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  1. #71
    L'avatar di mary24781
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    Re: [Deus ex Machina GDR] Story


    A quel nome così dolce e così terribile, Lantis stende le spalle come per far del petto uno scudo. Quelle parole, quelle lettere scritte di suo pugno e che il Re conserva come un tesoro prezioso, ora gli tornano come un'immagine viva nella mente, gli ritorna quel senso di angoscia per quell'ultima frase che suonava come un addio. Un addio a cui non riesce a rassegnarsi. Si sente soffocare dalla notte che, ormai, lo possiede e quella luce, ormai piccola e distante, brucia intensa, nonostante tutto. Nonostante tutto: le ultime parole di Reneè. Stringe i pugni, Lantis del Fulmine Nero, ricorda bene cosa Esperin gli ha detto. Parole che, conoscendola, avrà rivolto anche ad Efrem. Incrocia le braccia sotto il petto, lo sguardo focalizzato nel verde dell'altro: "So che Reneè è tua sorella, Esperin mi ha parlato" si limita a dire, con il cuore che inizia ad accelerare. "Ha parlato anche a me" risponde secco il Gran Maestro degli Elfi. Efrem crede che Lantis abbia giaciuto con sua sorella, che ci sia stato un incesto, non conosce quanto sia profonda la verità. E Lantis non può svelarla al suo peggior nemico.


    "A quanto pare abbiamo amato la stessa donna, la stessa sorella. E siamo entrambi felici di saperla viva" dice il Re con un tono diverso, con un tono che non sente uscire dalla sua bocca da tanto tempo. Accenna un sorriso, per un attimo gli occhi si fanno più dolci. Quella luce, nonostante tutto, riesce a illuminare tutta quella notte. E forse sarà sempre così. "Reneè è sparita a causa della tua famiglia, di quella pazza di tua madre... avrò la mia vendetta Lantis, non avrò pace fin quando non avrò strappato il tuo cuore dal petto. E forse mia sorella potrà tornare da me!" esclama ringhioso Efrem Targaryus, con l'odio che pulsa negli occhi.


    Il suo piano è ideato anche per questo: niente e nessuno dovrà frapporsi tra lui e la sua vendetta, tra lui e il suo odio. "Dovrai avere una buona mira, per trovare il mio cuore" gli risponde secco Lantis, con le tenebre che trionfano ancora.


    E' il figlio di Raiden, è il figlio del Dio degli Stregoni... non abbasserà il capo, andrà dritto per la sua strada. In onore di suo padre, il suo vero padre. Il ribelle emette un sospiro profondo, come a raccogliere tutte le energie che necessiteranno per questo patto scellerato. "Chiarito questo, vado al dunque: abbiamo tre vittorie ciascuno, ma sappiamo tutti che la guerra non finirà ad Adamantem... sappiamo tutti che finirà dove è iniziata... a Luna di Diamante" parla serio Efrem, scandendo ogni parola. Gli costa molto, ma deve farlo.


    Il figlio del dio è davanti colui che ha sfidato gli dei, ogni parola è entrata nella loro mente, è stata assorbita, compresa: ciò che racchiude l'accordo non ci è dato saperlo, ancora. "E sia Efrem... abbiamo un patto" dice il Re solenne, con la voce incolore.






    Quando lascia la Valmorguli, Lantis crede di avere un asso nella manica, crede che riuscirà a far avverare la profezia e sconfiggere anche Targaryus. E gli Dei osservano lontani... ma presenti in ogni sospiro dell'aria.

  2. #72
    GdR Master L'avatar di Eclisse84
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    Re: [Deus ex Machina GDR] Story

    In tenebris lumen rectis

    Drako avanza con una strana sensazione che gli opprime il petto, eppure ha calcato il suolo di questa zona sacra così tante volte che gli sarebbe persino difficile ricordarle tutte.



    C’è qualcosa di diverso, procede lento mentre ascolta il crepitio delle foglie sotto i suoi piedi, il rumore familiare che, però, ha qualcosa di diverso: si volta ad osservare i propri passi e quelle stesse foglie, le quali riprendono solitamente forma, restano ora sgualcite e rotte, come fossero di quelle comuni autunnali.



    Il giovane resta fermo, immobile, come in attesa di veder qualcosa mutare sotto i suoi occhi, un’attesa vana che lo porta a riprendere il proprio incedere, fino a varcare la porta che lo conduce dinanzi ai troni dei saggi. Si inginocchia col capo chino il Dragone e porge i propri saluti, prima che le figure evanescenti dei tre spiriti si palesino ai propri posti.



    “La guerra sta per terminare e… non so più cosa sia giusto o meno. Ho trascorso gli ultimi quindici anni della mia vita in una menzogna, ho cercato di mantener le mie promesse, ho cercato di restare al mio posto… tutto questo male è forse colpa mia” Abbassa il capo dagli occhi lucidi ed umidi, contrae la mascella e si ritrae nelle spalle come a voler cercare protezione, una protezione della quale necessita assieme ad un po’ di conforto, ma che non sa dove trovare. E’ questo il suo rifugio, il luogo dove viene ogni volta che si sente oppresso dagli obblighi, ogni volta che ha bisogno di estraniarsi o semplicemente quando desidera trascorrere il poco tempo libero che possiede, assieme al piccolo Shen.



    “Le Parche hanno intrecciato i fili prima che noi tutti aprissimo i nostri occhi su questo mondo, il volere umano non è nulla paragonato a quello degli Dei, la vita è così effimera che una mano più forte può spostare gli eventi a proprio piacimento. Non crucciarti del passato, vi sono nodi legati in maniera così salda, che neanche il fuoco dei Draghi ancestrali potrebbe sciogliere. “ Li guarda per qualche istante, eterei, eppure così veri, ricchi di una consapevolezza che va al di là di ogni sua immaginazione “Il nostro tempo sta giungendo a conclusione” esordisce il mago Daeron, una frase che Drako non comprende nell’immediato, ma che lo spirito percepisce leggendo nella sua mente “Nulla dura per l’eternità, persino questa prigione, tutti gli uomini devono morire ed anche il loro spirito, prima o poi, cessa di essere legato alla terra. La profezia sta per compiersi ed il nostro compito si concluderà con essa” Drako cerca di leggere qualcosa in quegl’occhi che sfumano e si dissolvono come nebbia al vento, occhi che si ricompongono e che lo fissano come lame taglienti, è quasi ipnotizzato, ma la voce della strega lo ridesta, facendogli voltare il capo verso di lei “Shen sta prendendo il sopravvento, guarda tu stesso su quella parete”




    la donna indica sulla sua sinistra, dove una lunga crepa luminosa si staglia in verticale a pochi passi dall’uomo “Si espande a vista d’occhio” Drako si avvicina al taglio, che pare sospeso nel vuoto, come se quella rottura fosse una crepa tra quel mondo sospeso nel nulla ed un altro.



