersi in piedi, ma nonostante ciò si mostrava sempre fiera in viso, sforzandosi di apparire forte ed imperturbabile.
    “Non mancheremo di certo Padre, anche quest’anno…”


    Lantis era un giovane ragazzo, pieno del proprio vigore, ma soprattutto era sereno, da pochi mesi aveva incontrato la propria promessa Lady Lumen, ma l’idea di un matrimonio combinato non lo turbava affatto. “Non vedo l’ora Padre” La piccola Esperin era poco più di un adolescente, non riuscì a contenere l’entusiasmo, sembrava quasi saltellare all’idea di quel che avrebbe dovuto fare da li a poche ore.



    Re Rickard era così fiero di sua figlia, che mai riusciva a trattenere i gesti amorevoli di un padre anche in pubblico, non gl’importava se lo avrebbero giudicato troppo tenero, puntualmente si lasciava andare a gesti gentili anche con Lantis, il quale ne era felice, nonostante fosse meno propenso a tali dimostrazioni di affetto in pubblico. Il Re si avvinò alla figlia e le baciò la fronte.
    “Preparati Esperin, sai cosa dove ci attendono…” Anche la Regina non mancò di avvicinarsi alla ragazzina, attendeva quel giorno da parecchi mesi e la piccola Principessa era visibilmente fibrillante.


    “Al tempio delle Vestali, devo scegliere io chi si esibirà nella danza delle spade, quando andiamo madre? Ora?”
    “Concedimi il tempo di rendermi presentabile Figlia mia e ti raggiungo” Porse il braccio al Consorte ed insieme si diressero alle stanze reali. Lantis notò con la coda dell’occhio l’amico Drako passare per i corridoi del castello, assieme al suo soldato più fidato, aveva scelto di non legare con Efrem, a dire il vero… la propria amicizia era un lusso concesso unicamente al Comandante, ma la realtà dei fatti è che, tutto sommato, gli era alquanto simpatico.



    “Comandante Kalisi” Drako si voltò verso Lantis
    “Lantis, non c’è bisogno che mi chiami col mio titolo”
    “Lo so bene, ma mi diverte darti un tono, comunque… i soldati sono pronti per la cerimonia?”
    “Sì, li ho addestrati personalmente nel difficilissimo compito di star fermi in riga ad osservare la cerimonia” Drako, nonostante le battute, aveva l’espressione seria… forse troppo.
    “Ci sono le gnocche? Efrem s’intromise con fare scherzoso, consapevole di potersi lasciar andare a questo genere di esternazioni quando erano soli
    “Vestali, Targaryus, teniamolo ben a mente, sono intoccabili… quasi tutte! Comunque guarda e desidera chi preferisci, ma ricorda che tra tutte le presenti alla cerimonia c'è la mia promessa sposa, lei è solo mia”


    Lantis sorrise beffardo, era consapevole del fatto che alcune delle sacerdotesse non fossero pure come si dichiaravano, anche se venir meno a quel voto era al pari di un sacrilegio. “A più tardi allora” Lantis si allontanò con l’espressione sorridente ed il passo veloce.
    “Ho una cosa da fare, avviati dai soldati e dai le disposizioni da parte mia, vi raggiungo tra pochi istanti”
    “Ai tuoi ordini, Comandante”
    Drako lo salutò, poi a passo veloce, prese ad incamminarsi in un corridoio del Castello, quello che conduce alle stanze della Principessa.
    “Pulce”
    La ragazzina non era ancora giunta a destinazione e quando sentì la voce di Drako si voltò velocemente verso di lui avvampando “Drako…”
    “Ho poco tempo, devo dirti una cosa importante” Si avvicinò a lei azzerando le distanze e con un gesto veloce e confidenziale, alzò il volto di lei verso il suo con la propria mano


    “Ascoltami…”
    “Mi metti in imbarazzo…”
    Il ragazzo la fissò dritto negli occhi, incatenando le iridi verdi alle sue, che si bagnavano di azzurro ed incominciò a parlarle, senza distogliere mai lo sguardo


    “Quando ti recherai al tempio oggi, dovrai scegliere anche la vestale dai lunghi capelli rossi, è l’unica con quel colore. E’ una tua volontà, una tua scelta, dimentica che io ti abbia detto queste parole, dimentica di avermi visto qui. Puoi tornare alle tue stanze ora”
    La Principessa lo fissò ancora per qualche istante, poi, come un automa, lasciò lo sguardo di lui e, come nulla fosse, riprese il proprio cammino.


    Drako la guardò andarsene, lo sguardo di chi non sapeva se aveva fatto la cosa giusta e la colpevolezza di aver ingannato Esperin col proprio charme era forte, ma c’era qualcosa di più forte del rimorso a piegare la propria volontà, qualcosa alla quale non riusciva ad opporsi.
    Testo e foto di Eclisse84

  3. #23
    GdR Master L'avatar di Eclisse84
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    Re: [Deus ex Machina GDR] Story

    Il sole era ormai alto e le colline verdeggianti del Regno sembravano abbracciare il Tempio dedicato alla divinità del fuoco, l’enorme struttura brillava candida colpita dai raggi di quell’ora e le statue che troneggiavano sulle alte colonne,donavano al tutto un’aria mistica.


