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Risultati da 391 a 400 di 416
  1. #391
    sim dio L'avatar di Maru1e1a
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    Re: Puppeteer



  2. #392
    L'avatar di mary24781
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    Re: Puppeteer

    Citazione Originariamente Scritto da Maru1e1a Visualizza Messaggio
    :'D

  3. #393
    GdR Master L'avatar di Eclisse84
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    Re: Puppeteer


  4. #394
    sim dio L'avatar di Valentinasims700
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    Re: Puppeteer

    *mette in lista tra i diari da recuperare perchè l'ha letto un pochino e ne è rimasta scioccata dalla bellezza delle foto e dello scritto*
    '-'



  5. #395
    sim dio
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    Re: Puppeteer

    premetto che devo recuperare gli ultimi 3 capitoli del tuo diario, ma non sai quanto sono contento che tu l'abbia riaperto! aggiorna presto eh, nun ce fa aspettà troppo u_u

  6. #396
    sim esperto L'avatar di Rayky
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    Re: Puppeteer

    Grazie a tutti per il sostegno ... ci sentiamo al prossimo aggiornamento,quindi fra due o tre anni ^^
    Ovviamente scherzo, aggiornerò prestissimo





  7. #397
    sim dio L'avatar di DELTAG
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    Re: Puppeteer

    bentornato con il tuo splendido diario!!! Attendo!

  8. #398
    sim esperto L'avatar di Rayky
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    Re: Puppeteer

    Capitolo XIII: "Corinne"

    Il tono della voce del conduttore radio, leggero e giocoso, faceva a pugni con l’umore mio e di Megan, entrambi decisamente poco desiderosi di andare al funerale della nonna di Ellie, ma allo stesso tempo anche fermamente convinti che non andarci sarebbe stata una grave mancanza di umanità da parte nostra. In qualche modo, in quella storia c’entravamo anche noi. La mia macchina procedeva a fatica, come al solito del resto, tant’è che innumerevoli volte credei davvero che ci avrebbe abbandonato. Il livido sull’occhio era quasi totalmente sparito e con lui anche il dolore, la situazione era decisamente migliorata, a differenza invece della relazione tra me e Megan, la quale mi sembrava diventare sempre più incerta, nebulosa, un brutto (o meraviglioso?) incidente da dimenticare.




    La verità era che, se Megan mi aveva inquadrato fin da prima che ci incontrassimo di persona, io su di lei non sapevo veramente nulla, o forse sapevo abbastanza ma mi piaceva pensare il contrario solo perché non volevo ancora cimentarmi in una relazione dopo la morte di Corinne. Megan molto probabilmente aveva intuito i miei pensieri, lo capivo da come si comportava in ufficio, tentava sempre di non soffocarmi o di spingermi controvoglia ad affrettare i tempi, anche se forse ciò era già accaduto.




    -“Vuoi raccontarmi tu come sono andate le cose?”- esordì lei sovrapponendosi alla voce del conduttore che nel frattempo aveva mandato la pubblicità. –“Riguardo a cosa?”- finsi io. Lei sbuffò, evidentemente irritata. –“Lo sai benissimo. Riguardo a Corinne. Credo ti farebbe bene parlarne.”-
    -“Ne ho già parlato.”-
    -“Ma non con me. Pensavo che noi fossimo …”-
    -“Ok.”- la interruppi bruscamente io. Non volevo affatto affrontare l’argomento Dylan-Megan.
    -“Cosa vuoi sapere in particolare che tu non sappia già?”-
    -“So meno di quanto tu pensi, Dylan.”-
    -“Davvero?”-
    -“So che Corinne faceva la ballerina, che ha avuto un incidente e che è morta successivamente per … Depressione pare.”-
    -“Non era depressa.”- la interruppi nuovamente. Ci fu una breve pausa. –“Mi attengo a quello che ho letto.”-
    -“Bè, in tal caso tempo proprio che le tue fonti non siano totalmente attendibili.”-
    -“Ok, allora illuminami tu.”-
    Questa volta sbuffai io. Mi voltai verso Megan, seduta sul sedile anteriore: mi stava guardando, ora i suoi occhi blu trasmettevano solo voglia di sapere, di fare luce su un’esperienza che pareva tormentarla di più dei misteriosi omicidi su cui stavamo indagando.
    -“Corinne era un’ottima ballerina, ha iniziato quando aveva sette anni. Prima dell’incidente stava riscuotendo molto successo nella sua compagnia di ballo, era una delle migliori, davvero, e non lo dico solo perché stavamo insieme, è la verità. Lei era davvero … ”-
    La mano di Megan scivolò sulla manopola del volume della radio, zittendo così l’odiosa canzoncina di sottofondo di un’altrettanto odiosa pubblicità.
    Tutto andava per il meglio, fino al giorno dell’incidente:
    -“Dai scemo! Dove sono le chiavi della macchina, guarda che arrivo in ritardo alle prove!”- ridacchiò mentre mi veniva incontro. -“Ti dico dove sono le chiavi solo se resti con me ancora un poco.”- Risposi io baciandola affettuosamente.




