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  1. #141
    Super Moderatore L'avatar di polliciotta
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    Re: Bookstore - The Gravedigger (Parte Tre) - New!!!

    THE GRAVEDIGGER

    Parte III

    "Non cercare di nasconderti se mi scorgi davanti alla tua porta, non puoi sfuggirmi.
    Io so cosa hai fatto, non mentire, e so che quello che io ti farò te lo sei meritato.
    E‘ inutile tentare di colpirmi, non riuscirai a prendermi, non ti salverà nemmeno tentare di uccidermi, io sono già morto e sono qui per portarti giù all'inferno con me."



    La pioggia intensa picchiava con violenza sull'asfalto, la strada era finalmente libera dai chiassosi gruppi di ragazzi mascherati che sfidavano arroganti la morte e le sue brutture.


    La luce dalla finestra al terzo piano della palazzina di mattoni era accesa, le due figure che si scorgevano al di là del vetro, protetto da una tenda quasi trasparente, erano intente a litigare furiosamente. Appoggiato al muro di fronte, l’essere tornato dalla morte si accese una sigaretta con la chiara intenzione di ingannare l’attesa.


    "Sai che fumare fa male?"
    – Samael sbucò dal nulla e si posizionò al suo fianco, il viso pallido ed etereo contratto in un ghigno di scherno, l’altro non si scompose affatto – "Ah, ironia, questa sconosciuta!"



    L’essere ancora in silenzio continuò a fumare e ad aspettare paziente di avere campo libero.
    "So bene quello che devo fare qui, Samael. Non ho bisogno della bambinaia."
    Il ghigno che era restato sul volto di Samael si allargò nel sentire quella voce roca e sporca: "Sai come si dice, che i demoni disprezzino l’oltretomba e trovino enorme godimento nel tormentare chiunque altro sulla terra." – disse teatralmente – "Beh, indovina? Io provo tanto piacere nel tormentare te, mio caro" – lo toccò col dito, spingendo forte sul petto.


    "Hanno smesso di litigare. E‘ ora di agire." – si staccò dal muro e sputò a terra la sigaretta, fece il giro dell’isolato ed entrò dal retro. Salì in fretta gli scalini e si ritrovò in un piccolo atrio semibuio, un’altra rampa di scale da salire. Si fece strada fino al pianerottolo del terzo piano, i suoi passi sarebbero stati silenziosi se solo le scale non fossero state costruite con legno scadente, che emetteva sinistri cigolii. Un lampo seguito da un tuono portentoso fece saltare la corrente in tutto il palazzo, forse addirittura nell'intero vicinato: non era un problema per lui, era abituato a stare al buio da almeno 50 anni.


    Continuò a camminare fino ad un’anonima porta in legno scuro e bussò una volta, un colpo secco, perentorio.
    "Va' via Sean non abbiamo altro da dirci" – una voce di donna piuttosto seccata rispose dall'interno dell’appartamento.
    "Non sono Sean. Apri la porta Carry" – il tono basso e roco della sua voce risultò ancora più minaccioso a causa del buio che avvolgeva ogni cosa e del forte temporale.
    "Chi sei? Come … come sai il mio nome? Vattene via, sono un poliziotto, ho una pistola" – l’inconfondibile click della sicura che veniva rimossa risuonò nell’aria.
    "Non posso andarmene. Sono qui per te, per portarti via. So cosa hai fatto."
    Dall'interno dell’appartamento si sentirono rumori confusi, forse una finestra che veniva aperta.
    Nel timore che la donna fuggisse dalle scale antincendio, l’essere dalla pelle putrescente sfondò la porta con una sola, poderosa spallata, solo per venire colpito al volto da una candela accesa lanciata nella sua direzione.


    Per un istante le fiamme illuminarono quella figura spaventosa ed inquietante, quegli occhi spenti dalla morte e Carry rimase interdetta per poi riscuotersi e fuggire velocemente lungo il corridoio buio.
    L’inseguimento sembrò durare un’eternità con lei che correva per le scale e lui che, con tutta calma, ripercorreva i suoi passi verso l’uscita.
    Carry era terrorizzata, non voleva farsi prendere, non poteva permettere di essere arrestata: suo padre era un violento se l’era meritato! Come aveva potuto credere che Sean non l’avrebbe tradita!
    Mise un piede in fallo, cadendo rovinosamente all'ultima rampa di scale e si ritrovò con la schiena a terra, dolorante ed impossibilitata ad alzarsi. Recuperò la pistola che era scivolata poco lontana da lei e la puntò davanti a sè, verso il nulla, aspettando col respiro affannoso e ritmico.


