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  1. #161
    Super Moderatore L'avatar di polliciotta
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    Re: Bookstore - Adamantia Feralys The Last Chapter (PARTE 2)

    TRANQUILLITA’ IN UN OCEANO DI PAPAVERI

    Le giornate trascorrevano tranquille, almeno all’apparenza;
    le due donne si stavano abituando ai rumori della campagna che i primi giorni dopo la liberazione trovavano insopportabili:
    il canto del gallo in lontananza, il ritmico battere del martello del fabbro al mattino,
    il frinire delle cicale al calare della sera nel campo di papaveri che copriva l’orizzonte …









    Erano ormai trascorse quasi tre settimane da quando le porte delle prigioni si erano aperte e mi stavo faticosamente adattando alla ritrovata libertà in un posto che mi era totalmente estraneo, anche se non potevo affermare che non fosse piacevole. Non ero tornata ad Asshai, non mi sentivo ancora pronta a mettere piede là dove la famiglia Feralys aveva fatto il bello ed il cattivo tempo, dove mi avrebbero guardata con lo sguardo severo di chi giudica e mi avrebbero rifiutato sdegnatamente il saluto.


    Ogni mattina indugiavo sulla veranda, lo sguardo correva rapido oltre le colline, verso sud, nella vana attesa di un qualcosa che neppure io sapevo dire cosa fosse o forse solo con la speranza a breve termine che mia madre non si presentasse a colazione con la sua aria perennemente infuriata.


    La nostra nuova casa, mia e di Illyria, si trovava esattamente al centro di un piccolo podere, sul poggio più elevato di una distesa ondeggiante di verdi colline e vasti prati di papaveri e girasoli. Non era propriamente un’abitazione modesta, ma nemmeno si poteva definire una reggia come la Rocca di Asshai, si trattava più che altro di un aristocratico villino di campagna. In fin dei conti a me piaceva, non avevo bisogno della grandiosità e della magnificenza di quattro pareti per continuare a tessere il filo rosso che mi portavo dietro fin dagli ultimi giorni alla Torre. Prima di andar via dalle prigioni di Doaheris Gildas mi aveva pregato di non cercarlo per non compromettere la sua situazione con Astor, che avrebbe trovato lui un modo per contattarmi quando sarebbe stato sicuro di non essere scoperto e, a malincuore, fui costretta a promettere di non fare passi falsi.


    Nonostante tutto, ogni giorno era più difficile del precedente, la vita con mia madre era tutt’altro che tranquilla, ogni mattina appena sveglia cominciava a rovesciarmi addosso tutte le sue frustrazioni e credo che stesse cercando un modo, avrebbe fatto qualunque cosa per tornare ad essere la potente strega che era una volta. Ammetto che mi dava una certa soddisfazione vederla invecchiata di colpo e priva delle sue armi di persuasione più pericolose, anche se restava comunque una vipera da cui stare bene alla larga.


    Proprio per questo motivo mi ero ritagliata un angolino tutto mio, nella mansarda, illuminata da un grande abbaino dove sedevo a leggere o a pensare, molto più spesso ad osservare quello che accadeva fuori. Intorno alla casa sorgeva un piccolo borgo di pochi casolari, tutti abitati da famiglie modeste o da donne rese vedove dalla guerra; dall’abbaino riuscivo a scorgere il rettangolo di muro di mattoni grezzi, un po’ rovinato dalle intemperie e lo scorcio del cortile di una vecchia casetta, mentre il resto restava nascosto dalle rigogliose fronde di un abete che cresceva sul retro dell’abitazione.
    Ci viveva un’anziana signora, curva e tutta rughe che, sotto la pelle raggrinzita ed indurita dal sole, nascondeva anni di sofferenze di una dura vita di campagna. Si svegliava molto presto, dava da mangiare alle sue poche galline e ne recuperava le uova, rientrava in casa, svolgeva i suoi mestieri e poi tornava ad occuparsi dell’orticello, il tutto facendo lunghe chiacchierate ad alta voce con se stessa. La osservavo spesso, durante la giornata, e immaginavo come potessi essere io alla sua età: sola, triste e piena di rimpianti? Mi sarei ridotta a parlare da sola sotto gli sguardi sardonici e i ghigni dei giovani che sarebbero passati davanti a casa mia per sbeffeggiare quell’inutile vecchia che una volta era una strega. Magari, ad essere fortunata, non sarei mai arrivata alla sua età …



    Un giorno, spinta dalla curiosità, chiesi a Sybille, la figlia del fabbro, che ci faceva da governante da quando eravamo arrivate lì, se conoscesse la storia di quella donna. Era una mattina, la foschia rendeva l’aria poco limpida per guardare la macchia rossa dei papaveri a sud e non riuscivo a trovare un libro che mi soddisfacesse, ricordo che la ragazza fece una smorfia eloquente, come se non si sentisse a suo agio a raccontarne la storia, ma io volevo sapere quindi mi raccontò quello che sapeva della sua vita.