    -“Lo spettacolo è solo tra una settimana, se arrivo ancora in ritardo quella pazza sclerata della Muller mi ammazza!”- continuò scherzosa lei mentre tentava di prendermi dalle mani le chiavi.
    -“E poi a che ti servono le chiavi, oggi avevi detto che andavi in metro, no?”-
    -“Oddio, hai ragione! Che scema, oddio, scusa, scusa.”-
    -“Corinne.”-
    -“Mi ero dimenticata.”-
    -“Ma mi serve la macchina, lo sai che con la metro ci impiego una vita.”-
    -“Lo so tesoro, hai ragione, ma oggi non posso proprio arrivare in ritardo.”-
    -“Nemmeno io, che c’entra?”-
    -“Sai cosa voglio dire.”-
    -“Non lo so, spiegamelo, sono curioso”-
    Corinne guardava spazientita l’orologio.
    -“Ne parliamo stasera, ok?”-
    -“Sì, ma intanto quello che arriva in ritardo a lavoro sono io, non tu.”-
    -“Ti prego, non farmi sentire in colpa per questo.”-
    Le consegnai spazientito le chiavi della macchina.
    -“Grazie amore.”- rispose lei baciandomi sulla fronte.
    Aveva aperto la porta di casa, si trovava già sul pianerottolo.
    -“Non esiste solo il tuo lavoro, Corinne”- esordii improvvisamente senza quasi nemmeno rendermene conto. Lei si fermò per un attimo. Era lì, a pochi metri da me, immobile. Non si voltò a guardarmi e non disse nulla.




    Chiuse la porta. La mattina stessa, poco dopo essere arrivato a lavoro, in ritardo come previsto, ricevetti una telefonata. Alle 9.16 ero alla scrivania del mio ufficio e solo mezz’ora dopo consumavo la suola delle scarpe a furia di fare su e giù per i corridoi dell’ospedale. -“E’ stata fortunata”- disse la dottoressa, una donna piuttosto procace e dai capelli vaporosi –“Le lesioni riportate al perone e alla tibia guariranno con il tempo, così come saremo in grado di sistemare i traumi subiti agli organi interni.”-




    Aveva ragione, Corinne, paradossalmente, era stata davvero fortunata. Stava andando a lavoro in macchina, come aveva detto. Il semaforo era verde per lei, ma totalmente inesistente per il ventenne strafatto e ubriaco fino al midollo che veniva lateralmente. L’impatto non fu molto forte, secondo il parere del ragazzo stesso e di alcuni astanti. La carrozzeria della macchina aveva intrappolato una gamba di Corinne, la sinistra, danneggiando ossa e muscoli, nulla di irreparabile ad avviso dei medici. Anche il trauma alla gabbia toracica era molto meno peggio di come appariva. Temevo l’avrei trovata distrutta, più psicologicamente che fisicamente, invece era sveglia, quasi più viva del solito. Pensavo che fosse arrabbiata per quello che le avevo detto in mattinata, ma non fece alcun riferimento invece. Continuava a ripetere che aveva avuto paura, paura di morire, paura di non rivedere me, i suoi genitori e sua sorella, ma che ora era felice, che sarebbe stata meglio.




