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Chissà se qualcuno avrebbe sentito la mia mancanza… o se era previsto qualche gioco in cui le coppie si dovevano ricomporre: oltre a me e Klaryssa c’era qualcun altro che si sarebbe ritrovato scoppiato?
Ero assorta nei miei pensieri e la voce che udii alle mie spalle mi fece sobbalzare:
-“Ho attraversato una selva incantata e tutta la corte addormentata per raggiungervi, o mia principessa!”
Quella voce… non mi facevo capace del tiro che mi aveva giocato Omero… come aveva potuto? Non sapevo cosa fare, né cosa dire. Avrei voluto fargli una battuta acida, ma non me ne veniva nemmeno una; bloccata da un suono, che figura penosa.
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Luca si fece avanti nella sua calzamaglia da principe mentre io cercavo di guardare dritto davanti a me; se non riuscivo a maltrattarlo volevo almeno mostrare indifferenza; sentii il legno della panca flettersi sotto il suo peso e la coda dell’occhio catturò il quadricipite fasciato nella microfibra… caspita, se ero nei guai.I can taste the ocean on your skin...
-“Hai tutte le ragioni per non rivolgermi la parola, ne sono consapevole. Sono stato pessimo quando sono venuto la prima volta nel tuo negozio e non ti ho ancora chiesto scusa. Vigliaccamente speravo che avessi rimosso la cosa in questo tempo; se ti dicessi che ero venuto lì apposta per vederti, cambierebbe qualcosa? Mi sono dovuto sciroppare tutti quei tuoi noiosi collaboratori, non arrivavi mai… ero irritato e, boh, non so neanche io cosa mi sia preso. Se non avessi avuto con me la moglie del primario mi sarei trattenuto volentieri”.
La moglie del primario, questa era buona. Quella ragazza non aveva nemmeno la mia età, pensai mentre spire di livore mi imprigionavano, se anche fosse stata davvero la moglie del suo capo, che bisogno aveva di svilirmi a vecchia conoscenza del liceo con tanta sufficienza? Avrebbe potuto darmi un appuntamento a un altro momento, o lasciarmi un recapito, se aveva davvero tanta voglia di vedermi! Strinsi i pugni, serrai la mascella e continuai a guardare dritto davanti a me.
-“Sono tornato altre volte, ma non ti ho mai trovata; ho chiesto il tuo numero a Omero, ma poi non ti ho mai chiamata, perché… senti, non lo so, forse sono solo incapace di chiedere scusa. Mi hanno abituato male da bambino, me le hanno date sempre tutte vinte!”
Dare la colpa ai genitori, che cosa vile! Il protagonista dei miei sogni più belli era qualcuno che non esisteva: avevo passato talmente tanto tempo a immaginarlo, che l’avevo plasmato a mio piacimento; in fondo io non conoscevo affatto il vero Luca.
Con mia sorpresa sentii la sua mano posarsi sulla mia, calda e forte. Nonostante tutta la rabbia, dentro mi sentii sciogliere; avrei mai smesso di essere così sensibile agli ormoni? L’attrazione fisica era così forte che mi girava la testa.
-“Quando ho finito la specializzazione non avrei mai pensato che sarei arrivato proprio qui. O meglio, ritornato. Proprio nello stesso ospedale in cui sono venuto al mondo… Cazzo! Non ho mai raccontato a nessuno questa cosa! A pensarci bene, non ho nemmeno mai detto ad alta voce parolacce, soprattutto davanti a una ragazza.”
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Mi dovevo considerare offesa? Se riusciva a dire oscenità al mio cospetto, cos’ero per lui? Un vecchio asessuato compagno di scuola? O peggio, una sorella? Sempre più confusa, sempre più bloccata, lo pregavo in cuor mio di tornare a prendere la mia mano.
-“Appena ho finito il turno, il mio primo giorno di lavoro, sono andato a cercarmi nell’archivio delle nascite. C’era solo il nome “Luca” con una data. Alla voce paternità una sbarra, accanto le iniziali di mia madre… nemmeno le ricordo.
Ma in quel momento ho capito che non mi interessa saperne di più. Se mia madre ha preferito lasciarmi nelle mani delle ostetriche avrà avuto i suoi motivi e, in fondo, mi ha persino fatto un favore: ho avuto una famiglia meravigliosa e premurosa, ho potuto studiare e girare il mondo.
Diamine! Non ho mai parlato così tanto in vita mia, ti sto annoiando?”
Era tutto proteso verso di me e feci il grave errore di guardarlo negli occhi. Mi sentivo ipnotizzata, sentii la mia voce sussurrare “no, no, figurati”. Mi prese il viso tra le mani e ricominciò a parlare, con la voce di un tono più bassa e gli occhi incollati ai miei:
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-“Sai, Asya, davanti a te mi sento nudo, però è una sensazione che mi piace…”