    “Devo vederlo” l’uomo s’inchina ed a quel gesto i saggi tornano al loro riposo.
    “Sono qui”
    Shen è accanto a Drako, il Dragone non ha mosso un passo, è come se il bambino si fosse materializzato dal nulla “Mi sono sempre domandato come deve essere vivere là fuori, quanto tempo impiega una foglia a cadere, cosa si prova ad essere riscaldati dal sole o anche osservare la volta celeste muoversi”



    Drako si inginocchia e sorride dolcemente al bambino, il quale lo guarda dritto negli occhi “Che stai facendo, Shen?” il piccolo dai capelli rossi come il fuoco gli sorride, un sorriso dolce misto a tristezza ed a qualcosa che Drako non riesce a decifrare “Niente... io non sto facendo niente, Drako. E’ quello che sono, non voglio fare del male a nessuno, specialmente a te. Ma ogni volta che mi pongo una domanda, è come se questo luogo diventasse più stretto, ogni volta che ho una risposta è come se ne volessi altre ed altre ed altre ancora."



    "Il fuoco…” allunga la propria mano verso il Dragone “… è così quello vero? E’ rosso come questo? E’ caldo come questo? E l’acqua? “ la stessa sfera muta rapidamente plasmandosi e mutando incredibilmente elemento “ E’ così densa? E’ così plasmabile? L’aria? Il fulmine? E la Terra…?” Gli elementi si susseguono uno dopo l’altro, sfere che mutano di colore e consistenza che si alternano sotto gli occhi attoniti dell’uomo.




    “Ho provato a volare oltre gli alti massi accanto al Glados e non ho visto niente, solo buio, lo stesso buio senza sfumature, ho provato a spostare gli stessi massi e vedere se ci fosse altro dietro di loro, ma ancora nulla e lo stesso nulla resta tale, quando i miei occhi si sforzando di vedere oltre. Ho corso in più direzioni, ho volato, spostato e guardato nello stesso istante… ed allora ho letto la mente altrui ed ho visto, per la prima volta ho visto qualcosa che non fosse l’oscurità di questo posto. Ti ricordi di quell’uccellino che avevo in gabbia Drako?”



    L’uomo col viso pallido ed il cuore a mille annuisce col capo per poi rispondere “Lo tenevi in gabbia per il suo bene” Ricorda come parlò tramite metafore, paragonando quel piccolo uccello a se stesso e la zona neutra come alla gabbia che aveva attorno “Le sue ali sono diventate troppo grandi per quelle sbarre ed ha trovato il modo di uscire”




    Risponde con fil di voce il bambino, prima di cercare un abbraccio nella forte stretta dell’uomo, il quale, incredibilmente, sente una forte e sconosciuta energia investirlo.



  3. #73
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    Re: [Deus ex Machina GDR] Story

    Unbowed, Unbent, Unbroken

    Anno DVIII D.D.

    III mese del sole
    IV Giorno di Mercurio

    “Luna di fuoco vestita”


    Lei prese l'anello e lesse con voce commossa, mentre lui la teneva sulle sue gambe “Cosa vuol dire?”


    Gli chiese guardandolo nei suoi grandi occhi azzurri, limpidi come il mare calmo del sud. Lui, per tutta risposta, si sollevo, poggiandola dolcemente con i piedi in terra, perdendosi nel verde di quelle iridi tanto profonde quanto familiari. Si inginocchiò il Principe di Dohaeris, l'acqua si piegò al fuoco, ma due elementi così opposti non furono mai in una sintonia talmente profonda prima di quel momento


    “La dea della Luna è la progenitrice dei Raeghar, la mia dinastia, che desidero con tutto il cuore si unisca al fuoco, al tuo fuoco. Sposami Ysotta” Lei pianse e si strinse all’uomo che tanto amava, lasciò che quell’anello scivolasse al suo dito e restò in silenzio, di quei silenzi che valgono come le dichiarazioni d’amore più intense, quelle più vere, che parlano con i palpiti irregolari del cuore.



    Anno DVVI D.D.
    II mese delle foglie
    I Giorno di Giove

    “Vieni qui piccola mia” le gambe paffutelle della piccola Reneè si mossero all’istante, correndo verso la madre, aveva solo tre anni, ma si era sempre dimostrata molto sveglia ed intelligente, Ysotta sapeva che era abbastanza grande da dirle la verità, non avrebbe atteso oltre


    “Ti ricordi che la mamma ti ha sempre detto che ha sposato Benor dopo che sei nata, vero?” La piccola le sorrise e rispose con un sì deciso della testa “Questo sai cosa vuol dire?” Reneè si portò un dito alla bocca, come se fosse impegnata a pensare e dopo aver portato il dito al cielo esclamò “Che non è il mio papà. Ma chi è allora?” chiese con l’ingenuità che si può avere solo in quegl’anni


    “Il tuo papà è un uomo molto buono e forte, ha amato tanto la mamma come io ho amato tanto lui. E’ il Re di Dohaeris, lo hai visto in qualche ritratto, ricordi?”


    A quelle parole le si illuminarono gli occhi ed esclamò “Allora io sono una principessa!”



    Ed Ysotta la strinse forte tra le braccia cercando di reprimere le lacrime che cominciavano a defluire abbondanti “Non possiamo andare da lui, gli succederebbe qualcosa di brutto” “C’è la strega cattiva?” rispose la bambina con lo sguardo triste “La mando via, io sono forte” “No tesoro, ma è meglio così, ti spiegherò quando sarai più grande e potrai capire. Ora stringi la mamma e dimmi che terrai tutto per te”



    Sentì il suo collo stritolare tanto che Reneè la prese in parola “Lo prometto, ma posso chiamare ancora Benor papà?”“Certo che puoi, lui vuole essere il tuo papà”




    Anno CDXCVI D.D.
    II Mese della Neve
    III Giorno della Luna

    […] L’uomo urlò anch’egli in preda al dolore e ritrasse la falce, Efrem lanciò un altro urlo, stavolta al pari di un gemito. Sentì le forze abbandonarlo così come la stretta dell’uomo, venne lanciato una seconda volta, stavolta più forte, contro una delle assi in fiamme graffiandosi ancora e ancora. Tre squarci profondi si aprirono sul suo volto. Si alzò a fatica vedendo sua sorella con il braccio teso verso il volto dell’uomo e le fiamme che divampavano dalla sua mano fino a investirlo.



    La ragazza corse da lui, lo prese in braccio e fuggì veloce verso l’esterno, l’aria fresca riempì i loro polmoni e entrambi tossirono con forza sputando fuori il fumo che aveva bruciato i loro il respiro. Ma qualcosa andò storto, qualcuno afferrò per i capelli Reneè, caddero all’indietro nell’erba umida e tra le grida dei due, Efrem si alzò a fatica sulle proprie gambe, sua sorella continuava a urlargli di scappare, di correre al riparo il più in fretta possibile.



