DOVE ERAVAMO RIMASTI
Terhim, il potente Mago, è rinato nel corpo della giovane Feryn ed è giunto finalmente sull'Isola degli Spiriti Antenati; qui è accolto da Geran, un ragazzo scansafatiche che passa le sue giornate a guardare l'orizzonte. Geran svela al mago cosa è accaduto mentre la sua anima aspettava di reincarnarsi nel prescelto e gli parla della Profezia di Maya di Angelion.
CAPITOLO 20. UNA FAMIGLIA DIVISA
Arya
Quella giornata prometteva di essere uguale a tutte le altre degli scorsi cinque anni: avrebbe consumato la colazione, dato disposizioni per la pulizia delle stanze e del cortile, atteso a tutti gli obblighi di padrona di casa e, purtroppo, lo avrebbe fatto da sola. Dopo che il Capitano Gowen fece portare via i suoi figli, Lady Arya ebbe ripetuti mancamenti e fu presa da continui attacchi di panico: aveva deciso di lasciarsi andare, di farla finita. Poi, col passare dei giorni, la disperazione lasciò spazio alla rabbia, contro il Capitano, contro suo marito, contro il re. Persino contro ser Kalos, colpevole di averla lasciata da sola in balia di quell’uomo orrendo che era Gowen.
Poi, dopo aver appreso la notizia della morte del suo amato cavaliere, il suo spirito, già fiaccato da mille sofferenze, ricevette il colpo di grazia: della donna forte e piena di gioia di vivere di un tempo non era rimasto più nulla, c’era solo un guscio, all’apparenza perfetto, ma che dentro era completamente vuoto.
In un giorno in cui la disperazione prese il sopravvento aveva addirittura deciso di chiedere ai Cinque Saggi lo scioglimento del suo maledetto matrimonio, ma aveva cambiato idea pensando a cosa ne sarebbe stato dei suoi figli se fossero stati considerati generati fuori dalla legittima unione e indegni di ricevere titoli e possedimenti.
I suoi figli.
Di loro sapeva solo che erano vivi e stavano bene, almeno fisicamente. Kabir era a Mitham, seguito da un maestro e stava studiando le lettere e la matematica, adesso doveva avere sedici anni, chissà com’era diventato bello e forte! Sperava che gli anni passati a Legorhold, con la sua famiglia, avessero lasciato un segno in lui, sperava che re Veimar non fosse riuscito a cancellare il bambino spensierato che si arrampicava e correva per tutto il castello, per la disperazione della fidata Naia.
E il suo Kerubin si era sposato: il suo piccolo e biondo tesoro era diventato un uomo ormai, eppure Arya non riusciva a pensarlo adulto,trovava difficile non potergli stare vicino, insopportabile non poterlo consigliare nelle sue scelte, non poterlo aiutare, lui così fragile e così ….
Più passava il tempo più la sua salute diventava preoccupante, Naia la vedeva trascinarsi stancamente per le stanze del palazzo e tutte le sere per farla addormentare era costretta a darle la pozione del sonno. La donna, fedele compagna di una vita, odiava vedere la sua lady respirare giorno dopo giorno senza vivere davvero quella vita in cui il cuore le era stato strappato per ben tre volte e aveva tentato più volte di risollevarle il morale, senza però sortire alcun effetto.
Un giorno come tanti altri, Arya, dopo colazione, iniziò a distribuire alle serve i loro compiti per la mattinata, quando il figlio della vedetta alla porta principale la avvisò dell’arrivo di un uomo che chiedeva di parlare con la padrona di casa.
Controvoglia, quasi sbuffando, andò a vedere di cosa potesse trattarsi e, quando vide l’uomo, controllato a vista da una delle guardie che il Capitano aveva lasciato a palazzo, capì subito chi era e cosa volesse: ogni anno la Torre inviava dei pellegrini nei castelli più ricchi dei Cinque Regni a chiedere denaro, grano e beni di varia natura, per poter sfamare la povera gente che chiedeva l’aiuto e la protezione dei Cinque Saggi.
Il pellegrino fece un inchino di fronte alla dama e le prese le mani, Arya, colta alla sprovvista, si divincolò e, dopo un momento di confusione fra i presenti, ordinò ad alcuni servi di dare all’uomo tutto quello che chiedeva, poi si ritirò nelle sue stanze.
Una volta giunta in camera sua aprì la mano stretta a pugno e osservò il foglietto stropicciato all’interno del suo palmo. Cosa significava quel gesto? E chi era in realtà quell’uomo? Arya non era sicura di voler leggere quel biglietto. E se fossero state notizie che riguardavano i suoi figli? E se si fosse trattato di qualcosa di brutto? Dopo la notizia della morte di ser Kalos, Arya non avrebbe potuto reggerne di più tremende.
Cominciò a passeggiare nervosamente per la stanza, le gambe che le tremavano ad ogni passo. Si lasciò andare sul letto a peso morto e il suo corpo fu avvolto da una cascata di lenzuola di seta e chiffon, che le ricoprirono il volto. Con la faccia semi nascosta dalle morbide coltri, chiuse gli occhi e sperò di dormire, dormire, e infine svegliarsi e scoprire che tutto quello che aveva vissuto fino ad allora era stato solo un incubo.
La mattina dopo si svegliò presto, il biglietto ancora stretto nel pugno. Alla fine la donna ruppe gli indugi e lesse:
“Carissima Arya,
so che per te sono stati anni difficili,
che sei riuscita a superare grazie
alla tua forza d’animo e all’aiuto
del nostro Grande Padre.
Ora la vita ti chiede un’ulteriore prova:
a breve riceverai la visita di un vecchio.
Ti supplico, ascolta quello che ha da dirti.”
La lettera era firmata
Colui che per la redenzione della sua anima ha cancellato il suo passato ed il suo titolo.
Il Senza Nome! Il più anziano e riverito tra gli attuali Cinque Saggi. Come faceva a conoscere il suo nome? Cosa voleva da lei? Troppe domande stavano affollando la fragile mente di Arya e troppe ipotesi diverse prendevano forma nei suoi pensieri: i suoi bambini, Ernes, l’ennesima trappola di Gowen, re Veimar. Non avrebbe avuto pace fino a quando quest’uomo non si fosse presentato alla sua porta a dirle cosa stava succedendo.
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