    La Regina e la Principessa passeggiarono lungo il viale ricoperto dal prato ed all’imponente ingresso al tempio, vi era già la Somma Vestale ad attenderle.


    Ogni anno si ripeteva la stessa tradizione: le vestali venivano scelte da un membro donna della famiglia reale e dopo molti anni, in cui le prescelte erano sempre ricadute sotto gli occhi di Margarete, quella volta era giunto finalmente il turno di Esperin. Varcato il pesante portale, le donne si ritrovarono in un ampio salone, ove altre statue dalle fattezze femminili, circondavano l’area della stanza ed i loro visi marmorei, venivano illuminati dai timidi bagliori delle fiaccole. A guardale bene, sembravo quasi umane, vive nella loro solidità e quelle iridi di pietra vigili parevano seguire i movimenti dei presenti, ma non infondevano un senso di timore, la loro presenza era quasi rassicurante, al pari di guardiani benevoli pronti a proteggere le donne di quella sala.


    Le numerose vestali, di ogni razza e colore, si erano posizionale in fila, erette in tutta la loro bellezza, alcune fiere, altre timide, ma tutte dotate di una bellezza inconfondibile ed a tratti eterea.


    La Somma Vestale invitò Esperin a muovere un passo in avanti, in modo da poter osservare meglio le giovani fanciulle, in realtà non c’era un criterio in base al quale effettuare la scelta, ci si basava unicamente sulle sensazioni che ognuna era in grado di infondere, anche solo basandosi sulla “simpatia a pelle”, dovevano colpire ed attirare l’attenzione, magari con un semplice sguardo o sorriso.



    Era un enorme privilegio poter danzare con la spade consacrate alla Dea, durante la cerimonia a Solunquae, ogni fanciulla si ingraziava il volere degli Degli Dei tutti, sotto gli occhi dell’intero Regno e di chi rappresentava le massime autorità, come i tre Gran Maestri e le proprie famiglie.
    “Giovane fanciulla, il tuo animo puro saprà guidarti verso le prescelte” La donna rimase poi in silenzio, sicura del fatto, che a prescindere dalla scelta, ogni vestale era in grado di adempiere al proprio compito.
    Esperin dimostrò titubanza, forse dovuta solo all’eccessiva timidezza che la contraddistingueva all’epoca



    “Avanti figlia mia” Margarete non mancò di farle sentire la propria vicinanza, un’unica frase pronunciata senza muoversi di un passo verso la Principessa, ma quelle poche parole bastarono per destarla e spingerla alla prima scelta


    “Lei, con i capelli lunghi e mori ed anche lei dalla carnagione color ebano”
    Passò in rassegna ogni volto, ogni abito, ogni sguardo, scelse sette fanciulle, una più radiosa dell’altra, ma proprio quando stava per indicare l’ultima, si bloccò… i suoi occhi si incatenarono ad una lunga chioma rossa, rossa come il sangue, rossa come il fuoco, rossa come quella che le aveva indicato Drako, ma lei non ricordava quest’ultimo dettaglio… sapeva solo che doveva sceglierla e che se non lo avesse fatto sarebbe stato un grosso errore, qualcosa che non era in grado di spiegare. Quella ragazza dallo sguardo fermo, sembrava quasi attendere lei stessa quella scelta, in quel momento erano come legate da un doppio filo: Esperin e la Rossa senza nome.


    “…lei” la indicò senza riuscire a distogliere lo sguardo da quella fanciulla che contraccambiava coi propri occhi.





    Esperin si sentì immediatamente sollevata, dopo quest’ultima scelta, come un masso sullo stomaco che si era improvvisamente dissipato, sciolto nell’aria… avvertiva un senso di leggerezza e di soddisfazione, non ne comprendeva il motivo, ma era felice, felice di aver scelto le otto vestali per la cerimonia sacra a Solumquae.

  4. #24
    L'avatar di mary24781
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    Re: [Deus ex Machina GDR] Story

    I due grifoni reali vegliavano ai lati di quella che era l'annuale e propiziatoria danza delle Vestali.


    La potenza del Vulcano di Solumquae avrebbe potuto distruggere l'intera Dohaeris e quindi, i massimi esponenti del Regno, ogni anno, si radunavano per assistere alla sacra danza delle vergini, scelte in quell'occasione dalla Principessa Esperin. Fanciulle di indubbia beltà, che facevano volteggiare le spade consacrate con una leggiadria divina, incantevole.






    I soldati, dal dietro dei loro elmi, nascondevano sguardi compiaciuti per così tanto spettacolo sublime.


