Hospital Brookheaven – Gruppo 4 – Stanza 103
In questo momento l’unica cosa che mi pompa nelle vene è pura adrenalina.
Il colpo di pistola lo colpisce alla gola, ma non lo fa cadere e questo è il mio segnale.
Prendo un bel respiro, cercando di controllare il battito del mio cuore, ed alzo la sedia per poi lanciargliela addosso con tutta la forza che ho.
Per un breve istante mi sento euforica, euforia data dal fatto che sono effettivamente riuscita a fare quello che avevo in mente – ho sempre sottostimato il mio corpo per colpa della malattia, concentrandomi principalmente e solamente sull’aspetto intellettuale –.
Euforia che vacilla nel momento in cui, la sedia che ho lanciato, sfiora solamente il paziente 102, lasciandomi con un senso di vuoto nello stomaco.
Ma a quanto pare dove io ho visto il difetto, l’errore, il caso ha visto diversamente, tanto da dare a noi quella vittoria che cercavamo.
La creatura vacilla, si scontra contro la finestra, rompendola, e poi con un tonfo cade a terra: sulla nuca si staglia bellamente una scheggia di vetro insanguinata.
Mi verrebbe quasi da ridere: dopo tutti i colpi di pistola è bastata solo una fortuna del caso a mettere K.O. il nostro amico qui.
Lentamente il mio battito cardiaco riprende ad essere normale, l’adrenalina scema lasciando dietro un leggero senso di spossatezza.
Sento i capelli alla base della nuca appiccicati alla mia pelle, a causa della sudorazione fredda di ansia e paura che ho cercato di sopprimere dall’inizio, ma che ho sempre avuto ben solida dentro di me.
In fin dei conti è una semplice reazione umana l’aver paura dell’ignoto o di poter morire senza possibilità di sopravvivenza.
Ed io sono umana, per quanto alle volte vorrei non esserlo dato tutte le debolezze che questa condizione causa: come il cedere a una tentazione, fare una scelta sbagliata che potrebbe ripercuotersi su tanti altri, il rimorso, l’annebbiamento dei sentimenti, fragilità del fisico...
Scuoto la testa: per un attimo alla mente mi era tornata la me stessa di quatto anni fa e di quello stupido errore che non avrei mai dovuto fare.
Osservo testa calda (Byron Biscardi) e sono tentata di piegare le labbra in un sorriso, perché in effetti mi sento presa sul vivo dato che è stata la mia idea/azione finale a finire il lavoro.
-Credo sia il caso di cercare di capire cos'è successo, ora che siamo fuori pericolo. Dottoressa... Lascio a lei il compito di visitare la donna a terra, se lo desidera. Anche se temo che non ci sia più nulla da fare-
Alzo un sopracciglio: Perché... credeva che lui dovesse avere il compito di visitarla ed accertarsi quindi della possibile morte?
-Tu ed io esamineremo l'altro uomo. E' giunta l'ora di fare finalmente luce su questa faccenda... Ah: Se ritiene sia il caso, può avvisare il resto del personale-
A quanto pare sì, visto che ora sembrerebbe intenzionato a perquisire il paziente 102: cosa che di sicuro un poliziotto all’oscuro della patologia e non avendo conoscenze mediche o non essendo un ricercatore non potrebbe o dovrebbe fare.
«Sono la Dott.ssa Samantha Reaver e consiglierei vivamente a lei e alla sua collega di non toccare il corpo del paziente: visto che era tenuto sotto osservazione dal nostro staff medico e non sappiamo bene le cause che hanno portato a questa sua condizione»
Spiego, cercando al momento di non dire troppo, perché preferirei non dover rivelare ad altri quello che riguarda noi medici e ricercatori, ma temo che le spiegazioni dovranno essere fatte prima o poi.
Anche se potrebbero rimanere delusi da quanto sappiamo anche noi.
“A meno che non si trovi il o i B******* che hanno causato tutto questo, perché devono per forza esserci... Idioti che hanno voluto giocare a fare Dio...”
«Come ha detto lei, desidero, visitare la signora Atwood per constatarne o meno la morte... » “ma soprattutto per “analizzare” il morso che il paziente 102 le ha causato: non vorrei che il “virus”si fosse insediato nel suo corpo e quindi divenisse anche lei un soggetto anomalo: morte o non morte”
Penso avvicinandomi al corpo della signora, con un nodo allo stomaco: forse dovrei avvisare prima Helena e Manuel;
Forse sarebbe meglio andare a controllare Mila Kirenko e vedere se sta bene;
Forse dovrei andare a vedere Yuriko, visto che l’ho “abbandonata” così senza più far ritorno...
Stringo i pugni: no, non posso farlo... sono un medico ed ora non devo permettere alle mie emozioni di mettersi in mezzo.
Mi umetto le labbra, tirando fuori il cercapersone per mandare un breve e coinciso messaggio ad Helena e a Manuel, nel chiedergli se possono immediatamente dirigersi qua, sperando che la prima ce l’abbia dietro e che quest’ultimo riesca a leggerlo.
Fatto ciò osservo di nuovo la signora Atwood.
«Potrei chiedere l’assistenza di entrambi o solo uno di voi in caso la signora dovesse aggredirmi?»
Chiedo sperando che uno dei due, se non entrambi, mi coprano le spalle durante la mia esaminazione.
Se dovessi riceverla bene, mi sentirei più sollevata e al sicuro, se così non fosse... sospiro chinandomi a terra, poggiando il mio kit sul pavimento, dal quale tiro fuori i guanti che indosso – per evitare un diretto contatto con il sangue/saliva/pelle – e mi volto verso la signora Atwood, bene o male distante da me di qualche centimetro, adocchiando leggermente il corpo senza vita del paziente 102, sperando davvero che sia morto morto.
La chiamo leggermente, avvicinandomi di più al suo corpo, poggiando due dita sulla sua giugulare, dalla parte del collo dove non vi è il morso, per percepire se vi è o meno il battito cardiaco.
*L'utilizzo del cercapersone è stato approvato dalla master;
*La presenza dei guanti è stata approvata dalla master;
*Chiedo scusa per la mancanza del "banner" sotto spoiler in questo post e nei precedenti, ma ho avuto dei problemi al riguardo.