Esperin Raeghar
La mia mano destra stringe spasmodicamente l’elsa della mia spada alle parole della septa…sto assorbendo come una spugna tutte le informazioni, nonostante il forte mal di testa che mi sta assalendo: era da troppo che trattenevo le lacrime, e quando sono esplosa a piangere poco prima devo essermi affaticata. Quando la septa termina di spiegarmi la situazione, inspiro col naso….non ci riesco. Non riesco a calmarmi.
Il mio cuore batte all’impazzata fino a farmi male, sento che sta per esplodere…perché non si può aggiustare tutto e basta? Perché non c’è una cura per mio padre o il perdono per Drako?
Perché deve essere sempre tutto così….complicato?
<<Perché avete quell’aria atterrita? E’ solo per rabbia o….avete notizie più fresche delle mie del Vostro Genitore? E’ forse peggiorato?>>
Sussulto alla domanda della septa…da quanto non aveva notizie di mio padre?
<<Lui…lui sta….>> indurisco la mascella, rifiutando quelle parole. Scuoto il capo strizzando gli occhi, come a scacciare quei brutti pensieri…la soluzione c’è, ci deve essere, la septa sa così tante cose, e poi ha detto….si, ha detto…
<<Perché siete così sicura del veleno?>> le domando stringendo i denti.
Mi guarda con sufficienza…per quale motivo ciò che dico le sembra sempre tanto stupido…ma riesce a calarsi nelle mie vesti una volta tanto?
<<Me lo avete appena riferito voi…principessa.>> risponde facendo spallucce.
Inumidisco le mie labbra…no, non puoi raggirarmi! Non può trattarmi da stupida!
<<Eppure avete asserito che eravate sicura che si trattasse di altro…un rito tribale, ecco cosa avete detto! Se è quello, cosa dobbiamo fare per assistere mio padre? Come si cura? Voi dovete aiutarmi!!>> le dico con tono rabbioso, anche se è chiaro ad entrambe che la sto letteralmente supplicando. Mio padre non può morire…non anche lui.
Oh Dei….Vi prego. Vi scongiuro….
La septa espira lentamente:
<<Forse non avete ben inteso, Lady Esperin. Ho parlato di “impossibile fattibilità”..quel rito è di difficile esecuzione, per non parlare dei tempi. Ciò a cui mi riferivo è un antico rito sacrificale di una tribà di Aktamon, un’agglomerazione indigena al sud di Dohaeris. Uno degli ultimi paesi assoggettati al Vostro Regno…la conquista fu ad opera di Vostro nonno. Con questo rito si sacrificavano alcune vergini al loro compimento del diciottesimo anno di età: dal loro primo anno vita, andavano estratti un capello e un’unghia per ogni dito di mani e piedi. Pratica da ripete ogni anno, il giorno del loro compleanno. Poi, divenute adulte, si procedeva al rito che non sto qui a spiegarVi…non erano quelle cose sottratte loro gli unici ingredienti, ma sono essenziali, e potete rendervi conto da sola che tutto ciò è impossibile da fare ad un Re. Quella del veleno è l’unica ipotesi plausibile, e se siete la donna che tanto vi vantate d’essere diventata, dovreste accettarlo, farvene una ragione e prepararvi al peggio. Se è così che reagite a delle parole, dove scapperete quando vi troverete di fronte un esercito? E’ in questo stato che volete affrontare una batt->>
<<Ma voi cosa ne sapete?>> No….no, questo non può dirmelo! Io sono sconvolta, lei non può dirmi queste cose!!! Non in questo momento! Comincio a camminare a destra e sinistra, senza più ritegno…le sue parole non fanno altro che farmi salire la bile:
<<Forse per voi è facile parlare, non avete nemmeno un affetto! Ma lui è mio padre!! Mio. Padre.! Smettetela di vedermi sempre come “la principessa”….sono una figlia adesso, va bene? Una figlia straziata dal dolore…..>>
i miei denti sbattono pesantemente mentre caccio indietro le lacrime e stringo di nuovo l’elsa di Fidelia….con la coda dell’occhio punto un manichino, alzando il gomito, pronta a ruotare il braccio:
<<….e dalla rabbia!>> urlo con tutto il fiato che ho in corpo e colpisco il fantoccio con tutta la mia forza.
Al primo colpo ne segue un altro e un altro ancora….oh si, ora va molto meglio. Ecco cosa penso realmente di tutte le buone maniere!
Non perdo di vista la septa, e noto con la coda dell’occhio che anche lei ha richiamato il suo bastone, cominciando a volteggiarlo piano. Prende a camminare in tondo, seguendo un immaginario perimetro di un cerchio attorno al manichino.
Passano alcuni minuti…io continuo a colpire, lei a camminare e a far volteggiare la sua lancia…non l’avevo mai vista prima.
Credo voglia darmi tempo di riprendermi, e ammetto che anche se la rabbia non sparisce, avverto un controllo maggiore…ora ne sono padrona. Non sbagliavo quando pensavo che allenarmi mi avrebbe fatto bene!
Improvvisamente la sua voce mi porta alla realtà:
<<Dunque Vi “fidate di me”? Eppure mi sembrava d’essere stata chiara.>> sibila mentre mi guarda in cagnesco, senza mai fermarsi nel suo giro: la velocità dei volteggi della sua lancia è aumentata.
<<Lasciatemi indovinare, mia signora…il reggente vi ha preso da parte per offrirVi queste informazioni, e Voi cosa fate? Venite dritta-dritta a spifferarle….a ME!>> colpisce rapidamente il manichino sulla spalla, poi fa tornare la sua arma allo stesso posto di prima, ma senza mai fermarne la rotazione
<<E’ così che Vi considerate saggia e matura? Facendovi travolgere dalle emozioni ogni volta come una bambina? Come pretendete che Vostro Fratello si fidi di Voi, che Vi mandi in battaglia?>> alza la voce, e sento le mie orecchie esplodere.
<<Cosa sarebbe successo se qui ci fossero stati dei soldati, o altri nobili ad allenarsi? E se li dietro ci fosse un servo nascosto? Ma quanto è piccolo il Vostro cervello?>>
<<State zitta!>> la mia risposta sta tutta in quest’urlo di dolore, mentre il mio pensiero crea delle copie di me stessa che iniziano a colpire freneticamente il manichino sfogando la mia rabbia, ma ovviamente trapassandolo, essendo immateriali.
Ha ragione….eccome se ha ragione.
Ma una cosa non ha capito: per quanto il suo passato sia ignominioso, per quanto sia severa con me, per quanto a volte non ho potuto camminare o scrivere per le sue bastonate….io mi fido di lei. E’ più forte di me, non posso pensare che arrivi mai a tradirmi, non dopo tutto quello che mi ha insegnato e continua ad insegnarmi. Eppure lei stessa non fa che ripetermelo…di nessuno. Non devo fidarmi di nessuno…e quindi non dovrei nemmeno di lei.
Devo imparare, imparare a pensare solo a me stessa.