  2. #162
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    Re: Bookstore - Adamantia Feralys The Last Chapter (PARTE 1)


    “Nel villaggio dicevano che era una strega, una delle peggiori specie. Aveva avuto due figli, gemelli; uno, il più gracile e debole, morì a una settimana dal parto. Molti raccontano che l’aveva ucciso lei, prima che la natura facesse il suo corso, preparato una pozione e che l’aveva data all’altro figlio mischiata nel latte fino allo svezzamento, in modo che lo spirito dell’uno restasse per sempre accanto allo spirito dell’altro. Poi il ragazzo è cresciuto, faceva il garzone dal fabbro, che all’epoca era mio nonno, ma a causa di un incidente col metallo bollente, morì dopo molte sofferenze. Rimasero solo lei e il marito, ormai anziani, e impossibilitati ad avere altri figli; qualche anno dopo, durante un temporale l’uomo era andato a calmare il mulo che usavano per trasportare la verdura e le uova al mercato, il giorno dopo lo trovarono morto, con la testa spaccata e schiacciato dagli zoccoli dell’animale. Credo che quest’ennesima disgrazia l’ha fatta uscire completamente fuori di testa, anche se molti altri dicono che è stata lei, la strega, ad uccidere tutti i suoi familiari con un incantesimo per evitare la morte e vivere più a lungo.” – la ragazza parlò tutto d’un fiato, raccontando una storia un po’ sconnessa, forse senza ricordarsi che anch’io ero una strega, fino a non molto tempo fa.


    Alzai un sopracciglio dopo l’ultima affermazione: “Non esistono riti del genere, altrimenti il mondo sarebbe pieno di vecchi rincoglioniti! Prima di sparare sentenze su ogni cosa bisognerebbe conoscere i fatti.” – la mia frase risuonò più ruvida di quanto avessi voluto, cercai quindi di correggere leggermente il tiro, come mi stavo abituando a fare – “La poverina avrà avuto una vita difficile, per questo è un po’ andata fuori di testa, ma non vuol dire che sia una strega. Stasera portale un po’ di avanzi della nostra cena, non gli scarti, fa’ attenzione.”
    Al momento non cercai nemmeno di capire il perché di quel gesto, quella volta, forse pensai soltanto che se un giorno qualcuno mi avesse notato, vecchia e sola in una casa, avesse lo stesso pensiero di donarmi un po’ di conforto, anche se soltanto con del buon cibo caldo.


    Dopo quella volta Sybille, una ragazza sui vent’anni, magrolina ma ben tornita, cominciò a farmi compagnia sempre più spesso oltre a tenermi informata sulla salute della donna, Amina, che giorno dopo giorno diventava sempre più curva e rugosa, intenta incessantemente nelle solite faccende e immersa nei suoi lunghi dialoghi solitari.


    Grazie alla semplicità di Sybille imparai molte cose sulla vita di campagna, cose che comunque non avrei mai fatto in vita mia, e iniziai a mettere a frutto le lezioni di Illyria sulle piante e le loro proprietà officinali: insieme preparammo creme per la pelle, rimedi naturali per raffreddori ed allergie, pomate cicatrizzanti e iniziai a comprendere cosa potessero provare Cassandra e Aiden quando usavano il loro potere curativo.


    Pensare alla magia mi faceva ancora male, sentivo un vuoto difficile da colmare anche se, col tempo, lo sapevo, sarei riuscita a ricordare quella parte di me senza provare una fitta di dolore. Intanto con Sybille avevo già fatto molti passi avanti su come dovevano essere i rapporti tra persone normali: niente charme significava chiedere le cose facendole seguire da una semplice formula che di magico non aveva nulla, per favore, ed ecco che tutti diventavano ben disposti e gentili spontaneamente.


    Passare del tempo con lei mi faceva tornare in mente anche Mirri, i nostri giochi quando eravamo bambine, le risate improvvise per i motivi più stupidi, i suoi tentativi per tirarmi su il morale e non farmi pensare alle cose brutte che mi faceva Illyria e pensavo anche alla sua morte per mano di mia madre.


    La sua unica colpa era di essere mia amica e di volere che mi liberassi di quei vincoli che mi tenevano legata alla mia famiglia, ed era stata brutalmente uccisa solo per punire me, questa cosa mi faceva andare in bestia, ma riuscivo a canalizzare la mia rabbia pestando con forza le erbe aromatiche nel mortaio nel cui fondo vedevo sempre la sua faccia.