    "E‘ stata legittima difesa. Lui era entrato nella mia camera e voleva … Ho dovuto, ho dovuto ucciderlo. E‘ stato lui, lui ha strangolato mia madre perchè l’aveva scoperto, voleva fermarlo e impedirgli di farlo ancora e ancora e ancora! – la confessione arrivò di getto, tra lacrime e singhiozzi, ma nella voce rotta dal pianto non c’era pentimento.
    "Carry!"


    La canna della pistola fece fuoco una, due, cinque volte, squarciando il velo silenzioso e tetro della notte e mescolandosi con il rumore della pioggia, che giungeva ovattato dal di fuori.
    Il gorgoglio sinistro e il rantolo indicavano che mancava poco alla fine, Sean Wyatt era tornato indietro per cercare di far ragionare la donna, per convincerla a costituirsi, ma aveva trovato la morte su quel pianerottolo freddo e polveroso.
    L’essere face un balzo atterrando addosso a Carry con grazia felina, la disarmò e le strinse le mani attorno al collo.


    "Tuo padre se l’è meritato. E il tuo bambino, quello che portavi in grembo? E cosa mi dici di Sean? Volevi ucciderlo, vero? Sono qui perchè hai deciso di mettere fine alle loro vite innocenti."
    Carry sgranò gli occhi terrorizzata nel sentire arrivare la fine. Continuò a dibattersi prima con veemenza, poi con sempre minore forza fino a quando non smise del tutto.
    Sul suo volto restò impresso il peso della colpa e della vergogna che aveva provato nei suoi ultimi istanti.


    "Scavo … scavo nella terra umida e fangosa fino a quando il fosso non sarà abbastanza profondo e grande per contenere il tuo corpo senza vita.
    Ogni volta è una sofferenza: ucciderti, strappare via la tua vita di essere umano, essere il tuo carnefice, è quanto di peggio la morte mi potesse offrire.
    Vorrei non dovessi più farlo, ma non sono io a decidere.
    Loro mi hanno fatto questo e non ho il potere di ribellarmi.
    Non voglio più farlo, urlo al nulla mentre muoio ancora, per poi puntualmente svegliarmi l’anno dopo, e insieme a me si risvegliano tutti i volti di coloro che ho punito con la morte."


    Una mano fredda afferrò l’essere prima che potesse mettere di nuovo fine alla sua vita.
    "Grave, cosa hai fatto? Devi aver combinato qualche casino, perchè qualcuno laggiù ha deciso che non dovrai più morire, almeno per ora, e tu sai bene questo cosa significa: sei condannato a vivere sulla terra, tra i mortali. E che il diavolo ti porti, io sarò costretto a farlo insieme a te!"

    FINE


  2. #142
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    Re: Bookstore - The Gravedigger (Parte Tre) - New!!!

    OMG mi sono perso un attimo
    Clicca qui per entrare nel mio spazio ricordi!!
    La mia Sfida delle Sfide :
    Biondo da impazzire!

    La mia Sfida del Volere Popolare:
    Niente è nelle tue mani


  3. #143
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    Re: Bookstore - The Gravedigger (Parte Tre) - New!!!

    Che ti sei perso?
    Lo so che è una storia particolare, ma il Gravedigger è un demone - chiamiamolo così - che punisce le persone perchè hanno compiuto crimini contro degli innocenti. E Carry era molto molto cattiva, ne aveva combinate tante!


  4. #144
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    Re: Bookstore - The Gravedigger (Parte Tre) - New!!!

    Citazione Originariamente Scritto da polliciotta Visualizza Messaggio
    Che ti sei perso?
    Lo so che è una storia particolare, ma il Gravedigger è un demone - chiamiamolo così - che punisce le persone perchè hanno compiuto crimini contro degli innocenti. E Carry era molto molto cattiva, ne aveva combinate tante!
    Grazie della dritta!
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  5. #145
    sim dio L'avatar di albakiara
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    Re: Bookstore - The Gravedigger (Parte Tre) - New!!!