    E sembrava destinata a stare meglio, in effetti, affrontava volenterosa le sedute di fisioterapia, quelle dallo psicanalista e assumeva regolarmente qualsiasi medicinale gli somministrassero gli infermieri. Con il passare del tempo il suo fisico stava tornando come nuovo. I medici affermarono con certezza che la carriera da ballerina di Corinne non avrebbe risentito di questo incidente, ma che avrebbe dovuto ugualmente prestare molto attenzione al suo corpo. In realtà, il ballo, sembrava essere l’ultimo dei suoi pensieri. Continuava a dire che era felice di essere viva, lo diceva a tutti, me lo ricordo perfettamente. Dopo quell’incidente ero convinto che non sarebbe potuto più accaderci nulla di male, come se avessimo affrontato una prova, e Corinne, con la sua infinita energia, l’avesse superata a pieni voti. Noi, io e la sua famiglia, c’eravamo sempre per lei, e penso proprio che questo le desse un’energia infinita. Solo in quella situazione capii quanto contavo davvero per lei e come ero stato stupido a pensare che lei mettesse prima di me e del mio lavoro la sua carriera, ma non glielo dissi mai, sapevo che lei lo sapeva benissimo.




    Non saprei dire se ci sia stato un giorno preciso che segnò il suo declino, penso che nessuno possa dirlo con certezza. Corinne era una che ascoltava tutto. Non ascoltava solo con le orecchie, ascoltava con gli occhi, quando guardava come gesticolavi durante una conversazione, con le mani, quando cercava contatto fisico per consolarti; non le sfuggiva mai niente. Ma una sera smise di ascoltare. Lo sguardo era sempre basso, fisso sulle coperte del letto d’ospedale. Diverse volte gli infermieri mi raccontarono di come Corinne rifiutasse sempre più spesso di presentarsi alle sedute di fisioterapia e di come fingesse di assumere le medicine quando invece più volte il personale medico trovava pasticche nascoste sotto al cuscino o ai piedi del letto.




    Nessuno riusciva a capire, anche lo psicanalista che l’aveva presa in cura sembrava perplesso, Corinne stava bene, sia fisicamente che mentalmente, eppure era evidente a tutti che qualcosa nella sua testa si fosse guastato, Corinne si stava allontanando dal mondo e stava piantando radici permanenti su quel letto d’ospedale.




    Megan mi ascoltava attenta, mi sembrava quasi di poter vedere attraverso le sue iridi chiare dei piccoli omini che scrivevano tutti su un piccolo block-notes. Finalmente da dietro una curva emerse la nostra destinazione: il cimitero. Non avevo ancora parcheggiato ma avevo già individuato l’esile figura di Ellie, avvolta in un vestitino nero e con i capelli sistemati in un’acconciatura molto sobria.
    -“E poi.?”- Megan mi aveva afferrato per un braccio mentre stavo scendendo dalla macchina.
    -“Cosa?”-
    -“Cosa è successo a Corinne.”-
    -“Poi si è suicidata.”- risposi lapidario. –“Un mix letale di farmaci. Pare che abbia deciso di prendere tutto d’un colpo tutte le pasticche che aveva rifiutato in passato.”-
    -“Ed è lì che hai iniziato a bere?”-
    -“Già. Un po’ troppo in effetti.”-
    Calò il silenzio.
    -“Ci stanno aspettando, dobbiamo andare.”- risposi mentre mi liberavo dolcemente dalla sua presa. Il cielo plumbeo ricopriva minaccioso la città, l’odore di pioggia era nell’aria. Il cimitero era desolato quella mattina, solo un esiguo gruppo di persone si accingeva a dare l’ultimo addio a una persona cara.



