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  1. #1
    sim dio L'avatar di Adanay
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    Cool [LoD] Red Passion [Cap. 3.1 South Dakota 18/09/13*]



    Una famiglia che non si ama,problemi e litigi.
    Dominik, originario di una piccola cittadina americana sperduta, ne sà qualcosa.
    Sua madre Savannah lo ha abbandonato quand'era solo un bambino e suo padre, bè, un rapporto conflittuale.
    Questa vita irregolare lo ha portato ad avere un atteggiamento spavaldo e arrogante, ciò che più teme sono i sentimenti anche se ha provato anche lui un amore a 17 anni: Yuna. Una coetanea di origini asiatiche e fidanzata del migliore amico. Ma la storia non è proseguita causa la sua fobia dei legami.
    La sua vita cambia quando Terry, una compagna di scuola con cui andava a letto di tanto in tanto, si presenta a casa sua confessando di essere rimasta incinta.
    Lei gli da una scelta: se vuole il bambino porterà a termine la gravidanza ma non vorrà crescerlo. Se non lo vuole abortirà. Il giovane sceglie per la seconda, un bambino sono troppe responsabilità e davvero non si sente sufficientemente matura da poter crescere un altro piccolo essere umano.
    E da allora tutto è cambiato...

    MINIATURA:


    Indice


    PRIMA GENERAZIONE
    Dominik Fuentes








    SECONDA GENERAZIONE

    Sayuri Fuentes






    TERZA GENERAZIONE
    Ejan Pedrosa


    Ultima modifica di Adanay; 31st October 2013 alle 15:31

  2. #2
    sim dio L'avatar di Adanay
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    CAP 1 - un'altra vita

    CAPITOLO I: Un'altra vita





    Quella metro dondolava troppo… la sua testa scoppiava e aveva come la sensazione di essere dentro una grossa lavatrice con la centrifuga attiva.
    Abbassò lo sguardo sulla lattina di birra, l’ennesima, e vi aveva affogato tutti i suoi pensieri. Ce li affogava spesso in realtà, motivo per cui ora si sentiva nella centrifuga.
    Accanto a lui Anton ciondolava mezzo abbioccato, scomposto su quel seggiolino arancione in quel vagone che puzzava di sudore e chiuso.
    Come ogni ventiseienne era alla ricerca del divertimento. Non viveva più nel paesino sperduto dove aveva vissuto la sua infanzia e adolescenza da 7 anni ormai, da quando aveva deciso di fare fagotto e andarsene, girare il mondo senza una meta fissa. Non sapeva nemmeno allora dove sarebbe andato, aveva lasciato decidere al fato ed era andato in aeroporto, senza nemmeno salutare suo padre con il quale aveva un pessimo rapporto, e aveva preso il biglietto del primo volo disponibile: Mosca.
    Come nei programmi non si era fermato, ma aveva viaggiato e visitato più posti possibili. A Mosca ci era rimasto solo 5 mesi poi, stufo delle temperature rigide, si era spostato più a sud finendo a vivere ad Amsterdam per due anni, doveva ammettere che lì se l’era proprio goduta tra droghe e sesso legali.




    Dopo Amsterdam c’era stata Dublino (solo 3 mesi perché odiava il tedesco), poi Lissone (10 mesi), Vienna (5 mesi), Firenze (1 anno) e Roma (1 mese) e adesso erano 2 anni che viveva in un paese vicino Madrid.
    I suoi vecchi amici? Tutti persi. Non aveva risentito nessuno e da quando sua nonna era morta, non aveva risentito nemmeno suo padre. Lui lo cercava ancora ma non aveva alcuna intenzione di perdere tempo e fiato a parlare con lui.
    Si concesse qualche minuto per ricordare… a quando Terry (che non sapeva che fine avesse fatto ora) gli aveva rivelato di essere rimasta incinta e a come, lui il giorno seguente, si era presentato da lei per comunicarle la sua decisione: non voleva essere padre. Non se la sentiva. Incombenza troppo grande e le responsabilità non facevano proprio per lui.
    Non l’aveva accompagnata in ospedale ma aveva lasciato che se la sbrigasse con sua zia. In fondo che senso aveva andare lì a tenere la mano a una ragazza che si era limitato a farsi quando sia annoiava e che non aveva mai amato?! Era ipocrita. E in verità era per evitare il senso di colpa. Ancora lo perseguitava e talvolta si pentiva di non aver avuto il coraggio di dar modo a ‘suo figlio’ di venire al mondo. Chissà dove sarebbe stato adesso, chissà come sarebbe stato lui o lei.







    “Siamo arrivati”, aveva biascicato tirando una gomitata al suo amico che era quasi in coma accanto a lui.
    Lui, Anton, si era stiracchiato prima di fare il cretino come sempre e sorridere al gruppo di ragazzette del liceo che gli stavano sbavando addosso da quando erano montate in metro.
    “Sono un po’ piccole per te, Anton!”
    “Se hanno le tette sono giuste…”
    “idiota” era stata la sua risposta alzandosi e passando di fianco alle ragazze che l’avevano seguito con lo sguardo e la mascella a terra. C’era abituato a tutte queste attenzioni femminili che riceveva, era bello con quello sguardo sagace, l’aria del bastardo faceva colpo in ogni paese.
    “Potevamo prendere il taxi” Anton l’aveva sorpassato borbottando sulla scelta del mezzo di trasporto e Dominik non si era scomposto.
    “Io ho scordato a casa il portafogli, tu pure… c’era poca scelta”
    “Già…ma adesso puzzo di vagone” con una smorfia si era annusato la giacca griffata per poi guardarlo in cagnesco.