    Il sole continuava a sorgere e a tramontare e io continuavo a fare di tutto per passare meno tempo possibile con Illyria. In caso contrario ero sicura che sarebbe riuscita a farmi perdere la pazienza vanificando tutta la fatica fatta finora per mantenere il segreto sulle sue vere origini fino alla resa dei conti, che, speravo con tutto il cuore, sarebbe arrivata il prima possibile. Gli unici momenti della giornata che passavamo forzatamente insieme erano il pranzo e la cena, momenti in cui lei non perdeva l’occasione di elencare i miei numerosi fallimenti come figlia e come guerriera della fazione reale.


    “Non sei neanche venuta al funerale di tuo padre, figlia ingrata!” – sputò velenosamente una sera a cena, apparentemente buttando la frase lì a caso. Ricordo che stavo tagliando una mela, la forchetta nella mano sinistra e il coltello nella destra: era un coltello piccolo e ben bilanciato, dalla lama non affilata, ma con la punta non troppo arrotondata. Mi sarebbe bastato un deciso movimento di polso per trapassare quella sua flaccida carne appena al di sotto dello sterno e poi niente più Illyria, niente più problemi, niente più tormenti.


    Feci un respiro profondo per tranquillizzarmi, non sarebbe stata questa la sua fine: troppo veloce, pulita ed indolore. No, Illyria avrebbe dovuto soffrire, implorare pietà guardandomi negli occhi e vedere il suo castello di carte crollare miseramente e diventare cenere, come il suo cadavere. Mi accusava di non essermi presentata al funerale di Azor quando era stata lei a macchinarne l’uccisione, manipolando tutti per uscirne come al solito senza macchia. Non avevo ancora ben chiaro, all’epoca, quale fosse il suo reale scopo e quindi non riuscivo a spiegarmi una tale cattiveria e accanimento, ma ero decisa più che mai a non dargliela vinta, riponendo la mia più totale fiducia in Gildas e nel suo piano. Continuai a tagliare la frutta e risposi con un laconico: “Ero in battaglia.”


    “Quella che hai perso contro Esperin Raeghar e suo marito” – non era una domanda, era una pura e semplice affermazione, tanto per non farmi dimenticare di essere una nullità. Per mantenere la calma diedi fondo a tutte le risorse che avevo a disposizione, pensai agli uccellini che cinguettavano, agli arcobaleni nel cielo azzurro, agli animaletti zompettanti nelle foreste, col rischio di farmi salire il tasso di dolcezza nel sangue fino alle estreme conseguenze.


    Non funzionò. In ogni caso quel giorno, e tutti gli altri a seguire, non la uccisi, ma soltanto perché sapevo che aspettare avrebbe reso la mia vendetta più dolce.


  3. #163
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    Re: Bookstore - Adamantia Feralys The Last Chapter (PARTE 1)


    Non c’era solo solitudine e vendetta in quella casa, il pensiero di mettere a posto le cose con le persone a cui i Feralys avevano fatto qualche torto senza che lo meritassero continuava a martellarmi e io mi trovavo a dover fare i conti con la mia coscienza nuova di zecca. Cominciai a fare una lista di nomi e a pensare ai rimedi adatti per ognuno di essi, fino a quando mi ricordai anche dei Bolton. Spinta dai racconti e dall’orgoglio delle mie radici, li avevo sempre trattati come stracci vecchi, quando in realtà, poverini, loro non avevano avuto a che fare con quella pagina di storia della mia Famiglia; il loro unico errore, imperdonabile ai nostri occhi, ai miei occhi, era di portare quel cognome appartenuto ai traditori che avevano complottato insieme agli Swann, ma tutto questo era accaduto tanto tempo fa e sicuramente il vecchio Gregory Bolton non aveva preso parte alla rivolta, visto che all’epoca non era nemmeno nato. In queste giornate di attesa non potevo fare molto altro se non pensare a qualcosa che cancellasse il mio debito e liberasse l’anima dal peso che si portava dietro da un bel po’, anche se ero consapevole che qualunque fossero state le mie decisioni avrei potuto attuarle soltanto dopo che Illyria avesse ricevuto il suo trattamento di bellezza. Non dovevo fare altro che attendere.


    Poi, una mattina, Sybille si presentò nella mia camera con il volto tirato e lo sguardo impaurito, entrando urtò contro la sedia spostandola e facendo rumore.


    Aprii gli occhi di scatto con un sussulto d’angoscia, sensibile anche al minimo rumore intorno a me, e la vidi, un’ombra contro la finestra semischiusa, l’alba doveva essere sorta da poche ore a giudicare da ciò che si intravedeva fuori.


    Mentre lei scostava le tende per far entrare la luce del sole, mi alzai dal letto dirigendomi verso la consolle con lo specchio per spazzolarmi i capelli e la apostrofai, si muoveva in maniera troppo rigida per fingere che fosse tutto normale: “Cos’hai combinato? Hai rotto il vaso d’ambra di Illyria? E non provare a mentirmi, ho già capito che ti è successo qualcosa.”


