Gildas Demonar
«… Non sono stato io… non sono stato io…» continuo dondolandomi sempre più convulsamente.
«Polvere rossa» sento in lontananza da Vicent «… non sono stato io… non sono stato io…» continuo come se non potessi più fermarmi. Il dondolio non accenna a terminare e a ogni movimento, il letto comincia a cigolare, il rumore del legno che scricchiola mi fa trasalire nuovamente facendomi aumentare il ritmo della cantilena. «Non è sangue» Vicent si muove e come lui si avvicina, io mi allontano facendomi sempre più piccolo nell’angolo del letto con la mano a stringermi la testa e macchiarmi anche il volto con quella poltiglia rossa.
«… non sono stato io… non sono stato io…» Vicent si fa sempre più vicino e posso vedere il suo volto tranquillo avvicinarsi a me. Perché non capisci? Perché? Sento gli occhi bruciare dal terrore e ascolto seppur a fatica le parole dell’uomo «Gildas, calmati. E’ solo del colore su un maledettissimo specchio, un po’ d’acqua ed andrà via!»
posa poi la mia boccetta mezza vuota sul comodino e mi afferra il polso allontanandolo dal mio viso e portando l’indice sul suo. Il contatto con la realtà mi tranquillizza e seguo i movimenti della sua mano mentre con le mie dita si disegna due grossi cerchi attorno agli occhi e si colora il naso di rosso con quella poltiglia. «Vedi?» mi dice sorridendomi per poi prendere il lenzuolo e pulirsi il viso «Puff! Non c’è più!» abbozzo un sorriso cercando di tranquillizzarmi ma la mia espressione muta di nuovo nel terrore quando vedo la scritta rossa colare leggermente sul vetro dello specchio.
L’uomo si alza e prende uno specchietto dalla mia sacca per poi cominciare a leggere le frasi al contrario.
«"Tutto ciò che voglio è la libertà,
Per dimenticare il mio passato."
"Tutto ciò di cui ho bisogno è la libertà,
E la ragione potrò aver salvato."»
Inarco la schiena per il dolore alla testa, improvviso e repentino sento Nikah ridere convulsamente nella mia mente e afferrarmi tirandomi a se con gli artigli di una bestia famelica. Oh Gildas… mi hai rotto con questa lagna… Un sorriso si apre sul mio volto, distorto, diabolico e spalanco gli occhi fino a farmi del male mentre, piegando la testa di lato,
guardo Vicent continuando le sue parole
«Stai cercando la libertà,
Da questa miserabile cella di metallo?
Allora, cercala dentro di te,
Perché ora sei intrappolato all’inferno!»
Aspetto che si sia voltato per rivolgergli l’ultima parte della piccola poesia confermandogli così la mia presenza. Sono qui Vicent… Avanti… stupitemi…
«Questo rifugio per demoni è ora inutile,
lui è il mio strumento
lui deve obbedire i miei ordini. sì!»
Gli sorrido, salutandolo con quella mano rossa che ha già usato per rendersi ridicolo «ihihihihih» e lascio nuovamente il controllo a Gildas. Lo spingo via dal suo posto facendolo uscire con la forza. Non è ancora arrivato il momento, piccolo idiota. Digrigno i denti per il dolore e mi impongo di non urlare soffocando il grido mordendo con forza il cuscino. «Vattene, Vicent! VATTENE!» gli urlo mollando la presa sul tessuto. Ti prego… aiutami…