Non era veloce e nemmeno resistente, infatti cominciò a rallentare quasi subito e poi tutta quella gente che le veniva addosso! Evitò per miracolo un carro trainato da muli sbucato all'improvviso da chissà dove, ma si era fermata. La colse il panico e i palmi delle sue mani cominciarono a scaldarsi. Si sentì afferrare da dietro e sollevare, urlò, scalciò.
“Smettila, che cazzo! Sono io” - Gunnar la teneva in braccio e fuggiva come il vento, tra vicoli, gente, cani, trampolieri fino a quando si infilò in una stretta apertura tra le rocce e la lasciò andare a terra senza troppi complimenti.
“Li abbiamo seminati. Ma tu ...” - le puntò contro il dito indice accusatorio -
“Tu adesso mi dici che hai combinato alle guardie. Sei ricercata? Vuoi uccidere quel povero cavaliere perchè non ti vuole sposare?” - respirava affannosamente, l'altra mano premeva sul fianco per la fatica. Adamantia, rossa in viso per lo sforzo, voltò la testa, fissando gli alberi alle sue spalle senza vederli:
“Non sono ricercata, non ho fatto niente.”
“E allora ...” - un movimento di foglie lo zittì, poi da un cespuglio venne fuori un ragazzino con in mano un coniglio sanguinante, nell'altra una piccola torcia luminosa. Guardò prima l'uno poi l'altra, affannati e paonazzi, e cominciò un ballo canzonatorio saltellando prima su un piede poi sull'altro, ritmicamente:
“Gun ha la ragazza, Gun ha la ragazza.”
“Sparisci da qui, Ray” - ruggì Gunnar tra i denti.
“Ah, non avete ancora finito? Però siete vestiti ...” - fece intempo a dire prima che una scarpa volante lo prendesse in pieno viso. Cominciò a piangere e frignare e, sempre col coniglio tra le mani,urlò mentre andava via che lo avrebbe detto alla mamma.
“Adesso, devo andare.”
“Penso proprio di si.” - Gunnar raccolse la torcia lasciata cadere dal ragazzino.
La strega si avvicinò alla fessura stretta tra le rocce, massaggiandosi il sedere per la botta ricevuta prima, aveva anche alcuni graffi sulle braccia e sulle gambe che la luce della luna rischiarò. Gunnar si morse il labbro, guardò il cielo maledicendolo in silenzio e la fermò.
“Puoi andare domani mattina quando è giorno, è buio, se ti perdi poi ti tengo sulla coscienza. E fatti dare un occhio a quelle.” Lei si guardò i graffi e si ritrasse al tocco della mano di Gunnar:
“Sei un guaritore?” - al suo no deciso con la testa continuò -
“Meglio, odio i guaritori.”
Il posto dove era accampata la famiglia di Gunnar era una radura circondata da grosse querce e nei pressi di un ruscelletto che nasceva dalla Montagna delle Ombre e si univa al fiume Panther poco più in là. Le querce facevano ombra durante il giorno, l'acqua permetteva loro di sopravvivere, spiegò Gunnar.
Nell'accampamento, formato da un paio di tende, un carro, due muli e un bel po' di vettovaglie vivevano più o meno una ventina di persone.
Le ancelle che preparano il bagno a mia madre sono il doppio, e sono meno efficienti, pensò dopo aver visto com'erano organizzati tutti i membri del clan.
Le presentò sua madre, suo padre, i nonni, la bisnonna, i fratelli ele sorelle, gli zii i cognati e qualche cugino, Adamantia faceva fatica a ricordare tutti i nomi per cui decise di non tenerne a mente nemmeno uno, difficilmente li avrebbe chiamati. Gunnar le spiegò che erano un clan errante, andavano dove c'erano delle feste, matrimoni,giostre, eventi particolari. L'importante era che ci fosse gente,tanta gente. Suo padre faceva il fabbro, sua madre cuciva, lui e isuoi cugini beh … si davano da fare anche loro, ma restò parecchio sul vago. La strega non era molto a suo agio, il pentolone che ribolliva con qualche intruglio dentro le fece salire la nausea, quando poi vide la bisnonna scuoiare il coniglio strattonando con decisione la pelle fece fatica a reprimere un conato di vomito.
“Tutto bene?” - Gunnar si avvicinò premuroso e la bisnonna diede di gomito al nonno insinuando che il ragazzo l'aveva messa incinta, ridendo rumorosamente e mostrando il sorriso sdentato, cosa che non fece altro che far peggiorare lo stato dello stomaco di Adamantia. Riuscì comunque a trattenersi: non si addiceva ad una giovane del suo rango farsi vedere in certe condizioni. Continuò a guardarsi intorno, vide la polvere, la sporcizia, le formiche, gli scarafaggi e le venne l'impulso di scappare e rifugiarsi di nuovo nelle sue belle stanze pulite e profumate. Pensò che ormai le guardie avevano dato l'allarme e tutti la stavano cercando, ma era convinta che lì non sarebbero riusciti a trovarla tanto presto, per cui si impose di non muoversi e restare almeno per la notte. Gunnar la presentò a tutti come Ada e la sua presenza fu accolta consorrisi e moine. Era quasi ora di cena, il coniglio si stava arrostendo sullo spiedo insieme ad un paio di pannocchie, ma l'armonia del clan era ormai irrimediabilmente rotta da un crescente chiacchiericcio.
