Andreus De Lagun
L’uomo sembra accettare tranquillo le mie cure e dopo qualche istante… «senti chi parla, lo scrocca birre a tradimento!» lo guardo fingendo aria di sufficienza e il ragazzo prende a mangiare come se non vedesse cibo da secoli ingurgitando con entrambe le mani grossi pezzi di pasticcio. Lo guardo divertito mentre finalmente i globi terminano il loro lavoro risanando quindi totalmente le ferite. «Una favola, grazie!»
mi dice grato e io ricambio con un sorriso a trentadue denti. Taglio quindi via le bende ormai inutili e lo lascio libero di mangiare con voracità e chiedere alla sua ragazza numero 2 (o 1, boh...) la ricetta. Dei… poi sarei io il mangione? Dopo aver ingoiato un pezzettone di carne l’uomo mi guarda pulendosi le labbra e dopo avermi tirato appena per la maglietta mi sussurra «dopo parliamo.» mh? Ah sì… in riunione gli ho fatto cenno di voler parlare con lui. Non so come la prenderà… ma ok. A nessuno penso piacerebbe sapere che qualcun altro ha visto il suo fantasma… gli faccio cenno di sì e poi mi alzo in piedi avvicinandomi all’orecchio di Efrem gli sussurro «della nuova arrivata non mi fido… preferirei curarla quando avrà imparato a collaborare.» Efrem mi guarda per un attimo facendomi poi cenno di assenso
così mi avvio verso la mia stanza… «se avete bisogno di me, mi trovate nella mia stanza…» dico ed esco dall’infermeria dopo essermi accertato che tutti stiano bene. Entrato in camera, osservo per un attimo la stanza spoglia, totalmente diversa da quella che avevo a ca… a Gaearmir.
Solo ora, a distanza di giorni mi rendo conto del cambiamento. Quelle pareti dipinte dei colori dei De Lagun ora sostituite da cumuli di sassi pieni di muschio e licheni. Sospiro e decido all’ultimo secondo di aprire il mio lato del cassettone, lì, nel doppiofondo che ho ricavato ho riposto gli ultimi ricordi della mia vecchia vita prima del rifugio… prima dei ribelli… prima di Efrem.
La lettera di Cassandra fa la sua comparsa sotto il vecchio sonaglino di conchiglie, li ripongo in ordine in modo che non possano rovinarsi quando d’un tratto scorgo un oggetto che mai avrei pensato di rivedere. Afferro tra le mani il piccolo oggetto in terracotta perdendomi nel ricordo di quelle parole. Il ricordo di Cassandra, le sue mani che lasciano quasi tremante la piccola ocarina nelle mie. Tiro su col naso e metto l’ocarina e la vecchia scatola di biscotti di Myricae nelle tasche della tunica e mi dirigo di sopra.
L’odore della pioggia mi investe le narici e un sorriso felice si mostra sul mio volto. «Chissà se lo sentirai ancora…» prendo lo strumento dalla tasca mente la pioggia incessante cade sul mio corpo lavando via i resti di queste giornate e dopo essermi seduto su delle vecchie macerie sotto il monastero comincio a suonare quella dolce melodia…
“Fratellone, quando ti sentirai solo... suona l'ocarina e il mare trasporterà la sua melodia fino a me. Allora il mio pensiero ti raggiungerà e tu non sarai più solo…”