Concordo pienamente
Concordo pienamente
CAPITOLO 1 - Bentornata a Casa
Ti rendi conto di quanto è monotona la tua vita quando una notizia riesce a sconvolgerla completamente.
3 GIORNI PRIMA - LOS ANGELES, CALIFORNIA - H. 3.00 AM
DRIN DRIN
Mi svegliai di soprassalto, spaventanta dallo squillo improvviso del telefono.
Guardai irritata la sveglia, chi cavolo chiamava alle 3 del mattino?
Per un secondo pensai di lasciarlo squillare, per non dare la soddisfazione a chiunque fosse di constatare che ero a casa, e quindi non avevo un vita sociale il sabato sera, ma quel suono, fastidioso come non mai, mi fece ricredere.
Alzai sospirando la cornetta e non ebbi il tempo di dire nulla che l'altra voce cominciò subito a parlare. Un tono freddo e metodico che non sentivo da tanti, tanti anni.
« Emma sei tu? Spero che questo sia ancora il numero giusto. Sono Mara, tua sorella, senti non sto a fare giri di parole. Devi tornare subito a casa, papà è morto d'infarto poche ore fa.
Non ti preoccupare per il funerale, ci occuperemo di tutto noi, ma sarebbe gradita la tua presenza, se possibile entro domani. »
Vuoto, la mia mente era vuota, e non riuscivo neanche a respirare.
Se era uno scherzo era il pessimo, il più malvagio e quello più di cattivo gusto mai pensato da una persona.
« Cosa? » riuscii a biascicare con la voce strozzata dallo shock.
« Emma, ma sei tu? Hai capito cosa ho detto? Devi tornare. » il tono era sempre più spazientito.
Preoccuparmi per il funerale? Come poteva pensare che fosse quello il mio primo pensiero? Si aspettava una risposta, me la immaginavo dall'altra parte del telefono a battere ritmicamente il piede per terra.
« E' uno scherzo? » la voce mi era leggermente tornata, ma non riuscivo a pensare lucidamente, sentivo la testa pesante e annebbiata.
« Non è uno scherzo. Domani devi essere qui per le 4.30 del pomeriggio, facciamo una riunione di famiglia per decidere il da farsi. E ora scusami ma devo andare. » Tuc.
Mi ritrovai in una stanza buia con la cornetta in mano che suonava a vuoto, in mezzo a un silenzio che mi stava schiacciando dentro.
Mio padre.
Non era possibile, lui era quello forte, lui era quello responsabile, niente fumo, niente alcool, niente vizi...
Non riuscivo ad immaginarlo, e oltre al dolore ora si aggiungeva il senso di colpa per non essere mai passata a trovarli in tutti gli anni successivi al mio trasferimento.
Odiavo talmente quel posto che avevo solo spedito qualche cartolina o fatto qualche telefonata per le ricorrenze più importanti, e ora me ne pentivo completamente.
Sarei dovuta tornare, perchè le brave figlie fanno così, sono nel posto giusto al momento giusto, e dicono la cosa giusta al momento giusto.
« Ehi, amore, chi era al telefono? E' una vita che ti sto aspettando a letto. »
La sua voce mi fece sobbalzare, presa com'ero dai miei lugubri pensieri. Lo guardai stralunata, e lui notò i miei occhi luccicare nell'oscurità.
« Cosa è successo? Chi era al telefono? Emma? » La sua voce era allarmata, era proprio un caro ragazzo, mi voleva troppo bene, molto più di quello che meritassi. Scoppiai a piangere, la realtà della situazione mi si stava riversando addosso come un mare di lava bollente.
« E' per papà, devo tornare. » Riuscii solo a dire tra i singhiozzi.
- -
« Ben arrivata Emma, hai solo 2 giorni di ritardo... » Proruppe una voce sarcasticamente.
Alzai gli occhi al cielo, non avevo ancora varcato del tutto la soglia di quella casa che già la sua voce stridula e snob mi giungeva alle orecchie.
La voce che per anni e anni mi aveva perseguitato, intimandomi perfezione anche solo per lavarmi i denti.
Il mio primo istinto fu quello di girarmi sui tacchi e tornarmene nella mia vera casa, Los Angeles, ma il pensiero di mio padre mi costrinse a fare un respiro profondo e calmarmi.
« Ho fatto quel che ho potuto Erica. » risposi sgarbatamente.