    Efrem uscì da quella casa e Reneè lo vide allontanarsi, corse, corse come non lo aveva mai visto fare prima di quel momento.


    La ragazza si ritrovò in terra, il soldato l’aveva gettata in malo modo al suolo e per poco non le si ruppe il braccio, lo osservò nel sollevarla per la gola, l’uomo sorrise e lei sentì la rabbia ribollire nelle sue vene, avrebbe voluto ucciderlo, mai aveva provato qualcosa del genere nella sua vita, ma quel soldato, tutti quei soldati, li avrebbe fatti a pezzi con le proprie mani. Realizzò qualcosa in quell’istante, intuì il perché di quella spedizione punitiva, dopotutto… non era difficile capirlo: lei era la figlia di Ysotta Martell, ex promessa del Re Rickard Raeghar e sua madre aveva disobbedito agli ordini della regina Margarete, erano trascorsi anni quel giorno all’Auspex, sua madre le aveva narrato ogni cosa, credevano che dopo tanti anni non avrebbe avuto più importanza, se avessero voluto reclamare un titolo lo avrebbero già fatto. Ed invece Reneè si trovò ad osservare la propria casa andare a pezzi, le alte fiamme che divoravano ogni cosa e le urla di sua madre che morirono assieme a lei in un ultimo urlo soffocato.


    Reneè capì che se lei stessa non fosse morta, avrebbe messo in pericolo nuovamente Efrem e Benor, ma non voleva arrendersi, non lo avrebbe mai fatto, avrebbe vissuto e si sarebbe vendicata, avrebbe agito nell’ombra, nessuno doveva sapere di lei. Ed osservando ancora quell’uomo con la spada stretta nella sua mano, qualcosa si smosse in lei e le parole che pronunciò vennero fuori da sole, quasi come se possedessero volontà propria. “Fermo”



    puntò la mano verso di lui e l’uomo, incredibilmente, si bloccò all’istante Tu mi hai uccisa, mi hai trafitta al cuore ed hai gettato il mio corpo dalla scogliera” Il soldato sembrò andare in trance ed abbassò l’arma, si voltò senza aggiungere altro e Reneè colse l’occasione al volo per nascondersi tra i fitti cespugli.


    La ragazza restò ferma ad osservare, vide l’aggressore di suo fratello uscire dalla casa in fiamme, lo guardò bene, non lo avrebbe mai dimenticato, i suoi occhi color dell’oro brillavano quasi con i riflessi delle fiamme e quei denti così innaturali, come tagliole, avrebbero perseguitato i suoi incubi per lungo tempo.


    Il soldato raggiunse il suo Capitano, Reneè li vide parlare, probabilmente gli aveva riferito ciò che gli era stato ordinato...


    ...e così si allontanarono, pochi passi e l’uomo si fermò nuovamente, si guardò in giro confuso, probabilmente lo charme aveva cessato il suo effetto, ma il soldato non disse niente a Ryuk Leithien, sapeva che gli sarebbe costata la vita, la stessa che gli venne tolta dopo poco assieme a quella dei suoi compagni.





  4. #74
    GdR Master L'avatar di Eclisse84
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    Re: [Deus ex Machina GDR] Story






    Anno CDXCVI D.D.
    II Mese della Neve
    III Giorno di Giove

    La legna stava terminando nella capanna, Reneè ci si era rifugiata dopo essere fuggita da casa sua, erano trascorsi tre giorni, si era nutrita di bacche e frutta, ma le mura crepate non impedirono al freddo invernale di entrare.






    La ragazza era distrutta, presa dai morsi del gelo e della fame, voleva resistere, voleva vivere, ma sentiva che il suo corpo la stava abbandonando, le sue mani così come i piedi cominciarono a diventar viola, neanche le tre coperte riuscivano a scaldarla. Sentì dei passi fuori la capanna, qualcuno, probabilmente, aveva visto il fumo ed era venuto a controllare che nulla stesse bruciando






    La ragazza istintivamente allungò il braccio verso la porta e concentrò l’energia del fuoco nel palmo, pronta a difendersi in caso necessario. La porta si aprì bruscamente e la ragazza lanciò la sfera d’impulso, ma l’uomo che entrò nella stanza riuscì ad evitarla facilmente, la giovane era totalmente priva di forze, che quel fuoco si consumò in pochi metri



    “Reneè”esclamò una voce bassa e rauca, una voce familiare provata dall’età, la ragazza mise a fuoco una figura alta dai capelli e la barba bianca, l’espressione bonaria di occhi che già aveva visto, un volto amico verso il quale corse con le lacrime agli occhi che cominciarono a scorrere abbondanti “Zed” pianse stretta nell’abbraccio dell’uomo, il quale le accarezzò la testa amorevolmente



    Che Saraswaty sia lodata, ha ascoltato le mie preghiere, sei viva piccola mia. Tuo Padre e tuo fratello sono disperati, tua madre…” “Mia madre è morta, l'hanno uccisa... ho visto chi è stato, non dimenticherò mai quelle facce” “Andiamo da loro…” L’uomo la tirò per un braccio, ma trovò resistenza da parte della giovane, la quale puntò i piedi in terra “No” rispose con voce ferma



    “Non posso, non devo Zed” e così cominciò con il suo racconto, gli narrò ogni cosa dal principio, della verità che sua madre non le aveva mai nascosto e sulle sue certezze sul mandante di quell’omicidio. L’uomo conosceva da lungo tempo la famiglia di Reneè, abitava quei boschi da più di cento anni, una figura fidata e ricca di saggezza e consapevolezza, un alchimista di grande fama, dalla magia e conoscenze vaste. “Non puoi restare qui, vieni a casa con me, ti nasconderò per il tempo necessario” la ragazza annuì felice, non le sembrava vero, strinse la mano dell’uomo e lo seguì fino a raggiungere quella che sarebbe stata anche casa sua per qualche tempo.



    Anno CDXCVI D.D.
    I Mese del Sole
    I Giorno di Venere

    “Zeeeeeeeeeed” Reneè urlò a gran voce “Zeeeeeeeeeeed”
    “Che succede?” L’uomo arrivò di corsa nella stanza della ragazza



    “Oh santi numi” fu l’unica cosa che riuscì a dire, lasciando che il piatto si infrangesse al suolo



    Anno CDXCVI D.D.

    II Mese del Sole
    I Giorno di Marte

    Reneè camminava per le strade di Dohaeris, indossava il cappuccio come al solito quella mattina, ma sapeva che non l’avrebbero riconosciuta comunque.




    Avanzò per il mercato, si guardò attorno, amava la vita del popolo, sua madre era stata una donna semplice, le aveva insegnato i valori della terra e della famiglia, pensava a lei ogni giorno, nella sua mente era ancora ben impressa l’espressione di sofferenza sul suo viso quel giorno tra le alte fiamme.



