Che bello vai Asya aspetto il finale baci
Che bello vai Asya aspetto il finale baci
Grazie del supporto ragazze! Proprio ieri sera ho ultimato la stesura del capitolo e il prima possibile inizierò a preparare i nuovi lotti per la sessione fotografica. Spero di fare un buon lavoro... a presto!
Ciao yaya, si anche io ho letto la tua LoD mi è piaciuta veramente tanto e la storia di Asya è veramente bella, le foto (specialmente negli ultimi capitoli) le ho trovate molto ma molto migliorate, la scrittura è stesa molto bene, la storia è scorrevole e risulta piacevole da leggere, ora sono veramente curiosa di sapere che cosa succederà ad Appalosa e soprattutto se incontrerà il suo padre naturale. Ho visto nella sezione Teasers Mania(ho scritto bene) le foto di Asya con i possibili futuri spouse, ora devo sapere per forza chi sceglierai per capire chi sarà il nostro futuro protagonista. Aggiorna presto mi raccomando =)
Grazie di aver letto la mia LoD, Kikkina! L'aggiornamento arriverà presto (foto permettendo) e si scopriranno tante tante cose!
Infatti è piuttosto lungo e in questo periodo ho pochissimo tempo da dedicare al gioco... spero di non abusare della tua pazienza
E per lo spouse... la rispsta è in fondo al capitolo, quindi dovrai avere davvero pazienza!
Capitolo NOVEUna volta presa una decisione non vedevo l’ora di comunicarla ai miei.
Approfittai di un weekend in cui ci trovavamo tutti in città per svariati motivi e li convocai per cena nel ristorante vicino casa dove avevamo festeggiato tutte le nostre ricorrenze. Quando ci accomodammo al nostro tavolo mi guardai intorno: era tutto assolutamente identico all’ultima volta che eravamo stati lì, quando cercai di convincerli a farmi andare a vivere a Casa Luhmann.
Anche quella sera avrei annunciato una partenza ed ero convinta che mi sarebbe andata meglio; non ero più una sedicenne confusa e non avrei chiesto loro dei soldi!
Eravamo tutti rilassati e stranamente felici di trovarci lì, come se non fosse mai accaduto niente: una famiglia di adulti, il vino al posto della coca cola e tante avventure da raccontare. Aspettai pazientemente che Klaryssa snocciolasse i suoi insuccessi ai vari casting, che la mamma criticasse ogni piatto con competenza e che papà ci facesse ridere con i suoi aneddoti da backstage.
Mentre aspettavamo il dessert annunciai con voce ferma:
-“Ho accettato una proposta di lavoro per la Simberry: sarò il manager del negozio in apertura ad Appaloosa Plains!”
-“Wow, Asya!!!Mi procurerai in anteprima la borsa <<Neneh>>, vero? Ti prego, ti prego, ti prego! E anche quei fantastici pantaloni col risvolto, gli occhiali da sole e…”
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Mentre la mia sorellina continuava a elencare la sua lista dei desideri i miei genitori si guardavano con apprensione. Mamma posò una mano su quella di papà, cercando di rilassare quelle dita strette a pugno.
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Non lo avevo mai visto così scosso, che c’era che non andava? Un buon lavoro, una città tranquilla… forse non aveva fiducia in me? Credeva che avrei combinato guai? Ma se vivevo senza di loro da ormai quattro anni!
Prima di arrabbiarmi davvero partii all’attacco:
-“Che c’è papà? Pensi che a ventun anni non sappia ancora decidere della mia vita? Mi sembra di essermela cavata abbastanza finora!”
-“Tu non capisci…”- mi rispose mestamente tenendosi la testa tra le mani.- “Ci sono tante cose che non sai… E’ un posto dimenticato dal Creatore, non c’è niente di buono… solo ricordi dolorosi…!”
La mamma gli si avvicinò dolcemente, cingendogli le spalle e mormorando qualcosa mentre io e Klaryssa ci guardavamo sgranando gli occhi: era incredibile quello a cui stavamo assistendo, se qualcuno ci avesse detto un’ora fa “I vostri genitori stasera si abbracceranno” gli avremmo riso in faccia.