    Ouao Polly!
    Mi hai lasciato senza fiato... Foto e ambientazioni perfette, rendono appieno il mood del racconto. Bravissima!!

  6. #146
    Super Moderatore L'avatar di polliciotta
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    Re: Bookstore - The Gravedigger (Parte Tre) - New!!!

    Grazie Alba, sono contenta che ti sia piaciuta


  7. #147
    sim esperto L'avatar di ComandantePerla
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    Re: Bookstore - The Gravedigger (Parte Tre) - New!!!

    E' la prima volta che entro in sezione Ministorie, mea culpa!
    Finito di leggere questa,mi ritrovo con la tachicardia.....lascia davvero senza fiato: bellissima, la storia e le foto (in particolare quelle sotto la pioggia).
    Povero Sean, in fondo non era nemmeno tanto brutto come diceva di essere, e forse avrebbe meritato una vita più felice, con una ragazza che non fosse Carrie
    Samael, non so perchè, mi ricorda un po' Raiden....ah questi affascinanti demoni del male che si prendono la nostra anima, e chi se li dimentica più!
    Adesso, con lui e Grave liberi nel mondo dei vivi mi aspetto qualche altra ministoria bella come questa.....oso sperare?

    Complimentissimi, Polli, e prometto che da oggi in poi passerò più spesso in questa sezione
    Ultima modifica di ComandantePerla; 2nd August 2016 alle 16:35






  8. #148
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    Re: Bookstore - Adamantia Feralys The Last Chapter (PARTE 1)

    A D A M A N T I A F E R A L Y S
    T H E LAST CHAPTER


    Ho creduto davvero di morire.



    Ho pensato che la mia vita fosse finita nell’esatto istante in cui ho sentito che mi veniva strappato qualcosa da dentro, qualcosa che mi apparteneva, che era mio da sempre.



    Quel che è successo dopo è difficile da raccontare perché nemmeno io so bene cosa dire: ho sognato, credo.
    Dopo più di dieci anni di notti senza incubi o sogni, ho visto delle cose, immagini confuse del passato intrecciato al futuro e al presente.
    Al mio risveglio, però, niente era mutato se non che il corpo trafitto di quella donna, che non molto tempo prima si faceva chiamare Drako Kalisi, non era più riverso a terra, ma sedeva sul trono e lo reclamava come proprio.
    Reneè.



    Avevo già sentito questo nome, quel giorno nella stanza di Lantis ma non avevo avuto modo di capire chi o cosa rappresentasse per lui; a pensarci bene avrei potuto collegare quel nome alle storie che si raccontavano nel regno sulla misteriosa donna rossa per cui il giovane principe aveva perso la testa, ma col senno di poi è tutto più semplice.
    Chiunque fosse quella donna non aveva più molta importanza, la vita che avevo vissuto fino a quel momento era destinata al termine, per cui si, credo di essere morta davvero nell’istante esatto in cui sono caduta a terra priva di sensi.

    Nelle prigioni, il buio
    Il pavimento è freddo, l’umidità ricopre le pareti come un velo sottile e invisibile. Mi hanno condotta qui subito dopo il discorso della nuova regina di Dohaeris, non ho neanche avuto la forza di reagire, di parlare, ho lasciato che mi portassero docilmente quaggiù, dove mai avrei immaginato di finire un giorno, nemmeno nei miei incubi peggiori.


    I giorni passano lenti, tutti uguali e noiosi e così ho modo di riflettere su ogni cosa. Penso di aver compreso cosa è accaduto quel giorno, o almeno me ne sono fatta un’idea, quel bambino, non so chi fosse, molto probabilmente il figlio di Reneè – i lineamenti e i tratti fisionomici così simili – è sbucato dal nulla, aveva una forza e un potere immenso, mai visto prima;


    per salvare sua madre ha attinto da tutti noi la magia, facendo pagare al mondo intero un prezzo altissimo. Non ho ancora capito se sia un bene o un male, di sicuro tutto è diverso ora. Se provo a stendere il palmo verso l’alto, se provo a concentrarmi, a sforzarmi non vedo altro che una pallida mano tesa verso il nulla: niente fuoco, niente calore. Niente.