“Che succede?”
“Mio cugino Bennis, Ben. Non è ancora tornato, i miei zii sono preoccupati.”
“Ah” - tirò mentalmente un sospiro di sollievo nel sapere chenon era lei la causa del trambusto. Dopo qualche minuto di apprensione, una torcia e un fruscio di foglie annunciarono l'arrivo di Bennis.
“Scusate il ritardo, gente, ma là fuori è un delirio completo!”- si bloccò di colpo nel vedere una faccia nuova e subito Gunnar si affrettò a presentare la nuova arrivata. Bennis le fece un cenno con la testa e si sedette a tavola urlando che aveva fame.
Cominciarono a mangiare, le porzioni di Adamantia erano le più abbondanti ma lei non mangiò molto, il brodo era strano, galleggiavano dentro oggetti sconosciuti di cui non avrebbe mai voluto scoprire il sapore, la carne di coniglio non aveva lo stesso sapore di quella mangiata alla rocca, era più amara, più forte,persino l'acqua aveva un sapore strano, un po' fangoso. E poi sentiva addosso lo sguardo viscido di Bennis, che ogni due bocconi la fissava. Alla fine della cena, mentre gli altri si divertivano a suon dimusica, Adamantia cercò di allontanarsi il più possibile,soprattutto da Bennis, che continuava a guardarla.
“Se vuoi scappare hai bisogno di forze. E visto quello che hai mangiato scommetto che riesco a prenderti prima che arrivi a quell'albero lì”
La parlata sgrammaticata di Gunnar continuava a darle fastidio,ronzandole nelle orecchie come una forchetta trascinata su un piatto,ma ci si stava abituando. Sarebbe stata sempre così la sua vita d'ora in poi? Circondata da rozzi ignoranti, costretta a mangiare cose dal sapore orribile e a bere intrugli altrettanto schifosi?Avrebbe dormito a terra tra scarafaggi e formiche? Stanotte era piacevole, senza vento, freddo o pioggia, ma cosa avrebbe fatto quando il tempo sarebbe cambiato?
Non si voltò nemmeno a guardarlo, ma sentiva la sua presenza alle spalle.
“Se avessi il teletrasporto non mi prenderesti” - quello eral'unico modo per fuggire davvero, teletrasportarsi in un posto lontano, dove nessuno avrebbe saputo chi era.
“Che?” - grugnì lui in risposta -
“Sei proprio strana, lo sai? Tieni, questo è buono, almeno stanotte non ci tieni tutti svegli coi rumori della tua pancia.”
Le mise in mano a forza una pannocchia arrostita e stese una coperta cenciosa e bucherellata a terra.
“Siediti. Mangiare in piedi lo fanno gli animali.”
Adamantia guardò quello straccio storcendo la bocca, ma non potè rifiutarsi di nuovo perchè il ragazzo la spinse giù dalla spalla e la costrinse a sedersi.
“Sei proprio un buzzurro, non ti hanno insegnato che non si trattano così le ragazze?” - gli rispose mentre tentava di usare i gomiti per resistere e colpirlo all'addome.
“Un bu che? E' una parolaccia? Guarda che se scopro che mi hai insultato ti regalo una sberla.”
Avrebbe dovuto alzarsi e urlargli in faccia che lei era la figlia diAzor e Illyria Feralys, che per quest'affronto sarebbe stato punito con l'amputazione della mano, ma l'unica cosa che le venne in mente fu che avrebbe dovuto spiegargli il significato della parola amputazione e le venne solo da ridere, una risata forte, quasi incontrollabile.
“Piantala e mangia.” - le disse lui con sguardo truce, si sentiva un po' offeso perchè la ragazza stava ridendo di lui, ma poi vide che non riusciva a fermarsi e cominciò a ridere anche lui, prima in maniera sommessa, non voleva cedere, poi sempre più forte.
Risero senza sapere perchè per qualche minuto buono e dopo che Adamantia quasi divorò la pannocchia arrostita, restarono in silenzio, lui ad ammirare il cielo stellato, lei a testa bassa a rimuginare su tutto quello che era successo durante la giornata.
“Non è bellissimo?” - la voce di Gunnar la ridestò dai suoi pensieri cupi, ma lei non capì a cosa si stava riferendo quindi lo fissò con aria interrogativa. Per tutta risposta lui le strattonò i capelli all'indietro costringendola ad alzare la testa.
“Devi guardare su, asina” - la rimproverò spazientito, quasi sbuffando.
Adamantia non ebbe il tempo di reagire perchè proprio in quell'istante che stava guardando in alto successe qualcosa di inaspettato.
“Una stella cadente! Ne hai mai vista una?”
“No, mai” - la ragazza scosse la testa, affascinata.
“Davvero? Si dice che se esprimi un desiderio quando ne vedi una,poi si avvera.”