    Ultima modifica di Rayky; 10th June 2013 alle 17:59





  9. #399
    sim esperto L'avatar di Rayky
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    Re: Puppeteer - Cap.XII: Tra Due Fuochi

    Nell’omogenea macchia nera che circondava la buca entro cui era stata calata l’umile bara della nonna di Ellie c’eravamo anche io e Megan, piuttosto imbarazzati in effetti, dal momento che nessuno dei due conosceva l’anziana donna molto bene. Ellie era poco più avanti rispetto alla nostra posizione. Rispetto al giorno dell’incendio sembrava essersi ripresa completamente. La maggior parte dei presenti erano persone piuttosto avanti con l’età, fatta eccezione per alcuni amici universitari di Ellie. Il sole, nascosto dietro a cupe nuvole nere andava e veniva a intermittenza, illuminando flebilmente le chiome colorate degli alberi, le fredde lapidi, i monumentali mausolei e le nostre teste, religiosamente rivolte verso il basso, quasi come se ci trovassimo di fronte a una reliquia da onorare.



    Megan sembrava essere assorta nei suoi pensieri, probabile che stesse riflettendo su quello che le avevo raccontato durante il viaggio. Improvvisamente mi sentii soffocare: -“Megan.”- le dissi in un orecchio –“Mi sta suonando il telefono, mi allontano un attimo.”-
    -“Ok.”- rispose flebilmente. Mi spostai di pochi metri dal gruppo. La testa mi sembrava inspiegabilmente pesante e avevo una forte nausea. Alzai la testa, chiusi gli occhi e inspirai profondamente una gran quantità d’aria fresca. Niente. Non mi sentivo meglio. Iniziai a cercare le pastiglie nella tasca dei pantaloni. Ma dov’erano? Mi girai velocemente verso il gruppo, per vedere se qualcuno si era girato a guardarmi. Nessuno, ovviamente. Mi rigirai in fretta, ora che mi pareva di aver sentito la forma della scatoletta nella taschina interna della giacca. Ed eccola che apparve. Questa volta non era Corinne. Inizialmente non capii ma poi il suo viso mi apparve nitido nella mente. Era Ilary, Ilary Davis, avevo visto la sua foto sull’articolo di giornale che mi aveva mostrato Megan al nostro primo incontro. Ma perché lei? Era avvolta in un abito lungo rosso; in un’altra situazione le avrebbe donato sicuramente, ma così come la vedevo io, diafana, con i bulbi oculari neri e tutta macilenta, appariva come un corpo mummificato con materiale davvero molto elegante.





    Ero più tranquillo rispetto a quando vidi Corinne, nel bagno, ma la calma non era certo il sentimento che mi abitava in quell’istante. Ilary si stava avvicinando a me, lenta ma inesorabile. Iniziai a camminare a passo svelto lontano dal gruppo, sperando che nessuno mi notasse. Mi appoggiai alla parete di un mausoleo, la testa mi girava, sembrava di essere su una montagna russa, le mani erano sudate, così come la fronte e la schiena; mentre dei pallini bianchi apparivano a intermittenza su ciò che vedevo. Ansimavo, sentivo il mio respiro più forte dei tuoni che preannunciavano l’arrivo di un temporale coi fiocchi. -“No…”- mugugnai mentre mi coprivo gli occhi con le mani. Un rumore di erba secca che veniva calpestata me li fece scoprire subito. C’era anche lei, c’era Corinne, e con lei la nonna di Ellie e Mike. Erano tutti lì, davanti ai miei occhi. Emanavano una bruttezza che solo un corpo privo di vita può emanare. La macchie stavano ricoprendo tutta la mia visuale, non sapevo più cosa guardare, dove appoggiarmi. Dovevo chiamare aiuto? Un pazzo che grida nel bel mezzo di un funerale non è molto rispettoso, ma ero davvero disperato. Ilary nel frattempo mi aveva raggiunto.