    Sto impazzendo, lo penso davvero. La perdita dei poteri sta avendo effetti devastanti su di me: sono cresciuta nel mito del fuoco, i miei genitori mi hanno allevata nell’orgoglio di essere una strega e hanno inculcato in me lo stile di vita dei Feralys, meschini, bugiardi, legati all’ambizione e alla famiglia, fedeli a nient’altro che al potere.


    Lo charme faceva di me la strega da non guardare negli occhi, costringendo tutti ad abbassare la testa in mia presenza, a chinare il capo al potere della magia in un'effimera ostentazione di potere; il fuoco era il mio segno distintivo, rosso, caldo, avvolgente e pericoloso, come me. Sono diventata quella che sono per effetto della magia. E adesso, cos’è che resta di me? Mi sento debole e stupida e inutile, un guscio vuoto senza significato e senza più uno scopo.


    Nemmeno la voce di Gildas attraverso le sbarre ha effetto; lui è accanto a me, nella cella di fianco alla mia, lo sento sussurrare il mio nome, mi cerca, ma io non mi muovo e non rispondo. Le spalle sono appoggiate al freddo muro di pietra, le braccia intorno alle ginocchia rannicchiate al petto. Non so dire quanto tempo sono rimasta così, con i fantasmi di coloro che sono morti per colpa mia a graffiarmi i pensieri, ad artigliarmi l’anima: Arlan, Mirri, il piccolo Ray e tutta la sua famiglia, gli altri senza nome e persino mio padre. Tutti hanno sofferto ed hanno pagato per le mie azioni sconsiderate e quelli che non sono morti, ne portano comunque i segni, Gunnar e Raivo. Si, anche Raivo. L’ho costretto alla fine a rinunciare alla sua famiglia e ai suoi affetti e a rifugiarsi tra le fila dell’esercito Leithien, potrebbe non essere sopravvissuto alle battaglie, potrebbero averlo scoperto a fare la spia per me. Oh, dei, fate che non sia così!


    Gli dei. Ci ascoltano ancora, gli dei, o sono svaniti nel nulla anche loro? Ci giudicano da lontano e si fanno beffe di noi? Ha ancora senso convincere se stessi di agire nel loro nome oppure adesso è inutile cercare di giustificare le nostre azioni, buone o cattive che siano, nascondendoci dietro il loro volere?
    Questi pensieri mi assillano giorno dopo giorno, i momenti della giornata sono scanditi esclusivamente dall’arrivo del pasto, l’unica sorpresa è scoprire cosa ci sarà nella minestra, l’unica speranza è credere che mi sarà data una possibilità per cercare rimedio ai miei errori.


    Non so bene quanto è passato dal giorno in cui abbiamo perso la guerra; all'inizio ho provato a tenerne il conto scandendo il tempo con dei segni incisi sulla roccia nuda delle pareti della cella, poi ho perso via via interesse, una vocina nella mia testa continuava a ripetermi che non sarei mai uscita da qui, i miei fantasmi mi hanno convinto presto che era la cosa giusta, che avevo meritato tutto e non ho potuto far altro che chinare il capo, sommessamente, e dar loro tutte le ragioni del mondo. Ho smesso di dormire, perché nei sogni ogni ricordo torna a galla prepotente e devastante, ho smesso di ascoltare, per rendere meno taglienti le accuse contro di me, ho smesso di parlare, perché non ho più la forza né la voglia di difendermi. Sento ancora i sussurri di Gildas che chiamano il mio nome, non si è ancora arreso, ma lo farà presto, capirà che è un errore e, se gli dei lo vorranno, uscirà da qui e si rifarà una vita, felice lontano da me, lontano dalla strega che sono. Lo spero per lui, con tutto il cuore.


  9. #149
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    Re: Bookstore - Adamantia Feralys The Last Chapter (PARTE 1)

    Ho implorato per giorni una delle guardie di portarmi carta e penna per scrivere e, dopo mille richieste, finalmente ecco qui un piccolo quaderno rilegato in pelle nera.


    Vergo le parole con mano tremante, scrivere ogni cosa è tremendo, rivivere il passato lo fa tornare così reale, ogni cosa riemerge prepotente e mi colpisce come uno schiaffo in pieno viso, ma devo mettere tutto nero su bianco, devo ricordare, anche tra le lacrime.


    Ogni singola notte rivivo uno di quei maledetti momenti che avevo deciso di dimenticare, ogni singola notte Mirri e Arlan muoiono per colpa mia, ogni singola notte l’accampamento di Gunnar va in fiamme per mano mia e ogni singola notte mia madre ride di me e mi punisce per la mia incompetenza.


