Scesi, portandomi le mani alla bocca. No...no no! Che disastro!
Mi avvicinai titubante al ragazzo, pronta a scusarmi, ma lui non mi diede retta e si riportò il cellulare all'orecchio.
<<No scusa Clint, non parlo con te, ma con un’imbranata che mi ha appena tamponato>> disse furioso, <<Guarda caso una donna!!!>>
<<Ehi! E’ stato un incidente, può succedere. Mi dispiace…>> dissi, irritata da quella battuta maschilista.
<<Le dispiace??? Ma se stavo andando a dieci all’ora, come ha fatto a non vedermi, ci vuole impegno!>>
<<Io…non lo so! Ho anche controllato…>>
<<Ha controllato un corno!>> sbottò lui, ancora più nervoso. <<Clint, ti richiamo io ok? Devo risolvere questo contrattempo…si…si…hai ragione, le donne non dovrebbero guidare!>>
<<Le ho detto che mi dispiace>>
<<Me ne frego delle sue scuse! Se non sa guidare non si metta al volante! Donne...>>
<<Ehi! Poteva succedere a chiunque, anche a lei. E poi la sua macchina è intatta, è solo un graffietto…non faccia tante scene>>
Ero nervosissima, sapevo che il tamponamento era colpa mia ma odiavo i luoghi comuni sulle donne al voltante. Era stato un semplice incidente, poteva capitare a chiunque, sia donna che uomo. Il tizio, un ragazzo probabilmente sui trentacinque anni, griffato dalla testa ai piedi e con un’area tremendamente arrogante, non accennava a calmarsi.
<<Se è solo un graffietto lo lasci giudicare al mio carrozziere. Questa macchina per me ha un valore affettivo>>
<<Dio mio…>> dissi sarcastica, pensando a quando fosse stupida l’ossessione morbosa degli uomini per le auto <<Senta, questo è il mio numero>> continuai, porgendogli il mio nuovo bigliettino da visita...
<<La macchina non è mia, la stavo solo spostando, quindi la pregherei di non coinvolgere l’assicurazione, pagherò io. Ora cortesemente vorrei tornare dentro. Buonasera…>>
Girai i tacchi (che non avevo) e tornai all'auto di Brian.
<<Eleanor Parker?>> chiese lui, leggendo sul bigliettino da visita.
<<Se c’è scritto… non le pare? Di certo non mi metto a distribuire biglietti da visita falsi!>> risposi , stizzita, continuando a camminare. Che idiota.
<<E ora se ne va? Ma lo sa che è una maleducata?!>>
<<E lei è un idiota maschilista. Senza offesa, eh!>>
Salii in macchina e mi allontanai senza aspettare la sua risposta. Parcheggiai nella parte opposta dell’edificio ed evitai accuratamente di ripassare dov’ero prima per rientrare nel locale. Che cavolo di sfortuna, proprio a me doveva capitare?
Avevo sempre odiato i maschilisti. Per troppo tempo avevo lasciato che mio padre condizionasse le mie scelte, non avrei mai permesso che questo succedesse anche con un uomo. Tantomeno per un banale incidente. Avrei pagato e chiuso rapidamente la questione. Speravo solo che non mi sparasse una somma troppo alta per quel graffietto. In quel caso non avrei saputo come fare, soprattutto se la richiesta fosse arrivata prima dell’accredito dello stipendio. Che guaio.
Avrei evitato di dire dell’incidente a Brian, tanto tra tutti quei graffi era impossibile se ne accorgesse. Si sarebbe solo preoccupato inutilmente.
Tornai trafelata dai miei amici, ancora beatamente occupati a chiacchierare sugli sgabelli.
<<Eccomi! Le tue chiavi Brian…>>
<<Spero tu non abbia investito nessuno…>> mi disse, sorridendo.
<<Ma figurati>> risposi, abbassando gli occhi <<ragazzi scusate ma mi è venuto un fortissimo mal di testa, vi spiace se torno a casa in taxi?>>
<<Non esiste proprio, ti accompagniamo noi!>> intervenne categorica Julie.
<<No davvero, tranquilli. E’ troppo presto per voi per tornare a casa, non vorrete farmi sentire in colpa per avervi rovinato la serata vero?>>
Riuscii a zittirli, e chiamai un taxi. Non avevo mal di testa, ma volevo lasciarli da soli. Avevo il presentimento che stesse succedendo qualcosa e ci speravo, per entrambi. Erano davvero una coppia perfetta, pensai, osservandoli da lontano.
Comunque, oltre al voler fare da Cupido, non ero più in vena di stare in giro, ero troppo nervosa e se avessi incontrato nuovamente quel tizio all'interno del locale probabilmente avrebbero dovuto fermarmi, per evitare che gli rovesciassi addosso il primo drink che mi fosse capitato per le mani. Si può odiare una persona così, a pelle e nonostante si sia nel torto? Probabilmente si, conclusi.
Tornai così a casa e passai il resto della serata a guardare la tv con Chanel, ancora nervosa per quel maledetto tamponamento. Che cavolo di sfortuna! Non avevo ancora preso il primo stipendio e già mi trovavo a dover sborsare soldi. E mai… mai avrei chiesto aiuto ai miei, soprattutto a mio padre.
Avrei fatto meglio a restare a casa, constatai sbuffando, prima di spegnere la tv, gettare via il telecomando e andare a dormire.
Quel fine settimana mi resi conto di come lo stress e la cattiva alimentazione dell’ultimo periodo avessero danneggiato il mio fisico. Avevo preso più o meno tre chili. Tre chili in due settimane! Stavo quasi per piangere in piedi sulla bilancia.
Decisi di dover correre ai ripari immediatamente, se non altro per non rischiare che non mi entrassero più i vestiti di Britt.
A lavoro vedevo molti colleghi saltare la pausa pranzo per andare a fare jogging a Central Park e decisi che dal giorno successivo avrei preso esempio da loro. Infondo poteva essere un ottimo modo per fare nuove conoscenze. Oltre Brian e Julie infatti non avevo stretto amicizia con nessuno a lavoro e dovevo in qualche modo rimediare.
Così il giorno dopo saltai la pausa pranzo, mi cambiai velocemente negli spogliatoi e andai a correre. Staccare in modo così drastico dall’ufficio era davvero una bellissima sensazione!
Mantenni un’andatura regolare, dato il mio scarso allenamento, e notai come il parco pullulasse di persone nonostante fosse l’ora di pranzo. C’erano molti bambini a giocare, come anche coppiette intente a prendere il sole o a mangiare sul prato. I grattacieli che circondavano il parco davano un aspetto suggestivo al paesaggio: un piccolo angolo di paradiso nel bel mezzo del caos metropolitano.
Dopo quaranta minuti di corsa ero esausta, così feci una doccia veloce e tornai alla mia scrivania con l’insalatina dietetica (e deprimente) presa al bar al piano terra.
Quando mi sedetti e cominciai a mangiare leggendo le notizie online, mi resi subito conto che stava succedendo qualcosa.
Vidi Julie parlare al telefono, poi guardare nella mia direzione e dirigersi spedita nell’ufficio di Karen.
Ne uscì solo a fine giornata, quando io ormai avevo già spento il pc per tornare a casa, e la vidi più volte guardare nella mia direzione e sorridere senza dirmi però nulla.
Così, convinta di aver semplicemente immaginato tutto, lasciai correre.
Poi arrivò il lunedì.
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