Lei strinse gli occhi ed espresse il suo desiderio più grande esperò che quella stella le portasse davvero un po' di fortuna.
“Non dirmi cos'hai desiderato che poi non si avvera”
“Figurati se lo dico a te!” - gli rispose di rimando col sorriso sulle labbra.
Erano seduti a terra, spalla contro spalla e lui cercò la sua mano, Adamantia non la ritrasse. Restarono così, col naso all'insù sperando di vedere un altro lampo nel cielo, fino a quando una nuvola sfilacciata non coprì la visuale. Dietro di loro l'allegria si era acquietata già da un po' e, dopo che gli uomini erano rimasti a confabulare tra loro a voce bassa, sembrava fossero andati tutti a letto.
“E' ora di dormire. Vieni.”
“Posso restare qui?”
“Ma certo che puoi, ti preparo il pagliericcio vicino alla nonna, così nessuno viene a disturbarti. Lei ha il sonno leggerissimo.”
Adamantia sgranò gli occhi al palese fraintendimento del ragazzo,era carino, ma non doveva essere molto intelligente.
“Io intendevo qui, dove sono adesso. In questo punto preciso.”
“Oh” - si guardò intorno velocemente, poi scrollò le spalle edisse che andava bene se a lei andava bene. Le portò un altro paio di coperte e la lasciò lì.
“Buonanotte, Lady Ada. Spero che la sistemazione è di tuo gradimento.”
Mille pensieri le affollavano la testa, credeva che non sarebbe riuscita a chiudere occhio e anzi, forse era meglio così, avrebbe potuto scappare in caso di pericolo. Era rimasta lontana dagli altri apposta: ai primi raggi di sole se ne sarebbe andata per la sua strada. Era rimasta rammaricata di non avere l'occorrente per scrivere un biglietto, ma poi pensò che molto probabilmente nessuno di quei bifolchi sapeva leggere quindi si rigirò su un fianco e non ci pensò più. Il terreno era duro ed aveva usato entrambe le coperte per metterle sotto la testa a mò di cuscino. Si rigirò ancora: una pietra aguzza le premeva sotto la schiena. Spostò la coperta bucata con due dita e cercò a tastoni la pietra ritirando la mano velocemente ad ogni tocco che non le sembrava di terra. Trovò il sasso e lo gettò via, sembrava andar meglio adesso, si stese sulla schiena. Pensò che in fondo doveva abituarsi, la sua vita sarebbe stata così d'ora in poi: cibo orrendo e come letto la dura terra. Sospirò e senza nemmeno rendersene conto si addormentò.
Si svegliò di soprassalto: qualcuno stava urlando. La radura era invasa dall'oscurità e Adamantia non aveva idea di cosa stesse succedendo. Sentì dei rumori, un grido soffocato e un paio di braccia muscolose l'afferrarono. Cominciò a dimenarsi, tentò di urlare, ma al primo accenno di fiato un possente manrovescio le fece girare la testa e chiudere la bocca. La guancia le bruciava, sentiva in bocca il sapore del sangue, ma continuava a cercare di far allentare la stretta al suo aggressore. Morsi, graffi, calci, provòdi tutto, e ogni volta riceveva in cambio un duro colpo che la faceva tremare di rabbia e paura.
“Piantala di colpirla, Bennis. Così non varrà proprio nulla.”
“Ti dico che se la prendono in qualsiasi condizione. L'ho vista bene in faccia, so chi è. Stanotte guadagniamo più soldi di quanti ne abbiamo mai visto in tutta la vita!”
Bennis, maledetto bastardo! Ecco perché mi fissava in quel modo, avrà raccontato a tutti chi sono e adesso vogliono incassare un riscatto. Una famiglia di ladri, assassini e stupratori ecco cosa sono!
Gli uomini intorno a lei continuavano a ridere mentre le legavano mani e piedi e Adamantia sentiva montare la rabbia, sempre più forte: rabbia per essere così debole e stupida, rabbia per essersi fidata della persona sbagliata e infine rabbia per non essere potente come sua madre. Chiamò più volte Gunnar, pregò che la liberasse, ma lui non venne. Quando Bennis la gettò sul cassone del carro e si avvicinò a lei inondandole il viso col suo fiato caldo che sapeva di cipolle e vino, la piccola strega perse ogni remora. Riuscì col suo fuoco a bruciare le corde e, una volta che ebbe le mani libere, diresse il suo potere contro l'uomo che l'aveva afferrata e malmenata. Le urla di Bennis scatenarono il panico nella radura, ma Adamantia non si fermò: il fuoco colpì ovunque, divorava ogni cosa, ogni persona.

Lei voleva ucciderlo, voleva uccidere tutti, soprattutto Gunnar che l'aveva venduta in quel modo meschino. D'improvviso la radura fu invasa da guardie in armatura con i colori rosso e arancione dei Feralys, uno di loro si diresse verso Adamantia e la pregò di seguirlo, per tornare alla rocca. Lei lo guardò, strinse i pugni spegnendo così le fiamme e si voltò, lasciando dietro di sé soltanto fuoco e sangue.
Fuoco e sangue.