    Il sole era ormai sceso oltre i palazzi, l’aria era densa di smog e lui camminava per le vie del centro animati da una gioventù vivace e allegra. Chi ridacchiava ammassati su una panchina, chi sorseggiava drink al tavolino di un cafè, chi beveva birra mentre commentava le tipe che passavano e chi faceva esibizioni sullo skate.
    In lontananza aveva subito adocchiato il locale, ‘Carribean blu’, dove lavorava da circa 9 mesi come flair bartender. All’inizio lui avrebbe semplicemente detto <i>barista</i> ma aveva poi scoperto, nel corse del tempo, che barista, barman, bartender e flair bartender sono cose diverse. Nel suo caso si trattava di servire bevande in un locale con rapidità e facendo da showman con numeri con lo shake o le bottiglie. Che stronzata.
    Forse la vedeva così perché era abituato a stare dall’altra parte del bancone a godersi la serata e a potersi divertire con gli amici e spassarsela con le tipe. In fondo doveva ammettere che non gli dispiaceva… anche perché la professione offriva numerosi vantaggi tra cui l’essere idolatrato dal gentil sesso, sciami di ragazze gli sbavavano dietro specie quando faceva volare su per aria la bottiglia per poi riprenderla in equilibro sul gomito piegato.





    I suoi pensieri furono interrotti dallo squillo del cellulare, guardò il display: Simoné. Una top model con cui aveva lavorato durante un servizio fotografico che doveva fungere da pubblicità al locale e con la quale non aveva diviso solo il set ma anche il letto. Era vero quel che si diceva: in quel mondo era più facile fare sesso che respirare e lui ormai lo sapeva fin troppo bene. Ne aveva scopate talmente tante da non riuscire a tenere il conto. Ma lui era fatto così. Non si era mai innamorato e mai lo avrebbe fatto. L’unica volta che ci era andato vicino era a 17 anni… con Yuna. Ma da quel giorno fatidico dell’aborto lui aveva chiuso i ponti con tutti, Yuna compresa. Si era fatto un nuovo giro di amicizie, molto meno raccomandabili forse ed era pure finito in riformatorio per qualche mese per essere stato pescato a scassinare un’auto. Fortuna che avendo la fedina penale pulita se l’era cavata con neanche un anno… ma certo non era cosa di cui vantarsi. Almeno nelle volte seguenti era stato più bravo e non si era più fatto beccare. Con quei soldi racimolati si era dato alla macchia verso nuovi lidi. Ora sorrideva amaro a quel ricordo, certo non ne andava orgoglioso e da quando era lì aveva chiuso i ponti pure con quel gruppo.
    Ad ogni modo rinfilò il cellulare in tasca. Non era decisamente interessato ad ascoltare cosa la biondina avesse da dirgli.




    Il locale, che faceva musica latino americana, era ancora vuoto, la gente avrebbe preso ad arrivare da lì a poco come ogni venerdì notte che si rispetti. Pronti a far baldoria e a godersi una serata di cazzeggio assoluto dopo aver già gozzovigliato nella movida madrilena.
    Ah, che avrebbe dato per poterla fare anche lui… ma quella sera era di turno e niente cuba libre a portata di mano (ma preventivamente se n’era scolato un paio di bicchieri con Anton prima di uscire).
    “Non sono ancora entrato e già voglio tornarmene a casa” si era lamentato l’amico. Ne aveva ben donde… lui faceva il cameriere e per tutta la notte andava in su e giù con grossi vassoi in mano e bottiglie giganti di champagne tra cambusa e tavoli dove i clienti paganti facevano baraonda.
    “Non puoi nemmeno rimorchiare… hai in casa tua madre fino a martedì!” rise beffeggiandolo e Anton, come da copione, gli aveva tirato un cazzotto scherzosamente offeso sul braccio.
    “stronzo!”
    “tu soffri di dipendenza da sesso…”
    “disse quello che le prime parole in spagnolo che ha imparato sono state ‘quieres follar conmigo’ [trad. vuoi fare sesso con me?]” a quelle parole, Dom, aveva alzato le mani in segno di resa… cencio che dice male di straccio.






    La musica già iniziava ad andare… non era a volume alto, giusto per rallegrare l’ambiente e negli spogliatoi c’era una caciara assurda. Pedro come sempre cantava a squarciagola la canzone che passava il dj
    “Una mujer que me quiera, que me trate a su manera, de la palabras sinceras, que me de la vida entera” e come al solito tutti ne erano contagiati, persino Juan che era il più taciturno di tutto lo scalmanato gruppo.
    Com’era entrato Pedro l’aveva guardato burlone e si era messo a fargli uno spettacolo ‘sensuale’, se così si può chiamare, e a buttargli addosso i calzini.
    “Ecco il casanova d’america!” la voce di Alonzo aveva sovrastato i canti e Dominik era stato al gioco montando sulla panca e cantando più forte di loro come una rockstar.
    “YO te quiero, yo te adoro - yo te amo,yo te anorio - yo te siento, yo te extranio - no te miento, me haces danio - cuando dices que no te quiero - cuando dices que no te quiero”





