Flash parte quarta di quattro
Il sole era al suo calare, riuscivo già ad intravedere uno spicchio di luna che risaliva lento dalla parte opposta, mi sentivo come se mi avessero infilzato allo stomaco ed infierito con la lama ruotandola dentro di esso, mi convinsi di essere un totale perdente, che mi ero ridotto a fare la figura dello stupido e per cosa? Per una donna della quale sapevo poco se non addirittura niente, ero arrabbiato con me stesso più che con lei. Avevo ancora il violino nella mano destra, credo che lo strinsi così tanto da provocarmi qualche piccolo taglio, avevo la tremenda voglia di lanciarlo via e vederlo spaccarsi in mille pezzi, così alzai il braccio pronto a scagliarlo contro una roccia
“Ryuk” una voce alle mie spalle mi bloccò sul posto, era la sua voce… ancora lei, cosa voleva ancora dopo quello schiaffo.
“Non pensi di avermi umiliato abbastanza?”
Restai fermo senza voltare le spalle verso di lei, ma presi un profondo respiro e ruotai trovandomela a pochi passi di distanza. Il suo sguardo era diverso, il viso diviso a metà tra un sorriso appena accennato e gli occhi tristi, quella donna mi confondeva come nessuno mai aveva fatto.
Non ebbi il coraggio di dire nulla, restai fermo ad osservarla, ma lei avanzò nuovamente verso di me e si gettò tra le mie braccia, mi strinse e sentii per la prima volta il suo calore sulla pelle ed il suo sapore sulle labbra. Mi baciò… un bacio casto ma così intenso che credo che il sangue mi ribollì nelle vene come il fuoco nel vulcano Solumquae. Avevo quasi il timore di sfiorarla, ma non ce la feci e la strinsi forte a me, avvolgendola in un abbraccio.
Non so quanto tempo restammo così, se troppo poco o un lasso incalcolabile, persi la cognizione di ogni cosa, ma quando si staccò e mi guardò in quel modo, mi sentii tornare coi piedi per terra con lei che mi faceva da ancora.
“Perdonami, non ho ancora parlato di te alla mia famiglia, mio padre è all’antica e vuole decidere della mia vita, vederti là mi ha spiazzata…” Le parole presero voce nuovamente, improvvisamente ogni cosa assunse un significato, ero stato affrettato, avevo sbagliato ogni cosa, avevo calpestato le sue intenzioni.
“Perdonami tu… è che volevo farti sentire cosa ho composto per te e pensavo… niente… ho pensato male”
Mi strinse ancora a sé per qualche istante, ero ancora intontito… non capivo assolutamente nulla, ma ero di una felicità disarmante.
“E’ il compleanno di mia sorella, le ho cucinato una torta con quello che avevo in casa, purtroppo non posso permettermi altro e mio padre fa già tanti sacrifici per noi… devo tornare, si chiederanno che fine io abbia fatto” sciolse l’abbraccio e mi sentii incredibilmente vuoto, riuscii solo ad afferrarle il posto giusto in tempo ed a tirare fuori dalla tasca il ciondolo che avevo per lei
“Questo era di mia madre, regalalo a tua sorella te ne prego” Le porsi la collana con il cuore argenteo che ne pendeva e lei lo accolse in una mano
“E’ bellissimo… ma non…”,
“Accetta… accetta per favore”. Strinse la mano e mi sorrise raggiante, mi regalò un ultimo bacio e corse via velocemente, forse iniziai a capire cosa fosse la felicità.