La
giovane non ha altro da aggiungere, così le rivolgo un cenno di saluto con il capo e mi avvio verso il campo di addestramento.
Intorno al tavolo inizia a radunarsi parecchia gente e non ho intenzione di restare per ascoltare i loro discorsi. Non ora, almeno.
Supero la dispensa senza rivolgere la parola a nessuno e senza prestare troppa attenzione alle loro parole.
Mi sento terribilmente irritata e confusa.
Irritata per la presenza della
donna nel nostro accampamento e confusa per tutto ciò che sono stata costretta a lasciarmi alle spalle, giusto poche ore fa. Avranno ascoltato i miei consigli? Avranno abbandonato, di nuovo, quella casa? Vorrei poter stare con loro ed aiutarli in questo momento così difficile, ma... non posso. Non come vorrei, almeno.
Se riusciremo a vincere questa guerra, la paura ed il dolore cesseranno e potranno tornare alle loro vite.
Che poi... si può continuare a vivere dopo aver perso un figlio? Si può andare avanti? Si può anche solo lontanamente sperare di smettere di soffrire? O di lenire, non so come, il dolore?
-
Pensare che loro soffrono in maniera atroce per aver perso una figlia, mentre... ci sono persone che non hanno minimamente a cuore la vita dei propri figli. Che li abbandonano, addirittura...-
Sollevo lo sguardo e mi accorgo di essere giunta nel campo d'addestramento, vicino ai manichini.
Le mani iniziano a tremare, mentre il cuore riprende la sua folle corsa.
Non posso. Non posso e non voglio ridurmi ancora una volta in quello stato. Perché? Perché succede tutto questo?
Perché il mio corpo non vuole collaborare? Perché non riesco a controllarlo?
Improvvisamente, i consigli di quell'uomo affiorano nella mia mente e, senza perdere altro tempo, mi siedo a terra.
La meditazione. Forse meditare potrà aiutarmi. Forse...
Chiudo gli occhi e cerco di fare respiri profondi, mentre provo a liberare la mente da qualsiasi pensiero.
L'aria fatica ad arrivare ai polmoni. Devo rilassarmi. Devo. O quantomeno devo provarci...