    Anche Lantis, appena diciottenne, era ammaliato da tanto splendore ma, di tutte quelle gemme, una soltanto aveva catturato il suo sguardo, un rubino prezioso e scintillante che fra tutte illuminava la notte come la luna che, maestosa, brilla circondata dalle stelle. Corpo sinuoso, movimenti aggraziati, capelli rossi come il fuoco più ardente: questa era Reneè, che tanto gli sarebbe stata fatale al cuore. Lantis restò soggiogato senza badare a null'altro attorno a sè, rapito da quel sentimento che gli ardeva dentro come l'inferno, come il tormento più assillante, la luce più accecante.




    La passione più viva era come una fiamma sottile sotto la pelle, le mani bramose di avvicinarla, accarezzarla, averla. Non solo il desiderio, però, lo portò tra le braccia di quella misteriosa fanciulla: quando ella gli sorrise, qualcosa in lui si illuminò, come una notte che aveva finalmente la sua regina, come un mare tempestoso su cui calava una dolce brezza, che ammaestrava le onde furiose e le addomesticava, così da lasciarle morire quiete alla riva. Reneè era la completezza: assieme a lei, Lantis non si sentì più spezzato ma intero, solido come la roccia, umano come non lo era mai stato. Il cristallo sottile che spesso si incrinava nell'animo del giovane, diveniva diamante con lei e Lantis, per la prima volta, sentiva che avrebbe potuto sconfiggere da solo il mondo intero.


    Dopo la danza, il Principe riuscì ad evitare gli incontri formali e raggiungere le danzatrici, che al vederlo, tutte spasimarono per l'eleganza del portamento e il suo bell'aspetto. Tutte restarono deluse, perchè quegli occhi verde mare non cercavano loro. Cercavano Reneè e quando la trovarono, non la lasciarono più. Lantis si fece coraggio, con un guizzo cercò di fermare la ragazza che era sfuggente, le chiese il suo nome e le disse, come un bambino impacciato (e tanto si sentì sciocco quando ci ripensò) che in lei aveva visto una bellezza che nemmeno la luna in cielo vi poteva concorrere.




    Reneè lo guardò timida, lui forse le aveva fatto un poco tenerezza e gli sorrise.


    Con un fil di voce gli disse il suo nome per poi fuggire via, sparendo nella folla. Lantis la cercò già disperato, ma non aveva talento a trovarla. E mai l'avrebbe avuto. Si sarebbero rivisti, gli dei avevano altro in serbo per loro, ma quella notte, il cuore del Principe non poté più essere di nessun'altra.


    Foto di Eclisse84

  5. #25
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    Re: [Deus ex Machina GDR] Story

    Vento che incendia, terra che soffoca

    Anno DVIII D.D.
    III mese del sole
    IV Giorno della Luna

    L’alba, un momento di quiete, silenzio e pace. All’esterno, solo il frusciare del vento tra le fronde degli alberi intorno alla torre della mezza Luna. Tutto il luogo era avvolto da un silenzio innaturale, un silenzio che, di lì a poco, sarebbe stato scacciato dal clangore delle armi e dalle urla dei soldati in allenamento. Il sole compariva lentamente da dietro i monti accorciando sempre di più le ombre degli alberi e illuminando pigramente i dintorni di quelle tonalità rosate, Efrem era già in piedi da diverso tempo, ennesima notte insonne disturbata sempre dallo stesso incubo, ormai ne aveva perso il conto. Sempre le stesse immagini, le fiamme, sua madre che lo chiamava a se e lui, piccolo e gracile non aveva alcun potere contro tutto, contro quella distruzione che aveva portato via sua madre e sua sorella poco dopo. Scosse la testa ricacciando quei pensieri e, dopo essersi procurato un catino con dell’acqua fredda, si immerse totalmente e riemerse poco dopo quando ormai il fiato cominciava a mancargli, sentì gli occhi già gonfi per il poco sonno sgonfiarsi poco a poco fino a che ogni traccia dell’insonnia non fu svanita totalmente. Abbandonò il freddo pungente della vasca e si rivestì. Rimanere in camera ed aspettare il risveglio degli altri cominciava ad annoiarlo, sarebbe andato in armeria allenandosi un po’ da solo fino a che qualcuno dei soldati non si fosse svegliato. Per i corridoi non si udiva altro che il suono leggero dei suoi stivali sul pavimento in marmo e il frusciare della sua casacca azzurra, presto però quell’apparente silenzio sarebbe stato interrotto dal via vai di soldati e servi che si affrettavano a raggiungere i vari punti della torre. Chi nella sala degli allenamenti chi a tavola per consumare forse l’ultimo pasto della sua vita visto che, di lì a poco si sarebbe svolta l’ennesima guerra in difesa dell’onore e del regno di Dohaeris. Un gemito sommesso arrivò alle sue orecchie. Gli parve uno scherzo del sonno, magari il vento che soffiava all’interno della torre o attraverso qualche crepa nei muri, non gli diede troppo peso. Un altro gemito, stavolta più forte simile ad un urlo soffocato seguito da un altro dal diverso timbro «qualcuno si sta divertendo con qualche servetta!» le labbra del giovane si piegarono in un ghigno mentre riprese a camminare,


    i rumori si fecero sempre più distinti man mano che Efrem avanzava per il corridoio per raggiungere l’armeria. Non era mai stato uno spione o uno a cui piacevano i pettegolezzi ma la vista di uno spiraglio di luce da una delle porte lo incuriosì, si avvicinò cautamente alla porta ma non appena vi posò la mano sopra, questa si aprì rivelando i corpi nudi dei due amanti riversi sul pavimento, lui era di spalle mentre sovrastava con rapidi movimenti del bacino la donna sotto di lui, i tatuaggi rendevano quel corpo inconfondibile e riconoscibile agli occhi del giovane: Ryuk.