    Belle parole d’amore: io ti voglio, io ti adoro, io ti amo… non ti mento e mi fai male quando dici che non ti amo. Bellissime parole che lui però si sarebbe solo limitato a cantare e non avrebbe mai detto a nessuno.
    Alla fine, in tutto quel karaoke improvvisato erano riusciti ad indossare ognuno la sua divisa e Dom era andato assieme Esteban al bancone del bar dove avevano iniziato a preparare il necessario per la serata.
    “hola!” eccola un’altra pazza: Carlotta Delgado. Era l’unica donna (e collega) che non si era portato a letto. Non che non ci avesse provato a suo tempo ma lei era stata piuttosto chiara sulle sue non-intenzioni di scaldargli il letto e da allora avevano cominciato con battutine sceme, si punzecchiavano. Poi erano passati a chiacchiere superficiali e poi sempre più personali. Alla fine Carlotta era diventata la sua migliore amica. Con quei capelli di un castano rossiccio o biondiccio, ancora non l’aveva ben catalogato. I suoi enormi occhi verdi e quella bocca carnosa che pareva eternamente imbronciata. Ma ciò che lo aveva colpito di lei erano senza dubbio i suoi modi eccentrici, le idee che difendeva con determinazione invidiabile (ecologista e animalista convinta e lui condivideva), il suo carattere così solare e spumeggiante.





    “Totta… - si era interrotto quando aveva alzato lo sguardo su di lei – come sei combinata?” strabuzzò gli occhi cercando di mettere a fuoco l’abbigliamento dell’amica. Era coperta di… di niente. Aveva solo un paio di mutande (sì, così si potevano definire) colorate con delle piume stravaganti ai lati, un altresì definibile reggiseno sempre con le solite piume e i soliti colori e in testa una corona di altre piume di pavone… era ufficialmente scioccato! Lei che a fatica infilava i tacchi…e soprattutto lavorava alla cassa, che cavolo succedeva??
    “ah ah – aveva riso lei in cagnesco lanciandogli uno sguardo inceneritore – non sei divertente caprone!”
    Odiava quando lei lo chiamava così, ma ormai si era arreso e lasciava che lo appellasse come più le pareva limitandosi a guardarla torvo.
    Carlotta si era appoggiata al bancone e aveva continuato con una faccia che faceva trapelare quanto non gradisse quella tenuta provocante e soprattutto che non lasciava niente all’immaginazione.
    “Alma si è fatta male alla caviglia, mancava una ballerina e siccome, quel deficiente del nostro capo ritiene che abbia il corpo giusto ed io ho avuto la malaugurata idea di dirgli che avevo fatto danza, mi ha imposto di rimpiazzarla” raccontava mentre Dom gli preparava il suo cocktail preferito: japanise.




    Aveva allungato un braccio strappandogli letteralmente la bevuta tra le mani e se l’era scolata mezza in un sorso. Lui restava sempre interdetto… quella ragazza reggeva l’alcool quasi meglio dei suoi amici.
    “Ma almeno mi prendo un bell’aumento sullo stipendio” aveva detto infine posando teatralmente il bicchiere al ripiano.
    “Que mami!” Pedro non si era lasciato sfuggire un bel primo piano del lato B di Carlotta che si era istintivamente coperta con la mano il sedere. “Pedro tanto non ti tocca nulla. Inutile stare a guardare una merce che non puoi avere” a quella risposta Dominik si era fatto una grassa risata mentre Pedro le aveva lanciato un cubetto di ghiaccio.
    “Oh, oh! Lasciate in pace mia sorella!” eccolo l’altro suo caro amico Esteban. Fratello morbosamente geloso di Carlotta.
    “aiutami a salire và” Dominik aveva allungato una mano verso di lei e l’aveva tirata su mentre Jacinta, l’altra ballerina ufficiale, si era già accomodata all’altro lato del balcone.
    In men che non si dica il locale si era riempito, la musica adesso era assordante e Dominik non aveva più nemmeno il tempo di respirare impegnato com’era a shakerare e far volteggiare bottiglie per accontentare e intrattenere i clienti assetati.
    Già… come se guardassero lui con Carlotta che ballava scuotendo quel culo da sogno proprio a pochi passi da lui.





    E anche lui ogni tanto ci buttava un occhio. Mica era di ferro in fondo! Nessun uomo, nemmeno il più integerrimo e asessuato, avrebbe potuto non bearsi della vista di quel corpicino sinuoso che si muoveva sensuale con tanta facilità.
    Di tanto in tanto Anton arrivava a dargli il tormento facendosi preparare un vodka lemon o per fargli notare l’ennesima figona che era passata.
    “Ma Carlotta dove cavolo nascondeva tutto quel ben di Dio?!” eccola l’ennesima uscita di Anton.
    “Basta saper guardare… io non sono poi così sorpreso”
    “hai i raggi x al posto degli occhi tu.”
    Dominik non aveva risposto, gli aveva allungato uno shottino e uno l’aveva tenuto lui.
    “alla salute” aveva detto facendo picchiare il vetro del bicchierino contro quello dell’amico e se l’era tracannato seguito a ruota da Anton che era poi tornato a lavoro.
    Porca puttana… era vero che non era sorpreso… ma cavolo con quel costume striminzito a sculettare Carlotta lo stava facendo rimbecillire… era più caldo del solito o era solo una sua impressione?




    Ormai erano 3 ore che sfornava cocktail, la vista stava diventando doppia, guardò l’ora dal suo cellulare: pausa!
    “Esteban io stacco… ti lascio il campo”. Non aveva nemmeno atteso il cenno di assenso dell’amico/collega che si era già allontanato dal bar direzione terrazza. Aria e sigaretta!
    Fuori era caldo, non era ancora piena estate ma il clima stava già diventando torrido. Era sudato intinto, accaldato si era scosso la camicia nera in cerca di frescura ma non era servito a molto. Lì gente non ce n’era… erano i locali adibiti al solo staff e Dom poteva godersi un po’ di pace.
    Aveva tirato fuori una sigaretta e se l’era accesa lasciandosi cadere a sedere per terra. Il cielo era pieno di stelle quella notte e di nuovo aveva pensato al passato. Lo perseguitava più di quanto avrebbe voluto.
    Ma era arrivata Carlotta a distoglierlo da quei pensieri. Aveva sbuffato sventolandosi con una locandina e, sempre in silenzio, gli aveva rubato la sigaretta e si era messa a fumare.
    “Ehy! Era la mia!” aveva protestato Dom ma lei l’aveva ignorato facendo spallucce e una linguaccia “adesso è mia”.
    Arreso se n’era acceso un’altra.