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-“Caro, non pensi sia l’ora di affrontare tutto questo dolore? Sono quasi vent’anni che ce lo portiamo dentro, ci ha consumato l’anima e ucciso il meglio di noi. Non meritiamo di invecchiare in mezzo ai fantasmi.”
Non capivo assolutamente quello che stava dicendo, non sapevo cosa pensare e la faccia di mia sorella rispecchiava le stesse sensazioni; volevo reagire, spezzare la tensione, quindi ricominciai il mio discorso come se niente fosse accaduto:
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“Affitterei una casa in centro, in modo da non essere troppo vicina al quartiere dove sorge il centro commerciale Megasim : non mi va di fare la tipa tutta casa e lavoro. Omero mi ha mostrato delle foto e credo che mi troverò benissimo in quella zona così tradizionale! Verrai a trovarmi nel mio cottage, Klary?” chiesi con un sorriso complice all’unica che mi dava un po’ di retta.
Ma la risposta di mia madre coprì i risolini entusiasti della sua secondogenita:
-“Quello che tuo padre intendeva dirti è che rischi di pagare l’affitto a te stessa. Alla morte dei nonni tutto il patrimonio è stato ereditato da tuo padre e, dopo qualche anno, anche gli zii sono andati via lasciando tutto a lui. Non ha mai voluto affrontare la questione e ha lasciato la gestione agli avvocati di famiglia, ma ha avuto la fortuna di incontrare delle persone corrette e il patrimonio è molto cresciuto. Giorgio”- continuò poi con dolcezza rivolta a lui- “forse è un segno. E’ l’occasione per ricominciare tutto, insieme.”
Detto ciò lo guardò con intensità, gli mise una mano dietro la nuca e lo baciò appassionatamente.
Ultima modifica di yayachan; 21st April 2012 alle 01:11
-“Allibita, scioccata, pietrificata! Non basta a descrivere come mi sentivo! Ma vi rendete conto? Mancava poco che si mettessero a fare sesso sul pavimento del ristorante!”
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Omero rideva scuotendo la testa, Sofia sorrideva ripetendo che aveva predetto che sarebbe stata una serata importante e dai risvolti inaspettati.
-“Sì, va bene, ma io mi aspettavo che mi dicessero di andare a vivere nella casa dei nonni o magari che il cameriere gnocco si sarebbe finalmente accorto della mia cotta decennale e mi avesse chiesto il numero, cose così!”
-“Quale cameriere gnocco?”- chiesero all’unisono i miei amici mentre Penny si sbellicava attraverso il vivavoce aggiungendo:
-“Io lo sapevo, ma avevo giurato di non dire niente… Scommetto che ha chiesto il numero a quella spocchiosa di Klaryssa, piuttosto!”
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-“Penny, sei diventata sensitiva anche tu?” le chiesi al sommo dello sconforto, mentre tutti mi deridevano.
Dopo un’oretta la mia bionda coinquilina uscì con il moroso del momento e rimanemmo in due a riordinare la cucina.
-“Più che uno scrittore famoso mi sembri la perfetta casalinga!” scherzai dandogli una lieve gomitata mentre asciugava i bicchieri. Continuammo a sgomitare per qualche minuto, poi passammo alle spinte e finimmo in camera mia a prenderci a cuscinate.
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Tra le piume che volavano, ci gettammo stremati sul mio letto.
I like it when we talk about love!-“Homer?”
-“Mmmh?”
-“Ma tu ti sei mai innamorato?”
-“Tutte le volte che mi scopo una segretaria della casa editrice, giuro!”
-“Ma che schifo!” gridai, mentre lo colpivo a casaccio col cuscino.
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-“Perché mi aggredisci, sciocchina? Come credi che vadano le cose al giorno d’oggi? Pensi che Penny non si faccia decine di modelle quando lavora ai cataloghi di moda o durante i periodi di sfilate? Quando è in zona ne passa qualcuna anche a me… ahi! FINISCILA!”
Mi misi a sedere tenendo il broncio.
