Gildas Demonar
Non riesco a sostenere lo sguardo di Vicent… non ho idea di cosa stia provando in questo momento, la perdita dei suoi cari. La distruzione della sua terra… che cosa si dovrebbe provare in realtà? Mio padre scoppiò a ridere alla morte di mia madre… in quel breve istante in cui quella spada si bagnò del suo sangue lui rise mentre tutt’intorno le urla si levavano alte in quel teatro. Lui rise… e Nikah con lui… finalmente libero. «Va bene, promesso» mi dice prendendo in mano la lettera. Gli sorrido grato sperando con tutto me stesso che il mio gesto possa fargli capire il mio… istinto di protezione, si dice così? Il ragazzo dopo avermi dato le spalle la ripone da qualche parte per poi cominciare a sfilarsi l’armatura, sto per propormi ad aiutarlo per tirare via uno stivale ma il ragazzo decide però di improvvisare una sorta di danza tribale col risultato di far spiccare il volo alla calzatura che con un arco perfetto si catapulta fuori dalla stessa finestra da cui ho fatto volare il piatto. «Parlami di Nikah, aprimi gli occhi su ciò che non posso capire» fitte. Dolore improvviso si dirama dalle tempie attanagliandomi per un istante. Stringo i denti piegandomi in avanti e massaggiando le tempie con forza per far svanire l’emicrania. Diventa sempre più forte… «È troppo difficile da spiegare...» dico respirando a fatica ma nello stesso istante un’idea mi balena in testa unendo due cose tra loro totalmente opposte. SONO UN GENIO. Gli sorrido, complice guardando poi la cassettiera alle sue spalle «ma posso fartelo vedere.» mi alzo di scatto e corro verso i miei cassetti tirando fuori un calzino a righe colorate e uno invece tutto blu e ci scrivo sopra con i miei colori le iniziali mie e di Nikah. Torno verso il ragazzo e mettendomi i calzini sulle mani insceno un piccolo spettacolo di burattini, «questo tutto colorato è Nikah...» dico mostrandogli quello a righe e facendo una faccia “cattiva” «questo monocromatico sono io.» nascondo dietro la schiena il precedente e tiro fuori l’altro, quello blu, sorridendogli. «Ci sei?» dico incrociando le gambe sul letto. Vicent mi fa cenno di sì con la testa per poi stendersi sul letto e posare il mento sulle braccia per ascoltare meglio. «Ora…» metto i calzini dietro la schiena e dopo qualche istante faccio uscire Nikah… il calzino. Gli mostro quindi il sorriso inquietante, facendomi un male terribile agli zigomi mentre tiro la bocca. «Lui è nato dopo di me... e quando è presente, io non ci sono, ma vedo. Come lui vede ora.» quindi la tua idea di non farmi vedere la lettera è geniale. Vicent ghigna appena per poi dirmi «pure il calzino noto che è… più eccentrico.» lo guardo col broncio «Non perderti nei dettagli. Ascoltami!» e gli faccio cenno di tacere e solo quando vedo il ragazzo farmi un chiaro gesto di “bocca cucita” continuo «Nikah è tutto l'opposto di me e... come ben sai, ti odia e ti reputa un errore di valutazione che non andava commesso la sera del suo arrivo.» dico flemmatico, quasi scocciato. Uguale a come fa Nikah. Nascondo il suo calzino e tiro fuori il mio «io invece... beh... mi conosci.» incrocio gli occhi e tiro fuori la lingua mentre roteo un dito nascosto dalla calza blu attorno alla tempia «ora, per chiamare Nikah... ti basta sapere che può uscire quando vuole dopo che tu mi hai trovato senza occhio.» esco la sua calza e mi copro con quella lo stesso occhio che gli ho… mi sono cavato quella sera e facendogli l’espressione da… morto. «Ma è costretto o invitato quando viene chiamato...» mi rendo conto subito di ciò che ho detto e metto entrambe le mani davanti agitandole per cercare di rassicurare Vicent «no. Non sono lui adesso. I dolori sono molto più forti di quelli che hai visto.» e solo quando mi accorgo che Vicent è calmo continuo a parlare «Nikah parla di sé in terza persona, per darsi importanza e ogni tanto finge di parlare come me...» dico parlando in tono pomposo e facendomi aria col suo calzino come un granduomo «non riuscendoci.» indico Vicent con finta rabbia. «La maschera non la toglie mai se non quando qualcuno non lo batte... ma lo fa solo per pochi istanti... prima lo facevo anche io. Ora comincio a non trovarne più il senso.» indico poi le mie mutande colorate come i capelli e gli abiti che indossavo poco fa «così come il vestirsi in quel modo che però lui adora tantissimo e che sta cominciando a diventare un’imposizione.» mi avvicino la calza colorata al volto e stupidamente mi ci accarezzo con vanità fingendo poi di guardarmi nello specchio accanto alla finestra. Fine primo atto… «Mi stai seguendo? Ti serve qualcosa di specifico?»
*Frasi e azioni di Vicent concordate con Damnedgirl