    “Sei portata per fare la ballerina… sicuramente catalizzi l’attenzione della fauna maschile” l’aveva rimbeccata così, come facevano spesso.
    “Oh, mai quanta ne catalizzi tu tra la fauna femminile” si era messa a ridere, con quella risata argentina e linda.
    “uuuh! – aveva esclamato d’improvviso – questa canzone l’adoro!” sembrava una bambina che scopriva il Natale.
    “Dai dai!” si era tirata in piedi allungando le mani verso di lui per incitarlo ad alzarsi e, per conseguenza logica, a ballare.
    “L’ho cantata prima negli spogliatoi con Pedro sta canzone… ho già dato” aveva detto sorridendo ma scuotendo il capo.
    “Dai caprone… balla!” aveva detto quasi come un ordine e lui, dopo aver stralunato gli occhi al cielo, si era deciso ad alzarsi e ad accontentarla.





    “ella no es mala
    sólo picara en la cama
    la mujer latina es dama
    comunícate a la habana” eccola anche lei a cantarla. Quella canzone l’avrebbe perseguitato ancora per molto.
    Ad ogni modo anche lui si era lasciato andare e ballava con lei, era bravo nei balli latini, l’aveva nel sangue. Non aveva mai preso lezioni né altro…ma suo padre da bravo cubano gli aveva insegnato la salsa e gliel’aveva vista ballare spesso con sua madre Savannah finché erano stati insieme. Alla fine li aveva fatti suoi e i passi non erano un mistero per lui.
    Certo era che, con lei vestita in quella maniera, era complicato restare concentrati sui passi. La teneva per la vita, le gambe intrecciate: la sua tra quelle toniche di lei, e tutto quello sculettamento risvegliava in lui certi istinti. E dire che da quando si era arreso all’idea di portarsela a letto e l’aveva scoperta come amica non aveva più pensieri impuri verso di lei… ma cavolo quella era coperta solo da due piume e di certo sapeva come muovere il corpo per mandare un uomo fuori di testa.




    “dovevi fare il ballerino” aveva detto lei ridendo allegra.
    “Pure tu…”
    Lei l’aveva guardato con un sopracciglio alzato e un angolo della bocca sollevato “io sono un’aspirante pittrice” già… lui invece che cos’era? Un aspirante…? Non lo sapeva! Era questo il bello! Non aveva molte aspirazioni. Alla fine era soddisfatto del lavoro che faceva adesso. Non aveva altre certezze nella vita se non la consapevolezza di amare Madrid e la Spagna…e le spagnole.
    “vediamo se la pittrice sa gestire una presa acrobatica”
    “co-cosa??? NO! No non provarci! Mi farai cadere!” lui aveva riso sotto i baffi e lei aveva sbarrato gli occhi quasi a voler fuggire impaurita “ora mi hai pure sfidato”
    “No…no… no!” ma a niente erano servite e, con una presa salda e grazie ai muscoli scattanti, se l’era sollevata dietro la schiena per poi passarsela davanti come fosse un’hula hop e infine l’aveva buttata in aria riprendendola al volo.







    “Sono ancora viva… è già qualcosa” aveva detto lei portandosi una mano al petto come a simulare un enorme spavento che sapeva benissimo non aver provato.
    “dai che sono bravo!”
    “Sì, te lo concedo. La pausa è finita… torno a sballottolare le tette” aveva detto sarcastica. Conoscendola non c’era bisogno che esternasse il suo dissenso per il ruolo che doveva ricoprire in quella serata. Lei non amava mettersi in mostra e al centro dell’attenzione non adorava starci. Lei che preferiva i vestitini comodi o i jeans.
    “Ma se le tette non ce l’hai che sballottoli?!” come aveva terminato la frase si era coperto il viso, sapeva già come sarebbe finita a quella sua battuta e infatti Carlotta gli aveva lanciato una scarpa.
    “Stronzo, caprone stronzo!” era stata la sua risposta mentre, in maniera alquanto divertente, era tornata a prendersi la scarpa.
    Lo sapeva che il seno, non troppo sviluppato, era il suo complesso ma lui ogni tanto ci sdrammatizzava. In realtà pensava che fosse bellissimo così: piccolo, proporzionato e sodo.
    “Aaah Totta, Totta… quando capirai che agli uomini piacciono anche le tette piccole? Poi tranquilla… potrai non avere un gran seno ma di certo hai un gran culo” e quello era vero, eccome se era vero!
    “ruffiano…” e dicendo questo erano rientrati entrambi alle loro mansioni fino alla chiusura del locale.




