Non lasciarmi andare via
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Martino era seduto nel suo ufficio, controllava le bollette da pagare tra le tante c'era anche l'ultimo stipendio di Maria.
Non voleva farlo, ma quei mille euro erano l'ultimo stipendio che la donna avrebbe preso da Martino.
“Sign. Martino” lo chiamò Maria.
“Entri” rispose Martino.
la donna entrò con una tazza di caffè bollente ed amaro,
“Si sieda” la invitò Martino cortese,
Maria lo guardò sapeva che era il giorno di paga ma mai l'uomo l'aveva invitata a sedere nel suo studio, era una cosa del tutto nuova per lei.
“La ringrazio per tutto il lavoro che ha fatto con Peonia e soprattutto con le gemelle” iniziò badando alle parole,
“E' un piacere per me averlo fatto” sussurrò Maria perplessa,
“Ma temo che per il momento dovrà trovarsi un'altro lavoro. Conosce la situazione e non è giusto tenerla qui. La ringrazio per tutto quello che ha fatto” finì passandole la busta con lo stipendio,
“Posso aspettare” gridò con le lacrime agli occhi.
Martino la guardò senza capire.
“Insomma mica è per sempre, resto con Peonia e poi quando la situazione torna normale mi paga” disse come sè quello fosse un desiderio.
Martino scosse il capo “Le prometto che quando la situazione tornerà normale e sè lei sarà ancora disponibile la chiamerò” concluse Martino alzandosi, la donna singhiozzo e si alzò.
Martino la accompagno alla porta ed aspettò che la donna raggiungesse la sua macchina, ammirando per l'ultima volta il suo lato B che lui non considerava più speciale.
Anastasia si guardava in torno ancora spaesata, il divano su cui era stata parcheggiata non era tanto comodo, la schiena le doleva ed aveva un gran mal di testa.
Di prima mattina una donna era piombata nella sua stanza d'albergo trascinandola fuori insieme alle sue cose, l'aveva parcheggiata sul divano imprecando contro il tempo tiranno ed era scappata a lavoro senza la minima spiegazione.
Era ancora frastornata, non capiva dove si trovava, aveva sonno, fame ed aveva paura che fosse stata rapita da qualche amante pazza di Martino che l'aveva rapita in un modo più tosto buffo.
Ma invece di scappare forse per lo stato ancora assonnato si chiedeva quando sarebbe arrivato qualcuno e l'avrebbe portato da mangiare, sospirò e si alzò guardando fuori la finestra,
nel cielo un chiarore innato, qualche nuvola minacciosa prometteva pioggia, erano appena le sei del mattino.
Sospirò aveva ancora il pigiama, le valigie aperte accanto alla porta, altre delle sue cose che Nanà aveva raccolto in dei sacchetti gettati in lungo è in largo per la stanza che era diventata un caos.
La porta si aprì ed Anastasia resto immobile e spaventata. Electra entrò inciampando nelle valigie, si schiarì la gola guardandosi in torno, “Ma che c*** e successo” alzò il capo verso Anastasia.
“Tu sei la ragazza di..” si bloccò, la madre le aveva spiegato una mezza relazione con Martino e le aveva anche detto di essere a casa prima delle cinque e mezzo.
“Tu sei...” continuò senza trovare un aggettivo per la ragazza “Tu sei una ragazza” disse con imbarazzo.
Anastasia annui, “Sono una ragazza” balbetto perplessa,
“Sei una ragazza” ripeté imbarazzata Electra, mentre si alzava e si sistemava. Non era tanto brava a socializzare soprattutto con una sconosciuta in camicia da notte portata nel suo soggiorno ancora assonnata.
“Sono una ragazza e.. Sono Anastasia” balbettò ancora cercando di uscire dall'imbarazzo,
“Giusto.. Anastasia. Io sono Electra” si presentò, le due si guardarono per un'attimo, non avevano iniziato nel modo giusto.
“Ok, Io sono Electra, figlia di Nana probabilmente la donna che ti ha portato qui” cerco di spiegare.
“Ma perché sono qui?” chiese Anastasia, la ragazza la guardò.
“Questa è dura da spiegare” sussurrò è l'ombra di silenzio ed imbarazzo ricadde di nuovo su di loro, Nanà aveva lasciato la parte teorica alla figlia che non sapeva come rapportarsi con la ragazza che non solo non era al corrente della situazione ma aveva un estremo bisogno di mangiare.
Anastasia si schiarì la gola per coprire i lamenti del suo stomaco, Electra sorrise “Facciamo colazione?” propose in modo carino.
