Andreus De Lagun
Mi scoppia la testa, che è successo? Che ho combinato? Oh dei. Dove mi trovo? Avverto una fonte di calore accanto a me, gli occhi mi bruciano e fatico ad aprirli. Mi volto nel letto avvertendo le lenzuola sul mio petto, sono… nudo? No. Almeno i boxer ci sono, sicuro devo aver avuto caldo mentre andavo a letto. Apro leggermente gli occhi, quella lieve fessura cercando di distinguere almeno le forme nella penombra delle candele morenti. La testa mi scoppia, una forte emicrania che non mi permette di vedere nulla se non delle macchie bianche e nere indistinte che vanno a coprire ogni cosa. Riconosco le lenzuola del mio letto, menomale, almeno sono nella mia camera. Il corpo al mio fianco si muove, e dopo un leggero movimento, sento la sua schiena premere contro il mio petto, che sia… lui? L’ultima cosa che ricordo, annebbiata dal mal di testa e dall’alcool, il volto di Efrem mentre mi appoggia sul letto e le mie labbra che, chiuse, toccano nuovamente le sue. È stato lui tutto il tempo, cingo i suoi fianchi con le braccia e mi stringo leggermente a lui. Qualcosa però blocca la risalita delle mie dita verso il suo viso, i suoi capelli… la sua cicatrice, qualcosa all’altezza del suo petto, sta stringendo il cuscino? Non mi pare, le sue braccia sono distese, una sua mano è addirittura scivolata lì… continuo a tastare l’insolito oggetto, è morbido e coperto da un tessuto diverso del cuscino, quindi quello non è. Seguo la linea del tessuto disegnandolo mentalmente, subito la forma distinta di un… reggiseno, uno di quelli che indossava Cassandra. Spalanco gli occhi. Le macchie sono svanite quasi del tutto, quel tanto da farmi riconoscere il corpo, i capelli e soprattutto… il segno distintivo della bruciatura sul volto di «Daphne!» ritraggo la mano di scatto e scosto la sua dal mio corpo mentre mi allontano balbettando «c-cioè… tu… t-tu n-n-non… t-tu non… s-sei… non hai… t-tu… AAAAAAAAAAAAAAAAAAAH» urlo e, nel continuare ad allontanarmi, precipito dal letto finendo col sedere sulla fredda e dura pietra. Daphne si sveglia di soprassalto, guardandomi dapprima terrorizzata, poi il suo terrore si trasforma in imbarazzo. Oh no. Oh no. Oh no. OH NO. NO NO NO NO NO. Che diavolo ho combinato. No, è impossibile, non posso aver… cioè… no… non con lei, dai, è assurdo… io… NO. Sento il mal di testa aumentare così come l’imbarazzo che via via diventa sempre più tangibile. Scosto gli occhi guardando altrove, «n-non è… cioè… non abbiamo mica…» balbetto e nel frattempo comincio a rivestirmi. Oh dei. Dimmi di no, dimmi di no. La ragazza non risponde, si limita a rivestirsi velocemente e ammutolita, la imito raccogliendo i miei abiti sparsi malamente in giro e porgendole i suoi quando mi capitano tra le mani. Non ho il coraggio di guardarla negli occhi, non ho il coraggio di parlarle, non ho il coraggio di fare nulla. La ragazza si riveste prima di me e, col capo chino e in silenzio schizza fuori dalla mia stanza. È impossibile che tutto ciò sia accaduto, cioè… non a me. Mi rimetto i miei abiti, sono umidi e odorano di pioggia e terra. Dove sono stato? Termino l’opera di vestizione, ed esco a passo veloce dalla mia stanza dirigendomi in mensa dove sento le voci di Ananya, Yadirha e… Efrem. Avvampo. Non posso mostrarmi a lui. Non riuscirei a nascondergli tutto… cioè… qualsiasi cosa io abbia mai fatto. Oh mamma, mi sento così in colpa. Non toccherò mai più una bottiglia di idromele in vita mia. Promesso Efrem, promesso. Entro col capo chino in mensa, mi sento la faccia in fiamme per l’imbarazzo e, dopo una fugace occhiata mi accorgo che proprio lui mi sta fissando. «S-salve…» mormoro quasi a fil di voce e mi siedo accanto a lui scostandomi leggermente, non voglio stargli troppo vicino. L’imbarazzo e i sensi di colpa mi stanno uccidendo. Dopo questa breve pausa scandita dal mio ingresso, il ragazzo riprende il suo discorso e subito, nonostante il mal di testa atroce, capisco a chi sono destinate quelle parole. Ho bisogno di quell’intruglio di Keyra, ora sì che mi sarebbe davvero utile. Magari più tardi glielo chiedo. «Quello che ti ho detto ora sulla cintura di Dohaeris, è la stessa cosa che ho detto ai tuoi compagni, lo stesso discorso che ho fatto a tuo padre, mi aspettavo perlomeno che non ti mandasse allo sbaraglio. Se il tuo popolo ha usanze diverse non mi riguarda, mi informerò quando avrò tempo e... voglia, ma per mia semplice cultura personale. Comunque ti invito a tener presente che io ho parlato a lungo con tuo padre e non penso che avrebbe inviato la propria figlia ad una persona della quale non si fida. Io ed il tuo popolo abbiamo un interesse in comune, un interesse che loro da soli…» non posso fare a meno di notare un ghigno che si dipinge sulle sue labbra «non sono riusciti a raggiungere in tutti questi anni, quindi fammi il piacere di fare interventi che non minano le mie competenze!» finito di parlare il ragazzo si volta verso di me, il suo sguardo è serio, immutabile e al pari di una maschera di cera, abbasso gli occhi mentre l’imbarazzo si impadronisce di me. Oh… cazzo. «Andreus, ben arrivato… Ananya stava dicendo che prima hai rischiato di mettere in pericolo l’intero gruppo dopo esserti… ubriacato ed essere uscito fuori dal rifugio, è vero?» Fritto, morto, fregato, con un piede nella fossa, in punto di morte. Insomma, tutti sinonimi gentili ed educati per dire “fottuto”. Cerco di schiarirmi la gola cercando di ricostruire i ricordi sparsi «l’ultima cosa che ricordo è che stavo curando Medea in infermeria, poi ho… bevuto un po’…» il resto è totalmente confuso, chiudo gli occhi per un istante «sono uscito fuori… pioveva e… c’erano… loro… forse…» dico indicandole con un gesto della testa «c’era anche Daphne… mi pare, seduta contro uno dei muri esterni del monastero, mi sono avvicinato a lei e… non ricordo più nulla… scusami… mi sono ritrovato nel mio letto poco fa…» sento gli occhi pizzicarmi, devo trattenermi. Non posso mostrarmi debole ora, in una riunione stupida addirittura. «Se ho fatto qualcosa di male… scusatemi, non ero in me…» dico a testa bassa alle due, sento gli abiti di Efrem frusciare mentre si volta nuovamente «più tardi parleremo di questo tuo problema… e del vostro gironzolare all’esterno del monastero, così, senza motivo!» deglutisco rumorosamente, «dunque, ci sono altre questioni in sospeso? O possiamo riprendere con questa riunione?» dice leggermente spazientito. Dalla mia posizione riesco a vedere il suo ginocchio che frenetico si muove su e giù… non è un buon segno…
*Azioni di e su Daphne concordate con Eclisse84