    Avanzò ancora per lungo tempo per i mercati e la città, si guardò attorno curiosa di ciò che la circondava, fino ad arrivare alle alte mura di cinta del Castello, non ci si era mai avvicinata così tanto.



    Alzò lo sguardo e vide che sulla terrazza c’era una donna dai lunghi capelli neri, era lei, la Regina Margarete, l’avrebbe riconosciuta tra mille volti in una folla, l’aveva cercata sul tomo con i ritratti dei maggiori esponenti delle casate, l’aveva trovata, l’aveva osservata e memorizzata, un giorno prima o poi avrebbe vendicato sua madre, ma per farlo avrebbe dovuto trovare il modo di infiltrarsi a corte.



    Dei soldati passarono accanto a lei in quel momento, uno poteva avere la sua età, Reneè conosceva l’arte della spada, era in grado di combattere, ma senza titolo, senza un casato di appartenenza e nessuno che la presentasse al Comandante delle guardie, per lei sarebbe stato quasi impossibile riuscire nel suo intento. Decise che non si sarebbe arresa, ci avrebbe provato con tutte le sue forze. Alzò lo sguardo e vide il volto della principessa sorriderle, Reneè la osservò per qualche istante senza muovere un muscolo.



    Si voltò decisa a tornare alla propria abitazione, ripercorse le strade a ritroso riattraversando il paese ed il mercato, ma prima di andar via, si fermò ad osservare il lavoro di un fabbro, mentre adoperava il fuoco per creare delle armi.








  5. #75
    L'avatar di mary24781
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    Re: [Deus ex Machina GDR] Story


    Anno CDXCX D.D.
    III Mese del Foglie
    II Giorno di Venere

    C’era qualcosa di tremendamente sbagliato in quello che provava, Reneè osservava quel ragazzo come sapeva non avrebbe mai dovuto fare, sentiva il cuore battere ad un ritmo incontrollato, respirava più velocemente del normale. La ragazza guardava Lantis, figlio della donna che tanto odiava, fratello di una bambina dagli occhi grandi e limpidi, figlio di Rickard… l’uomo che era anche suo padre.



    Aveva avuto modo di osservarli, erano uniti, una unione così forte che aveva scatenato in lei forti gelosie nei primi tempi, ma pian piano questo sentimento negativo tramutò in altro. Rickard era veramente come gliel’aveva descritto Ysotta, era un uomo buono, gentile e forte che tutti rispettavano, Reneè moriva dentro non potendo urlargli di essere sua figlia, si limitava ad osservarlo con gli occhi che si facevano troppo lucidi per contenere le lacrime ed irrimediabilmente finiva con il cambiare strada. Esperin era una gioia da osservare, una bambina che sembrava aver preso tutto dal padre a dispetto della donna che l’aveva generata e Lantis, Lantis le provocava emozioni che mai le avevano toccato il cuore in quel modo, ma era sbagliato, tremendamente sbagliato.



    Erano trascorsi anni, Reneè non aveva del tutto abbandonato l’idea di vendicarsi, ogni volta che il suo sguardo si posava su Margarete sentiva il fuoco bruciare in ogni singolo arto ed il sangue ribollire...



    ...ma incominciò a pensare che se mai fosse riuscita ad ucciderla, non avrebbe fatto altro che diventare come lei, avrebbe tolto una madre ad Esperin e Lantis, avrebbe tolto una moglie ad un marito come Rickard e Reneè non aveva intenzione di farli soffrire, questi furono i motivi che le fecero pendere una decisione definitiva.




    Anno DVI
    II mese del Sole
    III Giorno di Mercurio

    Che cosa possono fare gli occhi dotati di una tale magia? Lo charme è un’arma tanto forte, quanto complessa, quello di un maestro più di tutti.



    Il verde di Reneè si incatenò a tutti quelli delle ancelle, compresa chi le governava, l’avrebbero avuta tra loro come se la ragazza ne avesse indossato le vesti da sempre, al contrario, erano solo alcuni giorni che vagava per quell’edificio, quel tanto che le bastò per imparare i passi della danza delle spade, un’arma che lei stessa sapeva maneggiare abilmente.






    Sapeva che Esperin l’avrebbe scelta tra tutte, sapeva che quella stessa notte avrebbe danzato alle pendici del vulcano Solumquae, quello che non poteva immaginare, era la reazione che avrebbe avuto il giovane Lantis. Reneè aveva l’unico desiderio di essere vista da lui, un’unica volta nella vita, le sarebbe bastato, aveva desiderato da anni essere guardata dal giovane uomo con gli stessi occhi con i quali guardava le altre fanciulle, se ne sarebbe andata, non avrebbe mai interferito nella sua vita...



    ...ed invece quell’unico sguardo non bastò al Principe. Se avesse potuto stringerlo una volta a sé e raccontargli tutto lo avrebbe fatto, ma decise di voltarsi ed andarsene, gli lasciò il suo nome, a mente fredda, probabilmente, non avrebbe dato neanche quest’unica traccia di sé, ma la volontà vacillò come mai avrebbe voluto e giurò a se stessa che mai avrebbe ripetuto l' errore di mostrarsi a lui.



    III mese del sole

    III giorno di Mercurio
    Anno DVI

    Quella notte il cielo era più scuro del nero più nero, non v’erano stelle, nè la Luna Madre, non c’era vento, non c’era il canto di alcuna creatura, solo un pianto silenzioso che avvolgeva ogni cosa. Reneè aveva visto gli occhi di Rickard farsi rossi e prosciugarsi per le lacrime versate, il suo volto smagrirsi, così come il corpo che appariva sempre più provato. Esperin aveva il volto segnato dalla sofferenza, Lantis non sembrava più essere se stesso.



    Il volto di cera di Margarete sembrava sereno, nonostante tutto. In quella bara di cristallo aveva avuto la pace che forse non meritava, al di là della donna che era stata, al di là di ogni azione riprovevole, in quel momento era madre e moglie pianta con tante lacrime quante il cuore ne potesse reggere.



    Reneè si dannò l’anima, perché l’unica cosa alla quale riusciva a pensare, in quel momento, era il viso di Lantis, non alla donna che le aveva procurato tanto dolore, non alla vendetta che veniva seppellita assieme a quel corpo, solo quel viso che pareva non avere più emozione. Quella notte andò contro ogni cosa che la ragione le imponesse: soggiogò le guardie per entrare nella sua stanza e stringerlo a sé, il dolore che provava era tanto forte quanto ogni battito che le esplodeva in petto.



    Aveva saputo che Lantis non aveva il suo stesso sangue, non era suo fratello come aveva creduto per tanti anni e questo finì solo per darle altri motivi per lasciarsi andare a ciò che provava. Fu come la magia più grande, fu come l’incantesimo che da vita ad ogni cosa, quando si avvicinò a lui tutto il resto sparì nel nulla, c’erano solo loro, c’era solo quell’amore incontrollato che si consumò in una notte.



