CAPITOLO II: QUARTA LEGGE DI FARBER (Parte 1)
"La necessittà procura strani compagni di letto"
Erano passati tre giorni da quando la mia vita si era incrociata con quella di due pazzi ragazzi di città. Per "retaggio culturale", dal college continuavo a puntare la sveglia alle 7 e 27: tre minuti per rendermi conto di dove fossi, chi fossi, e soprattutto con chi fossi... e questo mi aveva salvato non poche volte.
Avevo frequentato la facoltà di architettura ma mia madre mi voleva dottore...
Dedicare la mia vita agli altri? Io, che odio il genere umano?
Accadeva spesso, spessissimo che i pensieri più strani e improbabili bombardassero spietati la mia vulnerabile psiche di prima mattina rimbambendomi ancor prima di darmi il tempo di svegliarmi del tutto. Barcollando arrivai in cucina: le mattonelle di ceramica semi opache sembravano sforzarsi veementemente di riflettere quella poca e insipida luce, tipica di un mattino di città grigiolino e anonimo, che filtrava attraverso le finestre dell'appartamento e che la mobilia arancione della cucina "colorava" facendola sembrare quasi luce solare vera e propria. Tami, seduta e in pigiama, masticava rumorosamente; davanti a lei la scatola dei cereali che le copriva quasi completamente il viso, il cappuccino e la caffettiera che ancora calda emanava un odore intenso e acre che io trovavo, a dire il vero, spiacevole, quello del caffè di prima mattina. Con gli occhi pesti, ancora più di là che di qua, borbottai un buongiorno alla ragazza che ricambiò il saluto con un cenno
"Buongiorno Murphy caro! Pronto per la tua grande occasione?"
"Oh sì sì" cominciai solo in quel momento a riordinare la mia agenda mentale
"Ti piace la camicia che ti ho preparato?"
"Sisì grazie, non dovevi"
"E" il mio modo di augurarti buona fortuna! Anche se comunque spero che alla Furnish&Enviroment non ti assumano per l'azzeccatissimo accostamento di colori della tua camicia ma per le tue capacità" rise, beata lei, io non riuscivo a ridere di prima mattina, era come se i muscoli della mia bocca fossero anchilosati e del tutto impreparati ad affrontare l'incredibile sforzo del sorridere
"Non ci fare l'abitudine Murph" mi voltai, Gus parlava dalla sua scrivania in salotto "Fa la gentile solo perché è da poco che sei qui"
"Cuciti la bocca tu!" urlò Tami
"Credimi" continuò Gus gioviale come sempre, noncurante delle minacce dell'amica "io la conosco da tanto e queste carinerie durano al massimo una settimana eh, eh, non ci credi? Se scommettessimo vincerei di sicuro caro il mio amico, per questo ti risparmio l'umiliazione di una sconfitta"
"Devo venire?! Prendo ago e filo questa volta, sai che lo faccio!"
"Da quanto è che è in piedi?" dissi io
"Non credo sia mai andato a letto" rispose la ragazza con tranquillità continuando a bere dalla sua tazza
***
Quella mattina io e Tami avevamo in programma un'uscita in centro per comprare un regalo a Gus: era il suo compleanno, Tami aveva fatto finta (?) di dimenticarlo ma, a differenza di qualunque altro essere umano che si trovi la mattina del giorno del compleanno del proprio migliore amico senza un regalo in mano, lei non si era fatta prendere né dall'ansia né tantomeno dall'isterismo che spesso e mio malgrado avevo visto (e subito) in molte donne. Con il suo tipico piglio spensierato ma risoluto, Tami si infilò il basco di lana verde militare e mi raggiunse in ascensore. Raggiunto il centro cominciammo a girare a vuoto per una mezz'ora buona.
"Non so cosa potrebbe volere Gus... Qualche idea?" feci io d'un tratto
"Mbah... mezzi pensieri"
"Cosa gli piace?"
"E' abbastanza monotono, non va più in là del computer e del frigo"
"Interessante (assunsi un'espressione falsamente intelligente). Preferenze?"
"Birra, birra, e tutto ciò che può farti ingombrare la tomba prima dei 40 anni"
"Che?!"
"Robaccia Murphy, mangia da schifo, è una betoniera" E mentre zigzagavamo tra le vetrine Tami si bloccò di colpo davanti ad un negozietto di abbigliamento underground
"Guarda quella Murph!!"
Annuii soddisfatto.
***
"Non lo meriterebbe più di tanto questo bel regalino, non fa un cavolo dalla mattina alla sera" esordì Tami biascicando tra un morso e l'altro della sua banana split. Aveva insistito perché ci fermassimo a prendere un gelato.
"Ma mi spieghi precisamente di cosa si occupa?" esordì io
"Ha una mezza laurea in economia, ha frequentato i primi due anni e poi ha mollato. Peccato, era uno studente niente male, ti sorprenderesti se sapessi cosa riesce a fare con quel cervello... il più delle volte almeno"
"Davvero, economia? Non lo avrei mai detto, insomma ammetto di conoscere Gus da pochissimo tempo ma così, di primo acchito, lo avrei visto bene, non so... a filosofia o giù di lì"
Tami mi guardò sorpresa "Murphy, la tua chiaroveggenza mi sorprende e mi spaventa! E' esattamente ciò che Gus avrebbe voluto fare se non solo la voglia di un'orgogliosa indipendenza glielo avesse permesso"
Davanti alla mia faccia perplessa Tami spiegò le sue parole "Suo padre gli consentì di andare a vivere da solo in centro solo a patto di scegliere qualcosa che lo avrebbe portato a raggiungere , secondo lui, una posizione sociale e uno stipendio di prestigio"
"E ora?"
"Ora? E' svanito tutto quando da buon ciccione casinista quale è ha incollato il suo sederone alla sedia del computer, ora lavora in internet, ma sinceramente io non ne capisco molto di computer perciò chiedergli di spiegarmi nel dettaglio di cosa si occupa sarebbe una gran bella perdita di tempo, non trovi?" rimase sovrappensiero per più di qualche secondo fissando il piatto "... comunque..."
"Comunque?" Rincarai io
"... comunque non posso fare a meno di volergli bene, qualunque cosa faccia, sarà pure il ciccione casinista Gus ma è più di un fratello per me"
Una smorfia simile a un sorriso le rigò il volto lentigginoso. Non dispensava risate e parole dolci tanto facilmente quando parlava di Gus ma riuscivo a leggere nei suoi occhi scuri e furbi un profondo affetto per quel ragazzone.
"Forza Tam, è quasi mezzogiorno, vorrei almeno aprire la torta prima del colloquio" Cercai di riportarla alla realtà
"Già, pago il conto e andiamo"
***
"Shh, fai piano, non voglio che lo veda prima del tempo... io esco per prima, tu corri nel mio studio e lo lasci, ok?" mi sussurrò Tami sull' uscio di casa. Alzai stupidamente il pollice in segno di assenso.
Infilò le chiavi nella toppa della porta e fece a malapena in tempo a toccare la moquette con i piedi che cominciò a precipitarsi verso l'amico e abbracciandolo forte da dietro gli disse con tono scherzoso
"Credevi che me ne fossi dimenticata, eh, ciambellone!" Gus si girò verso l'amica ricambiando l'abbraccio così forte da farla quasi cadere. Ne approfittai per sgattaiolare nello studio di Tami e nascondere il regalo all'angolo, tra la scatola dei solventi e il mio tavolo da disegno. Missione compiuta.