Lynette Crow
Gruppo 3
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Sono ancora assorta nei miei pensieri, ancora incredula per come qualcosa di così banale come parlare possa essere di così grande aiuto in certe situazioni, che non mi accorgo di trovarmi seduta sulla scrivania, alla quale poco fa ero solo appoggiata.
Il dottor Talbot -o forse dovrei cominciare a chiamarlo solo Lawrence- è in piedi davanti a me.
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"Il lettino potrebbe essere troppo freddo per te." Sento che dice. Fatico a comprendere di cosa stia parlando, la mia mente è rimasta indietro di qualche minuto.
Si avvicina ancora di più, scostandomi una ciocca di capelli. Per un attimo penso che abbia intenzione di baciarmi, ma poi si mette a guardare il livido che ho sul collo. Ammetto che una parte di me rimane un po' delusa. Ma forse non spetta a lui una mossa così esplicita.
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Passa alle mie gambe, spostandomi le calze per vedere com'è la situazione lì. Ho paura che possano tornare furiosi i ricordi di questa notte, e di tutte le notti simili a questa, e invece il suo tocco è così delicato che riesco a rimanere nel presente.. seppur con qualche difficoltà nel rimanere concentrata.
Mi controlla tutto il corpo, mentre cerco nel suo sguardo una qualsiasi informazione sulle mie condizioni.
"Hai fatto bene a chiedere una visita. I lividi si stavano per gonfiare."
Non sembra preoccupato, come se ci fosse qualcosa di grave. Meno male. E' più... arrabbiato sembrerebbe.
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Si allontana rapidamente, e altrettanto velocemente ritorna.
Un improvviso brivido mi attraversa il corpo facendomi sobbalzare, del tutto impreparata. Ero così assorta nei miei pensieri da non accorgermi che mi stava mettendo del ghiaccio sulle cosce, per i lividi. Ma forse non è stato quello a causare la mia reazione.
C'è qualcosa in lui che mi attira terribilmente..
"Il ghiaccio serve a calmare il gonfiore e il dolore. Applicalo almeno ogni ora per i prossimi due giorni, d'accordo?"
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Mi guarda negli occhi e io ingoio a vuoto, ringranziando il ghiaccio che ho tra le gambe per tenermi ancorata alla realtà.
Faccio un leggero cenno del capo, per comunicargli che ho capito quanto mi ha detto.
Cos'è che mi ha detto?
Distolgo lo sguardo dai suoi occhi, finendo sul suo camice. Noto un rigonfiamento, così aguzzo la vista, e scorgo il porfafogli bello pieno all'interno di una delle tasche interne.
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Avevo ragione sul suo stipendio, a quanto pare.
Mi balena un'idea in testa.
Il mio sguardo torna immediatamente ai suoi occhi, come per tentare di nascondere quello che ho appena pensato.
"Mi raccomando, avvolgi il ghiaccio in un asciugamano prima. Mai metterlo a contatto direttamente con la pelle."
Continua a guardarmi negli occhi, e io non posso che sorridergli.
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Forse quello che mi attira, oltre ai suoi modi, è la possibilità di scegliere: per una volta, forse, posso permettermi di decidere io cosa fare, come farlo e con chi. Sì. E al diavolo anche la povera fanciulla indifesa.
Appoggio il ghiaccio sulla scrivania e scendo, continuando a fissarlo negli occhi. Mi avvicino, con l'intento di spingerlo sulla sedia dietro di lui e montargli sopra, quando improvvisamente la luce se ne va di nuovo; questa volta sembra che non accenni a tornare.
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Le luci di emergenza sono tutto ciò che rimane: abbastanza per vedere dove metti i piedi, ma non dove metti le mani. E le mie hanno come preciso obiettivo il portafogli di quel taschino. Non tutto quanto, se ne accorgerebbe subito, ma potrei sempre prendere qualche banconota...
Tento di continuare con il mio piano.