-“Uffa” – sbottai- “Siete proprio squallidi! I miei genitori si amano ancora come due ragazzini a più di quarant’anni e voi pensate solo al sesso! Ma non esiste più nessuno che creda all’amore?” domandai retoricamente, al sommo dello sconforto.
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Omero mi si fece accanto e disse gentilmente:
-“Ok, ti rigiro la domanda… Ti sei mai innamorata, Lalla?”
-“Non lo so… di certo le storielle che ho avuto con l’amore avevano davvero poco a che fare…”
-“E tu l’hai messa sotto spirito per il bel dottorino, ahimè! Ma se vuoi fare un ripasso dei fondamentali il tuo amico del cuore è sempre disponibile!” mi disse ammiccando.
-“Vuoi un’altra cuscinata?”
-“No, pietà! Però la prima cosa che ho detto è vera!”
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-“Non ti capisco…”- mormorai arrossendo.
-“Ahà, touchè! Sono troppo perspicace! Però è proprio un peccato che non vi siate conosciuti meglio…”
-“Dai, finiscila, tanto ormai è andata. Lui è a Sunset Valley e io domani sarò ad Appaloosa Plains. Magari lì troverò qualcuno che mi farà innamorare e a quarantuno anni avrò ancora voglia di andarci a letto… Meno male che vivo ancora qui… mia sorella dorme con l’ ipod infilato nelle orecchie!”
-“Addirittura così rumorosi? Va be’ che devono recuperare 4 anni, però… E come farai da domani?”
-“Ah, non mi ci far pensare! A ventun anni torno a vivere con i miei! Che pena! Meno male che la proprietà è grande e ognuno avrà i suoi spazi… Klaryssa va nella dependance per gli ospiti, io sto facendo ristrutturare il cottage del giardiniere. Era disabitato da quasi vent’anni, ma ha una vista stupenda!”
Il momento imbarazzante si esaurì e passammo il resto della serata con i progetti della mia futura casa.
L’idea di avere un cottage tutto per me mi elettrizzava e avevo curato ogni dettaglio, destinando un budget piuttosto consistente al restauro. D’altronde avevo appena scoperto di essere una facoltosa ereditiera e non avevo nessuna intenzione di smettere di lavorare… cos’erano per me alcune decine di migliaia di simoleons?
Ultima modifica di yayachan; 21st April 2012 alle 01:52
Cambia lo scenario, cambia la musica! Apri questo link!Avevo disegnato quella facciata così tante volte che, quando finalmente mi si parò innanzi mi sembrava di sognare.
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L’edera si arrampicava sulle pietre erose dal tempo esattamente come immaginavo e il sentiero in pietra si snodava nel giardino tra i cespugli di lavanda. L’interno era perfetto, rustico ma decisamente chic; anche se era più piccola della dependance di mia sorella dava molto più nell’occhio e non vedevo l’ora di organizzare qualche festa, dovevo solo incontrare un po’ di gente interessante da invitare!
Il lavoro mi diede da subito grandi soddisfazioni, ma era molto impegnativo: i primi mesi passarono veloci tra l’allestimento del punto vendita, la selezione del personale e le attività pubblicitarie. Arrivai all’inaugurazione praticamente stremata e dovetti affidarmi a mia sorella che mi trascinò nel centro estetico e mi ci fece restare per quasi tre ore; funzionò, tutti mi fecero i complimenti per la mia ottima forma e si stupirono di come fossi riuscita a fare un lavoro di quel genere con così poca esperienza.
Poi un giorno il trambusto si placò e iniziai finalmente a respirare e guardare davvero la mia nuova città e i suoi abitanti. Notai con sgomento che la gente mi guardava con una sorta di riverenza, perfino le commesse del negozio, le donne delle pulizie, il postino… mi fissavano e parlavano tra loro, ma non come chi spettegola. Non so come spiegarlo, ma avevo la sensazione che parlassero bene di me : se mi fermavo a guardarli e sorridevo anche loro mi rispondevano con un sorriso pieno di gratitudine, neanche fossi la santa patrona! Si riaccese in me la curiosità sulle mie origini e fui pienamente soddisfatta dopo pochi giorni.
