Byron Biscardi
Hospital Brookheaven - Piano -1
I due mostri sono entrambi in posizione di attacco, ed è solo questione di attimi, ormai, prima che quelle creature si avventino contro di noi.
Prendendo bene la mira, aspettiamo il segnale e poi spariamo: uno dopo l’altro, i proiettili sfrecciano per la stanza, ed il rumore è a dir poco assordante.
Si riesce, tuttavia, a distinguere chiaramente lo sfrigolio delle zampe dell’aracnide contro il soffitto, mentre questo avanza rapidamente nella nostra direzione: è ormai sopra le nostre teste quando, con una prontezza lodevole, il soldato Ryan spara alla creatura con il proprio fucile, abbattendola.
"E una è andata!" penso, ma subito ritorno a concentrarmi su quella specie di squalo martello troppo cresciuto.
Il dottore vicino a me fa fuoco, ma riesce a colpire il mostro solo di striscio.
Ormai quell’essere si trova a pochi passi da me, e senza indugio premo il grilletto: la creatura traballa, il che subito mi fa pensare che sia stata solo ferita dal mio colpo, ma ben presto anch’essa cade a terra, senza vita.
I cadaveri dei due mostri giacciono al suolo e siamo tutti in vita.
Non posso che provare un senso di sollievo quando vedo che anche Greta è sana e salva, ma non è sicuramente il momento per esprimere la mia gioia: si sentono altri rantolii sinistri, i quali indicano probabilmente che ci sono altre creature nei dintorni.
- Mettiamoci in salvo, presto - esclama il soldato, facendoci segno di seguirlo.
Afferro la mia amica per la mano ed inizio a correre.
Mi accorgo troppo tardi che Samantha è stata catturata da un altro di quei ragni, il quale la sta trascinando oltre una delle porte gialle.
Un brivido mi percorre la schiena.
Potrebbe succedere la stessa identica cosa ad un altro di noi, e questo non posso permetterlo.
In preda al panico, decido di compiere un gesto, qualcosa che forse avrei dovuto fare anni fa. Stringo ancora più forte il palmo della donna che tengo per mano e le sussurro, ansimando: - Ehi - le dico, con un fil di voce - So che non è il momento più adatto, ma ascoltami -
Le parole iniziano a scemare di tono, poiché non voglio rischiare di rimanere senza fiato: - Ti voglio dire grazie. Grazie per tutto quello che hai fatto. E mi dispiace se ti ho trattata male, ero così... stupido, a dir la verità, e io... –
Ormai manca pochissimo alle scale, quindi decido di sbrigarmi: - Il punto è che io ti... - inizio a dire, ma un orribile presentimento mi fa morire le parole in gola.
Sento una sensazione difficile da descrivere, come se ciò che stessi trascinando con la mano non fosse più un corpo in movimento, ma quasi un peso... morto.
No.
Non può essere successo.
Ha solo rallentato, sarà stanca, non le è successo nulla.
Assolutamente nulla.
Mi giro, per accertarmi che stia bene e per concludere ciò che da anni desideravo dirle.
E che non sentirà mai.
Girando la testa verso di lei, realizzo ciò che è successo: quello che sto reggendo è solo un pezzo del corpo di Greta. Uno di quegli orribili aracnidi l’ha tranciata letteralmente a metà, in un colpo ovviamente mortale.
Le sue gambe giacciono a terra di fianco al mostro, mentre io reggo ancora la parte superiore del suo cadavere.
Non riesco ad urlare.
Non riesco a pensare.
Non riesco a respirare.
Calde lacrime tentano disperatamente di scendere sulle mie guance.
È morta.
Morta.
E io non sono nemmeno riuscito a dirle "Ti amo".
Non ho tempo di piangerla, non è tempo di recuperarne il cadavere, devo salvarmi, perché per lei non c’è più nulla da fare.
La guardo negli occhi per l’ultima volta: il suo bellissimo sguardo verde s’è trasformato in un’espressione spenta, vitrea, e le sue pupille, prima dilatate e terrorizzate eppure piene di vita, ora sono divenute immobili e vuote.
- Tornerò a prenderti - sussurro, con la vista annebbiata da quelle lacrime che fatico a trattenere, come se lei potesse ancora sentirmi.
Lascio indietro ciò che resta della donna che amavo, e raggiungo i miei compagni.
Saliamo delle rampe di scale e ci ritroviamo in una stanza, apparentemente vuota.
Vorrei dir loro ciò che è successo a Greta, vorrei lasciarmi andare, forse anche rimanere lì - d’altronde, la morte è forse la soluzione migliore.
Potrei ricongiungermi a lei, potremmo stare insieme, anche se non nel modo che avevo sempre immaginato, e non dovrei vivere nel continuo rimorso di non averle nemmeno detto che l’amavo.
E, se davvero esiste un Paradiso, saremmo entrambi lì, a parlare, a ricordare i bei momenti della nostra adolescenza, tutti i casini che abbiamo combinato assieme, tutte le volte che l’ho fatta arrabbiare e lei mi ha ripreso, con quell’aria da maestria per la quale la schernivo tanto.
E saremmo felici, io e lei, lassù.
Potrei, sì.
Ma lei lo vorrebbe? Vorrebbe che mollassi tutto ora?
"I codardi mollano" mi dico "Io non lo sono. No. Lo farò per Greta. Per nessun altro, solo per lei"
Mi sento lievemente mancare, ma poi mi riprendo.
Ed in quell’esatto istante, l’ennesima di quelle creature demoniache fa la sua comparsa da un angolo della stanza. Non capisco bene cosa sia: sembra che non abbia pelle, che ciò che lo ricopre sia carne viva ed ha i polmoni in bella vista.
Il mostro è velocissimo: presto si scaglia contro la nostra guida, facendo cadere il soldato a terra, ferito.
Che fare? Bisogna reagire in fretta.
Con la mente ancora offuscata ed i pensieri confusi, tento di ristabilire un po’ d’ordine tra le mie riflessioni.
Miro ai polmoni, nel modo più fermo possibile, e senza esitazione premo il grilletto.
Per Greta.
Devo farci uscire tutti vivi da qui, ma lo farò per Greta.
Non sarò morta invano.
PS: La seconda gif è piccola e di poca qualità perché con una qualità maggiore non riuscivo ad hostarla. ;_;