    Il quaderno si riempie presto e velocemente, la scrittura è fitta e sempre più decisa, pagine e pagine delle mie malefatte scorrono davanti ai miei occhi. Lo custodisco gelosamente sotto il cuscino, non sono ancora pronta ad essere giudicata anche per questo e non voglio che lo leggano altri, a parte me.
    Non mi sono mai interessata dei giudizi negativi della gente e so perfettamente che le dame, nei loro salotti per bene e dall'alto della loro grettezza morale, me ne dicevano di tutti i colori -riesco quasi a vedere Esperin, Alinor, persino Cassandra, storcere il loro nobile naso per i miei comportamenti poco raccomandabili con i gentiluomini, o quelli ritenuti tali -


    ma quello che ho scritto qui è diverso, è ciò che ho fatto per arrivare dove sono ora; non sono ancora pronta ad affrontarlo e non credo lo sarò mai, per cui lo tengo per me e lo leggo ogni sera, aggiungendo particolari dimenticati, e ripetendolo come un mantra fino a farmi sanguinare l’anima.



    E poi, un giorno, un raggio di sole
    E’ quasi l’alba.
    Non si vede nulla quaggiù, ma ho imparato a scandire le ore del giorno dai turni di guardia e dai pasti. A volte arriva qualcuno in visita, ovviamente nessuno si ferma alla mia cella e io me ne sto nell'ombra, piatta contro il muro, invisibile.


    In un tremendo contrasto di emozioni vorrei che qualcuno mi cercasse, chiedesse di me, ma nelle stesso tempo non voglio che mi vedano così, stanca e vulnerabile. Questa dualità mi sta lacerando, due persone coesistono in uno stesso corpo, nella stessa mente e non riescono ancora a trovare un equilibrio, anche se va già molto meglio.


    Non so se riuscirò mai ad accettare quella parte di me che fino a poco tempo fa avevo seppellito nelle stanze buie dei ricordi, eppure da qualche notte i sogni sono cambiati: niente più fiamme, niente più morti, niente più complotti e il mio sonno è più tranquillo e ristoratore.
    Aspetto la colazione, al solito sono rannicchiata nel mio cono d’ombra, ma sono meno agitata e più consapevole di quello che mi sta succedendo.


    Ho tentato di rifiutare quello che la magia mi ha tolto e che è tornato di colpo quando tutto il mondo che conoscevo un tempo è andato distrutto, non sapevo fare altro se non nascondere la testa sotto la sabbia, come quegli stupidi animali. Stare qui, sola con me stessa e i miei peggiori incubi che si avveravano mi ha reso più forte, capace di affrontare ciò che volevo a tutti i costi nascondere. Mi ha reso diversa da quella che ero, forse quel tanto che basta per ricominciare a guardarmi allo specchio senza tentare di distruggerlo coi pugni nudi, ma comunque un’altra me.


    Ed ho ricominciato ad ascoltare. Ho sentito di nuovo Gildas chiamare il mio nome, non si è arreso, come avevo creduto, e adesso gli sono grata di non averlo fatto. Come il canto delle sirene, lascio che i sussurri mi spingano verso le sbarre fredde, che sono il limite del mio mondo adesso. Avanzo piano, non so cosa mi aspetta oltre il confine, o forse si, ed è proprio questo ad avermi trattenuto fino ad ora, il pensiero di non meritare l’amore di qualcuno così disperatamente. Le mani si aggrappano al ferro, il volto è schiacciato contro di esso e un braccio si tende, tremante verso la cella di fianco. La sua mano è lì, calda e sicura, le dita si intrecciano e si stringono e finalmente anche le lacrime scendono, liberando la mia anima dalla sua prigionia.



  10. #150
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    Re: Bookstore - Adamantia Feralys The Last Chapter (PARTE 1)


    Fuoco e sangue, per sempre
    Seduti a terra senza riuscire a vederci in volto, con le mani intrecciate, a chiacchierare, raccontarci storie su quello che ci è successo, su quello che non ci è successo e su quello che ci succederà una volta che saremo usciti da qui, perché Gildas è fiducioso, lui pensa che non staremo qui per sempre.


