Scott Walker
Appartamento numero 7 di Household
Siamo in attesa della risposta dello SWAT. Spero davvero che chiami del personale medico per farci visitare, così da dimostrare a tutti che sto bene, che non mi merito di essere tenuto prigioniero in una stanza, contro la mia volontà, e che ho tutto il diritto di andarmene da qui. L'agente ascolta le nostre lamentele, o così pare: difficile dirlo, visto che il volto è celato.
Lo vedo puntare minaccioso il fucile su ognuno di noi, quando si ferma su di me mi sento morire dentro, poi, fortunatamente, qualcos'altro attira la sua attenzione.
Tiro un respiro di sollievo, sollievo che dura assai poco. Il rumore assordante e agghiacciante di uno sparo rimbomba nella stanza. Lo SWAT ha sparato, mancando volutamente di pochi centimetri, i piedi della soldatessa ferita. L'aria si fa estremamente tesa, mi sembra quasi di poter sentire battere all'unisono tutti i cuori terrorizzati dei miei compagni di sventura.
“Questo è un avvertimento. Abbiamo ricevuto informazioni sul metodo di verificare chi di voi è infetto, se risulterete negativi, allora verrete curati nel modo adeguato. Questi sono gli ordini!”
esordisce lo SWAT con fare sicuro. Decido che è meglio dargli retta, di sicuro non scherza. La coinquilina di Kincaid (nda: Kava), tuttavia, non pare essere della mia stessa opinione. La vedo staccarsi dal resto del gruppo e avvicinarsi con fare un po' troppo spavaldo al nostro carnefice:
“Tutto questo è intollerabile”
Sono quasi tentato di bloccarla, sta facendo una pazzia, possibile che non se ne renda conto? Lo SWAT si gira di scatto nella sua direzione. Sto per coprirmi gli occhi con le mani: so perfettamente quello che sta per accadere. Il suono di un secondo sparo, si dilaga in tutta la stanza.
Eccola lì: la soldatessa dai capelli corti giace inerte sul pavimento del salotto dei coniugi Russel, il suo corpo sta diventando una pallida sagoma avvolta in una macchina rosso vivo. Rimango quasi ipnotizzato dal quel mare rosso che si espande sotto il corpo della povera malcapitata e, inevitabilmente, la memoria corre di nuovo da Kate. Le immagini di lei, che grida nel nostro bagno, mentre si tiene il pancione, con ai piedi quel lago di sangue, tornano a torturarmi. Non so nemmeno quando tempo sia passato da quell'episodio: quanto avrò dormito? Ormai devo rassegnarmi all'idea che lei non c'è più, è passato troppo tempo perchè ci sia ancora qualche remota possibilità che sia viva. Kate è morta. Questa è la realtà. Quello che ora mi rimane di lei sono tanti ricordi e nostro figlio, che si aggira nel nostro appartamento in cerca di carne frasca da azzannare.
Vorrei piangere, ma è come se avessi un blocco emotivo: troppe emozioni in contemporanea, forse. Sono troppo scosso per sentire con chiarezza quello che lo SWAT sta comunicando al suo collega tramite l'auricolare, l'unica cosa che so, è che ci ha appena chiusi a chiave nella stanza. Ci ha abbandonati. Bell'aiuto, davvero.
“Ci mancava solo l’appestata”
Le parole ironiche della mia vicina (nda:
Viktoria), mi riconducono alla realtà. In un primo momento non capisco di che cosa stia parlando, poi noto Diane riprendersi. Dovrei essere felice, e invece sono più preoccupato di prima: la ragazzina ha un aspetto più che preoccupante, che non lascia presagire nulla di buono.
“Sei una strXXXa!” urla improvvisamente, rivolgendosi a Viktoria. Rimango basito. E' furiosa, non sembra più l'educata ragazzina che ha tentato di mettermi in guardia sul virus, che ha provato a spiegarmi quello che stava per accadere. E' palese che non è Diane quella che sta parlando, ma sono gli effetti del morso.
Non ho neanche il tempo di avvicinarmi a lei per tentare di calmarla e renderla ragionevole, che un lamento cattura la mia attenzione. La signora Russel si è ripresa, se così si può dire: ora è in piedi, certo, ma non è più lei. Viene verso di noi, con camminata barcollante e fare minaccioso. Di umano ha ben poco, ormai.
Sto per correre verso la porta per chiamare l'agente della SWAT che ci appena lasciati qui, in fin dei conti ha detto che ci avrebbero curati in maniera adeguata, quale situazione meglio di questa per essere di parola? Ma il militare è più svelto di me: si getta agilmente in direzione degli attrezzi posti vicino al caminetto, ne estrae uno, bello appuntito, e si avvicina alla mia vicina, o meglio, a quella che era la mia vicina, e pare voglia colpirla in un occhio.