Appena l’uomo richiuse pesantemente la porta alle sue spalle, Amy si accasciò a terra e scoppiò in lacrime. Sophie la raggiunse per consolarla ed Angel, che era rimasto in silenzio durante tutta la scena, decise di raggiungere il cugino in giardino. Per il momento, l’inferno era finito.
Non appena fu in giardino, con la sera ormai prossima a divenire notte, notò Charlie poggiato alla ringhiera del gazebo, con Marshall che gli saltellava intorno. Angel fischiò per richiamare il cucciolo e per palesare la sua presenza, così si avvicinò a Charlie adagiandosi accanto a lui. Restarono in silenzio per qualche minuto, la mente di Angel era affollata dalle tante cose successe quel giorno e cercava di introdurre un qualche discorso decente. Ma fu Charlie a rompere quella calma apparente.
Charlie: “Scusami per oggi, sono un cogl*. Non dovevo aggredirti, avevi ragione su quell’auto, non è certo adatta a me. Ero però così felice che mio padre si fosse ricordato di me…” sbiascicò con aria colpevole.
Angel: “Non ti preoccupare, sai che non m’offendo… poi l’ho immaginato che eri su di giri per tuo padre… sai, se n’è appena andato… puoi immaginare le scene…” raccontò un po’ spaventato. In questi casi, non sapeva mai che parole scegliere e se era opportuno o meno descrivergli le cattiverie di cui era capace il suo genitore.
Charlie: “Ho sentito, non sono ancora sordo… ha esagerato, come sempre… caz*, è da quando è iniziata ‘sta storia, stamattina, che mi ripeto che è come sempre, che lui fa sempre le stesse cose e dice sempre le stesse cattiverie… eppure… mi ha detto che sta cambiando, che vuole un’altra possibilità… ero sul punto di sputargli in faccia, poi non lo so… perché c’è questa dannata parte di me che gli crede? Che spera ancora? Poi lo so che renderei felice mia madre se decidessi una volta per tutte di rompere con lui, però… ho solo la testa confusa” disse scompigliandosi i capelli.