    Sparì. Sparì mentre lui stava dormendo ancora con gli occhi gonfi e lei pianse fino a consumarsi per la consapevolezza di essersi spinta oltre, per la consapevolezza che mai più avrebbe potuto abbandonarsi a lui ed al suo sguardo su lei.



    II mese delle rose

    II giorno degli Dei
    Anno DVII

    I crampi erano sempre più forti, la pancia, le gambe, la schiena, ogni cosa era contratta e Reneè urlava dal dolore.



    Era sola, non aveva fatto visita a Zed da più di un anno, lui non sapeva della sua condizione, non aveva visto quel ventre crescere giorno dopo giorno. Reneè aveva il viso scavato, gli occhi consumati e circondati da profonde occhiaie, la pelle più bianca che mai, quel bambino era troppo forte, la stava letteralmente consumando.



    La ragazza aveva bisogno di aiuto, non sapeva a chi rivolgersi, difficilmente uno sconosciuto si sarebbe prestato per farla partorire, così prese l’unica decisione le fosse possibile. Quando si trovò dall’altra parte del Glados, si accasciò in terra e perse i sensi.



    Furono giorni difficili, lottò tra la vita e la morte, fino a quando finalmente riaprì gli occhi. La prima figura che vide fu quella di Daeron, le sorrideva e per quanto le sembrasse impossibile, non aveva il solito aspetto spettrale, il Mago aveva assunto forma corporea e reggeva tra le braccia un piccolo bambino.



    Aveva le guance rosee, segno di buona salute e gli occhi azzurri, un colore conosciuto, gli stessi del padre. Reneè pianse di gioia, voleva stringerlo a sé, ma lo Spirito le disse di attendere ancora qualche giorno, quel bambino aveva assorbito tutte le sue energie e sarebbe stato pericoloso avvicinarlo troppo.



    Trascorsero i giorni e la ragazza si ristabilì del tutto, aveva stretto a sé Shen tante e tante volte con la dovuta cautela, quel bambino era un pericolo non solo per ciò che rappresentava, ma anche per ciò che era in grado di fare.



    Tornare da Lantis e svelare l’esistenza di Shen avrebbe comportato troppe cose: Reneè avrebbe dovuto svelare chi fosse, se anche avesse deciso di inventare un’altra identità Efrem l’avrebbe riconosciuta, avrebbe dovuto spiegare al Principe di non essere sua sorella, perchè non era figlio di Margarete e di Rickard come aveva sempre creduto. Avrebbe dovuto svelare il perché della sua scomparsa, avrebbe dovuto parlare di Ysotta, della sua morte, affrontare il fratello, Benor e tutto il resto.



    Reneè parlò a lungo con i Saggi, loro sapevano che quel bambino era destinato a qualcosa di grande, qualcosa al quale il mondo non era ancora pronto a conoscere. Svelarono alla donna la reale discendenza del suo amato ed ogni cosa li condusse alla profezia del tutto e del niente.




    Shen sarebbe rimasto là con loro, se ne sarebbero presi cura e Reneè non lo avrebbe mai abbandonato, pur non vivendo assieme a lui, aveva altri doveri ai quali tornare.



  6. #76
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    Re: [Deus ex Machina GDR] Story

    Mea culpa

    Lumen rigira tra le mani la missiva che le è appena stata recapitata, le parole di Gordon sono chiare come il tratto dell’inchiostro, segue linee dure persino dove dovrebbero esserci curve, nero su bianco, non vi sono mezzi toni, non vi è altro che un invito chiaro e diretto.




    Ci incontreremo questa notte all’ora più buia, ti attendo alla lapide di Ginevra
    La donna guarda fuori dalla finestra, le stelle sono alte e luminose, tra poche ore dovrà recarsi alla Terra delle Rose, dove è sempre primavera, dove ha vissuto per anni con la madre in attesa che Gordon tornasse dai suoi lunghi viaggi: gli attimi di gioia per quei ritorni sempre più lontani sono ancora così nitidi da farle male. Ricorda gli occhi di suo Padre nel guardarla, il modo in cui la sollevava dal suolo e la stringesse tra le braccia, il suo tesoro più grande, e non mancava di dirglielo, non mancava mai di baciarle le guance paffute e rosee, così come di portarle regali da ogni luogo andasse.



    Li conserva ancora, chiusi da qualche parte ad impolverarsi. Volta lo sguardo verso il comodino, su di esso risplende la gemma rosa del carillon: da quando lo ha riavuto non l’ha mai aperto e non ha intenzione di farlo prima di questo incontro, le colpirebbe il cuore in pieno, la renderebbe debole e contro il mostro che ha intenzione di affrontare, non c’è spazio per questi sentimenti.



    Porta una mano sull’abito, troppo scomodo e troppo lussuoso, troppo lungo da ostacolare una corsa. Si sfila i sandali preziosi, così come tutti i gioielli che fornirebbero appiglio, slaccia il corpetto e lascia scivolare l’abito in terra, tutte queste cose ora non valgono niente. Si avvicina all’armadio, cerca abiti comodi, qualcosa che probabilmente non è neanche in suo possesso, se non alla Torre. Poi, trova qualcosa in un angolo dimenticato, qualcosa che le permetterà di muoversi e non le ostacolerà i movimenti perché, nonostante tutto, Lumen Leithien sa combattere ed ha intenzione di farlo con le unghie e con i denti.



    Il vento leggero sulla pelle e su di lei il cielo stellato è luminoso, con la luna che irradia di perle scintillanti tutto il Castello delle Rose. Lumen può vedere al di là dell'edera che ne ricopre la facciata barocca, può ancora scorgere le arcate, i marmi, le colonne eleganti. L'enorme scrigno vuoto della sua infanzia racchiuso da rovi e veleno.



    L'immenso cuore che sanguina con l'imperioso silenzio che vi regna all'interno. Non è difficile schiudere l'uscio del possente portone un tempo bianco e smaltato d'oro: qualcuno l'ha preceduta. Cammina leggiadra, come un fantasma, uno spirito evanescente in questa notte mistica, tra i mobili ricoperti di panni impolverati, quasi restando in sospeso sul pavimento un tempo lucido come uno specchio.



    La schiena dritta, così come la testa e lo sguardo non si volge attorno: farebbe troppo male. Le braccia scendono impalpabili lungo i fianchi, poggiando sul cuoio della tenuta che ha indossato e finalmente giunge al giardino sul retro. Si sofferma un attimo, respirando profondamente e sollevando di poco il viso, che fiero e duro, individua l'arco di rose bianche sotto cui è sepolta sua madre.



