CAPITOLO 1 - SECONDA PARTE -
PARTENZE
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I ragazzi si congedarono alla fermata della metropolitana, dato che ognuno di loro abitava in zone diverse di Sunset Valley. Da solo, gettato sul sedile e con gli occhi incollati al finestrino, Angel pensò a quello che lo attendeva a casa e un peso quasi di pietra sentì nell’anima. Aurora e Lily, le sue sorelle, sarebbero partite per Bridgeport nel pomeriggio, per cominciare la loro vita di studentesse universitarie. Lily voleva fare l’attrice, Aury il medico come il loro papà. La casa, quell’immenso maniero in cui vivevano, sarebbe stata così vuota senza loro. Suo padre era quasi sempre al lavoro, sua madre impegnata con una nuova mostra d’arte… sarebbe rimasto solo in quell’enormi stanze, accompagnato solo dall’eco dei suoi passi e dall’abbaiare di Marshall. Ad Angel la solitudine aveva sempre fatto paura: ritrovarsi a confronto con se stessi, sopportare la crudeltà di doversela cavare da soli, volenti e nolenti. Certo, c’era un lato positivo in tutto questo: non essendoci nessuno in casa, avrebbe potuto invitare chiunque, magari una ragazza. Già, ma lui una ragazza in quel momento non l’aveva: aveva lasciato Terry Dexter al campeggio estivo perché lei era di Milton. Almeno quello era stato il suo alibi: in realtà, non provava nulla a parte attrazione fisica. Sospirò pesantemente nel denotare che non era mai stato innamorato davvero di qualcuna. Il motivo non lo sapeva, ma gli era chiaro che cercava quello che i suoi genitori avevano trovato l’uno nell’altra: il vero amore. “Ci sono due tragedie nella vita: la prima è non riuscire a soddisfare i propri desideri, la seconda è riuscirci” citò mentalmente Oscar Wilde.
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Si ritrovò quindi meccanicamente davanti la porta di casa sua, e le feste di Marshall lo riportarono alla realtà.
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Nel salone che portava alla cucina, c’erano valigie dappertutto. Sentiva sua sorella Lily che litigava con qualche valigia che non voleva chiudersi, Aury che la invitava ad abbassare la voce perché era al telefono con Ginevra per prendere appuntamento per la partenza. Anche loro cugina Ginevra, la sorella di Zack, sarebbe partita alla volta di Bridgeport. Ad Angel sembrò che tutta Sunset avesse intenzione di trasferirsi nella grande metropoli di Bridgeport e sentì una profonda malinconia. Entrò in cucina e vi trovò sua madre intenta a cucinare.
Angel: “Ciao mamma, ti aiuto?” chiese cordialmente. Se si trattava di tagliare il pane o magari solo apparecchiare, lui era sempre disponibile.
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Sophie: “Oh eccoti tesoro… apparecchia la tavola, mancano i bicchieri” disse rapidamente asciugandosi gli occhi.
Aveva pianto, forse solo qualche lacrima. Angel la guardò di profilo e vi vide il suo stesso stato d’animo. Anzi, per lei doveva essere ancora più difficile, perché Lily e Aury erano le sue bambine ed ora si sarebbero ritrovate da sole in una grande città, la più grande di tutta Simland, e sarebbero state lontane, troppo lontane per una madre. Avrebbe voluto dirle qualcosa, consolarla, ma adagiò i bicchieri sulla tavola, in silenzio. Parole di incoraggiamento sarebbero state false, perché in fondo anche lui si sentiva così.
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Dylan: “Tornato! Che caos! Ma Lily ha intenzione di portarsi dietro anche i mobili della sua camera? Alla fine, l’appartamento che abbiamo affittato a Bridgeport è ammobiliato… Angel, molla quei bicchieri e vieni ad aiutarmi con le valigie…” ordinò pimpante appena entrato in cucina.
Si era preso un giorno libero all’ospedale proprio per la partenza delle gemelle. A differenza di sua moglie, Dylan era un uomo pratico: certo, aveva la morte nel cuore per non avere le sue bimbe sotto gli occhi tutti i giorni, e molte notti avrebbe preso sonno malvolentieri al pensiero dei mille pericoli della città, ma i figli son fatti per crescere, e quando crescono devono volare via. Anche lui aveva fatto la stessa cosa e poi, in quel condominio in cui aveva affittato l’appartamento, erano tutte persone per bene, sposate con figli, e sperava che questo deterrente tenesse lontana Lily da organizzare feste in casa. Era cosciente che si prendeva in giro da solo: ma meglio questo che rodersi il fegato dalla preoccupazione. Si era rassicurato con mille frasi fatte, tipo che il pericolo è dove meno te lo aspetti e che anche a casa tua può succederti qualcosa. Per il momento, sembrava funzionare. Poi vedeva l’eccitazione e la felicità negli occhi delle sue ragazze e tutte le nuvole sparivano. “Dylan, le hai volute per renderle felici… ecco guarda, ci stai riuscendo” si ripeteva orgoglioso.