    La ragazza ebbe un fremito, lo notai nel riflesso dello specchio, poi si girò e mise entrambe le mani in grembo: “Ecco io, questa mattina mi sono alzata presto e sono scesa al mercato in città per comprare un po’ di frutta e del latte per la colazione …”
    “Per gli dei, Sybille! Sei più irritante del solito quando fai così, vuoi arrivare dritta al punto?” – fu in quel momento che notai la sua mano tesa e tremante che mi porgeva un foglio. La guardai incerta, perché era così spaventata? E perchè si era presentata in camera come una ladra? “E’ una lettera? Da parte di chi? E perché tutti questi sotterfugi?”


    Sybille si guardò intorno come se temesse di veder sbucare un orco o un demone da un momento all’altro, cosa che mi fece spazientire a tal punto che le strappai di mano la lettera. “L’uomo che me l’ha data, mi ha detto che vostra madre non deve sapere chi ve la manda. E’ di …”


    “Gildas” – terminai io per lei. Adesso comprendevo Sybille, aveva paura di Illyria, temeva che si sarebbe messa nei guai se lei l’avesse scoperta, in realtà ci saremmo messe entrambe nei guai e quella stregaccia avrebbe mangiato la foglia mandando all’aria ogni cosa.
    “Esci, ho bisogno di stare sola, ma non allontanarti troppo. Controlla la porta, ma senza farti vedere, e se mia madre viene da questa parte avvertimi, o fermala, scegli tu, inventati qualcosa.”


    Appena sentii la porta chiudersi dolcemente, aprii la lettera col cuore in gola, non sapevo davvero cosa aspettarmi, dal momento che i rapporti tra me e Gildas si erano interrotti non appena usciti di prigione. Lui era andato a vivere con suo padre e io con Illyria nell’attesa che arrivasse il momento propizio per agire, cercando di depistare Astor che aveva capito fin troppe cose e di non insospettire mia madre più del dovuto.


    Il messaggio però era breve, freddo, di sicuro scritto di fretta e nel timore di farsi scoprire, c’era scritto che voleva incontrarmi, che ci saremmo visti in occasione del matrimonio di Esperin e Ryuk. La felicità del momento finì sottozero al solo pensiero di quello che Gildas mi stava proponendo. Non era un segreto che tra me e la principessina sul pisello non corresse buon sangue, era iniziata male alla Torre ed era finita peggio, con lo scontro finale in cui le ho dato, insieme a tutte le mie copie, della mocciosa bruttina, grassoccia e viziata e le mi ha infilzato senza complimenti con la sua arma. Esperin non era stata in prigione, era dalla parte dei vincitori come il suo dolce maritino, e mi faceva rabbia che si fosse fatta una vita mentre io avevo perso un anno della mia. Non c’era scritto altro, nessuna parola gentile, nessun segno nascosto da decifrare, un maledetto cuoricino: rigirai il foglio su entrambe le facciate, cercai più a fondo, ripensai anche allo stratagemma usato nella biblioteca per scovare il racconto nascosto tra le vecchie pagine di quei libri, ma così come era arrivato il pensiero scomparve: il messaggio era tutto lì. Fui sul punto di stracciare tutto, di fregarmene di ogni cosa e lasciare che il destino facesse il suo corso naturale, ma poi pensai che non ce n’era ragione, Gildas aveva trovato il perfetto escamotage per vederci senza destare sospetti, ci sarà di sicuro una spiegazione per tutto questo. Vedrai che mi toccherà anche ringraziare la sposina, pensai tra me.


    Distrussi immediatamente la missiva dopo aver mandato a memoria il giorno e il luogo delle nozze, poi uscii dalla stanza urlando a Sybille di servirmi la colazione in terrazza: va bene non essere più una strega con poteri magici, ma le buoni abitudini è meglio non dimenticarle!
    Da quando avevo ricevuto il messaggio di Gildas il tempo sembrava scorrere più lento, le giornate non finivano mai e l’ansia, la speranza e la curiosità erano diventati quasi insopportabili. Mi trovavo bloccata lì, senza poter fare nulla di concreto, dovevo solo aspettare e questo mi faceva impazzire.




    Avevo anche provato a rimandare Sybille al mercato giù in città, alla stessa ora e nello stesso posto della volta precedente, per ritrovare quell’uomo, ma niente, ogni volta lei rientrava con la faccia contrita e scuoteva la testa con forza ad indicarmi che nessun messaggero si era presentato. Una mattina fui costretta persino a consolarla perché stava per scoppiare a piangere a causa del fatto che la sua visita mattutina era stata nuovamente un buco nell’acqua, consolarla alla mia maniera, s’intende: niente abbracci o paroline, ma qualche pacca sulle spalle e via.