    Chissà se anche lei sarà disposta lì quando morirà. Non oggi, questo Lumen Leithien l'ha sempre ripetuto alla morte. E non ha intenzione di fornire una risposta diversa in questa notte, in questo epilogo di una saga viola e nera durata anche troppo. L'alta figura di suo padre stona così tanto con la delicatezza di quelle rose così speciali e candide che ricoprono la lapide di Ginevra. Non ha necessità che la figlia annunci la sua presenza, lo Sterminatore di Clan si volta verso di lei appena, sfiora il marmo col palmo pieno della mano, guardandola amareggiato, melanconico, qualcosa di effimero che non è riuscito ad afferrare.


  7. #77
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    Re: [Deus ex Machina GDR] Story


    "Ho un dono per te. So che senti la sua mancanza" sussurra piano Gordon, mentre porta lo sguardo su lei. Tutto deve finire lì, dove tutto è iniziato per Lumen.



    Lì dove giacciono i sentimenti infranti dei due Leithien. L'uomo cammina trascinando il passo, allontanandosi di poco dalla pietra candida della lapide. Lumen è a qualche metro, pianta i suoi occhi in quelli di suo padre ed evoca il bastone di sua nonna, Bellezza Mortale. Fuoco contro fuoco, Leithien contro Leithien, padre contro figlia: la storia dell'antico casato non poteva che concludersi così. “Voglio porre fine alle tue sofferenze, figlia mia” Anche la mano dell'uomo si arma di Mea Culpa, il terribile spadone che si è macchiato di tanto sangue innocente. Il rubino a forma di rosa scintilla nella notte, così come la lunga e poderosa lama dello Sterminatore di Clan: il fuoco è pronto a divampare.



    Le armi infuocate si scontrano, scintille si infrangono nella notte, gli avversarsi si trapassano, si feriscono, incredibilmente la donna riesce a tener testa al proprio avversario, Gordon Leithien il quale è tanto famoso per la sua forza, la sua crudeltà, la sua velocità.



    Lumen, ormai stremata, lo osserva recuperando fiato, lui non appare affatto provato, come se il combattimento appena avvenuto non sia altro che un mero riscaldamento.





    Gordon la osserva negli occhi, la sfida ancora, punta Mea Culpa contro di lei, Lumen non perde tempo, ricomincia la corsa, anima Bellezza mortale col fuoco più intenso e lo colpisce al volto, Gordon perde la presa sulla propria arma, sembra non reagire.





    l'esile mano di Lumen, resa ferma dall'odio, raccoglie la lama paterna e la affonda nel cuore avversario. Non lascia i suoi occhi, vuole vederlo morire, non li distoglierà, non lo fece nemmeno quel giorno in cui il corpo di sua madre danzava senza vita. Se lo augura con tutte le sue forze che lui ora stia rivivendo tutto l'orrore di cui è stato colpevole con Mea Culpa piantata nel cuore, la sua arma... la mia colpa.



    Alza gli occhi per vedere quel volto soffrire, per raccogliere soddisfazione nell’essere riuscita nel proprio intento, ma tutto ciò che vede è il capo dell’uomo voltato verso la lapide poco lontana, come se il suo cuore fosse già morto da tempo. Proprio come quel giorno, Lumen piange e le sue lacrime sono amare e si confondono con quelle di Gordon.



    I loro occhi dorati, così simili nel colore e nel dolore, si toccano nel pianto che spegne il fuoco violento del loro cognome. Gordon afferra la mano di Lumen ancora salda sull’impugnatura e la da la forza per spingere più in profondità nel petto, fino a trapassarlo. “Anche io sento la sua mancanza, la rivedrò presto, non potranno più portarmela via dove saremo” Un sorriso dolce, come mai lo ricorda sul viso di suo padre, appare e gli pare di nuovo umano, di nuovo quell'uomo che ha amato da bambina e che provava amore.



    Ho sempre pensato che fosse giusto che fossi tu a togliermi la vita, in tutti questi anni non ho fatto altro che sopravvivere al desiderio di farla finita” Si accascia di peso su se stesso e la trascina con sé, Mea Culpa ricade al suolo bagnata da un fiume di sangue e Gordon, finalmente libero, stringe la propria figlia al petto




    “Sono sempre stato un codardo, sei così uguale a lei che non riuscivo a sopportare il peso del tuo sguardo e del tuo odio, avrei dovuto piantare Mea Culpa nel petto di Tywin quel giorno e seguirlo negli inferi”
    Lumen lo guarda con gli occhi di una bambina stretta al suo eroe, al suo eroe così umano, così sbagliato.



    “Fuggi lontano, fuggi da tutto questo, lasciami morire sulla tomba di tua madre e lascia che il nostro casato muoia con me. Ti ho sempre… amata…” pronuncia con un fil di voce accarezzandole il viso e baciandole la fronte, prima di trascinarsi sul marmo bianco con le ultime forze rimaste in corpo “L’ho sempre… amata”






    Esala l’ultimo respiro il leone, sorride felice, sorride finalmente in pace. Lumen è libera, finalmente libera.


    Non più Leithien, non più Raeghar, nemmeno più Lumen: fuggirà oltre i confini, lontano fin dove le sue gambe la porteranno, in quelle terre al di là dell'orizzonte in cui nessuno conosce il suo nome, in cui Dohaeris è solo un nome su una mappa. Lontano, dove forse un giorno potrà essere finalmente felice anche lei.

  8. #78
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    Re: [Deus ex Machina GDR] Story

    Rosso fuoco

    E le vele vennero ammainate, le navi solcarono i mari e tagliarono le acque con le chiglie forti e robuste, navi da guerra, quelle dei De Lagun, quelle dei Waters...



    E gli uomini si scontrarono, arma contro arma, elemento contro elemento... Feralys, Urthadar, Dreth, Demonar, Fanon, Bolton, Baratheon, Raeghar, Targaryus, Leithien, Eldaossen e tanti altri, uomini liberi, mercenari o schiavi, chi per il proprio interesse o per un bene superiore, le lame si incrociarono ed affondarono, si bagnarono di sangue, di vite, in una battaglia che volgeva ormai verso il proprio tramonto.




    Ed è così che il Drago avanza verso la Luna di Diamante, il castello che arde tra le fiamme dei roghi, il fumo che sovrasta cumuli di cadaveri, soldati, cavalieri, uomini che si sono battuti per i propri ideali, sangue che copre la pietra, sangue che cola dalle mura, che colora il mare e bagna la sabbia. Ancora morte, ancora distruzione, ancora dolore che preme al centro del petto nel riconoscere volti familiari deturpati, sfregiati, privati della propria vita, occhi vitrei ed appannati rivolti verso il cielo, verso i propri dei, nell’ultima preghiera con la speranza di essere accolti nel campi Elisi.


