Faber est suae quisque fortunae
Quando la fata finì il suo racconto, notò che i presenti si erano nel frattempo assopiti in un non precisato momento della sua storia e decise che era meglio non svegliarli, poiché quella che probabilmente li attendeva sarebbe stata una giornata molto pesante.
Lasciando la stanza però non si accorse che uno dei giacigli era vuoto: mentre il cocchiere dormiva scompostamente e Luce riposava accanto al libro ritrovato, non c'era più alcuna traccia di Lestat.
Quest'ultimo, raccolti i suoi vestiti, si era dileguato di soppiatto sfruttando la scarsa visibilità nella luce fioca della caverna, e ripercorrendo il sentiero a ritroso, senza poche difficoltà era riuscito a ritrovare la carrozza abbandonata sul sentiero e, risvegliando i due grifi era partito da solo alla volta del castello di Pietra.
Alle prime luci del mattino, risvegliati dalle rumorose attività del villaggio sopra le loro teste, Luce e Aron si risvegliarono dal loro profondo sonno, chiedendosi quasi se quello che avevano ‘vissuto’ la notte precedente fosse stato solo un sogno.
Gli abitanti del villaggio si dimostrarono molto gentili con i forestieri, e non mancarono di condividere il loro sudato pasto (si procuravano la selvaggina cacciando e a volte capitava che il cacciatore diventasse la preda) per permettere a Luce e Aron di recuperare le energie.
Quando fu chiaro che Lestat non si sarebbe presentato con loro intorno al fuoco, una giovane cacciatrice fece notare che all’alba, mentre si recava al lago per pescare, le era sembrato di vedere una figura scura allontanarsi furtivamente dal villaggio, ma poiché non si sentiva ancora completamente sveglia, non aveva dato peso alla cosa.
Luce e Aron iniziarono a interrogarsi sul motivo che aveva spinto Lestat a fuggire in solitaria, e quindi abbandonare la missione che, rivelò in seguito il cocchiere, si sarebbe conclusa con la consegna della principessa al castello della Pietra, nelle mani di Clodia, la governatrice del casato.
Le loro elucubrazioni furono interrotte da Rosa, la quale, avendo pietà degli sfortunati ospiti, ebbe l’accortezza di fornire abiti più adatti alle circostanze rispetto a quelli da loro abitualmente indossati.
Luce accolse con gioia la possibilità di indossare qualcosa di più coprente rispetto alla puzzolente e striminzita camicia che era stata costretta a portare fino a quel momento, mentre Aron dovette abbandonare a malincuore il suo amato cappello portafortuna (Rosa gli aveva spiegato che i pippostrelli, fameliche creature notturne, erano irresistibilmente attratti da qualsiasi tipo di copricapo e una volta attaccativisi non mollavano più la ‘preda’) e accontentarsi di abiti più ordinari di quelli a cui era abituato, sebbene sufficientemente insoliti da generare l’ilarità di Luce e Rosa stessa.
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Ciò che Luce e Aron non potevano prevedere, era che il racconto della fata avrebbe risvegliato in Lestat lontani ricordi della sua infanzia che si erano assopiti coperti dalla coltre del tempo, ma che una volta recuperati avevano scatenato nel giovane cavaliere un profondo senso di avversione verso sé stesso e verso lo spregevole compito che si era accollato.
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Ognuno deve essere artefice del proprio destino’ aveva pensato e, conscio delle conseguenze che la sua disobbedienza avrebbe comportato, aveva deciso di lasciare libera Luce e ritornare da solo al castello, dove lo attendeva la zia Clodia, ansiosa di ‘mettere le mani’ sulla principessa e il prezioso sangue che scorreva nelle sue vene: i piani di Clodia sarebbero stati più pacifici se Sephiro fosse riuscito a sposare Nova e avere un figlio da lei, diretta discendente della potente Emeraude, ma, dato che le carte in tavola erano cambiate, a farne le spese sarebbe stata la sorella minore, e questo Lestat non poteva più permetterlo.. il legame che sentiva di avere con Luce, nella sventurata storia della propria famiglia, andava oltre la genìa che avevano in comune.
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Sebbene Luce non potesse comprendere completamente i motivi che avevano spinto Lestat a proseguire il viaggio da solo, la storia che aveva ascoltato la notte precedente aveva colpito nel profondo della sua anima: se la leggenda raccontava il vero, forse il fratello rapito era ancora vivo, forse faceva parte del casato della Pietra, forse era tenuto prigioniero.. o forse.. forse si erano già conosciuti, forse avevano condiviso insieme una avventura che li aveva inconsapevolmente avvicinati..
Decisa a scoprire la verità, Luce prese l’insana decisione di proseguire il cammino non per il suo regno, ma verso la destinazione ignota verso la quale Lestat era intenzionata a condurla.
Luce non impiegò molto a scoprire che le intenzioni di Lestat erano quelle di farla prigioniera al castello di Pietra: il cocchiere, messo alle strette, aveva dovuto confessare tutti i dettagli di cui era a conoscenza e, dietro la promessa di una lauta ricompensa (nonchè del pagamento del servizio effettuato per il casato della Pietra che quindi sarebbe stato portato a termine) si ‘offrì’ di accompagnare Luce a destinazione.
Sellati i cavalli, i due novelli avventurieri salutarono il villaggio che li aveva accolti con tanto calore, e si diressero verso le lontane terre dominate dal casato della Pietra.
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Mentre Luce e Aron si inerpicavano con difficoltà verso il sentiero che conduceva al castello, Lestat, che li aveva preceduti nella partenza ed era dotato di un mezzo di trasporto infinitamente più veloce, era già giunto al cospetto della zia la quale, vedendolo arrivare solo, senza nè Luce nè cocchiere (di cui comunque le importava poco, non fosse per l’anticipo che aveva già dovuto sborsare) capì che la missione era stata un completo fallimento.
Trattenendo il risentimento per l’insuccesso riportato, Clodia accolse comunque il nipote con affetto: sin dalla gioventù, ella nutriva per Lestat un amore profondo, e per quanto egli avesse disatteso tutte le sue speranze e probabilmente distrutto l’ultima possibilità di annullare la maledizione, non riusciva a trattenere la gioia di rivederlo sano e salvo.
Prima che Clodia potesse iniziare a interessarsi dei motivi che avevano portato il nipote a ritornare al castello solo, qualcuno interruppe l’improvvisata riunione famigliare.
Era Sephiro il quale, subito dopo il matrimonio, si era dileguato dal castello dei Fiori per paura di ritorsioni, ed era tornato con la coda tra le gambe dalla madre, sicuro che il compagno Lestat avrebbe risolto la situazione nel migliore dei modi.
Lestat, dissimulando il rancore accumulato verso l’ex compagno di armi, si abbassò il copricapo per farsi riconoscere e rivolgendosi a lui come se nulla fosse cambiato tra loro, si avvicinò a lui per un abbraccio di saluto.
Sephiro, ovviamente ignaro di tutto, accolse l’abbraccio fraterno senza capire che le intenzioni di Lestat non erano in realtà del tutto amichevoli: la frase che Lestat gli sussurrò all’orecchio non appena furono uno di fronte all’altro, però, gettò un’ombra oscura sul viso di Sephiro.
Lestat: I piani sono cambiati.