We all go back to where we belong...
La mamma ci invitò a pranzo a casa una domenica, pregandoci di non prendere impegni per il pomeriggio e la sera. Quando mi incamminai per il sentiero mi accorsi che c’era una macchina a noleggio parcheggiata nel cortile; la cosa mi sorprese, ma mai quanto la persona che venne ad aprirmi la porta: non avevo mai visto Sandra Solari vestita di nero.
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Nel soggiorno mio padre stava chiacchierando con due uomini; nonostante fossero appesantiti e infagottati in completi formali riconobbi subito il batterista e il bassista dei Falling Trees e di certo la donna che intravedevo muoversi in cucina doveva essere la groupie bruttina che stava sempre con Sandy. Mancava solo Pete… quell’idea mi fece battere forte il cuore.
Papà mi sorrise e mi attirò in un caldo abbraccio, mostrandomi a i suoi amici come un trofeo.
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La prof. Solari intervenne tessendo le mie lodi, una studentessa molto dotata e bla bla, mentre io avrei voluto giustiziarla e morivo dalla paura che spifferasse qualcosa sulla nostra conversazione avvenuta quasi un anno prima.
Matteo e Roberto furono simpaticissimi e ancora più entusiasti di conoscere Klaryssa; addirittura il secondo le promise di infilarla in alcuni casting, poiché lavorava in una importante emittente televisiva.
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Mentre serviva l’antipasto mamma ci svelò il motivo di quel pranzo: era sì una piacevole rimpatriata, ma la data non era stata scelta da loro. Quello era il ventesimo anniversario della morte del cugino di papà, lo zio Pietro.
Mentre un’ondata di nausea mi scuoteva lo stomaco costringendomi a posare la forchetta sul bordo del piatto mio padre richiamò su di sé l’attenzione e ci raccontò di due sorelle molto belle e ricche che vivevano proprio in questa casa tanti anni prima.
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La sua voce era dolce e calma come quando ci raccontava le fiabe della buona notte:
“La più grande, Laura, sposò il figlio del confinante, Damiano Tibaldi. Loro padre, cioè mio nonno, fu molto felice e organizzò un matrimonio sfarzoso a cui partecipò quasi tutto il paese. Dopo non molto tempo anche Mariassunta, la sorella minore, incontrò l’amore: sia lei che il suo sposo erano molto giovani, ma nessuno riuscì a convincerli ad aspettare. In meno di un anno nonno Michele perse entrambe le sue figlie, ma non per molto: mio zio, Pietro Lanterna, morì giovanissimo con un emorragia cerebrale lasciando la zia incinta di 7 mesi. La poverina si ammalò gravemente di nervi, aveva solo diciannove anni e sarebbe stata una madre vedova… Nonno Michele la fece tornare ad abitare con sé e pregò Laura e Damiano di venire a vivere nella dependance per aiutarli.
Ultima modifica di yayachan; 21st April 2012 alle 01:54
Quando venne alla luce quel frugoletto pieno di capelli rossi che urlava a pieni polmoni, Mariassunta ritrovò la pace e fu una mamma perfetta per il suo piccolo Pietro, detto da tutti Pierino.
Dopo un annetto anche Laura e Damiano ebbero un bimbo e lo chiamarono Giorgio. Il nonno e mio padre erano spesso fuori per amministrare le proprietà consistenti della nostra famiglia allargata e le due sorelle crebbero i loro bambini come due fratelli.
Io e Pierino eravamo davvero inseparabili, andai perfino a scuola con un anno di anticipo per stare sempre con lui. Crescevamo nell’amore di quella meravigliosa famiglia con un solo grande problema: non eravamo padroni del nostro futuro e lo temevamo. Nonno e papà erano molto affettuosi, ma irremovibili; dovevamo studiare sodo e laurearci in veterinaria, agraria o economia per gestire al meglio le attività della famiglia. Da piccolini eravamo contenti di questa prospettiva ma con l’arrivo dell’adolescenza tutto cambiò: io scoprii la chitarra e Pierino la ribellione che raggiunse l’apice quando si liberò del “nome di un morto”, ribattezzandosi Pete Lantern. A sedici anni era già il leader dei Falling Trees, tre anni dopo infiammò il palco dell’Appaloosa Rock Festival”.
