Gildas Demonar
Continuo a rigirami nel letto ricacciando indietro le immagini che prepotenti si susseguono assieme all’intera moltitudine di ricordi. Serana. Mia madre, mio padre che con le sue armi infieriva sul mio corpo davanti agli occhi increduli della ragazza, il suo corpo martoriato tra le mie braccia. BASTA.
Apro di scatto gli occhi, socchiudendoli poi un poco quando dei raggi di sole mi feriscono, sento il calore sulla schiena, sulle cicatrici. Il sole è già alto nel cielo e sicuramente la vecchia e lady Feralys saranno già in guerra. Spero che almeno una delle due torni intera trascinando il corpo dell’altra. Almeno saprò con cosa giocare nei momenti di noia. Sogghigno, la mia ultima marionetta umana si ruppe dopo qualche giorno, fu piuttosto difficile trovare un braccio adatto e nessuna delle serve o dei servi era adatto. Fui costretto a buttarla, anche perché aveva cominciato già a puzzare. Mi alzo dal letto scostando le coperte, il colore rosso unito ai fiori dorati finemente ricamati hanno cominciato a stufare, ma credo che le terrò almeno fino a domani. O magari vedo come oggi. Mi stropiccio gli occhi avvicinandomi al cassettone, i miei servi hanno già sistemato i miei abiti, che cari, li hanno anche riposti per scala di colore. Dovrò ringraziarli quando tornerò a palazzo. «Mmm, che colore ho detto ieri sera? Viola? No, quello è adatto di sera… Blu, sì sì blu, il colore preferito della principessina. Chissà, magari le sarò un po’ più... simpatico…» alzo gli occhi e prendo tra le mani una ciocca di capelli rigirandomela tra le dita e osservandola un po’ annoiata «devo fare qualcosa anche per questi…». Sbuffo e mi abbasso verso la mia sacca di pelle e da lì comincio a d estrarre alcune boccette, un piccolo “regalo” di mio nonno.
Dice che lo diverto quando uso i suoi intrugli alle erbe per colorare i miei capelli. Mi affaccio sulla porta richiamando l’attenzione di uno dei servi e gli intimo di portarmi una bacinella colma d’acqua. Non appena l’uomo porta quanto richiesto immergo la testa all’interno, subito il colore scivola via mischiandosi e donando all’acqua una tonalità violacea. Riprendo a respirare scuotendo vigorosamente i capelli per liberarli dall’acqua in eccesso e subito verso una parte della boccetta su di essi strofinando per bene. Mi specchio nella bacinella e tra i pigmenti violacei scorgo quelli azzurri e verdi dei miei nuovi capelli. «Oh… che meraviglia!» finalmente indosso il resto degli abiti
e mi dirigo verso la cucina dove faccio una breve colazione. Mentre inghiotto l’ultimo boccone arriva tutta trafelata una servetta, Agatha mi pare, «Sir Demonar… il comandante Urthadar ha richiesto la Vostra presenza… in armeria…» lascio a lei il piatto e mi dirigo a passo spedito verso la sala, mi servirebbe un po’ di allenamento, la nottata è stata piuttosto agitata e po’ di esercizio non può farmi che bene. I corridoi sono deserti e al loro interno rimbombano solo i miei passi seguiti dal suono dei campanelli delle mie scarpe. Dentro l’armeria trovo già il comandante e la De Lagun pronti a dare il via all’allenamento, getto un occhio sul fisico dell’uomo,
cos’è? Vuole impressionarmi dopo che lui ha visto me? Non capisco. All’interno della sala noto anche la noiosa presenza di Dreth, anche lui a torso nudo. Non comprendo. Una gara? Credo che vinca il comandante allora. «Buongiorno a tutti, comandante, lady De Lagun… Coso…» rivolgo un rapido cenno del capo a tutti «quando si comincia?» dico guardando Cassandra, è lei che ha insinuato che la mia voce fa pena. È lei che voglio. Ma ancora non ho visto la principessa, chissà cosa dirà quando vedrà che addosso ho il suo colore preferito
«ihihihihih…»