    Guardò la figura sotto di lui cercando di riconoscervi una delle tante conquiste del soldato, la pelle candida, delicata e al pari di una bambola di porcellana gli appariva troppo familiare, il seno di lei, procace e abbondante era stretto in una morsa dalla mano dell’uomo. I capelli, biondi come sottili fili d’oro erano sparsi in boccoli disordinati sul tappeto ma quando vide il viso della donna, qualcosa si ruppe nell’animo del giovane Efrem. Sentì il suo cuore perdere un battito, le mani tremarono e gli occhi iniziarono a bruciare colmi di lacrime di dolore che fremevano dal fuoriuscire «Lumen…» disse quasi in un rantolo mentre chiamava il nome della donna amata.


    Quel suono, così poco sommesso e nascosto fece voltare immediatamente i due amanti, la donna si alzò di scatto coprendosi il volto e i seni con le mani «Efrem! Aspetta posso spiegare…»,


    Ryuk si voltò osservando compiaciuto l’espressione stravolta sul volto dell’altro «ciao pivello, non mi dire che non hai mai visto un paio di tette in vita tua, stavo scopando sul pavimento per non fare troppo baccano col letto... ma a quanto pare ci hai sentiti lo stesso, Lumen non sa proprio contenersi», solo un misero asciugamano a coprirne la parte inferiore del corpo.


    La donna tentò di aprire bocca, forse in difesa, forse per tentare di scusarsi con il ragazzo che, ormai non aveva più occhi per lei, il suo sguardo furente era puntato nelle iridi dorate dell’altro.





  6. #26
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    Re: [Deus ex Machina GDR] Story


    Ryuk si sollevò da terra mettendosi alle spalle di Lumen, il sottile tessuto blu scivolò lasciando dietro di se il corpo nudo dell’uomo, un corpo che ora gli sembrava solo un volgare insulto


    «perché? Perché Lumen? Perché lui?» la voce di Efrem si ruppe, la rabbia ribolliva dentro di lui divorando e corrompendo l’amore che albergava prima ancora nel suo cuore «Se vuoi restare a guardare non ho problemi, come puoi ben notare…» indicò poi con gli occhi verso il basso «lui vuole continuare… conosce la strada, la percorre da anni.» Efrem non ci vide più, ormai la rabbia aveva consumato ogni singola goccia della calma che era solito mostrare. Ora la sua mente era dominata da un’unica azione, distruggere Ryuk. Fare a pezzi quell’uomo che si stava portando via gli ultimi rimasugli del suo sentimento verso Lumen. «Vedremo se riuscirai a reggerti in piedi dopo!»



    il suo corpo si irrigidì, la sua postura mutò in una posizione da guardia, una di quelle che Drako, nella sua enorme esperienza e pazienza gli aveva insegnato, Efrem era accecato dall’ira, ancora acerbo e solo una piccola parte dell’uomo che è ora. Troppo debole per affrontare Ryuk. Quest’ultimo non riuscì a contenersi e, nell’osservare la postura del giovane scoppiò in una violenta e fragorosa risata sbeffeggiandolo «Ahaha non mi dire che te la scopi anche tu e ti senti tradito? Mia cugina si fa proprio di tutto!».


    Il momento fu breve, Efrem scattò in avanti in direzione dell’uomo, del mostro che stava distruggendo la sua vita e la sua dignità ma questo fu più veloce e dopo averlo bloccato con un possente pugno, lo afferrò per la gola spingendolo contro il muro e sollevandolo da terra. Efrem non respirava, sentiva la sua gola stringersi sempre più mentre l’aria cominciava a mancargli nei polmoni «Fermati! Non fargli del male!» urlò Lumen di nuovo vestita afferrando le spalle di Ryuk e strattonandolo nel tentativo di liberare il ragazzo, l’uomo parve non ascoltarla, strinse ancora di più la presa sulla gola del soldato fin quando…


    non lo lascio cadere al suolo. «Non mi va di sporcarmi le mani oggi, vai a frignare altrove!», Efrem tossì con forza, sentì l’aria invadere nuovamente i suoi polmoni ma il peso dell’umiliazione, della sconfitta appena subita gravò su di lui insieme a qualcos’altro, un ricordo forse, che si era liberato nella sua mente, si sentiva inerme, debole, un completo fallimento per se e per la donna che aveva tanto amato e che non era stato in grado di proteggere dalle mani viscide e possenti dell’altro. Si mise in piedi e corse fuori dalla stanza, il dolore dei colpi subiti lo fece fermare a pochi metri dalla porta, riprese fiato e, con un ultimo spasmo le lacrime lo tradirono scivolando copiose sul suo viso, singhiozzò come un bambino. Quel bambino che non era stato nemmeno in grado di difendere la sua famiglia, le lacrime continuarono a rigargli il volto quando una voce alle sue spalle lo fece sussultare. Raddrizzò la schiena ma non si voltò nel sentire i passi lenti e incerti di Lumen