    Optai per fuggire, tanto per cambiare. Corsi in direzione del gruppo, lì sarei stato sicuramente al sicuro da tutto, da tutti, da qualsiasi genere di cosa. La testa andava meglio e con lei anche la vista. Il gruppo non era più dove lo avevo lasciato. Mi guardai attorno. Ero solo nel cimitero, non c’era nemmeno un inserviente o un giardiniere. Nessuno. Un pianto di donna mi spinse ad avvicinarmi alla buca entro cui era stata calata la bara.
    -“Corinne?”- dissi automaticamente.
    -“No, Dylan, Corinne è morta …”- fece la voce femminile singhiozzante dal profondo della buca. Una mano fece improvvisamente capolino sul bordo della fossa, seguita dal resto del corpo. Era Ellie, con le stesse macabre caratteristiche di tutte le persone che avevo visto prima.




    –“Dylan …”- Il dolore alla testa tornò rapido, come un proiettile, così forte da costringermi a prostrami a terra. Sentiva la voce di Ellie che continuava a chiamarmi. La fronte e le mani erano fradice di sudore. Un “bip” elettronico, simile a quello di una sveglia iniziò a suonarmi ininterrottamente nella testa, ormai devastata. –“Basta, basta.” Dissi digrignando i denti. –“Dylan!”- era ancora la voce di Ellie –“Dylan! Stai bene?”-
    -“No, no, non sto bene.”- dissi, portandomi le mani sul volto. –“Vuoi che chiami aiuto?”-
    -“Cosa?”-
    -“Un’ambulanza?”-
    Levai le mani. C’era Ellie, quella viva e reale.



    Io ero in ginocchio ai piedi del mausoleo. Nessuno spettro, o fantasma nei dintorni, solo un fitto velo di nuvole nere sulle nostre teste.”- Ellie mi prese il polso.
    -“Fammi sentire.”-
    -“No, sto meglio, davvero. Grazie.”- dissi mentre, con circospezione, mi tiravo in piedi.
    -“Non si direbbe.”-
    -“Dico davvero, è tutto ok.”-
    -“Ti capitano spesso questi … momenti?”-
    -“No, e solo che … non mi piacciono molto questi posti, diciamo.”-
    -“I cimiteri?”-
    -“Esatto.”-
    -“E a chi piacciono?”- disse lei accennando un sorriso.
    Mi guardai attorno di nuovo. Il vento muoveva le foglie e l’erba, quasi simulando il rumore di passi sul terreno stepposo.
    -“Forse dovremmo tornare con gli altri.”-
    -“Ce ne stiamo giusto andando, sta per piovere. Megan mi sembrava preoccupata.”-
    -“Giusto…”- sbuffai.
    -“Andiamo, forza.”- disse lei mentre mi porgeva una mano.
    -“Ce la faccio da solo, davvero.”-
    -“Come vuoi.”-
    Ci incamminammo insieme verso il cancello arrugginito del cimitero mentre le nuvole sopra di noi iniziavano a far cadere le prime gocce. Megan era appoggiata al muretto ricoperto da piante rampicanti, in attesa. Quando mi vide il suo volto annoiato mutò in preoccupazione, dovevo davvero avere una cera orripilante.



    Ultima modifica di Rayky; 10th June 2013 alle 18:13





  10. #400
    L'avatar di Daniela Alberghini
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    Re: Puppeteer - Cap.XII: Tra Due Fuochi

    Evviva!! Finalmente Rayky!! Non farci aspettare mai più così tanto!

    Che belle foto! Sei diventato ancora più bravo nel frattempo eh! XD
    Comunque secondo me alla fine il pazzo è Dylan, ha ucciso tutti lui!

    Perché Corinne si sarebbe lasciata andare così?... Perché è sbucata fuori anche Ellie "zombificata"? Ci sarà un motivo? XD
    E poi voglio capire questa situazione Dylan-Megan... U_U

    Dai, dammi qualche indizio in più. XD

 

 
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