Gildas Demonar
La lama lacera la carne bruciandola al suo passaggio, l’odore mi penetra nelle narici come il più dolce dei profumi. Le fiamme della mia arma si staccano posandosi sul suo corpo e distruggendolo dall’interno. Brucia mia opera d’arte, brucia. Estraggo la lama che ritirandosi continua a tagliare con la sua punta e facendo piombare su di me una cascata di sangue caldo, sangue che va ad impregnarmi i vestiti e mi cade sul volto, passo la lingua sulle labbra e altre gocce continuano a cadermi addosso, sul volto sul sorriso che sto mostrando alla pantera. Il sapore metallico e caldo del liquido mi pervade la bocca facendomi ridere mentre la donna urla in preda al dolore, una risata che mi esce a tratti rotta dalle fitte provenienti da tutti i tagli sparsi lungo tutto il corpo. Tossisco e gocce di sangue e saliva finiscono in ogni dove macchiando ogni cosa attorno a me «Se io andrò all'inferno, tu verrai con me!» sgrano gli occhi e in un attimo vedo il mio corpo prendere irrimediabilmente fuoco le fiamme si propagano dai piedi fino a raggiungermi il volto, la maschera si incendia scivolando e ustionandomi ancora di più il volto. Urlo con tutto il fiato che ho in corpo, urlo con violenza fino a quasi farmi esplodere i polmoni dal petto. Le grida arrivando distorte alle mie orecchie coperte dal crepitio delle fiamme che divorano in fretta la mia carne provocando piaghe su ogni centimetro di pelle. I tagli sono quelli che fanno più male, si infiammano e con essi il sangue evapora riempiendo la sala di quell’odore acre. Sforzo con tutto me stesso gli occhi cercando di tenerli aperti fino alla fine, ed eccolo lì il suo volto. Gli occhi azzurri mi osservano compassionevoli mentre si avvicina, le fiamme non fanno più tanto male ora che la vedo, radiosa come l’ultima volta. Cerco di sorriderle ma tutto ciò che ne esce fuori è una smorfia orribile, distorta a metà tra il dolore e la felicità di rivederla, viva, intera e ancora in salute e non come l’ultima volta che la vidi. Sollevo una mano cercando di avvicinarla al suo volto, mentre dai miei occhi sgorgano lente e tremolanti delle lacrime che evaporano al solo passaggio, voglio darle quello schiaffo senza violenza che lei chiamava carezza, che nome buffo… carezza… «sto venendo da voi… Sera…» la luce svanisce, tutto si fa buio e precipito nel baratro trascinato dalle braccia di Serana. Con quella frase, con quell’ultimo saluto spezzato mi abbandono a lei…
*Azione di Cassandra nel sollevare Gildas concordata con Mary24781
Chrysanta ---> Forma dormiente