    Il passo è fermo, i soldati stremati accanto alla bandiera dei reietti è il segno che la guerra è finita, è il tempo di reclamare ciò che è dovuto, è il tempo di un nuovo regno. Drako procede verso il ponte levatoio, calpesta fiumi di sangue, oltrepassa i corpi di uomini e donne, le lance che sono state letteralmente sparate dai cancelli li hanno trapassati come fossero fatti di burro. Serra la mascella e stringe i pugni, non avrebbe mai voluto questo, non avrebbe mai desiderato altra morte, che altre vite si spezzassero, ma al di là degli ideali, le guerra ha una legge superiore: La mia vita o la tua.


    Le mani di tutti sono bagnate dal sangue, il proprio, quello dei compagni, quello dei nemici, è quel sangue che non si lava più via e che riappare durante la notte, quando dormi accanto ai tuoi cari, per ricordarti che nulla è per sempre, che ogni cosa ha un costo.

    Lo spiazzale è circondato da soldati, i vincitori hanno fatto mattanza degli sconfitti, le teste chine sono meno del previsto, gli arresi ed i piegati sono in numero nettamente inferiore rispetto ai caduti. Lantis fa il suo ingresso dall'entrata del Castello, alle sue spalle ci sono i suoi uomini, i reali che lo hanno seguito e servito, ognuno col capo alto e lo sguardo fiero.


    Efrem ed i ribelli sono già qui, scortati dagli uomini dell’Adamantem, catturati prima di poter fuggire, prima di poter organizzare contromosse. Il Gran Maestro è pallido in viso, si regge alla propria arma, curvo e con le mani visibilmente tremolanti, non è paura, Efrem è un uomo impavido, col capo alzato persino innanzi alla sconfitta.


    Drako è preoccupato, vorrebbe andare da lui e chiedergli di cosa soffre, farlo curare, ma non è questa la priorità al momento, il trono reclama il nuovo sovrano, un sovrano che abdicherà in favore della legittima erede, non vi sarà più morte, ognuno sconterà la propria pena, ma non perderà la vita ed il suo amico, suo fratello, verrà curato con ogni dovere pur pagando le conseguenze delle proprie gesta.

    Drako si volta verso i propri compagni e sorride loro, ha gli occhi che brillano, un misto tra commozione e tristezza, gira poi il capo verso Efrem, il quale accenna a fare un passo in avanti, ma prontamente i soldati Adamantini gli puntano le armi contro. Il Dragone alza il palmo e gli uomini tornano alla loro posizione, lasciando passare il capo dei Ribelli. Efrem avanza sostenuto da Eden, la stessa arma che apparteneva a sua madre, la stessa lama che ha combattuto per la famiglia reale. Si guardano negli occhi per qualche istante, v’è solo silenzio tra loro, dopo mille parole, dopo altrettanti rimproveri, continuano a parlare quegl’occhi, ad urlare, a piangere lacrime invisibili, tra rabbia, rancore ed affetto. China il capo il grande Targaryus e resta fermo, fino a quando Drako volta il viso lontano verso il trono, dove Lantis è là che lo fissa come una statua inamovibile, con lo sguardo di ghiaccio che punta sui due uomini.






  9. #79
    GdR Master L'avatar di Eclisse84
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    Re: [Deus ex Machina GDR] Story



    Drako si muove verso di lui, non distoglie la vista, nessuno abbassa il capo. Efrem lo segue, avanza a qualche passo di distanza, il suo sguardo ha una strana scintilla che gli anima gli occhi, la stessa che brilla in quelli di Lantis.



    Nonostante Drako sia stato un padre e un fratello per lui, nonostante sia stato il suo mentore, il suo Comandante, il suo migliore amico. Efrem punta gli occhi in quelli di ghiaccio di Lantis "Sappiamo anche che una guerra a due fronti è più semplice da combattere. Che l'assedio di un solo esercito è più semplice da controllare. Sappiamo che i reietti non sarebbero mai dovuti esistere" dice torvo, con una voce più bassa, oscura. Lantis lo ascolta attentamente, non può che riconoscere il vero in quelle parole.


    E' disposto a tutto per vincere questa guerra, esattamente come Efrem... se non di più. "Luna di Diamante è inespugnabile, siamo pronti a respingere un assedio... ma se le cose fossero più semplici sarebbe senz'altro gradito" risponde allusivo. Il suo cuore lo sa dove l'elfo vuole andare a parare. Lo sa cosa costerà, quale sarà il prezzo.


    Un sacrificio... per il suo trionfo, perchè Lantis è certo che finirà tutto così. Sacrificare Drako, l'unico amico che egli abbia mai avuto, anche per lui un fratello, per la causa della sua vittoria. Drako... serpeggia da sempre dell'invidia per lui nelle vene del Re. Più simile a Re Rickard, affine negli ideali, di carattere, di indole. Esperin lo ha tradito per seguire i reietti, il Dragone è riuscito a radunare guerrieri temibili nonostante tutto. Drako... Lantis è stanco della sua ombra, del perenne paragone con lui. Di quella sottile competizione che ha sempre avvertito agli occhi degli altri, di Rickard. Lui che è il figlio di Raiden, che con Rickard non ha proprio da spartire il sangue, lui che si è sempre sentito così diverso. E Drako quel giorno... le parole che gli sussurrò. Drako che sapeva la verità. "Ti propongo un armistizio temporaneo... una tregua tra reali e ribelli... che finirà durante l'assedio, quando insieme infilzeremo Drako per ucciderlo" esclama Efrem nella più totale serietà.


    Il Re lo guarda come sorpreso, come non si aspettasse che ciò che aveva immaginato fosse effettivamente vero. Come se Efrem non avrebbe mai osato tanto. "Io stesso l'ho condannato a morte una volta... sono preparato da tempo a questo. Ma tu? Chi mi assicura che non mi stia ingannando?" domanda sospettoso Lantis.


    Ma il figlio di Raiden lo sa che Efrem non sta mentendo. Lo sa che Drako non accetterebbe mai un accordo così infame. E' la guerra, Drako non ne ha mai accettato la slealtà. Efrem rimanda lo sguardo determinato di poco prima: no, non sta giocando. I due Gran Maestri non stanno affatto giocando. In un lampo della memoria che squarcia la notte, nell'anima di Lantis si riaffaccia quel buffo sogno avuto all'incoronazione, in cui le cose erano andate come dovevano andare. Quando tutti erano felici. Non sarà mai così. Guarda Efrem e sa bene che non sarà mai così.
    Tutto tace, tutti sembrano trattenere il respiro mentre Drako continua ad avanzare, il suono dei passi fa eco per la piazzola, non c’è altro rumore. Poi un movimento: Lantis scende i pochi gradini e resta fermo, la mano sulla fondina della spada è tesa, non si arrende il figlio del Dio, neanche innanzi alla sconfitta.


    Sono a pochi metri, Drako distende i pugni, apre leggermente i palmi delle mani, pronte ad accogliere l’impugnatura delle sue khopesh.


    Rapido, la spada di Lantis pare brillare di luce propria, saetta una scintilla nera che avvolge la spada, punta il piede in terra e si da lo slancio in uno scatto, Drako è preparato allo scontro finale, lo sapeva, era inevitabile che sarebbe accaduto.