    «Non volevo che tu vedessi, che tu sapessi... tu... non puoi capire...» disse soffocando la tristezza e l’umiliazione nella sua voce. Efrem si asciugò in fretta le lacrime con la manica e si voltò rivolgendole un sorriso, un sorriso finto, una maschera che mostrava solo a chi non meritava null’altro «lascia perdere… tanto anche per me era una cosa di poco conto, sono solo stato uno sciocco, tutto qui…»



    la donna tento di fermarlo «aspetta, ti prego, io non volevo che le cose andassero così... io... posso spiegarti se tu lo vuoi» ma il giovane non aggiunse altro e, dopo aver rivolto alla donna un ultimo e formale inchino si voltò e raggiunse la sua stanza. Le tende erano state tirate oscurando il sole che filtrava dalla finestra e conferendo alla camera quell’aspetto ancora più tetro e deprimente. Efrem si chiuse la porta alle spalle e si abbandonò sulla cassapanca poco lontana, le mani congiunte davanti al volto.


    Pianse, pianse con tutto il dolore che aveva in corpo, le lacrime caddero copiose e gocce calde bagnarono le gambe dei suoi pantaloni. Pensò a lumen, al suo sorriso solo pochi giorni prima, quel sorriso che ora appariva distorto in una smorfia di derisione accompagnata dal viso dell’uomo, del mostro. Il pianto si tramutò in un urlo, un urlo di rabbia che lentamente richiamò la sua arma, la sua falce. Quei teschi lo fissarono all’unisono e, nel culmine della sua rabbia, Efrem lanciò quella lama, la scaglio con tutta la violenza e potenza che poteva e così come la sua voce gli morì in gola in un ultimo disperato singhiozzo, così l’arma fermò la sua corsa conficcandosi per metà all’interno della testata del letto e segnando con quella curva così perfetta la fine. La fine dei suoi tentativi, la morte di quel sentimento d’amore verso di lei, verso la donna che era riuscita a portare uno spiraglio di luce all’interno del suo cuore e che ora lo lacerava da dentro in una silenziosa ma soffocante sofferenza…

    *Foto di Eclisse84

  7. #27
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    Re: [Deus ex Machina GDR] Story

    Terra che rinasce

    Anno DVIII D.D.
    III mese del sole
    IV Giorno di Mercurio


    Ci sono giorni in cui il buongiorno si vede realmente dal mattino, ci sono giorni in cui ci si sveglia con una sensazione che ci è più simile ad un avvertimento, una premonizione, qualcosa che non riusciamo a spiegarci e che comunque non ascoltiamo. Drako si era svegliato presto quella mattina, nonostante fosse il periodo più caldo dell’anno, avvertiva sulla pelle piccoli brividi di freddo, ma il cielo sembrava essere libero dalle nuvole. Quella mattina aveva appuntamento con Efrem per il loro allenamento settimanale, a Franthalia era ben diverso che in armeria: aria pulita, un cielo come tetto e nessun curioso ad osservarli o intromettersi. Il sole era già alto quando Drako iniziò il riscaldamento ed a giudicare dalla posizione dell’astro nel cielo, Efrem era decisamente in ritardo.



    Lo vide arrivare dopo qualche minuto con il passo pesante e lo sguardo basso, ad osservarlo bene, sembrava avere l’espressione piuttosto stanca, gli occhi arrossati e scavati. “Oh… ti sei deciso! Pensavo di dover venire a tirarti giù dal letto stamane” Drako gli si avvicinò con passo sicuro, quasi saltellante, ma dall’amico ricevette solo un mugolio in risposta. “Che faccia che hai, è successo qualcosa?”




    “No, non è successo niente!” Efrem rispose scontroso, con il tono di chi non ha voglia di continuare il discorso, non guardò Drako in viso, si limitò a qualche movimento per sgranchirsi. Drako chinò la testa e dopo qualche istante di silenzio, fissò le sue occhiaie




    “Efrem… ma hai bevuto?”
    Quello che accadde, avvenne in un attimo, una frazione di secondo: Efrem alzò la mano destra al di sopra della testa ed in questa si materializzò la sua arma. La lama di metallo brillò per un istante, riflettendo il sole alto, poi con uno scattò Efrem la lanciò in direzione di Drako. La falce lo sfiorò di pochi millimetri, trinciandogli un ciuffo, per poi andarsi a conficcare nella roccia alle spalle del ragazzo, distante qualche metro.