    Per fortuna la serata era giunta a termine, com’era finita la sua voglia di stare lì. Stanco e pronto ad andarsene. Non ne poteva più dei sorrisi forzati che, diciamolo, non gli venivano nemmeno bene e delle chiacchiere tutte uguali dei presenti. Era stanco. Come aveva messo il naso vicino alla porta Anton lo aveva fermato correndogli incontro trafelato.
    “Dom! ho un favore importante da chiederti!” quando Anton esordiva così di solito erano guai per lui.
    “Che cosa vuoi?”
    “ecco… vedi quella tipa laggiù? – col fiatone aveva indicato una brunetta seduta sulla panchina che spippolava nel cellulare – si chiama Fernanda e mi piace proprio parecchio, insomma… basta guardare la sua carrozzeria…”
    “Sì, insomma arriva al punto! Stringi! Cos’è che vuoi da me?”
    “Casa tua”
    “Casa mia??? E io dove diavolo dovrei andare a dormire??”
    “Eddai! A casa mia c’è mia madre, che palle! Puoi andare a dormire da Pedro o da Totta”
    “No… assolutamente no!”
    “Oh dai! Ti prego Dom… lei è di Valencia, non la rivedrò mai più!”
    “sei una piaga… e va bene. Prenditi le chiavi”
    L’amico le aveva afferrate al volo e biascicando un numero indefinito di ‘grazie’ si era dileguato verso l’ultima conquista.




    Si era appoggiato alla parete e aveva tirato fuori una sigaretta che aveva subito stretto tra le labbra.
    “Che ci fai qui? Ti nascondi?” la voce di Totta gli era arrivata alle spalle. Si era voltato e stavolta l’aveva riconosciuta: jeans, canottierina di pizzo e coda di cavallo.
    “Ho fatto della mia casa un bordello e ora non so dove andare a dormire.”
    “mmm… è un problema che non conosco”
    “non sai quanto sei fortunata!” aveva risposto aspirando una boccata di fumo.




    “Bè… ma almeno con Anton non ti annoi. Poi il tuo letto è super collaudato per le notti bollenti”
    “simpaticona… senti Pedro è ancora dentro?”
    “No, credo che sia già andato via”
    Merda! E ora dove cazzo avrebbe dormito??
    Improvvisamente gli venne l’idea e con occhioni da cucciolo bisognoso di soccorso si era rivolto a Totta che, stranamente, si era presa una sigaretta senza rubare la sua “Se ti chiedessi asilo a casa tua? Solo per stanotte… “
    “Vuoi venire a casa mia?? Con tutte le bonazze che ci sono tu chiedi a me, anonima cassiera, di venire a casa mia?”
    “Prometto che terrò le mani apposto…e comunque non sei affatto anonima” e lo pensava davvero. Certo magari non si esaltava, ma aveva un ovale quasi perfetto e due occhi verdi da far invidia agli smeraldi… era minuta ma con un fisico tonico e femminile… immaginò ben più del lecito ricordando il costume di prima e si riscosse velocemente.





    “Sono abituata alle promesse da marinaio… ma voglio darti una chance. Ti concedo asilo da me ma… mani dove io possa vederle.”
    “Parola di scout”
    “perché? Hai fatto lo scout?”
    “no…mai” rispose sincero scoppiando a ridere e contagiando anche lei.
    “Sarà meglio prendere un taxi… alle cinque del mattino non mi va di prendere la metro” aveva detto lei avviandosi e facendoli cenno con la mano di seguirlo. Lui l’aveva fatto, l’aveva seguita ed era stato soddisfatto che i suoi piani fossero andati come sperato. Un quarto d’ora dopo era davanti al palazzo di Carlotta.




    Casa di Carlotta, in cui non era mai andato ma era sempre andata lei da lui, era quasi come se l’aspettava. Un profumo di incenso al sandalo invadeva quella stanza colorata e pittoresca. Dipinti appesi ai muri e sopramobili decisamente alternativi posati, ma sarebbe meglio dire ammassati, sulle mensole del soggiorno su cui padroneggiava uno smangiucchiato divano dal colore giallo canarino, la tv era decisamente retrò in linea con il resto dell’arredamento. Dalla tendina si scorgeva la cucina da cui arrivava uno strano odore di cibo cinese che si mescolava all’incenso.
    “Benvenuto a casa mia” aveva esclamato lei facendo una specie di giravolta e lasciando cadere la sua borsa sul tavolino all’ingresso.
    “Direi che ti rappresenta bene” stranamente quell’appartamento lo incuriosiva, decisamente diverso dal suo che era più underground e ordinato.




    “Vuoi qualcosa da bere?” la ragazza aveva cordialmente sorriso mentre si avviava verso la cucina e scostando da sé la tendina multicolor.
    “Che cosa propone il menù?” Dominik l’aveva seguita ciondolante, era stanco. La mattina si era svegliato decisamente presto, attorno alle 5, quasi stentava a ricordare se il sole ci fosse quando aveva aperto gli occhi. Ma aveva avuto un sacco di cose da fare quel giorno e non aveva potuto fare altrimenti.
    “mmm… - aveva mugolato iniziando a curiosare tra i pensili del cucinino – tisana di finocchio, tisana di malva e rosmarino, tè verde, tè al mirtillo, un decotto…”
    “Per caso hai qualcosa che sia meno salutare ma più invitante?”
    “Ti sei scolato non so quanti bicchieri di cuba e conoscendoti avevi fatto il pieno già prima di arrivare a lavoro… non ti farà male un po’ di <i>salutare ma meno invitante</i>”




    “vada per il tè verde…mamma” si era accomodato sul divano… le palpebre pesanti mentre in cucina sentiva sferragliare Totta nella preparazione del tè.
    “Spero che lo trovi comodo il divano perché è lì che dormirai” le aveva sentito dire mentre gli posava ai piedi un cuscino e un paio di lenzuola.
    “Dimmi che è un divano letto”
    “Posso anche dirtelo…ma non lo è”
    “che tu sia maledetto Anton!” bofonchiò togliendosi scarpe e maglietta, si moriva di caldo.
    “Vedo che ti stai già mettendo comodo…il tè è quasi pronto e se ti serve il bagno è di là, seconda porta a sinistra.” Aveva detto sparendo di nuovo in cucina e indicandogli il corridoio.
    “grazie” senza farselo dire due volte si era diretto in toilette dove si era dato una sciacquata… quand’era tornato in salotto aveva trovato Carlotta seduta sul divano a gambe incrociate e con la tazza fumante in mano. Avevano chiacchierato un altro po’ mentre finivano le rispettive bevande e poi lui, quasi senza accorgersene, era crollato.




