Lynette Crow
Mostri orribili, uomini armati, pulsanti nascosti e passaggi segreti.
Dove sono capitata?
Mi trovo a bordo della macchina di Lawrence, una gran bella macchina, aggiungerei. Se la passa bene, il dottore.
Siamo fuggiti dall'ospedale passando da una porta nascosta nel suo ufficio. Chi ha un ufficio con un passaggio segreto e una pistola?
Mi volto a guardarlo, come per cercare una risposta alla mia domanda, sapendo già che non otterrò nulla. Lui guarda la strada, assorto nei suoi pensieri.
In auto regna il silenzio, così rivolgo la mia attenzione al finestrino, al paesaggio. Vedo una folla, c'è qualcosa di strano in quelle persone. Mi domando se siano tutte come la cosa che ci ha attaccato prima...
Una domanda poco importante, visto che ci stiamo allontanando da loro, e piuttosto velocemente.
La macchina si ferma nel piazzale di una grossa villa.
Scendo dall'auto a fatica: i sedili erano davvero comodi, e comincio a essere un po' stanca. Tutto quello che è successo deve avermi tolto le forze.
Fortuna che ora non ci sarà più da scappare... almeno spero.
Lawrence mi fa strada fin dentro la villa, dove veniamo accolti da un maggiordomo e una domestica.
L'uomo saluta il padrone di casa, offrendosi di prendergli il cappotto, ma il dottore rifiuta elegantemente.
«Sì, Alfred e con una piacevole sorpresa. Lei è la signorina Lynette. Sarà nostra ospite finché...» e qui si gira verso di me
«Finché lo desidera, ovviamente».
«Martha, accompagna la signorina nella mia stanza e provvedi perché abbia tutto ciò che le occorre».
Che lusso, non ho mai visto una villa del genere, neanche tra i miei clienti più facoltosi. Se solo penso a casa mia... quel buco di monolocale con una sola finestra..
«Venga signorina. Le faccio strada» mi dice la domestica, avviandosi verso le scale. Ora che la guardo meglio assomiglia molto al maggiordomo.
Mi accompagna, e io la seguo, salendo le maestose scale che portano al piano di sopra.
Con la coda dell'occhio vedo che il maggiordomo si avvicina a Lawrence, dicendogli qualcosa, ma sono troppo lontana per sentire.
Nel frattempo la domestica prosegue, portandomi in una stanza da letto grande quasi quanto la mia intera casa.
Prende qualcosa dall'armadio, e poggia dei vestiti su una poltrona.
«Questi li ha scelti il signore appositamente per lei» dice prima di andarsene, lasciandomi sola.
Prendo in mano il vestitino rosso e lo squadro per bene, passando poi al completo intimo e alle scarpe. Mi sento sempre più in un film di 007 con elementi horror.
Questi abiti sono esattamente della mia taglia. Perfino le scarpe sono del mio numero.
E come faceva lui ad averli scelti appositamente se fino a poco fa neanche ci conoscevamo?
Tutto fatto ad hoc, un po' troppo. La perfezione non è naturale.
Se le circostanze fossero diverse, non avrei problemi ad indossare questi abiti. Ma non oggi, non in questo momento. Dopo quello che è successo, preferisco restare comoda e pronta alla fuga, e questi tacchi e questo vestitino non sono per niente adatti. Rischierei solo di storcermi una caviglia, rompermi un tacco o inciampare per la poca mobilità che permette il vestito.
Inoltre ci sono troppe questioni in sospeso.
La cosa che ha colpito Darsy, il fatto che lui non fosse sorpreso e anzi, fosse preparato.
E quella proposta che voleva farmi?
Che sappia più di me su quel che sta accadendo è ovvio, ma lo sa perché ha scatenato tutto ciò, o perché lo deve fermare?
L'abbandono di Darsy senza neanche sincerarsi delle sue condizioni mi fa pensare che lui non sia dei cosiddetti buoni... e ammetto che l'ipotesi che abbia causato lui quella cosa mi fa venire i brividi.
E io cosa c'entro? In qualche modo faccio parte dei suoi piani... o mi ha salvato solo perché è attratto da me? Dopotutto, una volta che Darsy ci ha avvertiti dello zombie in bagno, lui avrebbe anche potuto andarsene lasciandoci al nostro destino.
Penso a quando ci siamo conosciuti.. era venuta un'altra dottoressa, che poi mi ha presentato lui. Perché? Perché non lui direttamente? Che sia stato lui ad "offrirsi"? Se così fosse, allora sarebbe premeditato...
Sto diventando paranoica.
Mi guardo intorno distrattamente, cercando di trovare anche solo mezza risposta, qualche indizio, qualunque cosa possa aiutarmi a capire cosa sta succedendo, e le sue intenzioni.
Che stupida, anche se ha detto che questa è la sua stanza, sicuramente non ci terrà nulla di compromettente, soprattutto visto che mi ha fatta accompagnare qui.
Mi siedo sulla poltrona a fianco, sconfitta e divisa. Questo è sempre stato il mio problema: penso troppo e non so mai decidermi.
Guardo ancora una volta quei vestiti che dovrei indossare, come se avessero il potere di indicarmi la giusta cosa da fare.
Potrei semplicemente stendermi sul letto e addormentarmi qui. Magari domani mi sveglierò a casa mia, nel mio letto, scoprendo che tutto questo è un sogno.
O potrei non svegliarmi affatto.
L'ultimo pensiero mi inquieta, e mi si accende una lampadina.
Mi alzo dalla poltrona, lasciando lì i vestiti e dirigendomi verso la porta.
Una volta fuori, ho intenzione di andare a fare quattro chiacchiere con il mio salvatore...