Gildas Demonar
Voglio scappare. Andare via da lui. Evitare che le sue mani mi tocchino per curarmi. No. Non voglio altri debiti per me. Perché? Perché devo meritarmi tutto questo? Che cosa c’è di sbagliato in me? Non capisco più nulla, voglio andare via. Uccidetemi, ponete fine a questo errore. Sì un errore. Questo è ciò che sono. Un errore che non andava commesso, un errore che andava abbandonato sulla soglia di una chiesa o sulla porta d’inverno e sperare che muoia senza alcun lamento. Nessuno ha mai fatto questo per me, perché ora tutti si prodigano a curarmi, a lenire il dolore che io stesso ho meritato? Tutto ciò è totalmente sbagliato, mamma lo diceva sempre ai servi, nessuno deve azzardarsi a curare i miei tagli, nessuno deve bloccare le frustate di quell’uomo che ero e sono costretto a chiamare padre, e allora se merito tutto ciò, perché Serana si è sempre fermata a curarmi? Perché anche il comandate Urthadar e ora anche Dreth? Lo osservo mentre le sue mani si poggiano sul mio collo e sul mio polso, con uno spasmo ritiro per un attimo la mano stringendola non appena la sua afferra il polso «Cercate di stare fermo, per favore» mi rimprovera. Rimango fermo ascoltando poi ciò che distrugge nuovamente tutte le mie certezze «Proprio nulla, Sir Gildas...» scuoto vigorosamente il capo tornando a respirare come prima «Eh?» riesco solo a dire prima di stringere i denti per il dolore causato dal contatto. Subito un’intensa sensazione di sollievo mi pervade sostituita però da quell’inquietudine e da quella confusione che ho provato anche con Aiden «Per me è un onore poter essere utile ai miei alleati e se condividere un dono che mi è stato concesso può arrecare sollievo, allora ben venga» tutto ciò non ha alcun senso. È assurdo. È chiaro che vuole qualcosa, perché non parla allora? Non ci credo, tutto ciò è sbagliato, totalmente sbagliato. Però… mi sento sollevato. No. È impossibile, non è questa la gratitudine. Non è questo ciò a cui sono stato addestrato, ciò a cui sono stato abituato negli anni da loro. «Non vi credo! ditemi la verità, voi volete qualcosa in cambio! Lo so, non negatelo!» gli urlo sbattendo un pugno sulla fredda pietra «Ma io non vi sto mentendo, non voglio davvero nulla...» perché? Perché? Perché? Perché? «E allora perché lo state facendo?» spiegatemi. Non so più nulla. Voglio solo andare via da qui, voglio fuggire. La risposta è quasi immediata «Perché sono un guaritore ed è questo che faccio» tutto ciò non ha alcun senso «ma... ma... perché?» dico ancora soffocando un singhiozzo, l’uomo non alza lo sguardo ma il suo labbro si piega in un sorriso. Eh? Perché sorride? Che significa? «Perché mi va, mi solleva sapere che gli altri stiano bene. Siete un mio alleato, un compagno d'arme ed un amico... Anche se, probabilmente, l'amicizia non è reciproca. Ribadisco, per me è un onore potermi occupare di Voi...» amico? Un’altra parola assurda. Che cos’è? Cosa significa? Dei. Perché il mio cervello non collabora. Non capisco più nulla. Qualcuno mi spieghi il significato di tutto ciò. Non è possibile. La rigenerazione termina, non ce la faccio più, devo… andarmene da qui. Tutto ciò è irreale, è assurdo e… basta. Con uno scatto scrollo le mani dell’uomo e corro. Corro fuori da quella sala raggiungendo la mia stanza. Mi chiudo la porta alle spalle e davanti ai miei occhi ruotano come un grosso girotondo tutte quelle parole assurde: gentilezza, positività, gratitudine e per ultima… amico. Sento i miei occhi bruciare e con uno scatto. Tutto ciò non è reale, non è vero. Non esistono, mi prendono in giro. Tutti lo fanno. L’odio è vero, tutti si odiano. Non vi è nulla di diverso. L’odio ha mosso i fili della mia vita, ha marciato con me nelle battaglie al seguito di mio padre come un cane pronto ad azzannarmi al polpaccio. Tutto questo è solo un incubo dal quale spero solo di svegliarmi. Un incubo volto solo a distruggere per sempre la mia mente. Barcollando apro l’armadio ed estraggo l’armatura. «Basta basta basta basta basta basta…» ripeto come una sorta di cantilena infilandomi i pezzi uno dopo l’altro, graffiano e tutti i tagli mi riportano alla realtà, ecco finalmente. Il dolore. Una cosa che so con certezza. Esco dalla stanza posando la maschera sul comodino accanto al letto, con loro non servirà, e mi dirigo verso la sala da pranzo dove al suo interno trovo Cassandra, la regina, la principessa e lady Alinor i quali fanno compagnia al principe, al lord e suo figlio accanto a Cassandra, entro nella sala e mi posiziono accanto a Lady Alinor. Ma… dov’è il comandante? Devo parlargli… «Il Comandante si scusa per lo scarso preavviso, ma è dovuto rientrare al Castello del Tuono per impegni improrogabili che richiedono necessariamente la sua presenza. In sua assenza, si è raccomandato di demandare i compiti di Comandante a De Lagun, che quindi lo sostituirà fino al suo ritorno» dice la principessa rispondendo alla mia e alla domanda della regina. Dannazione. Osservo incuriosito la scena e, se Ryuk dovesse guardarmi, gli rivolgerò un cenno del capo come saluto sperando che si ricordi di quando al campo lo facevo divertire coi miei spettacoli…
*Frasi di Vicent concordate con DamnedGirl