    Quando il mattino dopo aveva riaperto gli occhi il sole era già alto e filtrava dalla finestra socchiusa, un leggero alito di vento gli aveva smosso i capelli donandoli sollievo. Fuori i rumori della città sveglia e Dom si era stropicciato gli occhi.
    La casa, vista di mattina e da sveglio, era ancor più colorata. Aveva notato un angolo dove vi era un cavalletto e dei colori disordinatamente sparpagliati, tele posate a terra con cura su un lenzuolo sporco di colori a olio e tempera. Nelle pareti foto di Carlotta, alcune sole, altre con amiche e altre di famiglia. Si era alzato dal suo giaciglio e si era messo a curiosare quelle foto dov’era ritratta… ne aveva un numero esagerato. Evidentemente amava anche la fotografia.
    Poi c’era un’altra foto… un po’ più nascosta rispetto alle altre: era lei che sorrideva con un gelato in mano insieme ad un ragazzo dai capelli castani anche lui sorridente. Si domandò chi fosse, probabilmente un ex fidanzato dato che sapeva che Totta era single.





    “Buongiorno” la voca impastata di sonno di Totta lo fece ridestare “che ore sono?” aveva domandato sbadigliando e camminando verso di lui.
    “Buongiorno. Sono le undici e mezzo…”
    “Vuoi un caffè?”
    “Non è una cattiva idea, ho bisogno di risvegliare i neuroni”
    “Perché ne hai anche tu di neuroni?” lo punzecchiò lei facendoli una linguaccia sbarazzina e poi era sparita in cucina dove lui l’aveva seguita.
    Si era seduto e la osservava smanettare con la caffettiera. Era quasi più bella la mattina senza trucco e i capelli scarruffati. Quel vestitino slargato che doveva essere il suo pigiama e con i piedi scalzi.
    “Per me” aveva iniziato a dire lui, ma Totta l’aveva interrotto finendo per lui “niente zucchero, lo so”.




    Totta aveva posato davanti a lui la tazza di caffè fumante e dal pensile aveva tirato fuori un dolce che aveva tagliato porgendogliene una fetta.
    “Che donna da sposare” aveva detto lui scherzando mentre tagliava con la forchetta quel pezzo di dolce alla frutta.
    Lei aveva risposto con un mugolio… la mattina non doveva essere molto chiacchierona.
    “Quello di là nella foto è il tuo ex?”
    “Quale foto?”
    “Quella col ragazzo castano e tu che tieni un gelato in mano”
    “Avevo 16 anni e no… lui era mio fratello” il suo sguardo si era incupito e a Dom manca poco che non si strozzava con la torta. Fratello?? Non sapeva che avesse un altro fratello oltre a Esteban.
    “Pensavo avessi solo Esteban come fratello”
    “Bè… ora sì. Non ne parlo mai ma lui è… bè, è morto”




    “Mi dispiace Totta… se non vuoi parlarne ti chiedo scusa per esser stato invadente” imbarazzato e mortificato pensava a qualcosa di sensato da dire…ma non gli veniva in mente niente che potesse approvare. Non era mai stato molto bravo con questo genere di cose, non sapeva mai trovare le parole giuste.
    “Oh! – aveva squittito lei abbozzando un sorriso – il casanova che tenta di essere delicato non me l’aspettavo” sorrideva, segno che anche lei voleva toglierlo da quello stato di disagio imbarazzante.
    “Anche io ho un cuore…nascosto molto bene, ma ce l’ho”
    “Comunque si chiamava Miguel, era più grande di me di tre anni e di due di Esteban. Una sera litigammo, lui mi rompeva perché non voleva frequentassi un ragazzetto della mia scuola che pensava mi avrebbe fatto soffrire, avendo pure ragione alla fine, non mi sono mai scusata per aver risposto male, per averlo accusato di essere arrogante e prepotente, gli dissi che non doveva permettersi di scegliere i miei fidanzati. Son state le ultime cose che gli ho detto perché la notte stessa ha avuto un malore, il cuore si è fermato e lui non c’è più ora e io non potrò mai chiedergli scusa.” Continuava a passare le dita attorno al piattino del caffè, lo sguardo basso e colpevole. Lui non disse niente… si alzò e si limitò ad abbracciarla.




    Le giornate trascorrevano più o meno senza intoppi. Sabato e domenica aveva lavorato come un mulo e finalmente ora era lunedì e niente turno! Niente cocktail e niente shaker.
    Quel giorno si era alzato dal letto alle 15, il sole era già più che alto in cielo e lui aveva deciso che ciò che avrebbe fatto sarebbe stato: niente!
    Un emerito, splendido, niente… una giornata di nullafacenza totale dove avrebbe pensato solo a rilassarsi. Aveva guardato dalla finestra dove aveva intravisto Nina, la tipa che si era portato a casa la notte dopo lavoro, prendere il taxi e andarsene. Evvai!
    Per una volta era di buon umore. Aveva preso il portatile e, svaccato nel letto, aveva controllato la e-mail.
    Pubblicità, truffa, pubblicità del viagra. Un suo amico, Jhonny, che gli scriveva di tanto in tanto dagli States. E poi un altro nome, un nome che l’aveva subito fatto scattare: Yuna.




