Devon Balythòn
Ed eccolo, uno dei tanti momenti quotidiani che a nessuno piacerebbe vivere sulla propria carne: il dolore. Mi verrebbe facile pensare che buona parte della giovinezza, vissuta a corte sotto il titolo di un comune seguace di Kalisi, fosse in realtà un’utopia fatta e completa. Come se in questo mondo ci fosse uno spazio per la vita del mio alter ego dall’indole opposta, tanto tenace quanto spietato, in confronto all’io originale. Convivendo in mezzo ai Reietti, il mio cuore ha concepito un’obiettivo, uno scopo di estrema importanza da raggiungere, così come ognuno di noi ha intenzione di portare a termine il proprio: fondere la personalità attuale con quella opposta, in modo da creare il giusto equilibrio tra una virtù e l’altra. Unire due cose di natura differente non vuol dire che il risultato non sarà un bello spettacolo, basta sapersi affidare alla stabilità. E’ così che si diventa forti: saper tenere a bada il lato istintivo e selvaggio che noi mortali siamo consapevoli di avere anche nei momenti che a noi appaiono critici. Nel mentre Elen si prende una pausa, una lama piuttosto conosciuta affonda nelle mie carni, bersagliando la spalla sinistra sana.
«Mai voltare le spalle ad un avversario.» delucida la tizia mascherata, mi volto e noto con piacere che i gufi non mi hanno deluso, le vesti di ella sono rovinate per le varie zampettate dei miei uccellini, direi che hanno eseguito gli ordini con successo. Dietro di lei intravedo i corpi dei gufi... trucidati. Bastarda tu e bastardo Dahmer, ma che avete contro gli animali? Non rispondo al "consiglio" della donna e la fisso con un’aria... irrilevante.
Non le darò la soddisfazione di mostrarmi come una vittima priva di speranze che attende la morte, quel che ho subito non è niente in confronto alle gambe mozzate altrui che ho dovuto riattaccare. Le ferite alle spalle emanano sì un bruciore tremendo ma pensandoci bene tutto si risolverà alla grande con la rigenerazione, il che significa che non c’è alcun motivo di complicarsi la vita. Vuoi giocare con me, donna? Non c’è problema, ti accontenterò volentieri.
Apro leggermente la mano sinistra e cerco di instaurare una sorta di connessione con la massiccia compattezza di Phoenix tastata minuti fa... passano quattro-cinque secondi e del bastone neanche l’ombra... ho fallito. Ignorando la domanda a me stesso sul perché non sono capace di controllare l’arma come un tempo, non mi arrendo e faccio un secondo tentativo... stavolta con la destra.
In meno di cinque secondi la mia volontà si realizza: l’arma, in tutta la sua egregia e rudimentale bellezza, è pronta all’uso. Reggendola con entrambe le mani la determinazione che mi pervade è tale da accendere quel fuoco spento dalle lacrime del passato... un fuoco rimasto imprigionato nei meandri più oscuri dell’anima per l’eternità e che, finalmente, ha l’occasione di evadere da tutto ciò che lo ostruisce inesorabilmente. Scorgo una serie di ardenti sfere comparire dall’estremità del bastone, le quali ruotano vorticosamente attorno ai corni fino a toccare le piume scendendo sempre più in basso, andando a creare una sorta di barriera elementale che farà del bastone una fonte incandescente. Le sfere, ormai divenute fiamme, si alzano e si abbassano ritmicamente, come se volessero garantire una miglior appiccatura a tutto ciò che incontrano al loro passaggio.
Arma - Bastone in Forma Attiva
Fuoco: l'arma diventa incandescente, raggiungendo la temperatura di 180° - Forsworn Stave (Phoenix)
Scatto in direzione della donna con l’intento di conficcare in profondità, sul braccio che sostiene la falce, gli spuntoni... usufruendo di ogni particella della mia forza. Se tutto andrà secondo i miei piani, costei si ritroverà il braccio ustionato non lievemente e con esso si aggiungeranno ulteriori danni dovuti all’affilatezza dei pezzetti di legno. In caso schivasse, non esiterò a ruotare l’arma sul raggio d’azione opposto...