Dondolo, dondolo sul mio stesso letto mentre i tremori si fanno sempre più intensi, prendo la testa tra le mani sfregando sempre più intensamente fin quando la base dei capelli non comincia a farmi male. Fuori dalla mia testa. Fuori, vattene ho detto. Lasciami in pace.
«Vattene via!» urlo stringendo sempre più le palpebre. Le mani afferrano con forza le braccia e le unghie si conficcano prima nel tessuto morbido dell'abito e successivamente trapassano la pelle. Un brivido misto tra dolore lancinante e piacere intenso ai mescolano nella mia testa ed è in quel momento che comprendo la mia vittoria. Rido prima lentamente, poi in maniera sempre più frequente.
«Ha vinto! Ha vinto! Ha. Vinto! Ihih - ihihihihih» guardo intorno a me nella stanza, le scritte sono svanite e le chiazze di sangue non sono più visibili sui vari oggetti ora rotti e sparpagliati sul pavimento. Tutto nella mia testa. Ma certo. È tutto nel mio fantasioso cervellino. Mi affaccio per terra notando il coltello che ho preso prima sbucare da sotto il letto come un invito, un simpatico e dolcissimo
«giochiamo insieme!» lo afferro e mi avvicino a passo lento davanti al comò, le boccette con i miei colori sono sparpagliate alla rinfusa sul ripiano e alcune sono scivolate per terra. Che peccato, dovrò farmene mandare altre dai servi del mio palazzo, più tardi manderò un corvo a Castel Demonar con il necessario, ora voglio svagarmi un po'. Apro le ante del mobile e quel piacevole odore mi inebria all'istante, sento il sapore del sangue fresco, il suono dei tendini e della pelle recisa rimbomba nelle mie orecchie mentre guardo gli occhi ormai vuoti e spenti dell'elfa uccisa da Vicent. Le altre teste puzzavano troppo, perfino il boia della Luna diceva che se cominciano a puzzare troppo dovevo lasciarle a lui. Ma adesso lui non è qui quindi... beh... le ho buttate in un fossato poco lontano dal castello quando sono uscito. Quell'odoraccio era troppo fastidioso. Prendo la testa della donna per i capelli e dopo averla fatta volare per un attimo la afferro per la base del collo sentendo la carne ormai morta e molliccia sotto le dita.
«Sei stata un'elfetta cattiva mh?» dico con voce dolce avvicinandomi l'indice alle labbra.
«Sh sh, non hai bisogno di dire nulla, ora tu e Nikah vi divertite un po', sei contenta?»
prendo di nuovo il coltello da sopra il ripiano e mi siedo per terra con le gambe incrociate cercando di prendere la nota giusta per intonare qualcosa di carino. Appoggio la testa per terra e ne afferro i lunghi capelli verdognoli tirandoli e tendendoli
«la prima Alice era la regina di picche. Coraggiosamente attraversava il bosco con la sua spada tra le mani, distruggendo qualsiasi cosa incontrasse al suo passaggio.» un taglio netto e tutti i capelli cadono in un'unica coda ordinata per terra, non voglio sporcare in giro. Mamma si arrabbierà con Nikah se poi sporca per terra. Il coltello comincia a incidere la pelle sulla base della nuca e, come se stessi tagliando... sì, come se stessi tagliando via del burro faccio scorrere la lama in un lungo taglio verticale prendendo a dividere anche il naso e la bocca
«così lasciò dietro di sé una scia color cremisi.» afferro i due lembi di pelle e tiro aiutandomi con la lama per staccare del tutto i primi due strati. Il tessuto viene via lentamente e li appoggio entrambi sul letto di capelli per terra
«quell'Alice finì per arrivare fino al cuore del bosco... e vi fu rinchiusa lì per sempre come peccatrice. Oltre alla scia rossa che vi fu lasciata, la sua vita fu un mistero fino ai giorni nostri.» guardo ora quel groviglio di muscoli e tendini ormai rigidi e senza alcuna pulsazione, mi fanno quasi pena solo a sapere che un tempo sarebbero pulsati vivi sotto la pelle di quella reietta. Oh beh, adesso questi suoi muscoli morti sfameranno qualche animale che bazzica qui intorno alla torre. Guardo il taglio verticale che si apre sulle labbra e sul naso e comincio a tagliare quelle due zone riprendendo a cantarellare
«la seconda Alice fu il fante di quadri.» intono prima di far saltare via con un colpo secco il naso che rimbalza lasciando piccole macchiette rosse di sangue sul pavimento chiaro. Lo raccolgo e lo poggio sui resti già tagliati e prendo a separare le labbra dal resto della faccia
«cantava canzoni a chiunque passasse per il paese delle meraviglie. Cantava per riempire il suo piccolo mondo vuoto, ma in seguito quei suoni crearono follia.» con un impeto di forza poso a terra il coltello e strappo via la lingua trascinandomi dietro tutto ciò che vi è collegato. Oh guarda, che belli questi tubi. Come cannucce saranno perfetti
. «A quell’Alice crebbe un fiore… lì dove un folle una freccia gli lanciò. Quel fiore era di un rosso sangue. Tutti lo amavano ma lui morì!» taglio totalmente il palato lasciando cadere tutto ciò che vi si trova al di sopra che scivola sul resto delle frattaglie. Oh ma che schifo, ma quanta roba aveva in testa questa qua? Riprendo fiato pronto per la terza e penultima strofa. Uffa, ho quasi finito.