Martino vedeva la tv sul divano con Peonia, per la prima volta guardava i cartoni animati con la bambina, la mattinata era stata tranquilla, si erano svegliati con calma, avevano fatto colazione, Martino aveva cercato di leggere il giornale e Peonia si era divertita a strappare le pagine...
Mai erano stati cosi vicini e quella situazione quasi all'uomo piaceva.
Peonia non sentiva la lontananza di Maria anzi era quasi contenta che Martino passasse tutto quel tempo con lei, anche se ancora doveva abituarsi a cambiarle il pannolino o fare il bagnetto ma sotto altri aspetti riuscivano a sopravvivere.
“Spuntino” sussurrò Peonia, il padre la guardo erano appena le dieci del mattino, si alzò dal divano e si diresse al frigo, non sapeva cosa mangiava Peonia a metà mattina e quello lo metteva in imbarazzo perché era come perdersi nelle cose più semplici, sospirò e prese dei toast.
Li mise nel forno per qualche minuto mentre preparò un caffè,
sospirò controllando che Peonia non si muovesse dal divano.
Come faccio senza Maria? Peonia ha bisogno di qualcuno che la curi come si deve, sono uno stupido, ma non capisco ancora cosa sia successo.
Tutti i contatti che avevo sono scomparsi come il mio lavoro, c'è qualcuno in giro più pericoloso di me, c'è qualcuno che sta cercando di farmi soffrire, ma chi? Bruna è morta, forse Nina? No, l'ultima volta mi ha aiutato, Nina non può avere una mente cosi diabolica, avrebbe colpito Anastasia e non il mio conto in banca. Eppure se volevano farmi fuori potevano farlo tranquillamente, perché distruggermi la vita?
il forno suonò facendo sobbalzare Martino, fece per aprire il portellino quando qualcuno busso alla porta.
Spense la macchinetta del caffè ed intravide dalla porta a vetri una donna.
Tentenno per qualche secondo ed aprì,
“Salve” lo saluto la donna.
“Salve” si schiarì la gola Martino.
“Posso fare qualcosa?” chiese in modo cortese.
“Mi chiamo Esmeralda Prince, sono un'assistente sociale” si presento la donna.
Martino fece spazio per farla entrare.
Tutti i suoi incubi si stavano avverando, cosa ci faceva un'assistente sociale a casa sua? Chi l'aveva mandata? Guardò perplesso la bambina sul divano,
chiunque stava cercando di distruggerlo ci stava riuscendo, non poteva perdere Peonia. Ma intravide dagli occhi maligni della donna che si guardava in torno che il peggio stava solo per arrivare.
“Il giudice ha inviato un'istanza, lei non è nelle condizioni di accudire una bambina piccola, serve una badante e una situazione economica...” non fini la frase, Martino si avvicinò a Peonia e la prese tra le braccia, la strinse forte e chiuse gli occhi.
Non poteva allontanarsi da lei, non poteva permettere che qualcuno la portasse via,
“Deve darmi la bambina, se opporrà resistenza dovrò portarla via con forza” disse la donna come se quella fosse una minaccia.
“Chi l'ha mandata?” chiese Martino con voce tremante, un'ondata di rabbia lo investi al sol pensiero di stare senza la sua bambina,
“Denuncia anonima” rispose la donna senza specificare.
“Chi” grugni Martino, le mani li tremavano, stava perdendo la calma.
“Sto perdendo troppo tempo, mi dia la bambina e si presenti in tribunale tra un mese. Ci sarà la prima udienza” ribatté la donna incurante del dolore dell'uomo.
Alle sue parole il busto si irrigidì, scosse il capo “Ci sono due poliziotti qui fuori” lo avvertì la donna, Martino chiuse gli occhi e baciò il capo della piccola Peonia “Perdonami” le sussurrò,
la donna si avvicinò strappando la bambina dalle braccia del padre.
Peonia guardò Martino iniziando a piangere, mentre la donna la portava via.
L'uomo si inginocchiò sul pavimento freddo.
Sono solo, l'unica ragione per cui valeva la pena di vivere mi è appena stata strappata.
Ho perso contro qualcuno che non conosco, ho perso.
Martino sospirò, in quel momento il cuore parve spezzarsi in mille pezzi, mentre le vampate di calore aumentavano e la rabbia lo assaliva, aveva perso la sua bambina.
“Voglio papa” sussurrò Peonia arricciando le labbra,
“Sta tranquilla si sistemerà tutto” la rassicurò Lamu, “qui sei al sicuro”.