Risponderle male erano gli unici piccoli "contentini" che potevo prendermi con lei.
« Non chiamarmi Erica, quante volte te lo devo ripetere?! E vai a salutare gli ospiti, anche se ormai la figura della pezzente l'hai già fatta. » mi disse sprezzante.
Sentirmi parlare in quel modo brusco e superiore mi fece tornare indietro a quando ero una piccola ragazzina ingenua e insicura, cercai di scrollarmi di dosso quell'orribile sensazione e ignorare le parole di mia madre.
Andai in salotto, che come mi aspettavo era pieno di volti semi sconociuti che si scambiavano parole sussurrate cariche di tristezza calcolata.
Mentre li osservavo, persa nei miei pensieri, uno alla volta cominciarono a notarmi e il loro volto si fece ancora più contrito.
Una parte di me mi fece notare come erano bravi a recitare questi bigotti, e come in realtà non gliene fregasse ben che meno di nulla del motivo per cui erano stati riuniti tutti li.
Chissà quali erano i pettegolezzi più in voga, sicuramente c'entravano con il fatto che la "Figlia pazza di Jack Mullen" era tornata in città 10 anni dopo essere scappata, solo per il funerale del padre".
Ma un'altra parte si rese conto che la situazione era reale, non era solo un incubo o una brutta immaginazione. Le lacrime cominciarono di nuovo a pizzicare dietro gli occhi, e usai quasi tutto il mio auto-controllo per impedirmi di piangere davanti a tutti questi sconosciuti.
« Oh, Cava, sono addolovatissima per la tua pevdita, Jack eva un gvande uomo! » mi disse leziosamente una di queste vecchie borghesi poggiandomi una mano sulla spalla.
Mi chiesi se lo faceva apposta a pavlave così oppure aveva davvero la erre moscia. Annuii contrita, odiavo decisamente la situazione, il mio punto di rottura era sempre più vicino lo sentivo.
« Sei avvivata da poco vevo Cava? Non mi sembva pvopvio vevo che sia scompavso, l'altvo ievi lo avevo visto così enevgico! »
continuò la donna, che sembrava decisa più che mai a non lasciarmi più andare via. Continuai ad annuire, cercando di sorridere cortesemente, ma più che un sorriso pareva una smorfia di dolore.
Dopo qualche ora non ne potevo più di stare in mezzo a quella gente, che non conosceva minimamente mio padre, ma che nonostante ciò continuavano a tessere le sue lodi.
In più la vista di quel ghiaccio di mia sorella (fotocopia di mia madre) che faceva finta di piangere, quando al telefono sembrava quasi scocciata di doversi occupare del funerale di papà, era insopportabile.
Riuscii a scappare da quella sala e rifugiarmi nel retro della casa.
Forse non era stata una buona idea. Avevo dimenticato che quando ero piccola andavo sempre li a nascondermi da Erica, proprio dietro al pozzo, e passavo il tempo a immaginarmi tutte quelle cose che avrei voluto fare ma che non avrei mai potuto neanche sognarmi nella realtà.
E quando mio padre mi veniva a cercare, sapendo in partenza di trovarmi lì, ma facendo finta di non vedermi per potermi lasciare ancora un pò di tempo con me stessa...
Non mi resi neanche conto che avevo cominciato a piangere. E rimasi lì, sola con me stessa e con il mio dolore, che nessun altro avrebbe potuto capire.
Capitolo 2 >>
Deja Vu ☆ Jingle Jangle
She read about people she could never be, and adventures she would never have
Posizionare sims & oggetti su tutte le superfici - Scattare foto realistiche in TS3
1fratto antani può essere imbrunato ma non postanato ....
già* letto è commentato
Sono felice che questo primo capitolo ti piaccia. =)
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1fratto antani può essere imbrunato ma non postanato ....
la storia è decisamente coinvolgente ^^
anche le foto mi piacciono molto, solo in una si vede il tratteggio della modalita costruisci
Bell'inizio, mi piace molto!
nuoooooooooooooooooo mi è sfuggito!!! La modifico subito con photoshop, ormai non posso più ricreare la situazione nel gioco... sigh sighOriginariamente Scritto da archisim
Sono molto contenta che vi piaccia!
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1fratto antani può essere imbrunato ma non postanato ....
gh mi spiace daiii ma non è una cosa importante
(pero ti capisco pure io correrei a rimediare nn sopporto le cose "imperfette")