<<Sei una puttana!>>
Le urla di mio zio mi impedivano di dormire. Mia madre mi aveva avvisato che ci sarebbe stato movimento, quella notte, ma di certo non avrei mai potuto immaginare un tale disastro… Vivevo recluso nel castello, e il mondo esterno, con i suoi drammi, mi era sconosciuto.
<<Lurida cagna… Dopo tutto quello che ho fatto per te!>>
<<Alistair, ti prego… Stai spaventando la piccola…>>
<<CHE COSA?>>
Il rumore di uno schiaffo mi fece sussultare nel letto. Strinsi forte il cuscino, e in quel momento i miei occhi cominciarono a bruciare… Perché zio Alistair era così arrabbiato? Perché stava picchiando Rose? Aveva forse fatto qualcosa di male? No, impossibile… zia Rose era così dolce, così gentile con tutti! Il problema era il neonato, allora? Non me ne capacitavo… cosa mai ne avrei potuto sapere?
<<Non me ne frega niente di quella cosa con le orecchie a punta! Ti ho accolto nella MIA casa, nel MIO talamo, e…>>
<<La tua casa?>>
Scesi dal letto e indossai in fretta e furia degli abiti più appropriati. Udire la voce di mio padre, calda e pacata, mi fornì il coraggio di uscire dalla camera e andare a vedere cosa stesse succedendo. Era un brav’uomo, mio padre… non era un mostro come gli altri. Come mio zio. Come lei.
Dovevo stare attento, però, a non farmi scoprire: mia madre mi aveva costretto a rimanere nelle mie stanze per tutta sera, non mi voleva in giro a disturbare il lavoro delle levatrici.
Tu sei un bellissimo bambino perché la notte in cui sei nato nessuna piccola peste girovagava per il castello, mi aveva detto.
<<Che io ricordi, Alistair, sono io il lord del castello in cui vivi>>
Mi resi conto che il tono di voce di mio padre era strano, atono, come se stesse cercando di controllare la propria ira… Mi sconvolse molto, perché il Parsival Urthadar che conoscevo io era l’uomo più calmo di tutta Dohaeris. Sia lui che sua moglie erano noti per il loro sangue freddo, che aveva donato tanto successo alla nostra casata. Ancora oggi non saprei dire se la sua rabbia fosse rivolta al fratello, o a Rose… Probabilmente a entrambi. Era un brav’uomo, mio padre, sì… ma anche un uomo irrimediabilmente ingenuo.
<<Parsival, questa vacca ha infangato il nostro nome… il tuo nome… il nome di nostro padre!>>
<<E sarà punita per questo. La bambina verrà tolta dalle sue cure e affidata al monastero, e ci dimenticheremo presto della sua esistenza. In seguito Rose verrà sorvegliata giorno e notte, finché non porterà in grembo il tuo seme... L'unione coi Vanya è importante>>
Più mi avvicinavo alla camera dei miei zii, più sentivo il sudore scendermi copioso dalla fronte. Non avevo mai disubbidito agli ordini di mia madre prima di quel giorno, la ammiravo e la veneravo come una dea, una vera e propria divinità del tuono: proprio come un fulmine lei era elegante, ma letale. In molti invidiavano mio padre, in troppi avevano tentato di portargliela via… senza alcun risultato. Erano persone molto diverse, i miei genitori, ma l’amore che li legava era più forte della distanza che li separava.
<<NO! La voglio vedere morta! Voglio vederle morte entrambe! Loro, e lo stronzo che l’ha messa incin->>
<<Alistair, basta>>
Ero ormai a pochi passi dalla porta, quando la voce di mia madre mi immobilizzò le gambe. Non avevo realizzato che ci fosse anche lei nella stanza, non l’avevo sentita proferire parola fino a quel momento. Sembrava più tranquilla del marito, cosa che mi rilassò non poco: conoscevo il tremendo carattere di mio zio e lo avevo visto alzare il gomito quella sera a cena, nonostante sua moglie fosse in travaglio pochi piani sopra di lui. La situazione poteva degenerare da un momento all’altro.
<<Elissa…>>
<<Alistair, Parsival, lasciate la stanza>>
Spalancai gli occhi. Non l’avevo mai sentita rivolgersi così a mio padre… Mi nascosi immediatamente dietro a una statua, in modo che i due uomini ignorassero la mia presenza mentre abbandonavano la camera. Ormai ero bloccato, completamente pietrificato, terrorizzato di sentirla parlare ancora ma troppo curioso per tornarmene nelle mie stanze.
Quando udì la porta chiudersi alle sue spalle, la donna riprese a parlare.
<<Domani in mattinata Alistair radunerà dei soldati e andrà alla ricerca dello sguattero che ti sei portata a letto. Cercherà giorno e notte, fino a quando non lo avrà trovato e il suo collo sarà tra le nostre catene. Non lo riammetterò nel castello fino ad allora>>
Portai istintivamente una mano davanti alla bocca, per bloccare qualunque suono che sarebbe potuto scappare. Ero sconvolto, sconvolto dalle parole di mia madre ma anche dal contrasto del loro significato, così crudele, con il suo tono di voce, calmo e mellifluo. Si trattava davvero della stessa donna che mi aveva augurato la buonanotte poche ore prima, baciandomi sulla fronte e rimboccandomi le coperte? Non riuscivo a crederci.
<<Ti prego…>>
<<Poi porteremo l’elfo in questa stanza, dove potrà apprezzare pochi istanti insieme alla sua famiglia. Qui Alistair vi ucciderà, tagliandovi la gola uno ad uno, e lasciandovi agonizzare a terra. Tu sarai l’ultima, perché veder morire l’uomo che ami e tua figlia sarà la giusta punizione per quello che hai fatto>>
<<Lascia almeno vivere Elen!>>
La voce di Rose era disperata, completamente e irrimediabilmente spezzata, eppure mia madre sembrava non notarlo.
<<Evita di darle un nome, almeno non ti affezioni…>>
Udii i suoi passi avvicinarsi alla soglia della porta e mi allontanai, correndo il più veloce possibile su per le scale. Riuscii comunque a sentire l’ultima frase che mia madre disse alla condannata.
<<Goditi questi giorni con tua figlia, perché saranno gli unici che avrai>>
Mi buttai a letto e scoppiai a piangere, cercando di soffocare ogni suono nel mio cuscino. Quella notte si portò via Rose, si portò via l'allegria di mio padre... e distrusse l'illusione che mi ero creato di Elissa Urthadar.