EPILOGO
Il sole stava sorgendo, facendo capolino dalle limpide acque del calmo Mare d’Inverno: strie rossastre ne annunciavano l’arrivo nel cielo brillante.
A chi stesse osservando la scena in quel momento, il mondo sarebbe sembrato avvolto da un serafico abbraccio di calma e serenità, come non succedeva da tempo immemore.
La figura alta e snella dell’uomo in armatura si stagliava imponente sullo sfondo cristallino del mare. I suoi pensieri correvano lontano e si perdevano nel labirinto della memoria, sfiorando ricordi che a volte preferiva dimenticare, ma che restavano vividi più che mai. Restò lì a contemplare la pace e l’immensità della distesa d’acqua a lungo, sperando che anche il suo spirito potesse placare i suoi tormenti, poi si mosse: oggi aveva dei doveri da compiere.
A Nasrad, la capitale del nuovo Regno, era già tutto pronto. La regina aveva fatto in modo che ogni cosa fosse preparata alla perfezione: la sala del trono addobbata a festa, la servitù schierata per accogliere gli ospiti, le tavole imbandite con specialità e prelibatezze da tutti i regni.
La guardia reale era in alta uniforme, la tenuta per le occasioni speciali, il Capitano passeggiava osservando soddisfatto il suo lavoro, poi un ragazzo gli si avvicinò sussurrandogli qualcosa all’orecchio. Un sorriso si disegnò sulla curva delicata delle sue labbra sottili: sarebbe cominciato a breve.
L’ ingresso del corteo reale fu preceduto da uno squillo di trombe, poi il re e la regina apparvero mano nella mano, splendidi e raggianti, calcando sorridenti il prezioso pavimento di marmo fino a raggiungere gli antichi scranni del potere. Dietro di loro, la madre del re, bellissima nonostante i segni dell’età, con in braccio l’erede al trono ancora in fasce, i cui scherzi e gridolini, però, non riuscivano a distogliere la donna dai suoi pensieri malinconici. Gli avvenimenti degli ultimi anni l’avevano provata duramente e tutto quello che aveva passato aveva lasciato tracce indelebili sulla sua pelle e sul suo spirito: ogni passo, ogni azione, ogni parola le tornava alla mente e la tormentava, affliggendo tutti i suoi giorni e le sue notti.
Spesso pensava che sarebbe stato meglio per lei concludere la sua vita durante quegli accadimenti, ma le bastava guardare gli occhi vispi di sua nipote per scacciare via i pensieri negativi, almeno per un po’.
La sala del trono era colma dei nobili rappresentanti di tutti i regni, ad eccezione dei Reali del Ghiaccio, e di alcuni delegati del popolo. La famiglia reale prese posto, la regina aveva in grembo la sua bambina, un due splendidi occhi viola incastonati su uno splendido visino. Persino il re non poteva non guardarla adorante!
D’un tratto la folla si aprì, come le ali di un uccello che sta per spiccare il volo, lasciando spazio per l’avanzata di un gruppo di uomini e donne che si guardava intorno con aria smarrita. Alla testa del gruppo c’era un’anziana donna, dai capelli canuti e gli occhi viola e penetranti. Camminava guardando dritto davanti a sé e sorrideva, sembrava persa in una visione, lontano da quel luogo e da quel tempo.
La donna si fermò e allargò le braccia, quando la regina le venne incontro con in braccio l’infante, sorridevano entrambe. Si abbracciarono e parlarono tra di loro per qualche momento, ad entrambe si velarono gli occhi di pianto nel ricordare. L’anziana fata pose le mani sulla testa della piccola principessa Kendra, chidendo gli occhi e perdendosi in una litania silenziosa. Infine la Regina si voltò e tornò al suo posto, dopo aver lasciato la figlia tra le braccia di sua suocera.
In quel preciso istante il re si alzò e con solennità parlò alla sua corte, ai nuovi arrivati, a tutti gli uomini e le donne che avrebbero letto le sue parole, trascritte all’istante da uno scriba in un nuovo capitolo della Storia di Dorgaer.
“Mio amato popolo, amici.