-“Una nottata memorabile” – intervenne Matteo – “gli amanti del country andarono via turandosi le orecchie, ma tutti i più giovani erano così esaltati! Finalmente qualcuno che saliva sul palco a raccontare la paura del domani e la voglia di fuggire che si dibatteva in tutti. Noi eravamo la rivoluzione!”
-“Così iniziò la nostra breve ma grandiosa avventura musicale” – continuò Roberto – “Finché siamo rimasti noi stessi le cose sono andate a gonfie vele. Poi sono arrivati i manager che stressavano, il nostro roadie è sparito, le groupie non ci davano tregua…” – occhieggiò verso le tre donne.
Papà riprese in mano il racconto:
-“Ci sarebbe tanto da dire sui nostri concerti, soprattutto sul tour che facemmo l’anno dopo e ci portò in tanti paesi nuovi… magari ve lo racconterò un’altra volta. Pete era molto ricercato dal pubblico e dalla stampa specializzata. Aveva una personalità magnetica, nessuno sapeva resistergli. Era davvero fantastico ma aveva un unico grande difetto: non sapeva dire no, a niente e nessuno. Aveva decine di ragazze, centinaia di amici e migliaia di debiti di gioco; per alleviare lo stress iniziò a cedere all’alcool e in pochi mesi diventò del tutto dipendente, costringendoci a cancellare moltissimi concerti.
L’etichetta che ci aveva promesso di pubblicare il nostro primo album ufficiale ci mollò e Pete tentò il suicidio, gettandosi dalla finestra in preda al delirio alcolico. Fummo costretti a rinchiuderlo in una clinica e sciogliemmo il gruppo perché non avremmo mai potuto sostituire la sua voce e il suo talento di autore. Io ne approfittai per sposarmi” – concluse prendendo la mano della mamma, che prese il testimone con un sorriso e continuò:
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“Già, un bel matrimonio intimo… praticamente gli invitati sono tutti qui, l’unica che non c’era è Klaryssa!
Io ho conosciuto Laura e Damiano solo dopo la sua nascita… e solo perché nonno Michele era andato con l’altra figlia a rintracciare Pete: lui non riusciva a perdonare i nipoti di aver abbandonato le proprie responsabilità per strimpellare in giro, ma non sapere che fine avesse fatto il suo Pierino lo stava consumando e aveva lasciato liberi gli altri di fare come volevano.
I miei suoceri avrebbero voluto che tornassimo qui a lavorare nell’azienda di famiglia, ma Giorgio non ne voleva sapere… doveva continuare a farcela da solo, sulla strada che aveva scelto.
Purtroppo qualche settimana dopo ci trovammo tutti uniti nel gestire la grande tragedia… Pete era stato ucciso dallo stesso male di sua padre, alla stessa età. Esattamente venti anni fa.”
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Erano un po’ troppe informazioni da digerire in una sola volta, mi veniva da piangere, ma mi trattenevo perché sentivo puntati su di me gli occhi di Sandy. Poi mia sorella iniziò a singhiozzare:
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-“Papà, perché non ci hai mai parlato dello zio Pierino? Lo amavi così tanto, come hai fatto a nascondercelo? E anche tu mamma… Ora ho capito a cosa vi riferivate durante la cena! Non avete saputo affrontare il dolore della perdita di una persona così speciale e l’avete fatto ristagnare perché vi sentivate in colpa per non averlo aiutato…”
-“Tenendo conto che vostra madre era stata la sua ragazza…” aggiunse Sandy gracchiando.