    “Tu che dici?” Aveva lo sguardo di chi avrebbe ucciso senza rimorsi, Drako stentò a riconoscerlo, i suoi occhi parlavano di rabbia, non c’era bisogno che parlasse, era successo qualcosa che lo aveva rotto dentro, qualcosa che non voleva condividere neanche con il suo più caro e vecchio amico. “Allora? Iniziamo?” Sentendo quelle parole Drako si mise in posizione di difesa, aveva capito che quel giorno non sarebbe stato un semplice allenamento, Efrem aveva molto da sfogare, non ci sarebbe andato leggero.
    Come previsto il ragazzo si scagliò con tutta la forza che aveva in corpo con Drako, non si risparmiarono colpi, agli occhi di un osservatore, potevano sembrare realmente due nemici in una sfida all’ultimo sangue.



    Nessuno aveva la meglio, sembrava che fossero alla pari, nella realtà Drako si stava limitando molto, Efrem era senza controllo e non voleva fargli del male più del dovuto, era anche convinto che dopo quello sfogo, avrebbe riacquistato un po’ di lucidità, ma non era così… al posto di calmarsi, sembrava fomentato da un fuoco interiore che lo spingeva a continuare ed insistere con forza sempre maggiore.





    Efrem richiamò nuovamente a sé la propria a arma ed in uno scatto la impugnò con entrambe le mani portandola al di sopra della testa


    Guardò Drako come se fosse una persona qualsiasi, come se non fosse il suo amico di sempre, lo guardò come se fosse una erbaccia da estirpare, con gli occhi colmi di rabbia, una rabbia che non riusciva a contenere. Scagliò il colpo con tutta la propria forza, come se volesse aprire in due il cranio del Primo, la lama avrebbe affondato con facilità ed ucciso il ragazzo sul colpo, ma prontamente Drako evocò le proprie armi e le incrociò in alto per fermare il colpo a soli pochi centimetri dalla propria testa.




    Restò fermo in quella posizione per qualche istante mentre sentiva Efrem imprimere tutta la propria forza, cercando di far andare il colpo a segno a tutti i costi.







  8. #28
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    Re: [Deus ex Machina GDR] Story


    Fu allora che il Dragone si liberò, opponendo la propria potenza e gettando per l’aria Efrem, facendolo cadere a terra pesantemente.


    “Basta Efrem, ma che diamine ti prende?”
    “Avrei fatto qualunque cosa per lei…” rispose con voce sommessa, mentre con il braccio destro faceva forza in terra per rialzarsi “Io l’amavo, hai capito?” tornò in piedi, ma col capo basso, come se fosse in preda a degli spasmi di dolore, Drako pensò che fosse sull’orlo di un pianto disperato, Efrem tremava, aveva la mascella contratta ed i muscoli tesi.


    “Efrem, che ti hanno fatto?” Drako riassorbì le proprie armi, esse si dissolsero nel nulla così come erano apparse e fece per avvicinarsi al ragazzo, il quale era sempre più visibilmente scosso.
    “Non ti avvicinare” urlò, alzò la testa in direzione di Drako e lo fissò, l’amico sentì un nodo in gola, riconosceva quello sguardo, lo aveva già visto negli occhi di altri, persino negli occhi di Lantis quando quel giorno sul campo di battaglia gli salvò la vita.


    “Giuro, che prima o poi lo ammazzo, giuro che ucciderò ogni Leithien esista su questa terra con le mie mani” alla vista di ciò che accadde, Drako si bloccò come paralizzato, Efrem iniziò a tremare ancor più fortemente, così come la terra sotto i suoi piedi, gli sembrò di ritrovarsi in balia di un terremoto ed Efrem stesso ne era l’epicentro.


    Per un lasso di tempo che parve interminabile, ogni cosa era confusa e Drako invano provò a chiamare l’amico per cercare di calmarlo, ma quest’ultimo lanciò un urlo con tutta la sua forza verso il cielo e la sua aura si manifestò in un bagliore che lo avvolse interamente, una luce gialla che pulsò per qualche secondo fino a riassorbirsi nuovamente al corpo di Efrem.


    Quando l’urlò terminò anche la terra smise di tremare, ma il ragazzo si accorse di qualcosa di strano, un dolore lancinante gli pervase il corpo ed un rumore di ossa spezzate si propagò per l’aria, rumore che proveniva da lui stesso. Agghiacciato Efrem si rese conto che dal suo braccio erano spuntate un ammasso di radici, sembravano nascere dalle sue stesse ossa e rompergli la pelle, ma senza versare alcuna goccia di sangue, come se quel varco fosse parte di quell'arto da chissà quanto tempo.


    Attoniti osservarono il braccio ed entrambi realizzarono che qualcosa era cambiato: tutta quella rabbia, il terremoto, l’aura liberatasi dal corpo del ragazzo e quelle radici, stavano a significare che la magia aveva superato un nuovo limite, Efrem era diventato un maestro della terra.
    Quando le radici si ritirarono, il giovane svenne, esausto da tutta quella fatica, quel dolore e quel misto di emozioni che gli avevano logorato l’anima ed il cuore.


