Anne Targaryus
Ho la mano poggiata sulla lastra di ghiaccio formatasi sul tavolo, Efrem si alza di scatto e mi abbraccia. Stringo le mie braccia attorno al suo busto, poggiando la testa sul suo petto, trattenendo ancora le lacrime. Reprimo tutte le emozioni tanto da limitarmi a singhiozzare. Mi rassicura che supereremo insieme anche questa, come una famiglia, aggiungendo quest'ultima frase dopo avermi tirato su il mento con un dito, guardandomi negli occhi. I miei occhi tristi sono legati ai suoi, sinceri, profondi e veri. Contemporaneamente a ciò, in cucina irrompe prima la ragazza cadaverica che, senza degnarci di uno sguardo, mangia qualcosa e poco dopo se ne va; poi Medea, la ragazza bionda, che - dopo averci salutati - prende una porzione di cibo, prende posto e ci guarda. Efrem sembra contrariato alla sua presenza, fatto sta che le fa un cenno con la testa, come se non la volesse tra i piedi. Ad un tratto veniamo entrambi attirati da un battito d'ali. Davanti a noi si è materializzata l'eterea figura di Mercur, uno dei saggi della Valar Morghulis, o odierna Valmorguli. Si, dev'essere lui, la mia septa mi raccontò molto sui saggi (oddio, diciamo quel poco che si sa sul loro conto) e di quel posto mistico e incantato. Ricordo ancora la sua severità, era alquanto pretenziosa, ma è anche grazie a lei se oggi sono quella che sono. Efrem si scioglie dal mio abbraccio, facendomi un occhiolino e sorridendomi, prendendo poi la lettera consegnata da Mercur. Guardo la figura del saggio scomparire in un battito di ciglia, meravigliata, mentre Efrem apre la missiva e la legge velocemente. Poco dopo, scusandosi, dice di dover andare, uscendo velocemente dalla cucina. Lo guardo con sguardo interrogativo, facendogli poi cenno di andare, non deve scusarsi, anzi, dovrei essere io a farlo. Appena la sua figura scompare dopo aver oltrepassato l'uscio, guardo il casino che ho combinato sul tavolo. Bene, forse è ora di mettere un po' in ordine, d'altronde ho combinato io questo impiastro, e giustamente dovrò essere io a ripulire tutto. <<Scusami per il disastro... ci penso io a ripulire>> dico a Medea imbarazzata, mentre con una mano raccolgo i cubetti di ghiaccio e i pezzi di coccio, stando attenta a non ferirmi le mani e gettandoli poi nel catino più vicino. <<Per caso sapresti dirmi dov'è che vi allenate?>> chiedo alla donna, sperando che un giorno riuscirò ad orientarmi qui dentro.
Le mani fremono di rabbia e la voglia di liberarmi da questo fardello è tanta.
Se voglio sfogarmi, è ora che lo faccia in un modo più costruttivo.
*Nella cucina c'è un catino, vero? Nel caso contrario fatemelo sapere (o se no facciamo finta che ci sia u_u)