-“Questo non ha alcuna importanza!” - la interruppe la mamma – “Sì, l’ho amato con tutta me stessa e lui mi ha illusa e delusa, ma prima che partisse io e Giorgio l’abbiamo rivisto. Era sereno e pieno di entusiasmo all’idea dell’Oriente, non vedeva l’ora di studiare arti marziali e meditazione per ritrovare il suo equilibrio interiore. Avrebbe tanto voluto conoscere la nostra Asya, doveva essere il tuo padrino, cara. Purtroppo non aveva la benché minima percezione dello scorrere del tempo ed è rimasto più di un anno laggiù e poi… è stato troppo tardi. Lo shock della sua perdita ha letteralmente ucciso nonno Michele e zia Mariassunta, che se ne sono andati in pochissimo tempo. Giorgio non ha più voluto mettere piede in questa città, ogni persona che incontrava lo riempiva di domande sulla tremenda sfortuna che perseguitava la sua famiglia e lo invitava a prendere il posto di patriarca lasciato dal nonno… questa città lo soffocava, tornammo a Riverview e alla nostra vita semplice e ripetitiva”.
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-“Bla bla bla!”- si intromise nuovamente la Solari – “Ma che sviolinata! Basta morire per diventare perfetti! Il padrino di vostra figlia, poi! Diciamo piuttosto il p…”
-“Adesso smettila Sandy! Non puoi stare a rivangare il passato, non davanti alle mie figlie!”
-“Pensi di scandalizzarle? Non sono più delle ragazzine, anzi… avranno avuto molti più uomini di te!”
-“Che c’è? Ora getti fango addosso anche a loro? Guarda che c’è una grande differenza tra le donne e le baldracche come te!”
Stavano davvero per iniziare ad accapigliarsi, ma mio padre e i suoi amici le divisero e le costrinsero a calmarsi. In qualche modo il pranzo andò avanti e nel pomeriggio, mentre il sole gettava su di noi gli ultimi raggi, andammo a visitare il cimitero monumentale di Appaloosa Plains.
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Fu la prima volta che vidi mio padre piangere come un bambino, mentre carezzava le foto scolorite dei suoi parenti. La commozione crebbe come un’onda dentro di me, nel giro di pochi secondi mi ritrovai stretta in un abbraccio soffocante con lui e mia sorella.
Tra le lacrime, lo sentii mormorare che eravamo la cosa più bella della sua vita.
Ultima modifica di yayachan; 21st April 2012 alle 01:27
Le emozioni non mancarono nemmeno nei mesi successivi : il turbine degli amori di mia sorella ebbe alcuni “effetti collaterali” e dopo un annetto la nostra famiglia si allargò con l’arrivo di Maria Laura, una biondina paffuta e dolcissima!
La mia vita divenne proprio perfetta: il lavoro andava benissimo e mi divertiva, ogni mia idea era appoggiata dall’azienda e riscuoteva successo presso il pubblico; nella mia famiglia era tornata l’armonia ora che tutti i misteri erano stati svelati. Ora sapevo chi era Pete e qual era il suo ruolo nella nostra vita e sapevo chi era mio padre: non avevo bisogno di esami del DNA, mi bastavano le parole di mia madre.
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Era stata molto innamorata di Pete e aveva fatto l’amore con lui la sera stessa che l’aveva conosciuto, ma era finita lì: a lui piaceva cambiare. A modo suo però la trattava in modo speciale e le altre ragazze la invidiavano perché era la sua musa e la sua consolatrice; in particolare Sandy Babe, che aveva ambito a quel ruolo per tutto il tour, non si era più liberata del rancore covato e aveva insinuato tutti quei dubbi tra noi. Per me fu una liberazione poter confessare quello che avevo passato a causa della mia prof.
E poi c’era la mia nipotina: la mia gioia più grande era passare i momenti liberi a giocare con lei, dando a mia sorella la possibilità di uscire a divertirsi. La vita di coppia non faceva proprio per Klaryssa, con il papà di Maria Laura era già finita da un pezzo quando spense la prima candelina.
Stavo proprio cambiando la foto di sfondo al computer dell’ ufficio con quella che le avevo scattato il giorno prima in giardino, quando una delle assistenti venne a chiamarmi:
-“Signora Tibaldi, abbiamo bisogno di lei al reparto uomo!”
-“Mariapaola, quante volte ti ho detto di chiamarmi Asya! Mi fai sentire una vecchia di cent’anni!”
