Factum omne rotat
Spesso a molti di voi sarà capitato di stupirsi di come una fortuita (o sfortuita) coincidenza può cambiare l’andamento di una situazione, di una giornata, a volte di un’intera vita: ebbene, non crediate che le coincidenze siano sempre tali, o fini a sé stesse, ogni cosa infatti accade per un motivo, per lo più oscuro per chi ne è vittima, e per quanto a volte sembri beffardo, il destino pianifica ogni cosa.

Sebbene amorevolmente protetto dalla portentosa aura magica della zia Clodia, sorella del defunto padre Louis, il quale per salvare il figlio da morte certa aveva sacrificato la sua stessa vita, il nostro piccolo Lestat non passò un’infanzia tra le più felici poiché, a causa dell’incombente maledizione lanciata dall’inconsapevole madre Emeraude, era costretto per lunghi periodi a letto in preda ad insopportabili sofferenze, finché la zia non provvedeva con un qualche sortilegio ad alleviare tale tortura, permettendo al bambino di vivere, o meglio ‘sopravvivere’ senza pensieri per un qualche altro indeterminato lasso di tempo, finché il male non si fosse ripresentato a reclamare la sua vittima.

A quei tempi però, non si lottava per la vita o la morte solo tra le robuste mura del castello: la guerra tra il casato della Pietra e il casato dei Fiori non si arrestava ma diventava di giorno in giorno più cruenta, mietendo vittime, inondando la terra di sangue, strappando giovani soldati alle loro famiglie.
Il destino volle che un giovane esploratore di nome Andrè, allora uno tra i fedelissimi della principessa Emeraude, venisse catturato proprio mentre si svolgevano i terribili fatti precedentemente raccontati.
Per sua fortuna costui, seppur inviato di guerra, era pur sempre un uomo di scienza, e gli studiosi godevano di un certo riguardo - e senz’altro anche di un trattamento più ‘dolce’ - rispetto agli altri prigionieri: questo permise ad Andrè di arrivare al castello del casato della Pietra vivo, in possesso di tutti gli arti e soprattutto delle sue facoltà mentali.
Essendo anche un’ottima merce di scambio, Andrè venne condotto in un alloggio privato che, pur essendo una prigione a tutti gli effetti, era dotata di un certo comfort e soprattutto non era situata nei sotterranei - troppo umidi e freddi - ma in una torre ben difesa da dove però Andrè poteva avere una visuale aperta sul cortile del castello.

Un uomo dotato del suo acume, grazie ai movimenti a cui poteva assistere dalla sua finestrella e ai pettegolezzi che si scambiavano le guardie, non ci mise molto a intuire il legame tra il piccolo Lestat e il casato dei Fiori: raggirando con arguzia una delle guardie, riuscì ad ottenere sufficienti informazioni per giungere alla conclusione che il piccolo era senz’altro il figlio strappato ancora in fasce dal grembo della principessa Emeraude.
Inorridito per la terribile notizia, e temendo per la vita del piccolo, decise che avrebbe fatto di tutto per riportare il figlio perduto alla madre.
Fingendo di collaborare con il nemico per fornire piani tattici e strategie dell’esercito dei Fiori riuscì ad ottenere, sebbene sempre sotto stretta sorveglianza, dei colloqui direttamente con la regina, prima nella sua cella, poi anche negli appartamenti pubblici, dove un giorno per caso fece la conoscenza di Clodia, proprio mentre ella si occupava del piccolo Lestat.

Forse inevitabilmente ammaliato dalla bellezza di Clodia, la quale ormai era sbocciata diventando una deliziosa adolescente, forse stupito dalla dolcezza con cui ella si occupava di Lestat, Andrè decise di rallentare i tempi e di passare un po’ più tempo al castello prima di tentare la fuga col bambino ‘per cercare di scoprire più informazioni possibili sulla natura della malattia che lo affliggeva’.

Anch’ella incuriosita dal giovane straniero, Clodia non si dimostrava contrariata dalla presenza di Andrè, e sempre più spesso si ritrovava a passeggiare proprio sotto la finestra della sua cella, rivolgendo furtivamente lo sguardo verso le feritoie, fantasticando su Andrè che la osservava silenzioso dalla sua prigione: tutto ciò non era molto lontano dalla realtà, infatti Andrè aspettava ogni giorno il momento in cui Clodia e Lestat uscissero a giocare nel parco.
Sebbene in un primo momento l’interesse era rivolto principalmente al bambino, Andrè si rese presto conto che il suo sguardo si soffermava sempre più a lungo sulla giovane.

