“Caro amore,
non puoi nemmeno immaginare quanto tu mi sia mancata, sono passati ben 58 lunghi anni da quando ho incrociato per l’ultima volta il tuo viso angelico incorniciato dai quei capelli rossi e quegli occhi verdi che mi hanno sempre rasserenato nei momenti più bui della mia vita. Per te, invece, saranno passati si e no solo cinque minuti dall’ultima volta in cui mi hai visto. Se i miei calcoli sono esatti questa lettera, insieme alla cartella contenente la mia foto di quando sono entrato nell’esercito è arrivata nello stesso momento in cui io mi sono messo al computer per scrivere. Come puoi vedere tu stessa, questa lettera è autentica e la persona la fuori è veramente mio nipote Eric. Mi dispiace doverti dare questa triste notizia ma io sono bloccato in quest’epoca e ormai non posso più fare ritorno da te, mio amore.
Sono arrivato nel 1920 all’inizio non volevo crederci, un attimo prima ero in salotto al pc e quello dopo ero in un campo a molte miglia da casa, c’era un ragazzo che mi ha visto “arrivare”, beh… l’ho spaventato, ma il giornale che stava leggendo è volato per terra e io non ho potuto fare a meno di leggere la data riportata, ancora oggi all’età di ottantaquattro anni me ne ricordo perfettamente: 18-Marzo-1920, ho vagato per molto tempo, da solo, cercando sempre un modo per tornare indietro da te ma sono riuscito solo a trovare notizie su ciò che mi aveva catapultato qui, in quest’epoca. Avevi ragione era viva, la statua del soggiorno è viva ed è stata lei a spedirmi qui. È una creatura demoniaca che si nutre del tempo della persona che ha spedito nel passato, è immortale e velocissima ma ha una debolezza, se guardata, fotografata o viene fatto un video, essa si trasforma in pietra fin quando non si distoglie lo sguardo.
Ed è questo ciò che ho sbagliato io, non mi sono accorto che la statua era sparita dal suo piedistallo e si stava dirigendo verso di me.
Sempre più vicina…
Finché…
Ora sono qui nel passato a pagare per il mio errore e sperare che, un giorno, io possa tornare indietro da te, per abbracciarti ancora una volta, ma so che non sarà così. Sono arrivato alla fine della mia vita, ogni giorno sono sempre più debole e so che mi avvicino sempre di più alla morte. Ma posso fare ancora qualcosa… posso salvare te da una fine così crudele come la mia.
Ti ho detto che questa creatura non può essere vista altrimenti si tramuta in pietra, ebbene tu dovrai fare questo: metti la statua in una stanza piena di specchi così che l’immagine riflessa della creatura ,possa bloccare se stessa, ma mi raccomando fallo quando i suoi occhi sono visibili o il piano andrà perduto.
So che c’è la farai… un ultimo avvertimento: Non battere ciglio, se lo fai sei morta. Non voltare mai le spalle, non distogliere lo sguardo e soprattutto non chiudere mai gli occhi. Buona fortuna.
Ti amo e ti amerò per sempre.
Tuo, nel presente, nel futuro e soprattutto nel passato.
Derek Kaver.”
Anne pianse tutte le lacrime che aveva in corpo e quando si fu svuotata del tutto, si rimise in piedi, andò in cucina e prese delle corde dalle scatole tornò in soggiorno e fissò la statua, aveva le mani sugli occhi come sempre, ma a lei serviva diversamente, così chiuse gli occhi per un secondo infrangendo la regola di Derek, quando li riaprì la statua aveva cambiato posa, ora aveva le mani sulla bocca come la sera precedente, quando Derek gli aveva detto di stare tranquilla, ma ora lui era morto e non poteva più dirgli di star calma.
Si avvicinò alla scultura e mise le corde attorno al suo corpo «Eric, vieni a darmi una mano!» urlò con disperazione, l’uomo entrò subito dopo e senza discutere aiutò Anne a trascinare la statua al piano di sopra.
«Tu resta qui, tieni gli occhi fissi su di lei, non muoverti, fissala sempre, se lo fai sei vivo altrimenti morirai!» gli disse cupa e senza ulteriori giri di parole aprendo la porta di una delle stanze. Era vuota se non una specchiera coperta da un telo, “meglio di niente” pensò la ragazza e tolse il tessuto, allora scese giù e prese dalle casse altri specchi, tutti simili tra di loro, altro assurdo regalo dei genitori di Derek, li portò uno ad uno nella stanza disponendoli in tondo, poi insieme ad Eric, trascinò la statua al centro del cerchio e lì ce la lasciò. Uscì dalla stanza osservando la scultura che stava li, ferma e immobile al centro della camera, senza più possibilità di fuga.
«Grazie Eric, di tutto!» disse Anne una volta accompagnato l’uomo fuori di casa.
«Di nulla… e ora che farai?» chiese lui.
«Non so, pensò che proverò a ricominciare la mia vita senza di lui, sarà dura… dopotutto se n’è andato da un’eterna mezz’ora.» rispose lei con falsa ironia prima di scoppiare in lacrime tra le braccia di Eric.
«Credo che sia rimasto qualcosa qui dentro.» disse infine lui raccogliendo da terra la cartellina e tirandone fuori una vecchia foto.
Anne la guardò e una volta girata, lesse ciò che Derek gli aveva scritto per l’ultima volta.
“Questa è… la mia famiglia, mia moglie Karin, l’unica donna che mi ha ascoltato e capito in tutti questi anni. È stata la prima persona che mi ha rivolto la parola dopo circa un mese che ero completamente da solo. Mi ha ospitato e poco dopo l’amore è nato così… di getto…
Ma l’amore per te è sempre più importante dell’amore che provo per lei, ho una tua foto sotto il mio cuscino. Ogni notte mentre lei dorme io la guardo e penso a te, al tuo sorriso ormai così lontano e spero che tu mi amerai ancora come io ho amato e amo ancora te.
Questi due bambini sono Henry e Mary Anne. Si… le abbiamo dato il tuo nome così che possiamo ricordarci di te ancora a lungo.
Ti amerò per l’eternità,
tuo, Derek.
P.s.: come vedi, sono entrato nell’esercito e ora sono un generale a tutti gli effetti. Mia madre voleva che trovassi un lavoro serio? Beh credo di averla accontentata ora.
Anne Rise amaramente all’ultima frase, si portò la fotografia al petto e, alzando gli occhi al cielo, mandò un ultimo saluto all’unico uomo che aveva sempre amato.
«Addio Derek.»
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Ecco la mia prima ministoria, spero vivamente di non avervi annoiato alla prossima