    Quasi due settimane prima della data convenuta avvisai mia madre dell’invito e con non curanza le feci notare che la sua presenza non era richiesta; protestò parecchio per quella novità inaspettata, fece molte domande, ma poi si convinse a darmi un attimo di tregua. Ovviamente, neanche a dirlo, la madre di Sybille era una brava sarta, per cui commissionai a lei l’abito della cerimonia: “Dovrà essere bellissimo ed esaltare la mia figura longilinea, in barba a tutte le ciccione del gruppo che hanno già sfornato!” – questa era la mia idea su come presentarmi al matrimonio dell’anno, più o meno.
    Quello stupido messaggio mi aveva ferito, anche se non potevo darlo a vedere, ma come potevo biasimare Gildas se aveva deciso che era meglio pensare alla sua vita? D’altronde io non avevo fatto niente per cercarlo, come avevamo concordato, ma forse lui si era stancato di aspettare, aveva cambiato idea e aveva deciso che fosse meglio che la nostra collaborazione si limitasse al piano che avevamo messo a punto un anno prima. Continuai la mia solita vita cercando di non far trapelare troppo i miei sentimenti, ascoltavo si e no un quarto delle parole che mi venivano rivolte, cercando di convincermi a mantenere i piedi per terra e a non correre dietro ad illusioni impossibili, la speranza però era sempre lì, in un angolo della mia testa, e resisteva ostinata.


  4. #164
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    Re: Bookstore - Adamantia Feralys The Last Chapter (PARTE 2)

    IL GIORNO CHE CAMBIO' OGNI COSA


    Dopo un’eternità di attesa spasmodica, finalmente arrivò il giorno stabilito per l’incontro e, ovviamente, il matrimonio. L’idea era di incontrarsi un attimo prima e raggiungere insieme gli sposi, per cui mi feci accompagnare fino al luogo convenuto e poi congedai il mio accompagnatore in modo che non potesse vedermi in compagnia di Gildas.
    Osservai il villaggio che faceva da scenario al matrimonio, molte case basse e modeste, che si stagliavano sullo sfondo di un magnifico mare azzurro. Non c’erano nuvole né vento quel giorno e anche la temperatura sembrava mite, proprio una giornata perfetta per sposarsi. Mi guardai intorno, c’era aria di festa, era come se l’intero borgo partecipasse alla gioia dei due sposi, ma di Gildas nessuna traccia. I raggi del sole iniziavano a bruciarmi la pelle, ma non avevo intenzione di spostarmi all’ombra degli alberi più in là rischiando di non essere vista.


    Con nervosismo crescente mi chiesi se non avessi sbagliato il luogo dell’appuntamento, eppure ero sicura di ricordarmi bene ciò che era scritto nel biglietto. Un contrattempo? Astor aveva scoperto qualcosa? Pensai alle peggiori ipotesi prima di cercare di impormi la calma: E’ solo un piccolo ritardo, niente di più, pensai. Un rumore tra il fitto fogliame degli alberi attirò la mia attenzione, ne vidi uscire una carrozza che si fermò proprio davanti a me.


    Feci un passo in avanti ma mi bloccai non appena vidi scendere Gildas che aiutava qualcuno dietro di lui a mettere i piedi a terra. Un piccolo affare dalla chioma corvina trotterellava felice accanto a lui, fermandosi di colpo a guardare con gli occhi sgranati una farfalla variopinta che le stava volando intorno e che le si posò infine sulla mano, tra gridolini striduli e allegri.


    Che novità era mai questa? Passai lo sguardo da lei a Gildas in un attimo, se avessi avuto ancora il potere del fuoco i miei occhi avrebbero potuto incenerirlo all’istante, invece lui si avvicinò a me come se nulla fosse, e, dopo aver preso in braccio quella bambina dandole un tenero bacio, mi fece cenno di andare: “Siamo in ritardo, parleremo dopo la cerimonia. Lei è Mynce … mia figlia. Ha pianto per tutto il tempo per questo siamo in ritardo, ma adesso va meglio.”


    “Tua cosa?” – non riuscivo a credere a quello che avevo appena sentito, ma non ebbi tempo di approfondire il discorso dal momento che eravamo già sullo spiazzale dove c’erano gli altri invitati e Esperin stava arrivando dal mare su una barca a remi.


    Prendemmo posto in ultima fila, dato che gli altri si erano già accomodati, Gildas si era sistemato la bimba sulle ginocchia e sembrava prestare molta attenzione alla cerimonia, nonostante la piccola peste si muovesse come una tarantola e si aggrappasse ovunque.