-“Ma io sono Marialucia, signora Asya! Comunque c’è un cliente che vuole parlare con la direttrice…”
-“Sì…” – sbuffai passandomi una mano trai capelli e sorvolando sull’appellativo – “Mandagli Mariasole allora, è pur sempre la mia vice, si accontenterà!”
Purtroppo la petulante collaboratrice addusse tanta di quella urgente necessità che, una volta sistemato il mio wallpaper, fui costretta a seguirla al piano inferiore. Mentre la seguivo, passando tra i cubicoli dell’ amministrazione, cercavo di ripassare mentalmente i nomi delle nuove arrivate; ancora non capivo perché in quella zona si chiamassero tutte Mariaqualcosa.
Ad accogliermi all’ascensore riservato al personale c’era la commessa capo dell’uomo, anche lei del club.
-“ Allora, dimmi, Maria…”
-“Mariarosa, signora Tibaldi” – completò lei mentre arricciavo il naso irritata.
La mia espressione non le sfuggì:
“Asya” – si corresse – “Abbiamo un cliente molto promettente, ma ci sta mettendo in difficoltà. Gli abbiamo affiancato prima Leonardo e poi Mariasole come personal shopper, ma non è ancora soddisfatto. Deve fare un nuovo guardaroba perché si è trasferito da Sunset Valley e non si aspettava un clima così rigido. Sai, è un medico e, aggiungerei, un gran figo!” concluse gongolando mentre scostavamo la tenda del magazzino e ci inoltravamo nel reparto.
Quando il camerino si aprì e ne uscì il misterioso cliente non credevo ai miei occhi, ma non potevo sbagliarmi… quel sorriso disarmante, quegli occhi magnetici.
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Anche se non lo vedevo da almeno 4 anni non c’era alcun dubbio, davanti a me c’era il dott. Luca Giraldi.
Mi avvicinai sorridendo e lui mi degnò solo di un cenno prima di pronunciare poche, lapidarie parole:
-“Ah, Tibaldi, sei tu che mandi avanti la baracca? Riesci a trovarmi qualche abito degno di un aiuto primario?”
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-“Figurati! A proposito, anch’io sono contenta di rivederti”- risposi acida mettendomi subito al lavoro. In pochi minuti gli misi insieme un look da copertina, sobrio ed elegante ma capace di rivelare un briciolo di arroganza nei colori delle cravatte. Scelsi poi alcuni capi per il tempo libero, caldi, comodi e avvolgenti. Era il mio mondo, stavo esprimendo quello che pensavo di lui: puoi farti forte davanti agli sconosciuti, ma io so come sei quando togli la maschera.
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Misurò un solo completo, mi guardò compiaciuto e confermò tutti gli altri capi, pregando una delle Marie di annotare le sue misure per i futuri acquisti.
Non potevo credere che quell’incontro stesse già finendo, quindi presi tempo invitandolo in ufficio per un caffè: rifiutò educatamente mentre il motivo arrivava ancheggiando dal reparto donna, seguito da un paio di commesse cariche di abiti.
Non mi restò che salutarli sobriamente, poco dopo essere stata presentata alla sua brillante collega come una vecchia conoscenza dei tempi del liceo.
In fondo non potevo essere fortunata in tutto, mi dissi tornando in ufficio con la testa che ronzava: un ottimo lavoro, una meravigliosa famiglia, una nipote che era più di una figlia per me. Volere anche l’amore era davvero chiedere troppo.
Ultima modifica di yayachan; 21st April 2012 alle 01:55
Il trillo del telefono mi fece sobbalzare: era il mio caro Omero che mi anticipava il suo prossimo arrivo in città. Quando gli raccontai brevemente ciò che mi era appena successo lui minimizzò come suo solito, tagliando corto e lasciandomi il monito di controllare ogni giorno la posta: avrei ricevuto un pacco che conteneva l’invito al suo party esclusivo completo di ciò che avrei dovuto indossare. Neanche a dirlo, aveva già avvertito i miei genitori che di lì a un mese il nostro giardino sarebbe stato invaso dal paesaggista e dai suoi amici addetti al catering perché in tutta Appapleins (come diceva lui) non c’era niente di più incantevole della Villa del Melograno.
