THE GRAVEDIGGER
Parte III
"Non cercare di nasconderti se mi scorgi davanti alla tua porta, non puoi sfuggirmi.
Io so cosa hai fatto, non mentire, e so che quello che io ti farò te lo sei meritato.
E‘ inutile tentare di colpirmi, non riuscirai a prendermi, non ti salverà nemmeno tentare di uccidermi, io sono già morto e sono qui per portarti giù all'inferno con me."
La pioggia intensa picchiava con violenza sull'asfalto, la strada era finalmente libera dai chiassosi gruppi di ragazzi mascherati che sfidavano arroganti la morte e le sue brutture.
La luce dalla finestra al terzo piano della palazzina di mattoni era accesa, le due figure che si scorgevano al di là del vetro, protetto da una tenda quasi trasparente, erano intente a litigare furiosamente. Appoggiato al muro di fronte, l’essere tornato dalla morte si accese una sigaretta con la chiara intenzione di ingannare l’attesa.
"Sai che fumare fa male?" – Samael sbucò dal nulla e si posizionò al suo fianco, il viso pallido ed etereo contratto in un ghigno di scherno, l’altro non si scompose affatto – "Ah, ironia, questa sconosciuta!"
L’essere ancora in silenzio continuò a fumare e ad aspettare paziente di avere campo libero.
"So bene quello che devo fare qui, Samael. Non ho bisogno della bambinaia."
Il ghigno che era restato sul volto di Samael si allargò nel sentire quella voce roca e sporca: "Sai come si dice, che i demoni disprezzino l’oltretomba e trovino enorme godimento nel tormentare chiunque altro sulla terra." – disse teatralmente – "Beh, indovina? Io provo tanto piacere nel tormentare te, mio caro" – lo toccò col dito, spingendo forte sul petto.
"Hanno smesso di litigare. E‘ ora di agire." – si staccò dal muro e sputò a terra la sigaretta, fece il giro dell’isolato ed entrò dal retro. Salì in fretta gli scalini e si ritrovò in un piccolo atrio semibuio, un’altra rampa di scale da salire. Si fece strada fino al pianerottolo del terzo piano, i suoi passi sarebbero stati silenziosi se solo le scale non fossero state costruite con legno scadente, che emetteva sinistri cigolii. Un lampo seguito da un tuono portentoso fece saltare la corrente in tutto il palazzo, forse addirittura nell'intero vicinato: non era un problema per lui, era abituato a stare al buio da almeno 50 anni.
Continuò a camminare fino ad un’anonima porta in legno scuro e bussò una volta, un colpo secco, perentorio.
"Va' via Sean non abbiamo altro da dirci" – una voce di donna piuttosto seccata rispose dall'interno dell’appartamento.
"Non sono Sean. Apri la porta Carry" – il tono basso e roco della sua voce risultò ancora più minaccioso a causa del buio che avvolgeva ogni cosa e del forte temporale.
"Chi sei? Come … come sai il mio nome? Vattene via, sono un poliziotto, ho una pistola" – l’inconfondibile click della sicura che veniva rimossa risuonò nell’aria.
"Non posso andarmene. Sono qui per te, per portarti via. So cosa hai fatto."
Dall'interno dell’appartamento si sentirono rumori confusi, forse una finestra che veniva aperta.
Nel timore che la donna fuggisse dalle scale antincendio, l’essere dalla pelle putrescente sfondò la porta con una sola, poderosa spallata, solo per venire colpito al volto da una candela accesa lanciata nella sua direzione.
Per un istante le fiamme illuminarono quella figura spaventosa ed inquietante, quegli occhi spenti dalla morte e Carry rimase interdetta per poi riscuotersi e fuggire velocemente lungo il corridoio buio.
L’inseguimento sembrò durare un’eternità con lei che correva per le scale e lui che, con tutta calma, ripercorreva i suoi passi verso l’uscita.
Carry era terrorizzata, non voleva farsi prendere, non poteva permettere di essere arrestata: suo padre era un violento se l’era meritato! Come aveva potuto credere che Sean non l’avrebbe tradita!
Mise un piede in fallo, cadendo rovinosamente all'ultima rampa di scale e si ritrovò con la schiena a terra, dolorante ed impossibilitata ad alzarsi. Recuperò la pistola che era scivolata poco lontana da lei e la puntò davanti a sè, verso il nulla, aspettando col respiro affannoso e ritmico.
"E‘ stata legittima difesa. Lui era entrato nella mia camera e voleva … Ho dovuto, ho dovuto ucciderlo. E‘ stato lui, lui ha strangolato mia madre perchè l’aveva scoperto, voleva fermarlo e impedirgli di farlo ancora e ancora e ancora! – la confessione arrivò di getto, tra lacrime e singhiozzi, ma nella voce rotta dal pianto non c’era pentimento.
"Carry!"
La canna della pistola fece fuoco una, due, cinque volte, squarciando il velo silenzioso e tetro della notte e mescolandosi con il rumore della pioggia, che giungeva ovattato dal di fuori.
Il gorgoglio sinistro e il rantolo indicavano che mancava poco alla fine, Sean Wyatt era tornato indietro per cercare di far ragionare la donna, per convincerla a costituirsi, ma aveva trovato la morte su quel pianerottolo freddo e polveroso.
L’essere face un balzo atterrando addosso a Carry con grazia felina, la disarmò e le strinse le mani attorno al collo.
"Tuo padre se l’è meritato. E il tuo bambino, quello che portavi in grembo? E cosa mi dici di Sean? Volevi ucciderlo, vero? Sono qui perchè hai deciso di mettere fine alle loro vite innocenti."
Carry sgranò gli occhi terrorizzata nel sentire arrivare la fine. Continuò a dibattersi prima con veemenza, poi con sempre minore forza fino a quando non smise del tutto.
Sul suo volto restò impresso il peso della colpa e della vergogna che aveva provato nei suoi ultimi istanti.
"Scavo … scavo nella terra umida e fangosa fino a quando il fosso non sarà abbastanza profondo e grande per contenere il tuo corpo senza vita.
Ogni volta è una sofferenza: ucciderti, strappare via la tua vita di essere umano, essere il tuo carnefice, è quanto di peggio la morte mi potesse offrire.
Vorrei non dovessi più farlo, ma non sono io a decidere.
Loro mi hanno fatto questo e non ho il potere di ribellarmi.
Non voglio più farlo, urlo al nulla mentre muoio ancora, per poi puntualmente svegliarmi l’anno dopo, e insieme a me si risvegliano tutti i volti di coloro che ho punito con la morte."
Una mano fredda afferrò l’essere prima che potesse mettere di nuovo fine alla sua vita.
"Grave, cosa hai fatto? Devi aver combinato qualche casino, perchè qualcuno laggiù ha deciso che non dovrai più morire, almeno per ora, e tu sai bene questo cosa significa: sei condannato a vivere sulla terra, tra i mortali. E che il diavolo ti porti, io sarò costretto a farlo insieme a te!"
FINE