«La terza Alice era la ragazza di Fiori. Era la figura più bella nel Paese delle Meraviglie, anche se a molti ispirava solo disgrazie. Così si creò un forte e corrotto regno. Diede vita a un regno sovrano su tutti, mentre veniva posseduta da perversi sogni. Cercò di scappare da quei pensieri, ma finì loro schiava in un corpo marcio…» con minuziosità rimuovo i vari strati di muscoli stando ben attento a eliminare anche le gengive e altre parti mollicce fin quando l’osso imbrattato e duro non compare dinanzi ai miei occhi. Oh guarda, che carini gli occhietti che ballonzolano di fuori. Ma sono così belli, non posso buttarli. Poso tutto per terra e di soppiatto esco fuori dalla stanza entrando in quella accanto, quella della septa. So cosa devo cercare, un barattolo di formaldeide. Papà mi ha spiegato che lo faceva quando conservava qualcuno dei prigionieri come monito per gli altri… e per Nikah. Trovato velocemente quello che cercavo riempio il barattolo fino a poco più della metà e ritorno in camera mia nell’assoluto silenzio. Poche macchie di sangue si spargono per il pavimento, poco male pulirò dopo. Evoco la mamma per mostrarle il lavoretto che sto preparando, mi sorride come sempre quando la evoco e dopo poco su di lei divampano le fiamme avvolgendola con quelle piccole fiammelle che lei dice che tagliano tanto. Mi piego insieme a lei verso ciò che rimane della testa e taglio di netto la calotta cranica che salta via rotolando come una moneta sul pavimento. All’interno il cervellino della piccola elfa si mostra ai miei occhi mentre intono l’ultima parte della mia canzoncina
«la quarta Alice erano i gemelli di cuori. Erano randagi intenti a raggiungere il paese delle meraviglie. Trovarono varie porte lungo il cammino, ed incuriosisti le aprirono tutte.» tiro via l’ultimo pezzo della testa e guardo entrambi gli occhi sollevandoli con la punta del coltello, mamma mi guarda seduta sul pavimento
«l’ingenua sorella, ed il fratello intelligente, aprirono la porta… della prima Alice.» lascio cadere quel pezzo all’interno del barattolo richiudendo con il tappo poco dopo
«infine non si sveglieranno mai dal loro sogno, vagheranno per l’eternità nel Paese delle Meraviglie.» e finendo così le ultime parole della canzone mentre pulisco nella bacinella con ancora i miei colori dentro il teschio che assume delle colorazioni particolari
«oh mio Raiden ma sei bellissimo!» esclamo sorpreso quando lo estraggo dall’acqua, viola, blu argento e bianco si mescolano formando giochi di colore. Bene, ora il tocco finale. La calotta potrei usarla come porta candele mentre questo bel vasetto voglio donarlo… a lady Alinor, sì. Magari vedendo dei fiori freschi in un vaso così colorato la smette di fare la musona. Termino di limare il tutto con la mano fiammeggiante di mamma finché non raggiunge la forma perfetta di una sfera abbandonando le forma del volto di quella donna. Per sempre. Do un’ultima passata nella bacinella colorata e ripongo tutto nel mobile. Mi dispiace del barattolo ma la vecchia potrebbe venire a curiosare qui dentro e non mi va. Annodo i resti dell’elfetta nel vecchio lenzuolo e lancio il tutto verso il viale che conduce al castello, i soldati che stanno di guardia al glados non dovrebbero notare nulla visto che lo lancio alle loro spalle. Guardo per un ultima volta il barattolo e poi con uno scatto esco fuori dalla stanza e ritorno all’interno di quella della vecchia ciabatta riponendo il vaso ormai pieno sul bancale. Potrà considerarlo un regalino. Torno in camera mia e cerco di riequilibrare il respiro mentre ripongo il vaso a forma di sfera nel mobile. Il battito accelerato del mio cuore si affievolisce, rallenta e il respiro si fa meno pesante, più ritmico.
«tutum… tutum… tutum… ihihihihihihihih»
Chrysanta --->
Forma attiva