    Si porta in posizione, ma accade qualcosa di imprevisto: il passo di Efrem si fa più forte alle sue spalle, Eden è pregna del proprio potere e viene scagliata con forza alle spalle del Dragone.


    Non un urlo, solo il rumore dei tessuti che si stracciano e poi ancora una volta: scatta più rapido il Fulmine, la mano ferma, la forza giusta, l’inclinazione che punta al cuore.




    La terra che oltrepassa le carni, il fulmine che brucia il cuore ed il fuoco si spegne lentamente…



    C’è qualcosa che muta, un momento che appare sospeso nel tempo: col cuore trafitto e la schiena stracciata, Drako resta in piedi, le gambe che lente cedono al suo peso, gli occhi increduli bagnati dal dolore, un dolore che ha poco di fisico ed il petto che esplode dalla tristezza. Un rivolo di sangue scorre lento dalle labbra, il rosso che si mischia alle lacrime

    Il rosso… il rosso che bagna il suo corpo, il rosso… rosso che abbraccia ogni cosa, rosso che tinge i capelli che lentamente mutano, lasciando che qualcosa di familiare torni prepotente come un colpo allo stomaco di Efrem e Lantis. Gli occhi che brillano di un verde chiaro come il mare più calmo, quei nei già conosciuti nell’iride, le labbra rosee e morbide, pelle bianca incorniciata dai capelli che cascano sul corpo e si bagnano della propria morte. Quel viso tanto amato, quel viso che riconoscerebbero tra mille, custodito nel proprio cuore.



    Lantis osserva quei tratti cambiare per poi mostrarsi nella loro vera natura, Efrem resta immobile come congelato, come pietrificato dalla terribile presa di coscienza. Reneè… nient’altro che Reneè, che sorride al suo amato, che casca al suolo.




    Reneè che sposta lo sguardo sul fratello, che singhiozza ed ancora sorride loro... e lentamente muore. Ed il tempo sembra rallentare, ogni cosa si ferma, ogni cosa perde senso e ne acquista un altro. Efrem e Lantis restano in piedi come fossero congelati, come se ogni fibra del corpo faccia loro troppo male per potersi muovere. Gli occhi sbarrati puntano in terra sul corpo esanime di Reneè, l’amore perduto di Lantis, la sorella tanto amata di Efrem. Gli uomini non capiscono, ogni ragione sfugge al tentativo vano di mettere i pezzi insieme.



    Drako è Reneè, lo stesso che li ha protetti con tutto se stesso finchè ha potuto, lo stesso che ha sofferto in silenzio senza potersi svelare mai, tranne quella volta che non si è mai perdonato. Ed ora di quel Drako non resta più niente, un’anima unica per un corpo mutevole, il dono dei Martell, quello donato dai Siamesi, uomo e donna assieme.


    Un urlo, quello del Re, lo stesso che cede sulle proprie ginocchia e chiede il soccorso di qualche guaritore. La disperazione, quella di Efrem, il quale preme le dita sulla gola della propria sorella, alla ricerca vana di vita, non c’è battito, non c’è respiro. Si guardano per un attimo negli occhi i due uomini, per la prima volta vicini nel dolore, si fanno carichi di mille colpe, sentono che persino il proprio cuore sta per cedere.


    Decine di soldati, alchimisti, tutti coloro i quali possiedono il dono della rigenerazione si precipitano al richiamo dei due Gran Maestri, ma accade qualcosa: la terra comincia a tremare, sussultare, il rombo di un boato si espande a partire dal basso, dalle fondamenta del Castello, l’equilibrio è precario, le statue cascano, ogni cosa sembra dover finire in quello stesso istante.



    ____________________________________

    Avete 72 ore di tempo per inserire un unico post del vostro pg nel topic reali con una sua reazione a ciò che vede ed a ciò che si è scoperto, dall'arrivo al Castello fino allo svenimento. Non intervenite sui png, eventuali frasi possono essere concordate. Il post non è obbligatorio.



  10. #80
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    Re: [Deus ex Machina GDR] Story

    Valar Dohaeris

    “Devi tornare a casa” le sussurrano entrambi. Rickard aveva già conosciuto la reale natura di Drako, sapeva già che si trattava dell’altro volto della propria figlia.



    La ragazza gli si era mostrata quella notte prima che lui morisse, quando il Dragone si era recato al castello per l’ultimo saluto e Lantis si era fatto da parte uscendo dalla stanza. Il figlio di Raiden aveva visto il sorriso sul volto dell’uomo che credeva suo padre, pensava che avesse riconosciuto la presenza di Drako, la realtà è che, in quella stanza, Reneè mostrò il proprio reale aspetto a Rickard, gli aveva parlato, gli aveva narrato ogni cosa e lui le aveva sorriso felice con le uniche forze che gli restavano.



    Quella stessa notte morì, lasciando il proprio titolo di Gran Maestro alla propria figlia, secondo il volere degli Dei. Ysotta bacia la fronte di Reneè, la guarda con ammirazione ed amore. “Ci rivedremo tra molto tempo, figlia mia” un sussurro che si fa sempre più flebile, parole che si fanno forza attraverso il cuore e la mente…



    Tutto si sbiadisce, tutto riacquista consistenza


    Reneè li osserva come avrebbero dovuto sempre essere, felici, l'uno accanto all'altra, anche se quello che vede oro è solo un profondo affetto di cuori affini, i suoi amati genitori che l'hanno sempre amata, in qualsiasi forma Reneè o Drako abbia vissuto.
    I passi si susseguono lenti per la piazza antistante l’ingresso del Castello, i corpi di tutti i presenti sono ancora stesi in terra, ancora dormienti, privati delle proprie energie, dei propri poteri, assieme alle armi che giacciono accanto a loro. Reneè li scruta dall’alto accertandosi che siano ancora in vita, che Shen non abbia portato via anche il loro ultimo respiro. Osserva il fratello Efrem, il suo viso non è più pallido come prima, il respiro è irregolare, ma sembra star bene, così come Lantis. Lentamente tutti riaprono gli occhi, mentre la donna continua il proprio incedere fino al trono.


    Si volta ad osservarli, ognuno riprende coscienza nel porsi le medesime domande. Reneè si siede al posto che le spetta, Shen è al suo fianco col capo alto ed il sorriso nell' aver riavuto la propria madre “Alzatevi tutti” sentenzia la donna


    “Questa guerra è giunta al termine. I reietti hanno vinto ed io, Reneè, reclamo il trono: Io figlia di Re Rickard Raeghar ed Ysotta Martell, ex Dragone delle armate reali, Gran Maestra dei Maghi ed ora Regina di Dohaeris.” Punta lo sguardo verso Efrem e Lantis i quali, ancora increduli e provati, chinano il capo innanzi la donna





 

 
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