Gildas Demonar
Mentre Adamantia legge le mie parole, resto in silenzio a osservare il suo viso per cogliere anche la più piccola delle variazioni. Voglio che sia tutto perfetto, voglio che nessuno dei due possa sospettare che i loro stessi figli, le loro stesse creazioni siano pronti a farli fuori senza remore. Il viso della donna illuminato dalle poche candele appare calmo, rilassato e mi rilasso anche io quando mi ripassa la bozza «simpatico tuo padre» dice sarcastica e infastidita da cosa vi è scritto, sorrido amaramente e ripongo la bozza al suo fianco osservandola poi scrivere. Non dimentico il sorriso che mi ha rivolto alla fontana quando le ho passato la giacca, un barlume, una luce di umanità in occhi tanto gelidi. Forse davvero questa guerra ha insegnato a tutti. «Quei due sono davvero fatti l'uno per l'altra» alza un attimo lo stilo osservandomi e di tutta risposta sghignazzo sarcastico. «Avranno il finale che meritano.» dico abbozzando un sorriso più che eloquente, la donna ricambia e torna a scrivere passandomi una volta finito la sua bozza. Parole fredde, calcolate, come se a scriverle non fosse stata una donna, ma uno di quei fantomatici automi delle leggende. Le labbra mi si piegano istintive in una smorfia di disgusto, la guardo piegandola e sistemandola in una altra busta diversa. «Preferirei parlare con una stalattite dell’Adamantem piuttosto che con tua madre.» dico con lo stesso sarcasmo e quando tutto è pronto, mi rimetto la giacca riponendo al suo interno le due missive, le consegnerò ai saggi, loro sapranno come farla reperire ai due piccioncini. Adamantia si alza in piedi e si avvicina all’armadio per preparare la sua tenuta da battaglia, sto per lasciare la stanza quando la donna si volta all’improvviso fissandomi seria «Gildas, mi prometti una cosa? Qualunque cosa succeda domani, promettimi che porterai comunque avanti il nostro piano. Anche se io dovessi perdere la vita in battaglia, mia madre non deve vincere. Promettilo, promettilo Gildas.» mai, mai avrei pensato che mi rivolgesse parole simili, mai avrei pensato che dietro quella figura di donna cinica e fredda si potesse nascondere tanta determinazione. Sento come una morsa stringermi lo stomaco, una sensazione strana, piacevole quasi e osservo i suoi occhi, così cupi ma al tempo stesso così determinati, il fuoco ribolle in quelle iridi, d’istinto, senza nemmeno pensare a cosa potrebbe comportare questo gesto, mi avvicino a lei e prendo il suo viso tra le mani le dita scivolano tra le ciocche rosse e i miei occhi si fissano nei suoi «te lo prometto, Adamantia… dovesse essere l’ultima cosa che faccio su questa terra. Porterò a termine la nostra missione e avremo la nostra vendetta. Lo giuro sulla mia stessa vita…» la mia mano scende sul suo viso, lenta, i miei occhi si incatenano ai suoi, ma stavolta non c’è potere, so che non c’è. La mente si spegne, i pensieri si annebbiano e tutto si confonde in un unico pensiero: lei. Chino il capo posando le mie labbra sulle sue, in un bacio che sa di speranza, caldo come il fuoco che ci domina, qualcosa aldilà di tutto il resto e in questo bacio restiamo così, fermi ad assaporare l’uno dell’altra, riapro gli occhi lasciando a malincuore quella bocca e torno a fissare i suoi occhi «non m’importa di come andrà domani, voglio solo che tu torni. Vivi, Adamantia… cambieremo questa vita, seppelliremo il passato… ma lo faremo insieme. Io e te.» un colpo di tosse ci costringe a voltarci verso la porta e istintivo porto un piede sulle bozze delle missive, un uomo dai capelli lunghi e il viso corrucciato ci osserva soffermando i suoi occhi gelidi su di me «ho un messaggio per Lady Feralys.» lo guardo dall’alto in basso scrutandolo mentre lui continua a guardarmi di traverso. «Ci rivedremo al tuo ritorno.» dico alla donna lasciando il suo viso e raccogliendo i fogli da terra. Supero l’uomo che continua a fissarmi mentre io lo osservo con un sopracciglio alzato. Nikah era la puttana, non io. Chiudo la porta restando per un attimo a fissare il muro davanti a me. Il mio dito torna sulle labbra carezzando il ricordo di ciò che è appena avvenuto lì dentro e mi ritrovo a sorridere, felice mentre gli occhi si inumidiscono al epnsiero di una sensazione che credevo ormai morta, una emozione che credevo non avrei mai più provato dopo Serana. Scuoto il capo e mi muovo a passo veloce verso il glados nel muovermi faccio convogliare il mio potere all’interno della mano che regge i fogli le fiamme brillano di un verde intenso e in pochi secondi la carta si carbonizza sgretolandosi tra le dita. Benissimo. Sfioro con quella pulita la superficie del glados «rem tene, verba sequentur» dico velocemente attraversando il portale verso la zona neutra…
*Azioni concluse su Adamantia e frasi e azioni di Raivo concordate con Polliciotta
Distruzione:
Esperto Palla infuocata – La fiamma prende forma in una sfera dal diametro di 1 metro, provoca ustioni di secondo/terzo grado
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