    Vorrei avere anch'io la sua stessa convinzione, ma la mia natura è più portata verso il pessimismo, al vedere il peggio nelle azioni della gente, sicuramente retaggio dell’educazione di famiglia.
    Ho provato a liberarmi delle vecchie convinzioni e delle brutte abitudini, ma ormai credo sia tardi, non si può cambiare, si può nascondere, smussare gli angoli aguzzi e ammorbidirsi un po’, ma stravolgersi totalmente lo trovo improbabile.
    Abbiamo inventato un piccolo gioco, con Gildas, che consiste nel trovare ogni giorno almeno una cosa positiva da raccontarci la sera, prima di andare a dormire. Finora ne abbiamo trovate un po’, ad esempio: la minestra del martedì, il fatto di stare vicini, il tanto tempo libero a disposizione per noi stessi, il bagno privato …


    Non sono ancora pronta a raccontargli tutto su di me, anche se io ho conosciuto una parte di lui molto dolorosa e privata, non è questo il momento per affrontare altri argomenti dolorosi, verrà il tempo anche per questo tipo di confidenze, prima o poi.
    Dovremmo fare un altro gioco, quello dei lati negativi dello stare in questo posto senza mai poter uscire, la prima cosa che direi sarebbe Astor Demonar.


    Quell'essere spregevole è anche lui imprigionato qui vicino, ogni volta che io e Gildas parliamo diventa un torrente di insulti e improperi contro di me. A volte rido, la fantasia di quest’uomo è galoppante, a volte vorrei piantargli le unghie in viso e strappargli la carne fino a farlo urlare, ma ho paura che potrebbe piacergli. Ho la sensazione che abbia qualcosa in mente, non vorrei avesse fiutato qualcosa e stia cercando in tutti i modi di evitare il suo destino.
    Non posso fare a meno di pensare che se lui è qui anche mia madre deve essere rinchiusa da qualche parte; il solo pensiero di lei senza gioielli, senza abiti preziosi e senza servitù mi fa alzare tutte le mattine con il sorriso sulle labbra. Sono meschina? Non che m’importi, in questo caso, tutti quegli anni a subire i suoi “insegnamenti” hanno dato i loro frutti, rendendomi incline a procurarle quanto più dolore possibile e senza troppi rimorsi.


    Non è qui vicino, l’avrei sentita lamentarsi per ogni cosa; e se, gli dei non vogliano, fosse riuscita a prevedere tutto questo? E se avesse abbandonato Dohaeris cercando un rifugio lontano? No, non credo, come avrebbe potuto? Chi avrebbe mai anche lontanamente immaginato?
    L’incertezza della sua fine è una di quelle cose che mi nega la tranquillità nella pena, non ho smesso di pensare alla vendetta e, dopo tutto questo tempo, il desiderio è diventato ancora più grande e disperato.


    Ho bisogno di liberarmi del passato per poter ricostruire il presente e riavere il mio futuro così come lo desidero io, non come qualcun altro l’ha pensato e progettato. Non ne abbiamo ancora fatto parola con Gildas, suo padre è qui, potrebbe sentirci, ma sono certa che anche lui non ha dimenticato ed ha bisogno della vendetta così come l’abbiamo pianificata. La prigionia? Una battuta d’arresto, un piccolo impedimento, ma ormai il meccanismo è in moto e non possiamo fermarlo, ci sarà solo da fare qualche aggiustatina qua e là.
    Dovessi uscire tra dieci, venti o cent’anni non sarà cambiato nulla: non mi fermerò fino a quando non l’avrò distrutta e di lei non resterà nemmeno il pallido ricordo sbiadito.
    Mi hai cresciuto per essere spietata, madre, per raggiungere gli obiettivi senza rimorsi o remore ed è così che farò con te, punterò dritta al cuore per essere sicura di fermarne il battito con le mie mani.
    Dopo tutto il tempo passato qui, credo di aver raggiunto un po’ equilibrio tra la vecchia e la nuova Adamantia: più consapevole delle mie capacità, più decisa in quello che voglio, ma con un occhio alle conseguenze di ogni gesto. Anche se il fuoco non scorre più letteralmente nelle mie vene, la mia fiamma arde ancora, sempre più rovente e sempre più in alto, fin quando l’alito della vita attraverserà il mio corpo.
    Fuoco e sangue, per sempre.



    FINE PARTE 1


 

 
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