    Aveva aperto il suo messaggio con uno strano stato di agitazione, non sapeva se era più curioso o più desideroso di cestinarla senza neppure leggerla.
    Ad ogni modo aveva cominciato a leggere.
    <i>-Ciao Dominik, è passato molto tempo dall’ultima volta che ci siamo visti o anche solo sentiti. Tu sei sparito nel nulla e hai tagliato quasi ogni contatto. Ho rispettato la tua evidente decisione di lasciarti tutto alle spalle, vecchi amici compresi, ma ora mi trovo costretta a scriverti… da quando sei andato via mi sono molto avvicinata a tuo padre…-</i> come aveva letto la parola <i>padre</i> aveva immediatamente chiuso tutto. Non voleva saperne niente. Dopo la grossa lite che c’era stata prima che partisse per il mondo non aveva alcuna intenzione di pensare a lui. Non si erano mai capiti quando vivevano sotto lo stesso tetto… meno che meno si sarebbero capiti a migliaia di chilometri di distanza.
    Si era alzato di scatto innervosito ed era sceso di sotto cercando qualcosa da bere con cui calmarsi, una birra andava benissimo.





    Il pomeriggio era volato in gran parte così, tra birre e playstation, era un patito delle console di gioco in special modo della serie Assassin’s Creed.
    Ormai dimentico dell’email di Yuna, dimentico di suo padre. Il suo programma stava per essere rispettato.
    A scombinare i piani era stata l’irruzione di Carlotta che aveva preso a suonare il citofono come una pazza squilibrata facendo nascere in lui un istantaneo mal di testa.
    “Non sono sordo! Basta che suoni una volta, sai?” aveva esordito come aveva aperto la porta e Carlotta, senza dire niente, era entrata dentro come un piccolo uragano.
    “Che combini?” aveva domandato buttandosi sul divano come fosse a casa sua.
    “Giocavo… vuoi fare una partita a NBA?”
    “naaa…. Ti straccerei, lo sai” aveva riso e gli aveva rubato un sorso di birra mentre lui le si sedeva a fianco.




    “Ho bisogno di un favore…” aveva pigolato Carlotta con un tono talmente basso che aveva faticato ad udirla.
    “Che genere di favore?”
    “Ricordi mia zia Ingrid? Quella che vive a Formentera?”
    “Quella ricca ma pazza? Fissata con il matrimonio?”
    “Sì! Propriamente!”
    “E io cosa c’entro con tua zia?” Dom era confuso, aveva alzato un sopracciglio e aveva tolto la pausa dalla play riprendendo la partita.




    “C’entrerai se mi farai il favore…” lui non aveva risposto, era rimasto in silenzio aspettando che lei continuasse “Puoi lasciar perdere Connor per qualche minuto e ascoltarmi?!”
    “ok,ok… pausa. Sono tutto orecchie”
    “Dicevo… mia zia Ingrid mi ha invitata a Formentera la prossima settimana, vuole mettermi nel testamento…”
    “Ah, benissimo! E dov’è il problema? Vuoi che ti aiuti a sperperare i tuoi soldi?” aveva scherzato ma lei invece di ridere aveva fatto una smorfia buffissima che fece ridere lui ancor più forte.
    “No, caprone! Il problema è che lei crede che io sia… si insomma…”
    “Cosa crede??”
    “Crede che abbia il fidanzato da 5 anni…e ora lo vuole conoscere in tutti i modi perché dice che inizia a sospettare”
    Dominik l’aveva guardato strabuzzando prima gli occhi e poi confuso “ma tu non sei single??”
    “Esatto… è questo il problema! Se io dico a mia zia che ho mentito lei mi escluderà dall’eredità e io ho bisogno di quei soldi per potermi fare strada nel mondo dell’arte! Sai quanto sia difficile se si è una perfetta sconosciuta squattrinata??”
    “Capisco l’affanno… ma perché le hai mentito?? E poi io che cosa c’entro??”
    “Oh, perché mi dava il tormento! Ogni volta che ci vedevamo mi organizzava appuntamenti al buio disastrosi, mi ha tolto il fiato! Dovevo inventarmi qualcosa…anche se forse ho fatto ancora più danno” si era arrestata per un attimo prima di fare un grosso sospiro e continuare guardandolo negli occhi con il suo tipico sguardo da cerbiatta che le riusciva pure bene “Tu c’entri perché è qui che arriva il favore… Una settimana con me a Formentera, tutto pagato. Non devi fare niente a parte divertirti in spiaggia… e fingerti il mio fidanzato! Ovviamente niente sesso”
    Cosa??????? Dominik aveva preso a tossire sconvolto. Davvero gli aveva appena chiesto di fare da finto fidanzato?? E pure senza sesso… tutte le rotture della vita di coppia senza l’unica nota piacevole della faccenda! Ma era matta?? Come poteva andare a Formentera e fingere pure di amarla in quel ’modo’???

    CAPITOLO II
    Ultima modifica di Adanay; 13th March 2013 alle 02:19

  3. #3
    sim dio L'avatar di Claudy97wts3
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    Re: CAP 1 - un'altra vita

    Ciao Adanay!
    Complimenti, davvero, per le foto e lo scritto! Mi piace molto il tuo stile!
    Questa storia mi intriga parecchio, sono molto incuriosita! Dom è un grande, grande, grande ... bonazzo. Complimenti U_U
    Mi piace molto, forse proprio per quell'aria da "bastardo dentro" (ma forse anche fuori xD) e Carlotta la adoro ... sarebbero così carini insieme <3
    L'e-mail di Yuma mi ha incuriosita molto, sarebbe meglio se finisse di leggerla!!
    A presto!