    Drako si chinò rapidamente e lo strinse a sé, era ancora incredulo, Efrem era così giovane, non più giovane di quando egli stesso era divenuto un maestro del fuoco, ma comunque si trattava di un evento raro.
    “Perdonami” disse con un fil di voce “Ero fuori di me”
    “Efrem… non devi scusarti, successe anche a me di perdere il controllo, ma… cosa ti è successo? Eri già in uno stato pessimo quando sei arrivato qui”


    A quelle parole il ragazzo iniziò a singhiozzare e riuscì a proferire solo poche parole “Ho ricordato…”

  9. #29
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    Re: [Deus ex Machina GDR] Story

    Il Grifone e la Serpe

    Anno CDLXXXIV D.D.
    III mese della neve
    II Giorno di Marte

    C’è stato un tempo, non molti anni fa, in cui Dohaeris era quel regno che ora appare quasi come un ricordo: La popolazione viveva serena, l’economia girava ed a nessuno mancavano i denari nelle tasche, a chi più e a chi meno, ma nessuno poteva definirsi abbandonato al proprio destino, la terra donava frutti in abbondanza ed i popoli confinanti erano tutti in pace tra loro… o quasi. Non lontano dal Castello, vi erano le stalle, dove tutti i cavalli dei soldati e della famiglia reale riposavano e si rifocillavano, ma lo stesso luogo, lontano da occhi indiscreti, era il ritrovo di due amanti che spesso s’incontravano ed abbandonavano i rispettivi titoli e le proprie casate, i propri doveri e tutto ciò che di convenevole girasse attorno a loro, per lasciarsi andare l’uno nelle braccia dell’altra, un amore passionale al quale non sapevano rinunciare e che li aveva travolti dal primo incontro molti anni prima.



    Piccoli fili di fieno si liberavano nell’aria, per poi adagiarsi al suolo, voci soffocate e gemiti trattenuti appena, si mescolavano tra loro, mentre i corpi si muovevano all’unisono, i capelli disordinati e la pelle madida di sudore, la quale brillava quasi, colpita dai fiochi raggi di sole che penetravano l’alto soffitto.



    Stanchi e felici si abbracciarono, lasciandosi avvolgere dal fresco dell’ora serale, i cuori impazziti non avrebbero frenato la loro corsa, finché i loro occhi non si fossero allontanati.



    Lui le spostò un ciuffo di capelli dal viso dolcemente con un carezza e lei sentì ancora il cuore morirle in gola, non riusciva a staccarsi, non riusciva ad immaginare la sua vita senza l’uomo che tanto amava e col quale sognava qualcosa, che forse le sarebbe stato negato, così come lui, a sua volta, desiderava poter baciare quella donna ogni mattina appena sveglio ed ogni notte prima di dormire, poterle tenere la mano ed onorare quel sentimento pubblicamente, avanti al popolo, avanti ai propri soldati, avanti alla propria famiglia: Rickard amava quella donna come mai nessuno uomo avrebbe mai potuto amare nella propria vita, ne era convinto, lei era la donna che regolava ogni suo respiro.




    “Voglio dirlo a mio Padre” disse voltandosi di lato verso di lei “Voglio dirgli quanto ti amo, capirà ne sono certo”
    “Ric… tu solo sai quanto io desideri gridare a chiunque di noi due, ma se non accettassero? Sei il Principe, hai dei doveri ed io sono…”
    “Tu sei… tutto ciò che voglio”




    La zitti con un bacio, stingendola nuovamente a sé “E poi… sono il secondogenito, ho meno doveri di mio fratello e soprattutto… non sono ancora stato promesso a nessuna, direi che non dobbiamo attendere oltre”
    La ragazza l’osservò, mentre il viso le si tinse di rosso, un rosso vivo che si mescolava al colore dei capelli, era felice, perché per loro c’era una forte speranza, Il Re e la Regina l’avevano sempre trattata con rispetto, dimostrando anche affetto in alcune occasioni, ma d’altra parte era conscia che c’era qualcosa di superiore a quel sentimento al quale rendere conto.



    “Mi fido di te, Ric” Riuscì a pronunciare solo queste poche parole, si sentiva appesa ad un filo, un filo sottile al quale era aggrappata con tutte le sue forze. Chiuse gli occhi per qualche istante, immaginò come sarebbe stata la propria vita senza di lui e si sentì sopraffare da sensazioni negative che le smorzavano il fiato.




    I due amanti si abbracciarono nuovamente, ma un forte squillare di trombe provenienti dal Castello li destò. “Dobbiamo andare, accidenti”
    “Parlerò con i miei stasera stessa, ora vestiamoci” La baciò teneramente, un bacio lungo e carico di amore, un bacio che voleva legarli ancora una volta, un nodo che nessuno dei due avrebbe mai voluto sciogliere.