    Al contrario io non riuscivo a concentrarmi nemmeno un po’, prima perché tenevo d’occhio la bambina nel caso le venisse la malsana idea di prendere di mira il mio vestito, poi perché non potevo non continuare a farmi mille domande e a darmi risposte che non mi piacevano affatto.
    Mi trovai ad osservare il rituale con le spade, contemplando la segreta speranza che il finale prevedesse che i due sposi si infilzassero a vicenda, ma ovviamente non fu così, anzi l’alto septon dichiarò Ryuk ed Esperin marito e moglie - di nuovo - liberandomi finalmente dalla morsa di quelle scomodissime sedie.
    Sperai in quel momento che finalmente io e Gildas avremmo potuto chiarirci, ma non fu così, c‘erano gli auguri agli sposi e i convenevoli tra gli invitati da sbrigare e il rinfresco e la gioia forzata e marmocchi, marmocchi che correvano ovunque!


    Eravamo seduti al tavolo a fare noiosi discorsi con l’inquietante sosia di Aiden - che in realtà è suo fratello Valerius Urthadar, a quanto ho capito - quando Gildas, lasciata la bimba a rincorrersi con gli altri mostriciattoli, mi chiese di fare una passeggiata.


    Accettai e in pochi passi eravamo già lontani da occhi indiscreti, lui si fermò e si voltò a guardarmi tentando di parlare. Fu un attimo, tutti i sentimenti che avevo dovuto tenermi dentro fino ad allora - rabbia, delusione, risentimento - esplosero come l’eruzione di un vulcano e si stamparono sul viso di Gildas con un sonoro ceffone. Preso alla sprovvista, il ragazzo perse per un istante l’equilibrio, poi portò la mano sulla guancia rosso fuoco con un’espressione di sorpresa, ma non gli diedi tempo di replicare.




    “Cosa ti aspettavi? Che ti saltassi addosso? Mi mandi un misero biglietto dopo un mese che non parliamo chiedendomi di venire qui, ti presenti con una … figlia, spuntata chissà dove, senza dirmi mezza parola e ti stupisci che ti abbia preso a schiaffi? Dovresti sorprenderti che non ti uccida all’istante, piuttosto!” – dissi di getto tenendo i pugni stretti lungo i fianchi e cercando di evitare che le lacrime che sentivo risalire mi inondassero le guance. Aveva un'altra, aveva sempre avuto un’altra e io ero stata solo una distrazione tra una guerra e una prigionia, niente di più. Bene, tanto in fondo al mio cuore sapevo già che quello che stava nascendo tra noi non sarebbe mai durato, meglio farla finita subito e andare avanti con la nostra vendetta senza preoccuparci di niente e di nessuno, tantomeno dei nostri stupidi sentimenti.


  5. #165
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    Re: Bookstore - Adamantia Feralys The Last Chapter (PARTE 2)


    “No … mi aspettavo che non venissi” – rispose lasciando che la mano scivolasse via e rivelasse la gota in fiamme – “Ho sperato ogni singolo istante in questo giorno.”
    “Hai … sperato? Davvero? Io ti credevo insieme ad Astor, a soffrire, tormentato da quell’uomo e dalla sua pazzia e invece tu eri tornato tranquillamente dalla tua donna, dalla tua famiglia, hai sperato di vedermi tra un cambio di pannolino e una poppata? Non voglio neanche sentire le tue false giustificazioni, in fondo sono qui soltanto perché abbiamo un piano da portare avanti, non certo per vederti o per sapere se stai bene.” – e come sempre, quando si trattava dei miei sentimenti, mi chiusi a riccio e reagii esattamente al contrario di come avrei voluto, respingendo Gildas e fingendo che non m’importasse affatto.


    Lui restò in silenzio, non fece un fiato, ma lentamente portò le mani alla camicia e l’aprì sul petto: “Credi che un'altra donna o una bambina di tre anni possa fare una cosa simile? Tu stessa non pensi davvero ciò che hai detto." – rispose di getto, abbassando lo sguardo che si era fatto improvvisamente triste. Vedere quei segni, ancora freschi sulla sua pelle, mi colpì come se quel sadico se la fosse presa anche con me;


    tentai di avvicinarmi, con la mano tesa verso le cicatrici rosse, volevo fare qualcosa, alleviare il suo dolore in qualche modo, ma Gildas fece un passo indietro allontanandosi e richiudendosi la camicia.
    Restai bloccata, col braccio a mezz’aria, indecisa su cosa fare e maledicendomi per il mio gesto caduto nel vuoto, mentre lui iniziò il suo racconto, anche se non avevo fatto nessuna domanda, non avrei potuto fargli ascoltare la mia voce tremante e preoccupata per lui: “Serana, la madre di Mynce, è morta prima della guerra. Io sono venuto a sapere della sua esistenza da poco, lei l’aveva tenuto nascosto a tutti, soprattutto a me, perché temeva la reazione di Astor, aveva paura di quello che avrebbe potuto farle. Le ha salvato la vita.”