  4. #4
    sim dio L'avatar di MarinaBlau
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    Re: CAP 1 - un'altra vita

    Ciao Adanay!! Che bell'inizio! Adoro le coppie che si punzecchiano come Dom e Carlotta! Se lui deciderà di andare a Formentera (e come si può rifiutare una vacanza tutta pagata??) faranno sicuramente scintille!
    Chissà che voleva dirgli Yuma.. se dopo tanti anni gli ha scritto ci sarà un motivo importante..
    Mi piace molto il tuo stile, hai reso benissimo l'atmosfera nel locale! E l'appartamento di Carlotta è adorabile!
    A presto!!
    In her eyes she's always playing out some movies





  5. #5
    sim dio
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    Re: CAP 1 - un'altra vita

    Benvenuto/a nella Sezione Diari, Adanay!
    Moderatori a cui rivolgerti per questa sezione: mary24781, saphira_84

    Siamo tutti ansiosi di leggere la tua Storia e poterla commentare!


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    Per poter godere al meglio questa tua nuova avventura, ti invitiamo a leggere il
    Regolamento di Sezione - Come Impostare un Diario


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    Organizzare un Indice
    così tutti, aprendo il diario, potrenno velocemente raggiungere il capitolo che interessa loro, senza doverlo cercare tra le pagine!


    Fa molta attenzione! Può capitare spesso, per qualche problema, di perdere il salvataggio della partita,
    e di conseguenza la tua storia, con i personaggi! Non rischiare che questo accada, quindi leggi qui come
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    Domande? Qualcosa non è chiaro? Chiedi qui!




    In questa sezione, abbiamo inoltre diversi topic dove gli scrittori possono confrontarsi:


    Topic di Discussione: parliamo qui dei nostri diari, delle nostre domande, scambiamoci consigli e opinioni sui diari!
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    Community Story: abbiamo un diario a più a mani, a cui tutti possono partecipare! Perchè non vieni a dare un'occhiata?
    10 Things About..?: simpatico giochino col quale scopriamo tante curiosità sui nostri personaggi...vieni a vedere meglio come funziona!


    Buona permanenza,
    lo Staff

  6. #6
    sim dio L'avatar di Adanay
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    Re: CAP 1 - un'altra vita

    grazie a tutti per i complimenti *_*
    Dom piace un sacco anche a me.. mi sono innamorata io di lui xD (son famosa per innamorarmi sempre di quelli sbagliati ahahah)
    Mattiu ti ringrazio per i link, letto tutto quanto. il primo capitolo è già postato

  7. #7
    L'avatar di mary24781
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    Re: CAP 1 - un'altra vita

    Non mi lasciano in pace per leggere in questa casa! Domani scrivo qualcosa di sensato U_U Però già ti posso dire che le foto mi piacciono *e i simmoli*

  8. #8
    L'avatar di Daniela Alberghini
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    Re: CAP 1 - un'altra vita

    Quando ho letto il titolo mi è venuta in mente la pubblicità del Campari! Che ci azzecca pure visto il mestiere di lui, no? U_U
    Comunque molto interessante questo primo capitolo!
    Anche io sono curiosa di sapere il contenuto della Mail di Yuna! E chissà come sarebbe da "finto fidanzato" di Carlotta...
    Su cosa sarà la scelta? Il mio voto ci sarà sicuramente!

    P.S: Magari la prossima volta ti può essere più comodo mettere 10 foto per post.

  9. #9
    sim dio L'avatar di scarygirl
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    Re: CAP 1 - un'altra vita

    Uuuuh che bello, un'altra LoD! *______* E già dall'inizio devo dire che mi piace! Un bel tipetto il nostro protagonista, e anche Carlotta non sembra essere da meno! Brava, davvero, anche se non avevo dubbi..mi ricordo di aver letto qualcosina di tuo sul lj!
    Ora attendo la scelta e speriamo di azzeccarla....sai in questo forum *alza la voce per farsi sentire* gli utenti fanno un po' di fatica ad azzeccare quella giusta! U_U Quindi prima che mi ammazzano XD auguro buona fortuna a te e a Dom!
    A presto collega!


  10. #10
    sim dio L'avatar di Adanay
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    Re: CAP 1 - un'altra vita

    ahahahah mary capisco... io ho il cane o i gatti che disturbano le mie letture
    La prossima scelta sarà a sorpresa... spiego un attimo il fatto: questa legacy la sto postando anche sul mio LJ, motivo per cui dovrò fare la somma dei punteggi e motivo per cui adesso in questo capitolo la scelta non l'ho messa ma è solo sul LJ...ma dal prossimo la scelta sarà anche qui e deciderete anche voi del forum le sorti di Dom

    Daniela ti ringrazio tantissimo per i complimenti... ho letto la tua storia e l'ho letteralmente amata *_* (AAA cercasi dignità)
    10 foto per post...perfetto. avevo guardato nei regolamente se c'era un limite di foto per post, dalla prossima farò così allora, ti ringrazio

    scarygirl davvero hai letto qualcosa sul mio LJ? questa storia l'avevo messa privata perchè una volta mi "rubarono" una storia e da allora ho messo friends only.
    ahahah sono fiduciosa che chi legge indovini, a volte io (da brava sadica) quasi son contenta quando alcune le sbagliano
    Non vedo l'ora di postarvi il nuovo capitolo e mettervi il bivio per vedere cosa accadrà.

 

 
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