  10. #30
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    Re: [Deus ex Machina GDR] Story



    Era l’ora del tramonto, ma la luna brillava già in tutta la sua pienezza in un angolo di cielo, da una delle ampie finestre del castello era ben visibile nel suo candore, avvolta da un manto rosa che si tingeva del blu della notte. I passi pesanti di Rickard e del fratello maggiore Joseph riecheggiavano per i lunghi corridoi



    Mentre alle sue spalle vi erano il Primo Cavaliere ed il Comandante, giunsero in pochi attimi nella grande sala delle riunioni e presero posto al tavolo, aspettando che il Re e la Regina li raggiungessero.
    “Ric...”
    Joseph si voltò verso il fratello, senza premura di non farsi sentire dagli altri presenti
    “Che c’è?”
    “Il fieno nei capelli… tutti e due” sorrise nel far notare i fili sporgere dalla chioma nera di lui e quella rossa del Comandante.




    “Per tutti gli dei…” Ysotta arrossì visibilmente ed abbassò lo sguardo, mente Ric sorrise al fratello




    “Glielo dirò questa sera stessa”
    “Sono con voi” Joseph si era accorto da lungo tempo della relazione tra il fratello e la donna, era molto affezionato a lei, la considerava già come una sorella ed era certo che fossero una coppia giusta da appoggiare e che il Re avrebbe compreso ed approvato.



    Il Primo Cavaliere Jorah ascoltò tutto in silenzio, era giovane e rivestiva quella carica da pochi mesi, cercò di trattenersi dal mostrare interesse per la questione, ma era evidente che il tutto lo incuriosiva.




    Una figura imponente varcò la soglia della sala, al suo seguito l’esile figura dell’inseparabile consorte, il Re conservava una espressione perennemente severa, ma quella preoccupata della Regina non era cosa solita ed entrambi i figli, a vederla, si zittirono all’istante.
    “Non mi perderò in convenevoli, il tempo è nostro nemico, giungo immediatamente al dunque della riunione”




    La Regina Kahlan aveva lo sguardo alto, incrociava gli sguardi di ogni commensale e si soffermò per qualche istante su quelli del Comandante, per tornare poi a quelli del figlio.
    “Il Nord è minacciato dagli Estranei, creature di ghiaccio che vivono anche a temperature estreme, sono dotati di grande forza e si muovono al buio, la scuro visione è un’abilità che li caratterizza tutti. Li hanno avvistati nei pressi dell’Adamantem, Lord Ramsay ha già inviato le prime truppe al fronte, in virtù del vincolo che lega le nostre casate e per il bene del Regno di Dohaeris, partirete stanotte stessa assieme ai vostri soldati.”




    “Raduno i soldati, tutti quelli dotati della scuro visione saranno disposti in punti strategici, così come quelli legati al fuoco ed all’acqua, perché, come risaputo, l’elemento ghiaccio di queste creature nasce dal vento." Il Primo prese parola immediatamente, era un uomo dal forte ingegno e profondo conoscitore dell'arte della guerra.



    "I soldati che non hanno abilità che vadano oltre l’uso del fulmine, potrebbero essere di peso. Comandante fate una cernita accurata e fatemi rapporto entro un’ora!” Il Primo Cavaliere Jorah scattò in piedi e con lui il Comandante che prontamente rispose all’ordine “Ai vostri ordini”
    “Bene, se non c’è altro raggiungo Lord Leithien al Castello Nero” Il Re era visibilmente in agitazione, cosa decisamente fuori dalla norma, era conosciuto per il forte temperamento, il suo coraggio era superato solo dalla ferma legalità che lo legava al regno, il dovere e la giustizia erano ciò che lo contraddistinguevano, nonostante non sembrasse un animo gentile in apparenza, non aveva mai trascurato la propria famiglia per la Corona, era padre e marito amato e rispettato.
    “Padre…” Rickard scattò in piedi scostando rumorosamente la sedia, il Re si voltò verso di lui, ma il giovane rimase per qualche istante in silenzio, senza proferire verbo e con la bocca ancora aperta.
    “Rickard, continua figlio mio” la Regina Khalan aveva intuito qualcosa, era donna saggia ed una osservatrice acuta, difficilmente qualcosa poteva passare inosservato alla sua attenzione, così come il legame che il figlio aveva instaurato con la donna che sedeva con loro al tavolo in quel momento.




    “Io…” il giovane fece un profondo respiro “io ed il Comandante… saremo in prima linea, come domatori dell’acqua e del fuoco sconfiggeremo gli Estranei e torneremo vincitori” Aveva gli occhi che scintillavano, ma non ero lo sprezzo per il pericolo o l’aura di coraggio e valore che lo circondavano, quelle parole erano una promessa: avrebbe combattuto accanto alla donna che tanto amava ed entrambi avrebbero lottato per il Regno, entrambi sarebbero tornati vincitori, affrontando la paura e la morte, quella promessa aveva in sé delle parole non pronunciate, ma ben chiare al Comandate.




    Quella notte partirono insieme, l’uno accanto all’altra, solo qualche fugace sguardo, ma col cuore incatenato… il resto è storia, che divenne leggenda.





 

 
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