    Il racconto, scarno e privo di particolari, era stato comunque fonte di sofferenza per Gildas, era come se avesse rivissuto di nuovo ogni cosa sulla sua pelle, potevo vedere il tormento nei suoi occhi, nei suoi gesti, lo strazio di non essere riuscito a impedire che succedesse. Era così provato che non mi riuscì nemmeno di essere gelosa di quella donna, quella Serana. Balbettai per mettere insieme una frase di senso compiuto, che mi distogliesse dalle mille domande che mi si affollavano in testa, infine dissi: “Ma adesso lei è qui con te, come farai con Astor? Dobbiamo liberarci di quei due in fretta, prima che possano continuare a fare del male a noi … e a tua figlia.” – terminai la frase con un filo di voce, come se dirlo piano lo rendesse meno reale.


    Quasi come se avesse sentito che stavamo parlando di lei, la piccola corse verso Gildas sulle sue gambette malferme tenendo le braccia alzate: “Pappà!” – gli disse allegra con la sua vocina da bambina. Osservai Gildas prima irrigidirsi nel guardarla avvicinarsi per avere da lui un abbraccio, e poi, dopo avermi sorriso felice, prenderla tra le sue braccia in maniera un po’ goffa. Strinsi d’istinto la mascella, quell’essere umano in miniatura stringeva Gildas e rideva con lui, tutte cose che io non avrei potuto fare. Mi convinsi di odiarla, ma non era odio quello che provavo, ero gelosa di quel legame speciale che i due condividevano e che io non potevo capire. Chissà se mai avrei potuto capirlo.


    “Per il momento è in un luogo sicuro. E’ da sua zia e Astor non la troverà mai … crede di averla uccisa insieme agli altri suoi parenti.” – il suo tono era serio, mentre le dita si muovevano delicate sul piccolo pancino per farle il solletico, di modo che la bambina non si preoccupasse per quelle parole dure.





    Nonostante il gesto fosse evidentemente impacciato, Mynce faceva allegri gridolini striduli e sembrava non rendersi conto del discorso difficile che io e suo padre stavamo affrontando. Con gli occhi fissi su quella semplice scena familiare continuavo a chiedermi come fosse possibile che un essere così depravato e meschino come Astor Demonar fosse ancora vivo e libero di respirare la nostra stessa aria. Perché anche lui era stato liberato? Così bravo a nascondere le sue colpe, quanto la sua degna compagna … questa storia doveva finire presto e dovevamo essere noi a chiuderla una volta per tutte.


    Un tocco delicato mi sfiorò il braccio, facendomi sussultare di sorpresa, quando guardai poco più in basso degli occhi di Gildas, vidi due braccette cicciottelle tese verso di me e poi un sorriso con pochi, piccoli denti bianchi.


    Restai impietrita, con gli occhi sgranati: che voleva da me quella cosa? Che centravo io con lei? Non avevo mai avuto a che fare con dei bambini così piccoli né credevo di sentire quel famoso istinto materno che, si dice, posseggono tutte le donne ad una certa età, in più il terrore di sbagliare tutto e farle male lasciandola cadere a terra mi convinse che la cosa più giusta da fare fosse respingere gli assalti.

    Ignorai meglio che potevo le dita umidicce e appiccicose sulla mia pelle, scostandole delicatamente con la mano e, facendo un respiro profondo, chiesi a Gildas, passando direttamente all’argomento per cui eravamo qui: “Allora, quando credi sia il momento giusto per agire?”
    Non feci in tempo a finire la domanda che vidi sbucare nel mio campo visivo una testolina dalla folta capigliatura nera: il mostriciattolo non demordeva, nonostante le avessi fatto capire chiare e tonde le mie intenzioni. Sbuffai alzando gli occhi al cielo e lanciando silenziose richieste d’aiuto in direzione di Gildas che però non parve coglierne nemmeno mezza.


    Strinsi gli occhi, mi misi il cuore in pace e, per farla smettere e non farmi rovinare il vestito, afferrai la bambina sotto le ascelle tenendo le braccia ben tese: era più pesante di quanto mi aspettassi!
    In questa posizione avevo modo di guardarla dritta in faccia, l’espressione imbronciata, come se dovesse piangere da un momento all’altro: mi sembrava di guardare una versione in miniatura di Gildas dai lineamenti poco definiti. Quegli occhi così simili …


    La rimisi subito a terra, prima che potesse sfuggirmi, e lei si rintanò tra le gambe di suo padre, giocando a nascondino insieme a qualcuno che non esisteva o che noi non potevamo vedere. “Sarà meglio che vada” – dissi voltando la schiena – “Ormai quello che dovevamo dirci l’abbiamo detto.”
    Mi incamminai piano verso la festa, cercando con lo sguardo Cassandra o suo fratello Andreus., avevo ancora qualcosa da sistemare. Chiusi gli occhi per controllare il respiro che, sentivo, si era fatto affannato e irregolare, sperando fino all’ultimo di sentire una mano afferrare la mia e costringermi a voltarmi indietro.



