Andrea Gillian
4° piano di Household
Ore 19:10
Russa! Mi pare di essere russa -si, come quel bel cretino di… lasciamo perdere!- e di non essere ascoltata da nessuno, perché? Solo perché sono una prostituta? Quindi dovrei essere una gallina cerebrolesa? Mi blocco prima che inizi a urlare parole molto poco simpatiche e non adatte ad una ragazza.
In quel momento scendono due ragazze tra cui la soldatessa di prima,
rivolgo uno sguardo da “te l’avevo detto” al tizio alto. Guardo la ragazza rossa ferita, abbasso lo sguardo e noto meglio la ferita: è a forma di mezzaluna e si distinguono abbastanza bene dei segli di denti, “quello è un morso… cacchio si, è un cavolo di morso! Chi mai morderebbe così forte e per di più con una bocca così piccola?” penso incredula, sollevo gli occhi e quella ricambia il mio sguardo ma non risponde alla mia domanda. Guardo a uno a uno i componenti del gruppo, nessuno fiata e tutti sono indaffarati con qualcosa, mi viene un certo imbarazzo a pensare di aver fatto una certa, magra figura. Ma tantè, “io ho avvisato, poi so cavoli vostri!”
Mi allontano dal centro dell’atrio e mi appoggio ad una delle porte degli appartamenti ad un certo punto una voce mi fa voltare di scatto «Diane!» è una ragazza uguale a quella ferita
ed è accompagnata da una donna dai capelli neri… ma… un momento…
12 Settembre 2013
Ore 23:45
Quartiere “a luci rosse” di Bellavista
Era una notte piuttosto fresca e umida e le prime gocce di pioggia iniziavano a cadere lente «Andrea, zuccherino… stanno arrivando altri due poteziali clienti, che ne dici tesoro? Ci buttiamo? Che nome sceglierari stasera? Mary? Heather? Oppure preferisci qualcosa di più europeo come Maria o Cynthia?»
la vocina stridula di Michelà mi perforavano i timpani come l’azione di tre-quattro martelli pneumatici attivati contemporaneamente, mi stupì nel vederla con solo il suo classico abito rosso in latex, “sicuramente sta morendo di freddo ma è troppo orgogliosa… o stupida per ammetterlo…” e di certo non era il primo abito stravagante che le avevo visto addosso, molte volte era arrivata con uno sgargiante corsetto di pelle nera e rossa oppure un minidress (sempre in latex) di un colore rosa acceso “insomma, rappresenta proprio lo stereotipo di prostituta!”, mi avvicinai a lei e le sussurrai «Senti Miky, che ne dici se stasera ti lascio il posto libero? Sono un po’ stanca…» quella mi guardò con una espressione di rammarico, poi immediatamente mi sorrise «ottimo, ti do la tua metà quando ho “finito”!» «Tienili pure… non mi pare giusto rubarti il tuo compenso!»
mi allontanai da lei prima ancora che i due ci raggiungessero, mi nascosi in un vicolo e mi appoggiai al muro di uno dei locali notturni, mi appoggiai con una mano al lampione spento di fronte a me, sentì un liquido caldo attraversarmi verticalmente il volto.
Una lacrima, poi un’altra, finche il mio volto non era solo una maschera di pianto, eyeliner e mascara sciolti, quello schifo non riusciva a rimanere attaccato al mio volto così come io non volevo attaccarmi a quella vita. Ad un tratto una voce dietro di me mi fece quasi sobbalzare «Scegli: o mi dici per chi lavori e dopo ti taglio la gola, o non mi dici per chi lavori, ti torturo e poi ti taglio la gola»