Oggi è un giorno speciale per tutti noi, per tutti coloro che bramano la pace e l’unità, fra gli uomini e le donne dei Cinque Regni. Per anni ci è stato negato questo dono prezioso, a causa della cecità di alcuni di noi e dell’ottusità delle loro menti. Sono passati millenni da quando tutto questo è cominciato, nessuno di noi era ancora nato, ma questo non ci rende meno colpevoli. Il mondo correva verso la sua distruzione e non abbiamo fatto nulla per fermarlo, anzi con le nostre azioni non abbiamo fatto altro che alimentare il fuoco della devastazione.
Abbiamo dovuto lottare, abbiamo dovuto soffrire, abbiamo perso i nostri cari e i nostri amici. Le nostre case sono andate distrutte, la nostra vita, il nostro lavoro: tutto perduto.
Ma oggi quel tempo è finito. Abbiamo pregato e le nostre preghiere sono state esaudite; abbiamo chiesto un segno e quel segno ci è stato inviato.” – prese la bambina tra le sue braccia, le sorrise, poi la sollevò sulla sua testa, così che tutti potessero vederla – “ In lei scorre il sangue di tre popoli: il popolo dei laghi, quello delle foreste e il popolo delle fate. Possa la sua stessa vita essere il simbolo dell’unione e della pace sulla nostra terra, in modo che i nostri figli e chi verrà dopo di loro non debba più soffrire né conoscere la guerra.”
Un grido di giubilo si levò nella sala, tutti si scambiavano baci e abbracci, tutti sorridevano. Kabir guardò sua madre e il velo di tristezza che lei non era mai riuscita a mascherare lo avvolse. Sorrise amaramente e, andando ad abbracciare i suoi vecchi compagni di sventura, si impose di essere un buon re per onorare tutti coloro che avevano dato la vita perché la pace potesse regnare a lungo fra i popoli.
Dalla sua dimora fuori dal tempo e dallo spazio, l’essere osservava la scena attraverso la sua sfera di cristallo magico, digrignando i denti. La pace era noiosa, gli uomini che non lottavano tra loro, spargendo il sangue dei loro simili, erano noiosi. Il suo divertimento era durato appena una manciata d’anni. Era stato divertente manovrare le vite di quegli umani a suo piacimento, facendo loro credere di avere libero arbitrio, ma, soprattutto, non era stato troppo difficile. Ricordava ancora con piacere quando aveva iniziato a manipolare il ragazzo biondo, ed era stato così spassoso impossessarsi di quei corpi ...
Lasciò andare indietro le braccia e reclinò il capo mentre si perdeva nei ricordi, poi si tirò di nuovo su a sedere e sogghignò: li avrebbe lasciati a crogiolarsi nella speranza della pace ancora per un po’, facendo loro credere di essere al sicuro, poi sarebbe arrivato il tempo per un nuovo e più tremendo inganno.
Angeli o Demoni
Siamo noi i figli degli antichi mostri
e dei giganti delle epoche passate?
Siamo noi eroi possenti
o solo piccole persone di sempre?
A noi appartiene il mondo e la realtà,
noi ne siamo i padroni…
Oppure siamo solo schiavi ribelli
sempre in lotta alla ricerca di qualcosa?
Vediamo lontano ma siamo ciechi,
sentiamo tutto ma siamo sordi...
Siamo noi angeli caduti e immemori,
oppure siamo demoni tristi
battuti ma non rassegnati?
Siamo noi messaggeri
che non ricordano
quale sia il messaggio
e quale la sua destinazione?
Amiamo e odiamo
con forza e passione
oppure restiamo immobili
per tutta la vita
ottenebrati dall’orrore
della rivelazione?
Forgiamo da soli il nostro fato,
oppure crediamo in superiori forze
che ci obbligano ad un triste destino?
Siamo noi esseri immortali,
ignari della nostra natura
e imprigionati in una materia
dolorosa e mortale?
Siamo noi gemme splendenti
ma sporche di fango…
Siamo noi stelle cadenti
ma che brillano intense…
Siamo noi capaci di gelido fuoco,
Siamo noi capaci di malvagità,
Siamo noi capaci di bontà.
Siamo noi Angeli o Demoni…
Ma dove sta la verità'
Vallant Langosco