Attraendosi l’uno verso l’altra, non passò molto tempo prima che Clodia, con una banale scusa attinente all’istruzione del bambino, chiedesse la consulenza di Andrè, snobbando gli studiosi di corte e suscitando non poche perplessità da parte della madre, sempre più inerme di fronte al crescente potere della figlia, nonché delle sue capricciose pretese: fu così che Andrè e Clodia iniziarono a vedersi con frequenza, sebbene in presenza di Lestat.
Grazie a un’ineccepibile condotta, approfittando anch’egli della fiducia guadagnata presso la regina madre, Andrè riuscì a ottenere sempre più numerosi privilegi, finché gli fu concesso di frequentare autonomamente alcune zone del castello, tra cui la biblioteca, ovviamente per poter approfondire le sue conoscenze.

Non appena le fu possibile, Clodia colse l’occasione per ritrovarsi sola con lo studioso, e dopo qualche incontro ‘fortuito’ i due iniziarono a frequentarsi in segreto, seppure inizialmente la frequentazione fosse del tutto innocente e limitata a lunghe chiacchierate e platonici discorsi.
Con il tempo l’attrazione tra i due divenne incontenibile e un giorno, complice l’atmosfera polverosa e surreale della biblioteca, i due finirono per concedersi ad una conoscenza più carnale.
L’impeto della lussuria era tale che Clodia iniziò persino a trascurare l’amatissimo nipote per incontrare invece il suo amante nei luoghi più disparati, e forse fu proprio per questo che il destino decise di metterla alla prova.

Una mattina Clodia percepì che qualcosa nel suo corpo stava cambiando, e in meno di un mese ebbe la conferma di stare aspettando un bambino da Andrè.
Temendo la vendetta della madre, Clodia riuscì ad organizzare la fuga di Andrè dal castello, malgrado quest’ultimo fosse contrariato all’idea di abbandonare il figlio: temendo per la propria vita, alla fine Andrè si convinse e complice una notte tempestosa riuscì a dileguarsi nella foresta facendo perdere le sue tracce.

Mesi dopo al castello nacque un bellissimo maschietto a cui la madre diede il nome di Sephiro: purtroppo la maledizione non tardò ad appropriarsi dell’anima del bambino, e Clodia si ritrovò a dover combattere con tutte le sue forze contro il maleficio per salvare il figlio e il nipote.

***
Dopo anni di estenuante lotta, Clodia riuscì a scoprire un potente incantesimo che probabilmente avrebbe potuto rompere per sempre la maledizione, e riponendo tutte le sue speranze in quell’ultimo sortilegio, iniziò a pianificare con cura e dedizione ossessiva le sue mosse, coinvolgendo figlio e nipote, pedine necessarie per la loro stessa sopravvivenza: entrambi furono infiltrati tra le genti nemiche, allevati in gran segreto da famiglie appartenenti al Casato dei Fiori, e non appena raggiunsero l’età giusta furono introdotti all’uso delle armi e entrarono valorosamente a far parte dell’esercito dei Fiori, con l’unico scopo di potersi avvicinare, grazie alla loro rango, alla famiglia reale, e in particolare alle figlie di Emeraude, Nova e Luce, sorelle di Lestat.
L’incantesimo studiato da Clodia richiedeva infatti un complesso sistema di mistione di diversi ceppi genetici, il quale corredato da una potente dose di forza spirituale e un’arcana formula pronunciata in un preciso momento della giornata - beh gli incantesimi più potenti non erano certo quelli più semplici - avrebbe potuto - gli incantesimi più potenti spesso producevano risultati inattesi - liberare per sempre i figli di sangue misto dalla maledizione.
Sebbene la riuscita dell’invocazione fosse tutt’altro che certa e le tessere del mosaico molto difficili da collocare, la speranza di una nuova vita per il figlio e il nipote, nonché per tutti i futuri figli concepiti da genitori appartenenti a diversi casati, infondeva sufficiente coraggio a Clodia per non lasciare nulla di intentato.