Riflessa nello specchio della mia camera c’era la principessa Aurora. Con i capelli rossi.
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Omero non mi avrebbe mai perdonata, ma la parrucca bionda non potevo proprio indossarla, neanche morta. Già era inguardabile mia madre vestita da Gwen Stefani, mentre papà era fighissimo nei panni di Gavin Rossdale. Klaryssa e Maria Laura erano una strampalatissima versione delle veline, vestite e pettinate allo stesso modo, per quanto possibile dato che avevano 24 e 3 anni.
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Inoltre non avevo la più pallida idea di chi fosse il mio principe Filippo, il nostro anfitrione era stato ostinatamente elusivo nonostante avessi sfoderato tutte le mie armi (incluse le minacce di vendere vecchi ricordi a qualche rivista di gossip).
-“Zia, come sei bella! Ma pecché zio Omi non ha fatto fare anche a me la pincipessa? No mi piase quetto vettito!”
-“Ma perché io adoro le belle ragazze dalle cosce lunghe!” esclamò lui sollevandola e sbaciucchiandola, incurante dei suoi “Lassamiii!” .
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-“Oh, pensavo ti vestissi da Gabibbo!”- lo punzecchiai. Non lo ammetteva nemmeno sotto tortura, ma stava mettendo su peso a forza di stare a scrivere da Starbucks tra muffin e frappuccini. -“Invece rappresenti? Non dirmi che ti sei travestito da Omero Komatsu, non sei abbastanza famoso da autocitarti!”
-“Ma cara, io sono George Clooney!" esclamò esibendo uno sguardo seducente prima di tornare fuori per dare gli ultimi ritocchi.
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Non avevo idea di quanto gli fosse costato, ma la squadra che aveva assoldato aveva fatto davvero un ottimo lavoro; vivevo lì da 4 anni ormai ma stentavo a riconoscere il giardino. Il viottolo di pietre era stato ricoperto da una passerella… sembrava il red carpet della serata degli oscar; era stato realizzato anche un laghetto e piante e cespugli si alternavano come in un quadro impressionista.
La sala da pranzo e il salone erano stati svuotati e riarredati in modo da costituire un unico grande ambiente e sulla veranda era stato allestito il palco per la band che avrebbe suonato: era una tiepida serata e nel giardino era stata preparata una pista da ballo e dei cuscini erano stati disseminati in giro, tra le fiaccole, per chi avesse sentito il bisogno di riposare. Ormai mancava poco all’inizio della festa e iniziavo a sentirmi stranamente elettrizzata. La mia parte razionale continuava a insistere che non c’era niente di straordinario in quella serata, ma il mio fanciullino interiore si agitava quasi fosse la notte di Natale… insomma, ero una principessa e avrei incontrato un principe!
Il vialetto iniziò a popolarsi mentre il brusio saliva… c’erano coppie di ogni tipo, ma all’orizzonte neanche un principe, chissà quanto avrei dovuto aspettare ancora.
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Non potevo certamente dire che non fosse una bella festa, ma un po’ mi annoiavo. Conoscevo quasi tutti i convenuti, ma erano principalmente clienti e non avevo molto da dire loro; passai la maggior parte del tempo a salutare educatamente coloro che man mano arrivavano e a giocare con Maria Laura. Verso le undici la piccola era stanca e la portai di sopra per metterla a letto; non ci volle molto, praticamente era già crollata tra le mie braccia quando arrivai nella stanza.
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Anch’io ero stanca, mi sarei stesa volentieri al suo fianco, ma con quel tremendo costume non sarei riuscita a sistemarmi; avevo caldo e iniziavo a respirare con un po’ di difficoltà, quindi aprii il balcone. L’aria della sera era dolce e profumata e mi faceva sentire un po’ Giulietta, uscii nel blu e mi sistemai su una panca tra i vasi, mentre dal basso riverberava la musica.
Ultima modifica di yayachan; 21st April 2012 alle 01:56