    FINE PARTE 2


  6. #166
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    Re: Bookstore - Adamantia Feralys The Last Chapter (PARTE 1)



    Ada è uno di quei personaggi che non mi stancherei mai di leggere, non è una donna banale e non è una di quelle persone che si arrendono facilmente, l'elemento fuoco le si accosta perfettamente. La vita semplice non fa per lei, nel senso che non riesco ad immaginarla spogliata da abiti costosi e lontana dalla vita di corte, sicuramente il periodo di "calma" le sta giovando parecchio, grazie anche alla vicinanza di questa nuova amicizia, la ragazza le sta insegnando molto sui rapporti umani ed aggiungo che deve avere sicuramente parecchia pazienza Sembra che abbia spento il proprio fuoco, in realtà è ancora vivo sotto la cenere ed aspetta il momento giusto per divampare, aspetto con ansia il momento in cui lei e Gildas sveleranno le carte con i reciproci genitori. Ed a proposito di Gildas: IO LI SHIPPO DI BRUTTO. Ada mi ha fatta morì nel modo in cui si è approcciata alla bambina, l'ho riconosciuta, è proprio da lei agire in quel modo, ma OVVIAMENTE, siccome LI SHIPPO DI BRUTTO (l'ho già detto?), spero che possano formare una loro famiglia e VOGLIO vedere Ada nei panni di una madre amorevole, in modo da poter offrire ai propri figli quello che a lei è stato negato da piccola, stesso discorso per Gildas, è bellissimo vederlo nei panni di un genitore attento e la bambina... MA QUANTO E' PUCCIA? La scena in cui lei scopre di essere gelosa mi è piaciuta molto, così come quando capisce che lui non l'ha mai tradita, se di tradimento si può parlare, diciamo che non l'ha presa in giro, non c'è nessun'altra donna, quindi IO LI SHIPPO DI BRUTTO!
    Ok... finito il commento confusionario, ma l'ho scritto di getto, mi piace molto come scrivi, è molto sentito, riesci a rendere partecipe il lettore ad un livello più profondo, coinvolgi emotivamente e questo è un grande dono. Le foto sono sempre perfette e mi piace molto il modo in cui adoperi i filtri. Attendo il prossimo capitolo U_U

  7. #167
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    Re: Bookstore - Adamantia Feralys The Last Chapter (PARTE 1)

    ciao polli, eccomi qui, come al solito in ritardo....

    innanzi tutto complimenti per lo splendido aggiornamento....forse te l'ho già detto, ma lo ribadisco: adoro la complessità psicologica del personaggio di Adamantia, ed il modo con cui la analizzi.

    Il duello i sguardi tra lei e Reneè è indimenticabile, le espressioni inequivocabili: si vede chiaramente come le due non si amino, ma esista al di la di questo, una certa stima reciproca: infatti la regina le affida un incarico di tutto rispetto, offrendole la possibilità di riavere i territori di famiglia, e questo non è poco...

    Ma...della vecchia Illyria non ci libereremo mai, vero? Per quanto dovrà continuare a tormentare la figlia?
    Putroppo lei è un prototipo di madre molto diffuso (anche in real life) alla quale è difficile sopravvivere, se non si è dotati di una forza sovrumana: e Ada la sta trovando in se stessa.

    Im questo primo periodo della sua riconquistata libertà, si respira un senso di pace e riflessione, suggerito anche dalle bellissime immagini della campagna....
    Bella la storia della anziana strega, che Ada decide di aiutare, per solidarietà, e la sua amicizia con Sybille che riesce ad avvicinarla alla natura, di cui impara a sfruttare i poteri a fin di bene: è in questo modo che si avvicina alla vita ed impara a gestire i meccanismi che regolano i rapporti tra la persone. Questa è la vera rinascita di Ada, che impara a trasformare la sua rabbia in energia positiva, riuscendo a fare di se stessa uno strumento di riparazione, per i torti ed i soprusi commessi dalla sua famiglia.

    Certo la delusione nella scoperta che Gildas ha una figlia, è più che comprensibile, ma sono convinta che alla fine la piccola, deliziosa e pestifera Mynce riuscirà a compiere il miracolo definitivo che trasformerà Adamantia.

    E' con questa speranza che aspetto il seguito di questo affascinante epilogo....
    A presto!






 

 
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