6° CAPITOLO: PRIMA PARTE
Dopo un'estenuante giornata di lezioni, tornai a casa. Il collo era indolenzito, il sedere quasi non lo sentivo più. Forse quella di laurearmi il prima possibile non era stata un'idea poi così brillante. Uscivo di casa al mattino e tornavo che era già buio.
Entrai al dormitorio massaggiandomi la nuca e lo vidi arrivare.
Aaron. Il ragazzo con cui avevo ballato alla festa qualche giorno prima.
Il ragazzo sembrava perseguitarmi. E' vero che il dormitorio non era poi così grande, ma trovarselo davanti in ogni momento mi fece sospettare che forse non si trattava di una coincidenza.
Entrai in cucina per prendere qualcosa di pronto dal frigo, poi vidi lui che aveva appena finito di prepararsi una bella insalata. Non volevo fare la figura dell'incapace. Anche io dovevo prepararmi qualcosa da sola, decisi.
Ma forse il karma aveva deciso di punirmi per aver fatto la gradassa. O forse, semplicemente, ero davvero troppo incapace a cucinare. Fatto sta che feci l'ennesima figura barbina, ormai cominciavo a farci l'abitudine.
Lui, da cavaliere senza macchia e senza paura, mi venne subito in soccorso con un estintore.
Mentre io mi ridicolizzavo ancora di più saltellando e urlando come una cretina.
Una volta spento l'incendio, mi avvicinai a lui e lo ringraziai. Non volevo assolutamente spingermi oltre.
Il cavaliere poteva pure riprendersi il suo cavallo bianco e smammare da lì. No, non avrei ceduto. Niente uomini.
"Grazie mille per avermi salvato dall'incendio, e dall'ira di tutti gli altri studenti. Fortunatamente dovrò solo ricomprare il forno."
"Figurati, non c'è problema. Fai più attenzione la prossima volta.

"
Che fai, infierisci?
Mi allontanai con la coda tra le gambe e andai a letto senza aver cenato.
La mattina dopo mi svegliai in ritardo e corsi a lezione con una fetta di pane tostato in bocca. Lo stomaco brontolava per aver saltato la cena di ieri. Non sarei proprio riuscita a saltare anche la colazione.
Dopo la fine della prima lezione, feci una seconda capatina al mare.
Tornai a casa che si era già fatta sera. Ero abbronzata, ma non bruciata. Non ero ancora riuscita ad eseguire la direttiva che mi avevano mandato.
Prima di rientrare al dormitorio, presi la posta. C'era un regalo di un certo Mahmoud e allegata una lettera che diceva: "Stavo pensando a te e credo che questo regalo ti piacerà."
Ma chi è questo Mahmoud? E perché mi inviava regali? Sarà forse uno stalker?
Mi guardai un attimo in giro, cercando una figura appostata dietro qualche cespuglio, ma niente. Forse il mio ammiratore non era poi uno stalker, sperai.
Rientrai in casa di fretta e furia e, senza cambiarmi, andai dritta in cucina. Erano due giorni che mangiavo pochissimo e morivo dalla fame.
Stavolta non c'era nessuno da impressionare, così andai a prendere dal frigo qualcosa che uno dei miei coinquilini aveva preparato.
Che poi, perché mi interessava così tanto impressionare quel tipo?
Ovviamente, subito aver finito di formulare quel pensiero nella mia testa, lui spuntò alle mie spalle.
Fa' che non si sieda qui, fa' che non si sieda qui.
No, fiuuu. Aveva deciso di sedersi sul tavolo alle mie spalle.
Accennai un sorriso che mi morì sulle labbra dopo pochi secondi. Cosa c'era di sbagliato in me? Come potevo essere felice che non si fosse seduto accanto a me, ma, allo stesso tempo, delusa perché non l'avesse fatto?
Mi scrollai quel pensiero di dosso e mi allontanai da lì il più in fretta possibile.
...